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Autore: Alexiel_Slicer    19/12/2012    6 recensioni
Aveva solo 17 anni e già sentiva che parte della sua vita era stata gettata al vento, sentiva che la stava sprecando.
Le sue coetanee avevano fatto tante di quelle esperienze e lei? Lei no. Si diceva che un giorno, quando sarebbe stata più grande e soprattutto lontano da quella casa lei avrebbe fatto tutte quelle cose che nella giovinezza aveva perso, se lo diceva, ma non ci credeva poi così tanto.
La vita era imprevedibile, la vita era così breve. Sarebbe davvero riuscita a recuperare tutti quegli anni andati perduti? Ne avrebbe avuto l'opportunità? Tutto quello era un grosso ed asfissiante punto interrogativo. Poteva succedere una disgrazia in qualsiasi momento, poteva andare a dormire e l'indomani non svegliarsi più e lei non avrebbe mai visto il mondo, tutto quello che per lei c'era.
Chiuse gli occhi e le lacrime iniziarono a scendere da sole: era la frustrazione. A volte desiderava davvero semplicemente morire. Chiudere gli occhi per sempre e lasciarsi alle spalle ogni problema, tutta la tristezza. Voleva, ma non ci riusciva. Più volte aveva tentato in momenti al culmine della disperazione di strapparsi quella vita di catene, senza riuscirci. Troppo vigliacca anche per quello.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV


Si svegliò sopra ad un morbido letto, avvolta da una calda coperta in una stanza che non le era familiare.
Le pareti erano bianche, il pavimento di modesto parquet. Un sacco per la boxe era appeso al soffitto in un angolo, poi una cassettiera, una scrivania con un pc sopra ed un armadio: tutti elementi comuni di ogni stanza da letto, a parte il sacco.
Si stropicciò gli occhi sbadigliando e subito dopo il suo stomaco brontolò stuzzicato dal profumino che proveniva dalla stanza accanto. La sera prima non aveva neanche mangiato ed adesso aveva una fame da lupi.
Si scoprì con un secco movimento e poggiò i piedi sulla fredda superficie di legno. Mosse un passo e quasi stava per cadere a faccia in giù a causa di un paio di guantoni consumati che stavano sul pavimento ad intralciare il suo cammino.
Seguì quell'odorino quasi stregata, fino alla cucina dove trovò Bill in tuta e canottiera, con uno strofinaccio sulla spalla intento ad armeggiare con una padella sul fornello.
"Buongiorno" mormorò ancora assonnata poggiandosi allo stipite della porta.
Il ragazzo si voltò di colpo "Oh, buongiorno. Sto preparando la colazione...credo..." disse osservando poco convinto il contenuto della padella "Avevo intenzione di fare delle frittelle, ma...spero che tu non abbia molta fame...".
"Schezi? Poterei mangiarmi anche te! Non ci sto vedendo più dalla fame!".
"Bene, allora mi sa che devo andare a comprare qualcosa...".
"Ma smettila! C'è un profumino! Fammi vedere".
Roxenne si avvicinò per guardare la colazione che presto sarebbe finita nel suo stomaco. Non trovò una frittella come si aspettava, ma una massa informe dal colorito giallastro.
"Ehm...non avrà l'aspetto più bello del mondo, ma va bene. Molla qui" disse afferrando il manico dell'arnese e togliendolo di mano a Bill che la guardava perplesso.
Si accomodò a tavola.
"Non vorrai mangiarla davvero?" fece lui.
"Perchè no? Magari fa schifo a vedersi, però è buona. Che ne sai?" disse portandosi un boccone alla bocca.
"No!" esclamò Bill, ma ormai era troppo tardi: Roxenne stava masticando quel pezzetto di pseudo frittella.
Calò il silenzio. Da un lato c'era il ragazzo con un'espressione di chi si sta per aspettare il peggio, dall'altro c'era lei che assaporava con minuziosa attenzione il boccone come il critico culinario più esigente.
"E' buona!" esclamò improvvisamente.
"Che?".
"Dovresti lavorare un pò di più sulla presentazione, però è buona. Assaggia" disse Roxenne infilzandone un altro pezzo con la forchetta e porgendoglielo.
La fissò diffidente.
"Su, assaggia" insistette.
Bill le si avvicinò e con la bocca catturò quel pò di frittella che gli era stata offerta. La masticò con cautela, poi sorprendentemente disse "Hai ragione! E' buona!".
Dal cassetto tirò fuori un'altra forchetta e sedendosi di fronte alla ragazza prese a mangiare anche lui.
"Dovresti andare a scuola, lo sai?" disse dopo aver terminato.
"No, non ho neanche i libri con me".
"Vai a casa e li prendi".
"No, io non ci vado lì!".
"Roxenne..." sospirò "I tuoi genitori saranno preoccupati!".
"Non credo, anzi saranno al settimo cielo, soprattutto lui".
"Lui?" ripetè Bill inarcando un sopracciglio.
Cambiò discorso "Comunque io non dovrei essere nemmeno qui!" disse alzandosi e andando verso la porta d'ingresso.
"Ferma, ferma" fece il ragazzo seguendola e bloccandola "E dove vorresti andare? Parenti? Amici?".
"I miei parenti sono dei coglioni e i miei amici anche peggio".
"Viva la sincerità" mormorò Bill tra sè e sè "Resta qui, allora. Almeno fin quando non ti sarai decisa di tornare a casa".
"Non voglio approfittare della tua gentilezza, hai già fatto tanto per me e ti ringrazio".
"No, aspetta! Roxenne tu di qui non esci".
"Cos'è? Sequestro di persona?" chiese con stizza.
"Smettila di fare la stupida perchè non lo sei. Non posso lasciarti andare. Sai che grande peso avrei sulla coscienza se lo facessi? Una ragazzina, da sola per la città, hai idea di quello che protebbe succederti? Non voglio neanche immaginarlo!".
"Che interessa a te? E poi chi mi dice che non sei tu un malintenzionato?".
Bill fece una smorfia, poi serio ed amereggiato disse "Come puoi dire questo di me? Se ti avessi voluto fare del male l'avrei già fatto e non di certo ti avrei accolto in casa mia. E poi ti sembro il tipo da far del male a qualcuno?".
Roxenne abbassò la sguardo mortificata. L'aveva sparata grossa.
"Io devo andare in palestra ad allenarmi. Roxenne tu stai qui e mi raccomando niente stupidaggini! Se hai bisogno di qualcosa chiedi pure alla signora della porta accanto, è una brava persona. Io tornerò per pranzo".
Inforcò il borsone che stava già pronto davanti alla porta, poi fece per aprirla, ma la ragazza con una mano si appese alla sua canottiera e lo tirò leggermente verso di sè, come un bambino che per attirare l'attenzione della madre tira con la manina la sua gonna.
Lui si voltò a guardarla.
"Posso venire con te?" domandò in un mormorio, ancora con la testa bassa "Non voglio stare qui da sola. Ti prometto che farò la brava. Mi metterò in un angolino a guardarti, non mi noterai nemmeno" continuò.
Bill sorrise sconfitto da quella richiesta "Si, puoi venire. Però adesso andiamo, se no facciamo tardi" disse, per poi uscire insieme di casa.
La palestra era nella periferia opposta al capannone e all'abitazione di Bill. Era un piccolo edificio che si articolava solo sul piano terra. La facciata era di un giallo slavato e in un angolo in alto era un pò scalcinata. Al centro vi era una porta a vetri opachi su cui era appeso un cartellone che ne riportava il nome formato da lettere adesive nere "Muscle Gym". La classica palestra alla portata di tutti.
Appena entrati c'era un piccolo bancone che serviva per accogliere i clienti, poi vi erano due corridoi: uno frontale all'ingresso ed uno a destra. Quest'ultimo portava alla sala attrezzi, gli spogliatoi e la sala per l'aerobica, l'altro, quello che percorsero, portava alla sala per la boxe.
Questa era un pò piccola e riusciva a contenere solo un ring ed un angolo dove vi era qualche sacco e qualche peso.
Roxenne si accomodò su di una panchetta di ferro laccata di rosso, mentre Bill indossava i guantoni, per poi andare verso uno dei sacchi ed iniziare a riscaldarsi.
La ragazza l'osservava incantata molleggiare sulle gambe, improvvisare finte e colpire il sacco.
Era bello, forte, grintoso. Ad ogni movimento i suoi muscoli diventavano più evidenti per lo sforzo e un ciuffetto ribelle di capelli gli ricadeva sulla fronte lievemente sudata, che lui di tanto in tanto cercava di spostare con il polso.
Ritornò sul pianeta Terra solo quando una voce roca rimbombò per la stanza.
"Bill! Già al lavoro eh?".
Era un uomo basso e panzuto che indossava una canottiera bianca da cui fuoriusciva un pò la peluria brizzolata del petto. Roxenne quando lo vide inarcò un sopracciglio.
"Ciao Michael!" lo salutò Bill con un sorriso.
L'uomo gli diede una pacca sulla spalla e il ragazzo salì sul ring.
Improvvisarono un incontro e nonostante quel Michael non fosse messo poi tanto bene fisicamente era agile e ci sapeva fare. Mezz'ora dopo gli concesse una pausa.
Bill esausto prendeva aria dalla bocca aperta, mentre il suo petto si gonfiava affannato. Era sudato, le goccioline gli scendevano dalla fronte, sul viso e il collo, per infine impregnare la sua canottiera ormai zuppa che aderiva perfettamente al suo corpo.
"Allora ti stai annoiando?" chiese voltandosi verso Roxenne e poggiandosi sulle corde, come ad affacciarsi.
"No. Stanco?".
"Questo non è niente ancora. Dai sali sul ring".
"Eh? No, no" protestò lei agitando le mani a destra e a sinistra.
"Su dai" insistette.
"Neanche morta".
"Se non vieni tu di tua spontanea volontà vengo a prenderti io e credimi non sarà per niente piacevole in questo momento".
Roxenne sbuffò rotenando gli occhi al cielo, poi alzandosi dalla sua panchetta salì sul ring borbottando "Non è giusto minacciarmi perchè puzzi".
Una volta lassù Bill le lanciò un paio di guantoni che lei prese al volo.
"Che dovrei farci con questi?".
"Indossali".
"No no no no no, no e poi no!".
Il ragazzo la guardò con occhi supplichevoli e lei sospirando li indossò.
"Ok, adesso colpisci".
"Cosa?" fece Roxenne.
"Me".
"No! E se poi ti faccio male? No, non se ne parla".
"Ma sei frignona lo sai?".
"Io non sono frignona!".
"Invece si!".
"No!".
"Allora colpiscimi e basta".
"Brutto...l'hai voluto tu!".
Roxenne lo colpì in pieno con tutta la sua forza.
"E' questo che sai fare? Non mi hai fatto neanche il solletico".
La ragazza alzò gli occhi. Il suo viso non dava alcun segno di dolore o fastidio, inoltre non si era spostato neanche di mezzo centimetro, eppure era sicura di averlo colpito.
"Sei un brutto settantenne!" esclamò colpendolo una seconda volta.
"Oh, mi hai colpito? Non me n'ero accorto".
Lei uscì fuori la lingua e gliela mostrò.
Bill rise "E' così che si colpisce" disse, per poi colpire con leggeri e delicati pugnetti Roxenne che si contorceva nel vano tentativo di parare quei colpi.
"Questo è un pugno...è anche questo...è anche quest'altro...si fa così" diceva lui tra un colpetto e l'altro.
La ragazza finì col cadere all'indietro a terra seguita da Bill, entrambi ridendo.
"K.O." disse lui sopra di lei.
"Un giorno mi rifarò".
"Un giorno lontano".
"E chi l'ha detto? Insegnami e ti straccio in men che non si dica".
"No, tu andresti in giro a picchiare la gente".
"N-no! Non è vero! Perchè do questa impressione?".
Bill scoppiò a ridere divertito "Sto scherzando, sciocchina".
Seguì il silenzio e solo in quell'istante Roxenne si rese conto di essere sotto il suo corpo madido di sudore, con la faccia a pochi centimetri dalla sua.
Andò in iperventilazione ed arrossì.
Michael rientrò di nuovo nella stanza e Bill si levò in piedi aiutandola a rialzarsi.
"Allora continuiamo?" chiese l'uomo.
Lei ritornò di nuovo a sedere sulla panchetta con il suo profumo sotto le narici ad impregnarle i vestiti. 
  
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