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Autore: iam_theinsecure    20/12/2012    7 recensioni
" Ho passato questi ultimi 3 anni a fissare la mia vita non muoversi nemmeno di un millimetro, a vederla rimanere immobile e diventare noiosa. Sono come un giocattolo rotto dimenticato dal proprio bambino.
Sospesa.
Quella parola mi era passata per la testa per un'intera settimana.
La mia vita. Era. Sospesa.
Sospesa ad un filo che non si sarebbe mai spezzato, ad un filo che non è mosso dal vento, ad un filo immobile, che non si muove.
Non sono triste. Non sono nemmeno felice se è per questo.
Solo... sospesa. "
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jay McGuiness
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Rain -



Sopravvivere.
 
Non ero buona a fare nemmeno quello ormai.
 
Posai la lametta sul bordo della vasca.
 
Mi tremavano le mani.
 
La paura. L’unica emozione che conoscevo, l’unica emozione che riuscivo a provare.
 
Paura della morte, paura di lasciare questo mondo senza nemmeno aver dato a qualcuno un motivo valido per ricordarmi con un sorriso.
 
Nessuno si sarebbe mai ricordato di me. Nessuno avrebbe pianto per me.
 
<< Mi dispiace… >> sussurrai.
 
A chi cazzo sto chiedendo scusa?
 
Violet, è inutile che continui a fissare il soffitto: non c’è nessuno lassù pronto a perdonarti.
 
Gli occhi cominciarono ad appannarsi, come se nel bagno fosse spuntata una nebbia fitta che presto oscurò i miei occhi.
 
Pesanti, essi si chiusero e mi addormentai nella vasca da bagno, in quell’acqua calda che dava di lavanda e che sapeva di sangue, il mio sangue.
 
-
 
<< Ehi Violet… io lo dico per il tuo bene, se esci un po’ non ti fa male… anche se vai in giro da sola, fatti un giro: vai al parco, al porto… ti piace tanto il mare >>
 
Geneeve era una di quelle tante persone a questo mondo a cui non importava nulla di ciò che mi era successo: lei pensava al presente, alla Violet che sono ora, alla Violet che non le piace per niente.
 
Lei non mi conosce, non sa la mia storia e forse è proprio questo il motivo per cui, quel giorno di ormai un anno fa, dopo che me andai definitivamente di casa, chiesi proprio a lei di ospitarmi per un tempo indeterminato a casa sua.
 
Mi disse di fare di quell’appartamento casa mia e mi promise che se ero una tipa che aveva bisogno costantemente di starsene per conto proprio, come aveva intuito potessi essere sin dalla prima impressione, lei non mi avrebbe affatto infastidita, anzi, sarebbe andata a stare dal suo fidanzato, dall’altra parte della città, lasciandomi l’appartamento tutto per me.
 
Quella ragazza mi aveva completamente letto nel pensiero.
 
<< Forse hai ragione… un giretto al porto non mi farà male, grazie del consiglio >>
 
<< Non c’è di ché… tieni, mettiti questo >>
 
Un vestito.
 
Non mi sarebbe nemmeno arrivato alle ginocchia.
 
Avrei portato scoperte le gambe.
 
Al solo pensiero che gli occhi di qualcuno potessero posarsi sulle mie gambe nude, il mio cuore cominciò a galoppare e le mani a sudare.
 
<< Ti ringrazio, ma fuori fa freschino e non vorrei raffreddarmi… meglio un paio di jeans, magari anche neri >>
 
Le sorrisi e mi andai a cambiare.
 
Senza nemmeno salutare, sentii la porta dell’appartamento chiudersi e calare il silenzio.
 
Stronza, salutare sarebbe stato chiedere troppo?
 
-
 
Una ragazza dai capelli neri, dall’altra parte dello specchio d’acqua, trascinò sul proprio viso un sorriso sforzato.
 
Se si fosse coperta dal naso in giù con la mano, si sarebbe accorta benissimo che i suoi occhi non sorridevano come il resto del viso cercava di fare.
 
Quegli occhi erano tristi.
 
Spenti.
 
Una goccia di pioggia fece svanire quell’immagine ai miei occhi quasi orrenda.
 
Stava per mettersi a piovere e io ero a più di 20 minuti a piedi da casa, tratto di strada che avrei fatto completamente sotto la pioggia perché non avevo con me un ombrello.
 
Mi alzai dalla panchina e cominciai pazientemente a camminare, stretta nelle spalle per non prendere troppo freddo.
 
In fondo mi piaceva la pioggia.
 
Quegli strani brividi che ti percorrono la schiena quando ti senti che i tuoi vestiti sono tanto bagnati da non riuscire più a farti sentire coperta, come fossi nuda, bagnata, davanti a tutti.
 
Bagnata sotto la pioggia per me era come essere nuda.
 
Possibile che questa strana e pervertita sensazione mi piacesse tanto?
 
Nessun ragazzo mi ha più toccata da quella volta.
 
Adesso che ci penso, non ho più permesso a nessun essere vivente, umano, uomo, donna, animale, cane, gatto, bambino, di provare anche solo a sfiorarmi.
 
Il solo pensiero di altre superfici viventi e pulsanti di vita a contatto con la mia pelle fredda mi faceva rabbrividire di schifo.
 
<< Bisogno di un ombrello? >>
 
Saltai, come se mi avessero appena urlato alle spalle.
 
Come al solito ero immersa completamente nei miei pensieri, tanto da non accorgermi della gente che mi passava accanto, dei rumori dei loro passi, del mondo intorno a me, di quel ragazzo che mi stava gentilmente offrendo il posto accanto a sé, sotto quell’ombrello blu notte.
 
Una marea di ricci biondo cenere schiacciati sotto un cappello di lana color granata nascondevano due occhi azzurri come il cielo che quel giorno si erano velati di una strana sfumatura di grigio.
 
Quello sguardo intenso mi ricordò quello di mio fratello Kay: quella stessa luce…
 
Due guance rosee e un paio labbra carnose che sbiancavano sotto la pressione di quei denti che non volevano proprio lasciarle stare.
 
<< Perché ti sei fermato? In fondo sono solo un’estranea sotto la pioggia… cosa ti importa se ho bisogno di un ombrello? >>
 
Risposi male, ma il modo in cui avrebbe risposto a quelle mie domande sarebbe stato per lui come superare o no una specie di prima prova.
 
Stordito da quella mia risposta, rimase serio, a riflettere, come se le risposte a quelle mie domande ce le avesse scritte da qualche parte, in fondo alla testa, o forse in fondo al cuore.
 
<< Non lo so >> rispose.
 
Prova superata.
 
Adesso vediamo se supera anche la seconda.
 
<< A che stai pensando? >>
 
Se mi avesse mandata a quel paese avrebbe toppato, alla grande direi.
 
<< A quanto tu sia… strana! Potevi semplicemente accettare o rifiutare e mandarmi a quel paese. Perché mi fai tutte queste domande? >>
 
Seconda prova superata.
 
Aveva risposto alle mie domande con una domanda.
 
<< Piacere, mi chiamo Violet >> avventata gli porsi la mia mano.
 
Avevo paura la stringesse.
 
Avevo paura di quel tocco.
 
Avrebbe potuto stringermi la mano, voltarmi il braccio tanto forte da rompermelo.
 
Avrebbe potuto farmi ruotare fino a mantenermi voltata, con le spalle verso di lui e il viso rivolto alla parte opposta, mentre avrebbe potuto fare di me ciò che voleva, con la forza.
 
Avrebbe potuto farmi del male.
 
<< Piacere mio… sono, emh… James-Jay. Chiamami Jay >>
 
Mi strinse la mano con delicatezza, quasi sfiorandola.
 
Il mio cuore cominciò a battere, ma quella che sentivo non era la solita e famigliare paura.
 
Era qualcosa che non avevo mai provato prima…

-

* spazio dell'autrice * ( ho talmente tanta poca fantasia in fatto di titoli che non so come chiamare questo spazio dedicato alle mie farfuglerie lol )

Eccoci qui, finalmente :D
Prima di tutto vorrei ringraziare di cuore xLallix che è stata la prima ragazza a recensire questa storia ( rimarrai nella mia collezione di record, sappilo Laura ;D ) e in secondo luogo, come al solito, spero che qualcuno legga anche questo secondo capitolo: significa davvero tanto per me, soprattutto è appagante leggere anche poche parole come recensione alla mia storia, sia che siano buone parole sia che siano critiche ( non frenatevi dall'impulso di scrivermi anche giudizi negativi! Invece di chiudere il capitolo appena vedete che non vi piace, scrivetemelo, a me fa piacere anche questo! ).

Ok. La pianto di divagare.

I prossimi due capitoli arriveranno la prossima settimana se riesco a scrivere qualcosa mentre sarò in vacanza ( adesso che ci penso, è già un miracolo se riuscirò a portare il mio computer con me çwç ).

Ciancio alle bande (?) spero di ricevere tanti commenti... ( si, certo, aspetta e spera ).

Un abbraccio.

- Annalisa.

  
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