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Autore: Meli_Nymeriah    19/12/2012    7 recensioni
WARBLERS WEEK!
Gli Usignoli si ritrovano insieme in un vecchio chalet di montagna; tra bufere di neve, termometri per cioccolate, cadute (piacevoli) sui pattini, palle di neve, baci con caschè, vecchie lettere, biscotti e miracoli di Natale.
[Niff, Wevid, Thadastian, Hunter/Mr Pussy, Richard/Trent, Klaine]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Hunter Clarington, Jeff Sterling, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt, Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Pattinare sul ghiaccio
(Mercoledì 19 Dicembre)


 

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  Thad drizzò le orecchie non appena udì il rumore di una risata sguaiata provenire dal salottino dello chalet.

È  tornato. Finalmente.

Diede una rapida occhiata all’orologio da polso. Era relativamente presto, ma ogni volta percepiva così tanto la sua assenza che il tempo passato senza di lui sembrava infinito. Restò in attesa nella camera, ben sapendo che di lì a poco il suo personalissimo diavolo tentatore sarebbe entrato, distruggendo in pochi istanti la pace e l’armonia che fino a quel momento avevano regnato incontrastati.

  “Dov’è il mio tacos al guacamole?”

Per l’appunto.

Tipico di Sebastian Smythe affibbiare soprannomi ridicoli e vagamente offensivi a chiunque avesse la sfortuna di entrare in contatto con lui.
Thad si maledisse per quell’unica volta in cui aveva casualmente raccontato al proprio compagno di stanza che aveva origini messicane: gli era bastato percepire un luccicchio diabolico negli occhi di Sebastian per sapere che aveva appena firmato la sua condanna ad un’esistenza piena di varietà di tortillas.
Ciò nonostante finse di non averlo sentito e rimase immerso nella lettura di A Christmas Carol, la sua fiaba di Natale preferita. Non aveva mai osato dire ad anima viva che il motivo era in parte legato a Sebastian, che Thad associava con naturalezza a Scrooge: se tuttavia l’uno era troppo legato ai soldi, l’altro aveva invece un problema a porre un freno alla propria libido. E così Thad immaginava di essere il piccolo Timmy, colui che era riuscito a salvare il vecchio avaro – giovane lussurioso – dalla perdizione; dubitava però fortemente del fatto che i metodi di ringraziamento di Sebastian potessero rientrare nelle favole per bambini.

  “Non ti ho dato il permesso di ignorarmi, Harwood.”

Thad avvertì un brivido percorgliergli tutta la schiena, e non seppe dire se la causa fosse il peso di Sebastian che gravava su di lui o la voce suadente che gli aveva carezzato l’orecchio.

  “Non ho bisogno del tuo permesso per farlo, Smythe.”

E Thad lo sapeva che Sebastian stava trattenendo a fatica una risata, lo percepiva dal modo in cui il suo corpo si era teso impercettibilmente sopra il suo. Non riusciva tuttavia a capirne il motivo, ma furono necessari solo pochi secondi per esserne messo a conoscenza.

  “Hai sempre bisogno del mio permesso per farlo.”

Thad percepì distintamente le proprie gote andare in fiamme, ma fu prontamente distratto dalle labbra di Sebastian che vagavano senza controllo sul suo collo, finché i denti non affondarono nella pelle, segnando il possesso di quel territorio.

  “S-sebastian...”

Una risatina sommessa e per nulla innocente fece tacere immeditamente Thad, che si mise una mano sulla bocca rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto.

  “Ti basta un succhiotto per farti perdere il controllo, mio piccolo nachos...”

Thad represse un ringhio frustrato, tanto per non dare alcun tipo di soddisfazione a quel diavolo dal viso d’angelo. La verità era che qualunque cosa facesse Sebastian lo mandava in confusione  e gli faceva perdere ogni briciolo di dignità residua, e sapeva che l’altro ne godeva più che mai, essendo pienamente cosciente del potere che esercitava su di lui.
Quei pensieri furono abbandonati di colpo quando Sebastian si alzò e si avvicinò all’armadio, estraendone con noncuranza dei vestiti puliti e asciutti. Thad ingoiò il groppo di tristezza e insoddisfazione che lo aveva travolto in pochi attimi, senza che potesse impedirlo in alcun modo.

Mi lascia di nuovo solo.

La colpa era sua, di questo era pienamente consapevole, ma non poté fare a meno di avvertire nuovamente quell’acuta sensazione di solitudine che lo accompagnava ogni giorno da quando erano arrivati. Thad aveva deciso di seguire i suoi amici in montagna per trascorrere il Natale insieme a loro, visto che oramai per lui erano una seconda famiglia, e l’essere riuscito a trascinare con sé anche Sebastian lo aveva reso più euforico che mai. Ma non aveva considerato il fatto che lui odiava sciare e mal sopportava il freddo; perciò, mentre gli altri trascorrevano le loro giornate tra piste, seggiovie e piccoli rifugi di montagna, lui se ne stava rinchiuso nello chalet, sotto montagne di coperte. Divideva il suo tempo tra libri, cioccolate calde e i monologhi da conquistatore di Hunter – perlomeno durante quelle rare volte in cui il loro capitano si degnava di mettere il suo naso fuori dalla camera – aspettando con impazienza il ritorno degli altri Warblers, e soprattutto, anche se non lo avrebbe mai ammesso, di Sebastian.

  “Dove vai?”

Thad sperava che il suo tentativo di mantenere la voce ferma avesse funzionato, ma dall’occhiata che ricevette da Sebastian dedusse che aveva usato un tono piuttosto supplichevole.

  “Alcuni amici che ho conosciuto giù al villaggio mi hanno invitato a pattinare con loro.”

  “Ah.”

La consapevolezza che ci fossero centinaia di risposte più adeguate arrivò immediatamente dopo aver pronunciato quell’unica sillaba, ma a quel punto era troppo tardi.

Pateticità 1 – Thad Harwood 0.

Cercò di darsi un contegno e si accinse a riprendere la lettura interrotta, ma il volto di Sebastian si parò dinanzi al suo senza che se ne accorgesse, facendolo sobbalzare.

  “Perché non vieni anche tu, mio bel burritos di pollo?”

Thad abbassò gli occhi, evitando di incrociare quelli luminosi e brillanti dell’altro.

  “N-non credo sia il caso.”

Sebastian scosse la testa e assunse un’aria solenne.

  “Vestiti, forza.”

Thad si morse un labbro, indispettito dall’ordine plateale, mentre il suo cervello vagava alla ricerca di una scusa valida e piuttosto convincente che spiegasse ragionevolmente il motivo del suo rifiuto. Quando la sua mente elaborò una storia fantascientifica che prevedeva alieni attirati dai pattinatori e sparatorie stile western sopra le lastre di ghiaccio, decise che forse era il caso di dire come stavano realmente le cose.

  “Io… non so pattinare.”

Sebastian si fermò di colpo e prese a squadrarlo come se improvvisamente gli fosse spuntata una seconda testa.

  “Non starai dicendo sul serio.”

Thad prese a fissare un punto imprecisato sul muro, borbottando qualcosa sull’aver paura del ghiaccio e sull’essere rimasto sconvolto – con il cuore a pezzi e le lacrime agli occhi, particolari di una certa importanza – dopo aver visto il finale di Titanic. Attese in silenzio le risa di scherno e le prese in giro di Sebastian, ma quelle contro ogni previsione non arrivarono; restò di stucco quando invece l’altro aprì la porta di scatto e uscì, senza nemmeno degnarlo di un saluto.

Ma cosa...?

Di tutte le reazioni che Thad aveva previsto, quella era di certo l’unica che non aveva preso in considerazione. Non era da Sebastian, infatti, prendere e abbandonare una discussione a metà, senza tra l’altro pretendere di avere l’ultima parola. Si ripassò tutta la conversazione al rallentatore, chiedendosi se il non saper pattinare fosse un motivo sufficientemente valido a giustificare una tale uscita di scena; le sue elucubrazioni mentali vennero però abbandonate nel momento in cui ricomparve Sebastian, che gli lanciò un’occhiata di rimprovero.

  “Non sei ancora pronto? Santo cielo, Harwood, abbi almeno la decenza di ascoltarmi quando ti parlo!”

Thad rimase di stucco al suono di quelle parole, pronunciate con asprezza e tono di sufficienza; ma invece di rispondere piccato e mantenere un’aria offesa, come succedeva di norma in seguito a quell’atteggiamento di comando che assumeva di tanto in tanto Sebastian, si affrettò ad alzarsi dal letto e ad afferrare i primi vestiti che gli capitavano sotto mano. Solo una volta vestito e imbacuccato nel suo giaccone – aveva impiegato meno di cinque minuti – si chiese perché non fosse semplicemente restato nel suo caldo letto a leggere indisturbato.

Perché ne ho abbastanza della solitudine. E soprattutto, ho voglia di stare con lui.
 

***

 
  Non aveva senso discutere sul fatto che Sebastian si fosse imposto per l’ennesima volta e avesse comunque ottenuto la sua uscita a scapito della voglia inesistente di Thad di mettere il naso fuori dal suo soffice piumone, soprattutto ora che entrambi si trovavano al freddo nella piazzetta del vilaggio. Thad continuava a rimpiangere il calore del termosifone e il suo bel pigiamone con i koala, mentre osservava Sebastian che – a suo dire – stava chiedendo alcune informazioni al ragazzo del chioschetto di bibite. Quando però tale ragazzo si portò una mano alla bocca per nascondere una risatina, Thad afferrò Sebastian per la sciarpa e lo trascinò a diversi metri di distanza.

  “Hombre, mi fa impazzire quando fai il geloso” commentò Sebastian, divertito dalla situazione e soprattutto dall’espressione corrucciata di Thad.

Il suddetto ragazzo fece una smorfia. “Puoi dirmi esattamente cosa stiamo cercando?”

Sebastian sorrise nel suo modo enigmatico. “Abbi fiducia in me.”

Non che Thad avesse altre soluzioni; perciò si limitò a sbuffare e a seguire l’altro fino ad una radura poco lontana, attraverso la quale si intravedevano delle luci colorate.

  “Ci siamo quasi.”

Era ormai scesa la sera, ed era difficile muoversi tra le foglie fitte e le radici degli alberi, a causa delle quali Thad aveva rischiato più di una volta di cadere; tirò un sospiro di sollievo quando finalmente quella boscaglia finì, lasciando il posto a quella che aveva tutta l’aria di essere…

  “Una pista di pattinaggio?”

Sebastian si voltò verso di lui e annuì, mentre una gioia genuina e infantile illuminava il suo sorriso.

  “Ho chiesto a Wes se oltre alla pista sempre affollatissima che si trova nella piazza principale ne esistesse una meno frequentata, e lui mi ha parlato di questo piccolo angolo di paradiso nel quale non viene mai nessuno, poiché sono in pochi a conoscerne l’esistenza.”

Thad allungò il collo e poté constatare la veridicità di quella parole: a solcare quella pista vi erano solo una giovane coppia che pattinava fianco a fianco, un bambino con il nonno che ridevano divertiti e una ragazza che si allenava nei volteggi, approfittando di tutto lo spazio vuoto che aveva a disposizione.

   “Ma non capisco perché senti la necessità di avere una pista vuot…” Nel momento stesso in cui Thad pronunciò quella frase, si rese conto della folle idea che aveva attraversato la mente dell’altro. “Non se ne parla!” si affrettò ad esclamare, sperando di suonare convincente in modo tale da chiudere definitivamente quel discorso.

  “Non fare il bambino, Harwood.” Sebastian lo afferrò per il polso e lo tirò dietro di sé, fino ad arrivare all’ingresso della pista.

Il proprietario sorrise loro bonariamente e li invitò ad indossare i pattini, operazione che Thad impiegò molto tempo a compiere, allontanando in quel modo da sé il momento in cui avrebbe dovuto affrontare quella spaventosa lastra di ghiaccio. Quando si decise ad alzarsi finalmente in piedi, capì che il suo equilibrio sarebbe stato perennemente precario, e quindi lui sarebbe stato costantemente in pericolo; si apprestò immediatamente a togliersi quelle lame infernali da sotto i piedi, ma la presa salda di Sebastian sul suo braccio glielo impedì.

  “Adesso fai il bravo e segui me, niño.”

Thad usò l’ultima arma che aveva a disposizione, ovvero la sua espressione da cucciolo, ma non riuscìad impietosire Sebastian che lo costrinse ad arrivare fino al bordo della pista.

  “Da ora le nostre strade si dividono, ma confido pienamente nella tua volontà di volermi raggiungere.” Detto questo il demonio dagli occhi verdi lo abbandonò al suo destino e alla sua unica ancora di salvezza, il bordo, a cui si aggrappò saldamente.

Non seppe nemmeno per quanto tempo rimase lì, in attesa che il suo corpo reagisse e decidesse di affrontare quell’ostacolo che aveva tutta l’aria di essere insormontabile; appena provava ad appoggiare la lama del pattino sulla lastra di ghiaccio il suo corpo era scosso dai brividi ed era costretto a tirarsi in indietro, tornando al sicuro.

  “Harwood! Paura?” La voce di Sebastian era derisoria fino all’inverosimile, cosa che lo fece sentire ancora più inadeguato a quella prova di coraggio.

  “No! Sono bloccato... per il freddo!”

Sebastian rise e finalmente si degnò di avvicinarsi a lui. “Dammi le tue mani, avanti.”

  “Mi rifiuto.”

  “Harwood, non discutere.”

Thad fece una smorfia e, anche se con titubanza, posò le proprie dita nei palmi di Sebastian, permettendo a quest’ultimo di trascinarlo verso quello che, ne era sicuro, sarebbe stato il suo peggior ricordo di Natale di sempre.
Tuttavia, dopo pochi istanti, si disse che forse avrebbe anche potuto ricredersi: la sensazione che provava in quel momento era quella di oscillare su un mare piatto, solcato da onde leggere che lo cullavano dolcemente. In poche parole, stava bene.
Sebastian, di fronte a lui, aveva il solito ghigno sul volto, che nascondeva però la soddisfazione di essere riuscito nel compiere la sua piccola impresa personale. I suoi occhi brillarono, riflettendosi in quelli di Thad.

  “Non è bellissimo?”

Thad non ebbe bisogno di riflettere, prima che dalle sue labbra uscisse un timido ma convinto “Sì”.

Si sentiva in pace con se stesso e con il mondo, mentre il vento freddo gli scompigliava i capelli con gentilezza; ma quando le mani di Sebastian si allontanarono di colpo, interrompendo bruscamente quello stato di benessere, si ritrovò in balia del mare in tempesta.

  “S-SEBASTIAN!”

Quest’ultimo rise, incurante dello stato di terrore e di panico nel quale era subitamente sprofondato Thad.

  “Andiamo, tacos! Trova un po’ di fiducia in te stesso!”

  “Al momento voglio solo trovare un coltello da piantarti nella schiena!”

Sebastian scivolò con grazia accanto a lui, avvicinandosi poi di soppiatto al suo orecchio e sussurrando: “Preferirei che tu mi piantassi qualcos’altro nel fondoschiena.”

Thad avvampò, mentre la risata di Sebastian lo avvolgeva, facendolo sentire ancora più imbranato; era completamente immobile su un lastra di ghiaccio, mentre il suo ragazzo – lo definiva in quel modo solo nella sua testa, perché Sebastian aveva imposto il divieto di pronunciarlo ad alta voce – volteggiava con apparente disinvoltura intorno a lui. Si comportava come durante le esibizioni degli Usignoli, quando le luci della ribalta erano puntate su di lui: un sorriso sul volto, un gesto di ammicamento verso il pubblico e la naturalezza del canto. Sebastian Smythe era nato per essere al centro dell’attenzione.

  “Harwood, se continui a stare fermo morirai congelato!”

Ed era vero: ormai Thad sentiva il freddo pungente penetrargli nelle ossa, e i suoi denti avevano iniziato a battere da soli, dando il ritmo a quella che sperava essere una morte rapida.

Movimento. Calore.

Fu con quel pensiero in testa che Thad alzò un piede per metterlo davanti all’altro, compiendo così un passo – piccolo passo per l’uomo che era, ma grande per l’umanità che rappresentava – verso la sua meta, ovvero Sebastian. Ma quella semplice mossa gli fu fatale: nel prendere la sua decisione, tutt’altro che repentina, non aveva fatto i giusti calcoli, e si era ritrovato sbilanciato in avanti. Chiuse, gli occhi, attendendo con rabbia e timore l’impatto con il suolo gelido, mentre un suono – la voce di Sebastian che lo chiamava – giungeva ovattato alle sue orecchie.

Che pessima morte.

Attese di vedere la luce bianca che avrebbe dovuto inondare il suo campo visivo, ma quando si rese conto che tutto restava buio, si costrinse a riaprire gli occhi.
Si trovava in posizione orizzontale, questo era innegabile, ma stranamente non avvertiva dolore, né tantomeno provava la sensazione di bagnato data dai vestiti che si strofinavano sulla superficie ghiacciata.

  “Da domani dieta, Harwood.”

Thad abbassò lo sguardo e vide sotto di sé un imbronciato Sebastian, che lo teneva per i fianchi. Evidentemente aveva cercato di frenare la sua caduta, ma invece di riuscire a trattenerlo era stato trascinato a sua volta, e ora si ritrovava sdraiato di schiena sulla pista.

  “Mi hai salvato la vita!”

Thad non riuscì a contenere la gioia; prese il volto di Sebastian tra le mani e gli stampò un bacio sulle labbra, felice come un bambino che riceve un bel voto a scuola. Sebastian non poté fare a meno di ridacchiare.

  “Sei incredibile, hombre… Trovi sempre una scusa per avermi sotto di te!”

Thad gli diede un buffetto gentile sulla guancia e tentò di rialzarsi, ma il suo diavolo – che nel frattempo era diventato un angelo – lo trattenne su di sé.

  “Ne voglio ancora.”

  “Q-qui?”

  “Ogni posto è perfetto!”

Thad scosse la testa e gli mordicchiò un labbro con malizia, prima di soffiare a pochi centimetri della sua bocca: “Chalet, coperte, privacy, calore...”

  “...Cosa stiamo aspettando?”







Qualche chiacchiera in più con le autrici:
 
Terzo giorno; una delle coppie più amate dal fandom ad opera di MeliChoco36. A voi sembrerà strano, ma… sì, in questo caso è Sebastian il passivo u_u
 A leggere questa OS non vi è venuta una voglia pazza di mangiare messicano? *Pensiero istantaneo*
 
Ringraziamo di cuore chiunque abbia recensito le altre due shot, o le abbia lette, o anche quelli a cui è scivolato il mouse per caso e hanno cliccato per sbaglio sul link aprendo e poi richiuso con orrore :D
 
E poi un ringraziamento a Olly Polly Lolly (sì, si chiama veramente così, ma che gente frequentiamo?!), che ci legge le storie in anticipo e ci dà un parere Olliano.
 
La prossima shot sarà qualcosa di estremamente demenziale, per gran parte dal punto di vista di Mr Pussy. Ebbene, sì. Il gatto di Hunter. Il prompt ovviamente è “Neve” e l’autrice sarà Nymeriah.

A presto! :*


   
 
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