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Autore: Eriok    21/12/2012    1 recensioni
Una nuova era. Il mondo dopo Il Giorno dell'Apocalisse. Gli esseri umani come sopravviveranno? Esseri mutanti, con le facoltà di animali selvatici si dividono tra Cacciatori e Vittime... ma uno di loro si mette dalla parte degli oppressi, e una nuova guerra ebbe inizio.
Tratto dal primo capitolo: "Compresi troppo tardi, nella mia corta vita, che ci sono solo due categorie d’esseri nel mondo: i Cacciatori e le Vittime.
E imparai troppo tardi a quale delle due categorie io appartenevo.
Troppo tardi."
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Sovrannaturale
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- Questa storia fa parte della serie 'Cacciatori E Vittime'
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Cacciatori e Vittime

27.

 

«Mi senti, Giacomo?» parlava a una radio, Elisa. Una voce crocchiante rispondeva a sbalzi.

«Non...Elisa...cercar...» le nocche diventarono bianche dal nervoso, spostò qualche leva, girò una manopola, e la comunicazione diventò più chiara. Era una sala buia quella da dove comunicava la giovane, ma si sentiva nell’aria un respiro diverso dalla donna-pantera. Una luce azzurra sferzava l’oscurità, e pulsava di vita propria.

«Mi recepisci?» domandò ancora la donna, parlando al microfono. Sforzandosi di percepire la voce dell’amico dal ricevitore.

«Ora ti ricevo forte e chiaro.» rispose la voce maschile al di là della comunicazione, Giacomo trattenne un sorriso «Ora ti posso dire una cosa: vaffanculo! Porca puttana, ci hai fatto preoccupare! Dove sei?» domandò il giovane, con la sua esuberanza. Elisa sogghignò prima di rispondere.

«Sono a quattro giorni di cammino dalla base, ti sto inviando le coordinate dei segnalatori che indicano la strada.» aggiunse, digitando numeri su una tastiera a cui mancavano alcuni numeri. Pochi minuti e, confermato l’invio, parlò di nuovo «È importante. Voglio che registri il seguente messaggio vocale, e inoltrarlo agli altri due capi delle basi.» Aspettò il via e parlò.

«Sono Elisa, e voglio che ascoltiate le mie parole. Il mondo esiste al di là della nostra conca, se seguirete le indicazioni che ho inviato, raggiungerete una cancellata sorvegliata, voglio che la evitiate virando a ovest, raggiungendo un vecchio raggruppamento di abitazioni. Laggiù io vi aspetterò. Ho bisogno di rinforzi, tutti coloro che possono combattere rispondano al mio appello. Questa è una guerra, e per la sopravvivenza. Se perderemo saremo tutti condannati.» inspirò, sapendo che stava condannando delle persone a morte certa «Vi avviso, se non vorrete combattere vi capisco, ma è una emergenza. Quegli esseri che ci hanno attaccato, nemmeno un mese fa, torneranno, e più forti di prima. Quindi pensate ai vostri cari e rispondetemi: volete davvero che cadano in mano loro? Vi chiedo di combattere per loro, per la vita. Per la libertà.» Elisa si voltò all’ultima parola, guardando un paio di occhi scuri al di là della coltre di buio. La fissavano con fastidio trattenuto. Ritornò a parlare.

«So che vi chiedo molto, ma vi prego, seguite le mie indicazioni, vi aspetterò tra 5 giorni, in quel raggruppamento di case. Portate munizioni, armi, e voi Infetti portate le vostre energie. Ros, Ippolito, chiedo anche la vostra presenza. Abbiamo bisogno di combattenti esperti, medici e di buoni cecchini. Più saremo, più forti saremo. Sperando che il mio messaggio raggiunga tutti e vi spinga a venire. Vi aspetto, per la libertà.» e con quello comandò che il messaggio finisse di essere registrato. La voce di Giacomo era ora molto più seria e poco propensa allo scherzo. Elisa poteva quasi scorgere il suo volto giovane ferma in una espressione grave.

«Elisa, è tutto vero? Dobbiamo combattere...per la sopravvivenza?» la sua voce era preoccupata. Elisa rispose affermativamente. Lo sentì bestemmiare al di là del ricevitore.

«Dannazione... ci mancava solo questa. Comunque porterò il materiale necessario. Le cinture da me ideate sono comode per gli infetti.» il giovane ormai aveva la voce da capo, da chi sa cosa fare. La giovane sogghignò.

«Vedo che ti sei subito accomodato sul trono, eh, Giacomo?» stuzzicò Elisa, poi tornò seria «Gli infetti devono portare chi non lo è sulle groppe, dovrete essere veloci e leggeri, usate le tute per la foresta, state attenti, la via è ardua, ma ora la neve non intacca più il campo...si sta avvicinando il vento caldo del sud.» aggiunse, e poi salutò, ricordando il luogo e riconfermando le coordinate.

Appoggiò il microfono sullo strumento ormai spento.

«Questa guerra serve a tutti, per poterci liberare.» una voce fuori dalla fioca luce della lampada raggiunse le orecchie della giovane. Elisa diede un pugno al tavolo, irata.

«Loro combatteranno solo ad un mio ordine. Tu non hai nessun esercito al tuo seguito, Cassandra. Noi non combattiamo per la religione.» aggiunse la donna, alzandosi ribaltando la sedia di plastica. I suoi occhi dardeggiavano ira, raggiunse con una falcata la presenza nel buio «Tu stai giocando con la vita della mia gente, donna.» disse, colpendola con l’indice sul petto. Elisa era ancora sotto la luce, ma vedeva al di là dei fiochi raggi della lampada. Cassandra aveva un volto impassibile.

«La Dea lo ordina.» soffiò, osservandola con dignità dalla sua altezza. Elisa sputò per terra.

«Io non ricevo ordini da nessuno. Combatto per la libertà, non per un dio inesistente.» e si allontanò. Cassandra, nell’oscurità la guardò uscire dalla stanza, una porta illuminò la stanza della luce del giorno che fuori imperava. Vento, grigiore, e gocce di acqua cadevano come lame di ferro.

Cassandra si soffermò ad osservarla, lì ad ammirare il cielo, immobile nella sua postura ferina, la coda che, agitata, si muoveva veloce. I vestiti datole dai Resistenti enfatizzavano le sue forme scattanti e morbide. La riccia si era quasi dimenticata della morbidezza del suo abbraccio, del calore insito nel suo petto. Della delicatezza della sua pelle bronzea. Della dolcezza delle sue carezze... nella mente i ricordi di quelle notti passate a dormire accanto a lei.

Svaniti.

Elisa scostò il volto, guardandola in tralice. Cassandra notò i suoi capelli. Erano cresciuti. Troppo.

«Una volta...stavamo una affianco all’altra.» parlò Elisa, con un tono malinconico. Si poteva vedere la tristezza trasparire tra i ciuffi ribelli sul suo volto «Cosa è cambiato da allora?» domandò «È forse... colpa mia?» la mente della donna che corre alla sua dichiarazione d’amore, le infligge un colpo nero nel cuore rosso gonfio d’amore. Silenzio.

«Sono cambiata io, Elisa.» disse Cassandra, nel silenzio spezzato «Non puoi cambiare ciò che sono. Ciò che penso. Io sono devota alla Dea, sin dalla nascita. Ero predestinata a lei sin dall’inizio. Questo è il mio destino, disegnato dalle mani sacre della Somma Dea della Luna.» la sua voce esaltava il nome del dio, come se il fatto di essere scelta da lei fosse un grande merito. Elisa sorrise mestamente, nascondendolo alla giovane. Gli occhi al cielo. Erano umidi come lui.

«Peccato che ognuna di noi disegna il proprio destino, Cassandra, giorno dopo giorno. Non gli dei.» e con quella frase Elisa uscì alla pioggia. Cassandra la guardò varcare la porta.

Sorrise.

 

È così bella e struggente sotto la pioggia... così invitante nel suo peccato...

E i suoi capelli sono così amorevolmente ricci...

Oh dea, come posso resisterle...?

È forse questo quello che devo sconfiggere, è forse questo il mio punto debole...?

...

La lussuria?

 

Ti ricorderò come eri, amore mio.

Dolce, affettuosa, simpatica, sorridente.

Ti ricorderò come quando mi sono innamorata di te, amore mio.

Orgogliosa e combattiva.

Proprio come me.

Ma a quanto pare l’amore non fa per me.

 

Elisa abbassò la testa sotto la pioggia. Le lacrime si fondevano con l’acqua dolce che frustava la sua pelle sotto la superficie dei vestiti. I capelli le andavano sugli occhi, saturi di acqua. Li costò con rabbia, urlando nell’aria grigia della pioggia che cade.

 

Piove, amore mio. Dentro me.

Ti ricorderò com’eri, e nulla più.

Mi avevi chiesto aiuto, e te l’ho dato.

Mi hai chiesto guerra, ed è quello che ti darò.

...

Desideravo soltanto che tu mi chiedessi amore. Perché questa è l’unica cosa che vorrei donarti: me stessa.

 

Elisa singhiozzava sotto la pioggia, dentro quel campo di calcio dove aveva confessato il suo amore. La rete sulla sua testa era satura di acqua. Poi, come un colpo nella mente un suono dentro la testa le urlò.

Tum, rombo di tamburo.

Elisa cadde sulle ginocchia, sferzata dal dolore, un suono la scuoteva nelle orecchie della sua testa e la riempiva di fitte.

Ricorda il Sole.

Poi il dolore se ne andò, e arrivò una calma silenziosa. La pioggia non suonava più, come prima. Ora era silenzio. Si alzò, gli occhi verso la grata. Erano completamente gialli. Con un balzo incredibile arrivò alle grate e le tranciò con un colpo secco delle mani, la trasformazione in stato avanzato, la pantera governava quel corpo che ora avanzava a falcate nella grigia città, ricoperta di acqua e silenzio.

Ricorda il Sole.

Ricorda la missione.

Ricorda la carne.

Ricorda il sangue.

 

 

Ecco l’ennesimo capitolo partorito dalla mia mente malata. Cosa è successo ad Elisa? Quanti rinforzi arriveranno? Cos’è questa guerra che Elisa deve affrontare?

Domande a cui avremo risposta - forse - nel prossimo capitolo, che partorirò forse sicuramente dopo le vacanze natalizie.

Buona fine del mondo a tutti e Buone Feste ^W^

Eriok

   
 
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