"Chi ha paura muore tutti i giorni, chi ha coraggio muore una sola volta."
«Fanny», mi sentì chiamare «Svegliati, dobbiamo andare». Aprì gli occhi, e sbadigliai.
Diedi uno sguardo veloce alla finestra. A Brooklyn era ancora buio.
Mi alzai dal letto prendendo una tuta ed una maglietta dal cassetto e le indossai. Raccolsi i capelli in una coda alta e indossai le scarpe. «Mi lavo un attimo i denti», entrai in bagno e mi guardai allo specchio, ma decisi che forse era meglio evitare. Mi lavai i denti, spazzolando bene, sopra e sotto, all'interno e all'esterno, almeno per due minuti, come mi aveva insegnato la mamma. Chissà come stava...
Mi lavai la faccia, scrollandomi da dosso quei pensieri.
Era sempre così quando arrivava un carico grosso di droga, alle 4 del mattino bisognava essere attivi, ma soprattutto produttivi. Quella era, se possiamo chiamarla così, una prova.
Quando entri a far parte di un gruppo, o sei dentro o non ci sei proprio.
«Fanny!», Joe urlò il mio nome per un ultima volta, dopo di che mi sbrigai e uscimmo di casa. Prendemmo le moto dal garage. La mia piccola bestia era un pò che non si sgranchiva le gambe. Misi in moto e indossai il casco. Faceva un freddo cane quel giorno e l'asfalto era ricoperto da un sottile strato di ghiaccio. L'inverno si faceva sentire anche da quelle parti e con lui anche il Natale.
Arrivammo al porto dopo dieci minuti e tutti erano già li ad aspettarci. Scesi dalla mia moto e affiancai Joe, che si stava incamminando a passo spedito verso il gruppetto di ragazzi.
«Non voglio perdere tempo in cose inutili, quindi sbrigatevi, siate svelti e fate in modo da evitare gli inconvenievoli», i ragazzi annuirono e iniziarono a scaricare i pacchi di erba e di pasticche, arrivati da chissà dove. Molti di loro erano venuti con le proprie macchine, in modo da poter trasportere la droga e portarla al magazzino, dove non ero mai stata, e non solo per colpa della droga. Joe si allontò da me ed io rimasi sola, a guardare gli altri fare avanti e indietro. Accesi una sigaretta e la portai alla bocca. Mi sedetti su un muretto e mi persi in un ricordo molto lontano...
" «Fanny tesoro quel fiocco spostalo un pò più a destra», urlò la mamma, mentre era ai fornelli a controllare la cena. «Ok mamma», presi altri fiocchi e altri oggetti dallo scatolone pieno di polvere dove tenevamo i pochi addobbi natalizi. Eravamo solo io e la mamma che ci occupavamo dell'albero di natale. Ormai mio padre aveva iniziato da un bel pò il suo fuori ed esci dal carcere. E la cosa non mi dispiaceva.
Stranamente quella sera qualcuno bussò alla porta. Il terrore me lo si poteva leggere negli occhi appena lo vidi lì, sotto la soglia di casa. Sapevo che quella sera l'incubo ricominciava, l'uomo cattivo che piano entrava dalla porta della mia camera e lasciava continue ferite dentro di me, tutto quello non sarebbe mai finito, ed io, mai l'avrei dimenticato..."
«A cosa pensi?», Joe spezzò quel filo che mi teneva a metà tra il mondo terreno ed il mio mondo. «A nulla, vecchi ricordi», avvicinai la sigaretta alla bocca, che si era consumata lentamente, proprio come me, con il passare degli anni.
Joseph me la sfilò dalle dita e la finì in un solo tiro. «Ti fa male, lo sai?», disse poi avvicinandosi, e poggiandosi contro il muretto freddo dove ero seduta. «Si, ma anche a te», non rispose. Aveva lo sguardo fisso di fronte a se. «Come sta andando?», chiesi riferendomi allo scarico. «Bene. Hai freddo?», feci spallucce «Credo sia normale avere freddo a quest'ora del mattino del mese di dicembre», lui sorrise. «E' vero, si gela», si portò le mani giunte alla bocca, cercando disperatamente di scaldarle. «Mi dispiace averti costretta, ma non avevo scelta», annuì. Io dovevo esserci, avevano bisogno di qualcuno che gli guardasse le spalle.
«Joe, ti manca Monique?», domanda insensata, inopportuna. Lo colsi di sorpresa. «A me tanto», alzai lo sguardo, guardando un pò più in alto del mare. «Lo so, ti vedo quando le scrivi...». Continuavo a farlo, quotidianamente, cercando di nascondermi da Joe, ma lui mi vedeva, lui sapeva quando Monique era costretta a sopportare le mie lacrime.
In lontananza udimmo il suono di una nave, che probabilmente avrebbe attraccato al porto a breve. «Muovetevi, forza!». Avevano quasi finito di scaricare gli impacchi, quando uno di questi cadde per terra, rompendosi al contatto con l'asfalto. «Ma non vedi che c'è scritto 'fragile'? Fa attenzione Dio! Non sono cose che devo dirti io, dovresti saperlo, cazzo!», Joe afferrò il ragazzo colpevole per il collo. «Questi -indicò la droga spappolata- sono migliaia di dollari buttati nel bidone dell'immondizia per colpa tua. Ed ora non credi debba fare lo stesso con la tua enorme testa di cazzo? Non voglio che accada un altra volta, ci siamo intesi?». C'era un silenzio assordante. L'unica cosa percepibile era il battito del cuore accellerato di Joe.
Lasciò il ragazzo e tirò un calcio allo scatolo per terra. «Joe», cercai di fermarlo ma iniziò ad avviarsi verso la moto. «Joe, fermati», lo tirai per la giacca, ma mi rifiutò. «Cazzo Joe, fermati! Ti sto parlando, sono una persona, devi ascoltarmi!», si voltò e solo dopo che lo spintonai alzò lo sguardo verso di me.
«Ma che diavolo ti prende? Perchè l'hai trattato in quel modo? Non c'era bisogno di scaldarsi cosi tanto, bastava dirgli di stare più attento»
«Non sono affari tuoi, stanne fuori!», sibilò a denti stretti.
«No Joe, perchè faccio parte del gruppo anche io e non ne resto fuori!», per quanto potessi essere bassa, arrivai a fissare i miei occhi nei suoi.
«Se non vuoi correre il rischio ti conviene restare al tuo posto e non intrometterti più», si voltò e riprese a camminare. «No, ma sai che ti dico? Va bene, anzi, va benissimo!! Trovati un altra che ti pari le palle Joe, perchè io non ci sto più ai tuoi comodi». Corsi velocemente verso la moto e montai, fuggendo via. Odiavo il suo comportamento, odiavo quando voleva sentirsi come un alfa e noi il suo branco. Gli altri preferivano essere trattati come spazzatura, ma io non ero come loro.
-
spero vi sia piaciuto. <3
xx Lee
-
spero vi sia piaciuto. <3
xx Lee