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Autore: Clawdia    19/12/2012    1 recensioni
"Moriva.
Tra quegli alberi, in quella foresta immersa nel silenzio.
Emmett moriva e non poteva far nulla per salvarsi."
La storia di un giovane che è stato salvato e la cui vita è cambiata drasticamente.
Emmett non sa ancora a cosa andrà incontro ma chi lo sa?
I Cullen lo hanno adottato, ma nessuno sa cosa sarà capace di fare!
Questa è la storia di Emmett, dalla sua nascita come Vampiro, la sua storia si snoderà attraverso le vicende della famiglia Cullen. Sicuri che l'amore per Rose sia giunto prima di tutto il resto?
Alice. Jasper. Edward. Carlisle. Esme. ROSE.
Quello che Twilight non ha mostrato nella sua storia, sarà invece narrato in questa!
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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Le giornate continuarono ad avanzare veloci.
Emmett cresceva ogni giorno di più, nelle sue convinzioni, nella sua nuova condizione.
Appariva sempre meno neonato e più Vampiro. 
Così passò qualche tempo e non vi fu alcuna giornata significativa per almeno un mese buono. Edward ed  Emmett solidificavano il loro strano rapporto fatto di incomprensioni e complicità. Alice cominciava ad agire sul guardaroba del ragazzo, sulle sue abitudini e anche sui suoi modi di fare tentando di plasmarlo a sua immagine, tentativo fallito.
Jasper adorava la presenza del nuovo fratello, più di qualsiasi altro, al di fuori di Alice si intende. Carlisle ed Esme erano entusiasti di come il loro nucleo familiare si fosse ingrandito così bene e perfino Rose pareva aver finalmente accettato la presenza del giovane.
Non che avessero finito di punzecchiarsi, a giorni erano estremamente irritanti, ma quanto meno i loro dispetti e le loro frecciate non danneggiavano più nessun altro oltre loro stessi.
Non ci fu un giorno veramente significativo per almeno un mese buono, è vero.
Ma quando arrivò. Quando quel giorno marchiò lo scorrere del tempo dei Cullen, per qualcuno non sarebbe stato facile riemergere dal buio in cui sarebbe caduto. Nuovamente.
 
---
«Davvero pensate che sia una buona idea?» 
Emmett pareva confuso. Non capiva davvero come allontanarsi dalla Germania per qualche giorno avrebbe potuto aiutarlo a fortificare ancora di più il suo stato vampiresco.
«Devi uscire dal tuo habitat. Devi viaggiare. Ci sarò io con te!»
«Non fraintendermi Edward ma, sinceramente preferirei la presenza di Carlisle.»
L'uomo, come richiamato magicamente al solo sentir pronunciare il proprio nome, riemerse da un tenero bacio sul collo di Esme perfettamente conscio del discorso.
«Emmett, ogni membro della famiglia ha compiuto un viaggio simile. Io la considerò la prova finale. Solo ritrovandosi fuori dalla propria naturale vita si capisce quanto si è resistenti e quanto controllo si possiede.»
«Qualcuno ha mai fallito?» chiese quasi tremante.
L'idea di mettersi ancora alla prova lo spaventava, nonostante fosse estremamente curioso di spingersi oltre i confini della sua nazione. Non era mai uscito dalla Germania.
«Si. Ma mi sembra ingiusto rivelarti chi.» 
Carlisle fu duro e severo nelle sue parole, deciso e forte.
Non aveva intenzione di sottolineare le debolezze dei suoi figli, ma voleva allo stesso tempo incoraggiare Emmett a partire. Esme aveva tentato la sera prima di calmarlo, così come Alice ma pareva che il giovane esitasse ancora.
«Andrà tutto bene.» disse Jasper con un sorrise malforme dipinto sul viso.
Il moro scrollò le spalle. Il suo borsone stava poco distante e non sarebbe rimasto ancora tale per molto. Tutta la famiglia era radunata in soggiorno per la loro partenza dunque, sarebbe stato sgradevole rimandarla ancora. I precedenti dei viaggi con Edward non erano molto buoni, ma il giovane non se ne preoccupò troppo quando riprese la parola.
«Va bene. Partiamo.»
Edward sorrise sghembo passando un braccio intorno al suo fratellino in uno dei suoi slanci di umanità e vivacità.
«Così ti voglio.»
Rose osservò a scena qualche passo dietro agli altri.
Non sapeva spiegarsi il perché sentisse quella sorta di incompletezza, eppure era entusiasta della partenza dei suoi due fratelli.
«Buon viaggio.» sussurrò senza distogliere lo sguardo dagli occhi chiari di Emmett.
Il giovane annuì, mostrando le sue fossette, e dopo aver stretto Alice in un abbraccio si incamminò insieme ad Edward nel viale di ghiaietta, per poi accellerare lungo il bosco.
Ci avrebbero messo poco tempo per superare il confine, ancora meno per raggiungere le coste della Danimarca, perché là il biondo apatico di famiglia aveva deciso di condurre il suo compagno di viaggio. Sarebbe stato divertente. Considerato che Edward aveva degli sbalzi d'umore impressionanti, in effetti non sarebbe stato facile capire in che modo sarebbe andato quel viaggio.
 
Passarono l'intera serata a vagare senza meta per le strade.
Si muovevano veloci, come fulmini, come il vento beandosi di quella sensazione di superiorità che gli permetteva di guardare il mondo in maniera differente.
Solo al sorgere del sole del giorno successivo decisero di fermarsi.
Erano in Francia, in un piccolo paese di cui non conosceva il nome e avevano preso due camere in un ostello fuori mano. Pareva che il borgo fosse uno dei crocevia più frequentati dai cacciatori dato che vi era una riserva enorme in cui vi si riunivano centinaia di uomini.«Allora Emmett, ti piace questo posto?» chiese Edward scaricando il borsone da un lato e andandosi a sedere sul davanzale dell'unica grande finestra.
Il grande vampiro si guardava intorno furtivo, intimorito ma allo stesso tempo terribilmente eccitato da quel cambiamento repentino.
«Ti risponderò quando saremo fuori.»
«Buona idea fratellino! Vuoi riposarti un po'?»
I due si guardarono sorridendo. Edward non era mai stato così tanto di buon umore.
Una delle ragioni per la quale Carlisle ed Esme erano così entusiasti della presenza di Emmett era proprio perché aveva lo strano potere di rianimare il loro apatico figlio maggiore.
«Non dovevamo viaggiare?»
«Hai ragione. Questa era la promessa. Credo che Parigi ti piacerà!»
 
Edward ebbe tremendamente ragione. I giorni passarono e dopo quasi quattro giorni già il giovvane moro cominciava a prendere una confidenza con il mondo esterno che gli era mancata davvero tanto.
«Io amo Parigi! Parigi j'adore!»
Emmett urlava a squarciagola sbracciandosi animatamente.
Adorava tutto di quel luogo.
Le costruzioni che si ergevano su qualsiasi lato, il grande fiume, i monumenti e le vie colorate. Il verde, i fiori, gli odori del pane appena sfornato e i sapori dei vini prelibati.
Parigi era incantevole. Vi erano artisti ovunque, così come i musicisti che allietavano le numerose ore spese nel centro città. Alla notte invece, tutto era diverso.
La luna illuminava le vie, una nuova vita aveva inizio.
Edward amava muoversi sui tetti, la trovava una cosa parecchio divertente e così contagiò immediatamente Emmett che non poteva far a meno di amare la libertà e la completezza che provava ogni qual volta che si sedeva sul punto più alto dell'imponente torre Eiffel.
«Se continui così ci farai scoprire.»
«Dubito che noterebbero le nostre figure, di notte a quest'altezza.»
«Non hai tutti i torti!»
Risero di gusto dondolando i piedi nel vuoto.
Era una sensazione che non aveva eguali. Qualcosa di incredibile!
Emmett non avrebbe mai potuto sentirsi in quel modo se fosse morto quel giorno nella foresta. Non avrebbe mai assaggiato i croissant del miglior ostello della zona più costosa di tutta Parigi, non avrebbe mai suonato le campane di Notre Dame o sorseggiato uno di quei vini rosati.
«Sai, credo di aver capito il motivo di questo viaggio!»
«Dici?»
«Si. Mi fa apprezzare quanto sia incredibile quello che sono diventato.»
Edward sorrise senza proferire parola. Lo fece qualche secondo dopo.
«Mi pare che tu non ne abbia molto bisogno.»
«Non è sempre così. Alle volte ripenso a quando ero umano, mi chiedo se tutto quello che sono ora non sia solo un errore.»
«Non dar retta a quello che dice Rosalie!»
Quella frase lo colse totalmente impreparato. Emmett trattenne il respiro e si voltò lentamente per fissare il fratello, aveva colto nel segno.
«Oh, lei è abile a farti sentire in colpa. Adora aver tutti ai suoi piedi e sfrutta le debolezze delle persone.»
«La descrivi come una persona orrenda...»
«A volte lo è.»
Emmett sospirò passandosi una mano tra i capelli e guardando le increspate acque della Senna. La luna le dava un colore sovrannaturale.
«Io non credo che sia così malvagia. Ha le sue buone ragioni per quello che fa!»
«Tu comprendi Rose?»
«Io...ho avuto modo di parlare con lei e mi son ricreduto su certi aspetti.»
«Quali?»
«Non so. Non te lo so spiegare! Mi sento confuso quando son vicino a lei.»
Edward si voltò cercando il suo sguardo.
«Sei solo attratto. Terribilmente attratto.»
«Dici?»
«Tu desideri Rose a tal punto che la tua mente tenta di mitigare il caratteraccio di nostra sorella. Eppure davvero non capisco cosa ti piaccia così tanto di lei!»
«Non sei forse tu che leggi nel pensiero?»
Il biondo sorrise sentendo la pacca sulla spalla data dal fratello.
«Adori il modo in cui sorride. Adori veder quel fuoco nei suoi occhi, sentire la sua voce e osservarla quando si scosta un ciuffo dal viso. Pensi che il suo corpo sia perfetto e vorresti passarci delicatamente le tue mani. Sospireresti ogni volta che vedi le sue labbra rossastre e la sua pelle pallida è come un richiamo per il tuo fisico. 
La tua non è solo attrazione fisica, ma per ora credo sia l'unico modo in cui decifrarla.»
Emmett rimase in silenzio.
Quella realtà sbattuta così violentemente lo lasciò senza parole.
Davvero sentiva tutto quello che Edward aveva detto? Era così evidentente?
Lui era cristallo, lui era vetro. Tutto quello che provava si poteva benissimo interpretare anche alla luce del sole. Rose invece teneva tutto dentro, era così difficile capirla.
«Si, sai proprio leggere nei pensieri!»
Edward sbuffò quasi sentendosi sminuito.
Accennò uno strano sorriso, fece un cenno e poi si lasciò cadere da dove si ritrovava seduto.
Il moro accolse subito quell'invito e lanciandosi con le mani si precipitò nel vuoto per una caduta di centinaia di metri. Amava quella sensazione, adorava Parigi e adorava Rose.
Queste tre cose erano davvero inevitabili.
 
---
«Perché non lo vuoi ammettere?» 
«Alice lasciami in pace.»
Rose si spostò cacciando la testa sotto il cuscino e tirandosi le coperte.
Era la seconda volta che Alice tentava di avviare quel discorso ma la bionda era veramente abile ad evitarlo.
«Ti manca Emmett!»
«Non mi manca Emmett!»
La mora si sdraiò al suo fianco e tentò di conquistare il suo sguardo ma era davvero difficile ragionare con Rosalie in quelle condizioni.
«Ah no? Allora perché non esci dalla camera da due giorni?»
«Non ho voglia di uscire.»
«Non hai fame?» 
Rose sospirò.
Moriva di fame, desiderava talmente tanto nutrirsi che era davvero difficile combattere ancora quella sgradevole sensazione di sete. Eppure non riusciva a uscire dalla stanza.
Si era imposta di restare là dentro sino a che non avesse trovato una sorta di risposta alle domande che sempre più prepotentemente la assillavano.
Cosa sentiva quando c'era Emmett? Come poteva decifrare gli strani sentimenti che provava?
In due giorni non era riuscita a venirne a capo, forse perché era troppo difficile ammettere la verità, l'ovvietà di tutta quella questione: era attratta da Emmett.
Era terribilmente attratta da quegli occhi dorati, quei corti capelli, quei lineamenti delicati e marcati allo stesso tempo. Desiderava i suoi addominali, i suoi muscoli, il suo corpo possente. 
«Forse. Credo che andrò a caccia stanotte.»
«Posso accompagnarti io!»
«E darti un occasione per convincermi che io ed Emmett dovremmo stare insieme? Non se ne parla! Ancora non capisco come tu possa pensarlo.»
«Lui è tenero, divertente e...molto affascinante!»
Alice sorrise maliziosamente ma Rose già non la stava più fissando.
«Ho capito. Ho capito. Ti lascio da sola ma, sappi che tornerò a importunarti domani.»
Rosalie alzò il braccio e sbuffò.
«Chiaro.»
Rimasta nuovamente sola potè tornare alla luce del sole.
Si mise il cuscino dietro la nuca e intrecciò le mani tra i capelli.
Proprio non riusciva a capire come uscire da quella faccenda, come impedire al suo ego di distruggere costantemente Emmett. Non doveva controllarlo, anche se avrebbe voluto.
 
---
«Devi andare a caccia? Proprio oggi?»
Edward fece spallucce e allargò le braccia, non sarebbe rimasto ancora a lungo in quella camera elegantemente arredata.
«Siamo qua da una settimana, ho resistito anche fin troppo a lungo. Guarda i miei occhi, son neri come la pece! Ho bisogno di sangue.»
«Andiamo Ed, devi restistere, è la nostra ultima notte a Parigi!»
«Lo so. Ma davvero non ce la faccio più e anche tu dovresti andar in qualche bosco a cercare qualche capriolo o scoiattolo.»
Emmett si passò una mano sul viso. In effetti sentiva una certa fame ma gli restava così poco tempo da passare in quella splendida città che non aveva alcuna volta di passarlo a cacciare.
«Io mi cercherò qualche criminale e mi nutrirò. Tu potresti comunque andare senza di me.»
«Parigi di notte non è divertente da soli!»
Edward sbuffò, anzi sospirò eccessivamente.
«Lo so e mi dispiace. Devo andare però!»
Non c'era la possibilità di persuaderlo. Edward si stava rendendo conto di quanto pericoloso potesse essere per lui restare a digiuno ancora a lungo per cui resistette a tutte le proposte e le lamentele di Emmett sino a quando non lo convinse a uscire anche senza la sua compagnia.
«Potresti rivisitare tutti i monumenti che abbiamo visto.» gli disse mentre uscivano dall'ostello dove avevano soggiornato ma il moro non ne era troppo convinto.
«Vedrò sul momento cosa fare.» rispose lui stroncando la discussione.
Non era arrabbiato, forse solo un po' offeso di come il fratello l'avesse snobbato proprio nel giorno di chiusura del loro viaggio. Si sarebbe sfogato presto!
Dopotutto Edward svanì qualche secondo dopo e lui decise di dirigersi verso Montmartre, la capitale parigina degli artisti. Chissà se di notte avrebbe trovato qualcuno.
La risposta arrivò poco dopo. Era deserta!
Sembrava che la notte la città si svuotasse di quel caos che l'animava durante il giorno.
Emmett camminò a lungo quella notte. Per ore.
Si prese il giusto tempo per poter riflettere su una questione che aveva preferito accantonare per tutti quei giorni ma che ora, solo, era tornata a galla: Rosalie.
Quell'intera giornata passata con lei l'aveva confuso ancora di più. Aveva compreso il motivo del suo odio, ma allo stesso tempo lo aveva accettato e capito e gli sembrava quasi che la giovane lo provocasse. Che si aspettasse qualcosa da lui che però ancora non aveva fatto.
Interpretava bene i suoi segnali? Rosalie provava qualcosa per lui?
Si sentiva così stupido, ma allo stesso tempo era troppo giovane per poter capire qualcosa e soprattutto per agire. Rose era una ragazza particolare, non si sarebbe sicuramente azzardato ad avvicinarla in circostanze normali.
Mentre pensava a quello che avrebbe pensato Alice se avessero parlato dell'argomento sentì uno strano rumore provenire qualche via più avanti. Riemerse allora dai suoi pensieri ritrovandosi in chissà quale quartiere della Capitale. Continuando a sentire qualcosa che non andava decise di andar a vedere cosa stava succedendo, ma con discrezione.
Spiccò quindi un salto atterrando su uno dei bassi tetti delle casupole là di fianco.
Sfruttando la sua velocità e i suoi sensi gli bastarono pochi secondi per individuare il punto preciso da dove stava udendo quei gemiti sommessi. Inorridi quando lo vide!
Un omaccione teneva una giovane ragazza per i polsi sbattendola contro il muro. Le chiudeva la bocca con la mano libera e le baciava il collo. Era logico che tutto quello che stava accadendo non era consensuale.
Emmett vide lo sguardo della ragazza, in preda al terrore, le lacrime che sgorgavano copiose e non poté far a meno di intervenire.
Sentiva un fuoco bruciarli dentro, qualcosa che non poteva controllare e così seguì il suo istinto. Si gettò sull'uomo cogliendolo di sorpresa e con la sua forza sovraumana lo scaravento dall'altra parte del vicolo probabilmente facendolo svenire sul colpo.
Si avventò allora sul suo corpo e lo lanciò ancora una volta facendolo atterrare sulla strada ormai privo di sensi e molto probabilmente morto. 
La giovane si accasciò a terra, quasi nemmeno vide quella scena dato che non appena Emmett rimase in piedi davanti a lei gli si gettò al collo per ringraziarlo. Piangeva copiosamente e le sue lacrime bagnarono completamente il suo giaccone.
Era successo tutto così in fretta, così velocemente che era davvero difficile comprenderlo.
Il moro si lasciò stringere teneramente e i suoi occhi calarono irrimediabilmente sul suo collo. Un rivolo di sangue le scendeva sino al petto, una ferita probabilmente provocata dai morsi del suo assalitore richiamava Emmett alla sua natura.
Gli occhi del Vampiro divennero allora scuri, più neri del carbone e anche se lottò contro se stesso con tutte le sue forze tutto quello che la sua mente vedeva era solo sangue.
La sua testa ricordava della sacca di sangue che aveva condiviso con Rosalie, rimembrava quelle sensazioni di piacere, quel gusto paradisiaco, piacere per i sensi.
I denti affondarono nella sua carne velocemente, le mani si strinsero intorno al suo corpicino e la ragazza venne prosciugata senza nemmeno accorgersene. Morì tra le sue braccia, ancora con uno sguardo spensierato sul viso. 
«No.»
Emmett si scostò lasciando cadere l'ennesimo corpo senza vita sulla strada.
La giovane aveva assunto un colore simile al suo.
Si portò una mano alla bocca e la guardò. Le dita bianche erano macchiate di sangue.
«No.»
I ricordi svanirono.
Il piacere della sacca di sangue, il godimento di quel momento.
L'eccitazione, la sua fame, la sua energia. Tutto svanì.
«NO!»
Urlò Emmett nella notte prima di mettersi a correre alla cieca lontano da quel luogo.
Due cadaveri sarebbero stati ritrovati quel giorno, anzi forse di più e lui doveva allontanarsi il più possibile da là. Edward lo strovò il giorno successivo rannicchiato in un angolo.
Il viso nascosto dalle ginocchia, un espressione vacua e senza forze.
Lo aiutò ad alzarsi, gli sorrise e senza proferire una sola parola cominciarono a correre verso casa. Edward aveva letto i suoi pensieri, aveva maledetto la sorella e se stesso e poi aveva semplicemente deciso di affrettarsi a tornare dai Cullen.
Era l'unica cosa giusta da fare!

Angolo dell'Autrice
Il prossimo Capitolo arriverà a breve, molto a breve, potrebbe arrivare già da domani o al massimo a venerdì sera.
Son due Capitolo collegati tra loro anche se c'è molto anche qua. 
Fatemi sapere cosa ne pensate :)
  
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