Cacciatori e Vittime
27.
«Mi senti, Giacomo?» parlava a una radio, Elisa. Una voce crocchiante rispondeva a sbalzi.
«Non...Elisa...cercar...» le nocche diventarono bianche dal nervoso, spostò qualche leva, girò una manopola, e la comunicazione diventò più chiara. Era una sala buia quella da dove comunicava la giovane, ma si sentiva nell’aria un respiro diverso dalla donna-pantera. Una luce azzurra sferzava l’oscurità, e pulsava di vita propria.
«Mi recepisci?» domandò ancora la donna, parlando al microfono. Sforzandosi di percepire la voce dell’amico dal ricevitore.
«Ora ti ricevo forte e chiaro.» rispose la voce maschile al di là della comunicazione, Giacomo trattenne un sorriso «Ora ti posso dire una cosa: vaffanculo! Porca puttana, ci hai fatto preoccupare! Dove sei?» domandò il giovane, con la sua esuberanza. Elisa sogghignò prima di rispondere.
«Sono a quattro giorni di cammino dalla base, ti sto inviando le coordinate dei segnalatori che indicano la strada.» aggiunse, digitando numeri su una tastiera a cui mancavano alcuni numeri. Pochi minuti e, confermato l’invio, parlò di nuovo «È importante. Voglio che registri il seguente messaggio vocale, e inoltrarlo agli altri due capi delle basi.» Aspettò il via e parlò.
«Sono Elisa, e voglio che ascoltiate le mie parole. Il mondo esiste al di là della nostra conca, se seguirete le indicazioni che ho inviato, raggiungerete una cancellata sorvegliata, voglio che la evitiate virando a ovest, raggiungendo un vecchio raggruppamento di abitazioni. Laggiù io vi aspetterò. Ho bisogno di rinforzi, tutti coloro che possono combattere rispondano al mio appello. Questa è una guerra, e per la sopravvivenza. Se perderemo saremo tutti condannati.» inspirò, sapendo che stava condannando delle persone a morte certa «Vi avviso, se non vorrete combattere vi capisco, ma è una emergenza. Quegli esseri che ci hanno attaccato, nemmeno un mese fa, torneranno, e più forti di prima. Quindi pensate ai vostri cari e rispondetemi: volete davvero che cadano in mano loro? Vi chiedo di combattere per loro, per la vita. Per la libertà.» Elisa si voltò all’ultima parola, guardando un paio di occhi scuri al di là della coltre di buio. La fissavano con fastidio trattenuto. Ritornò a parlare.
«So
che vi chiedo molto, ma vi prego, seguite le mie indicazioni, vi aspetterò tra
5 giorni, in quel raggruppamento di case. Portate munizioni, armi, e voi
Infetti portate le vostre energie. Ros, Ippolito,
chiedo anche la vostra presenza. Abbiamo bisogno di combattenti esperti, medici
e di buoni cecchini. Più saremo, più forti saremo. Sperando che il mio
messaggio raggiunga tutti e vi spinga a venire. Vi aspetto, per la libertà.» e
con quello comandò che il messaggio finisse di essere registrato. La voce di
Giacomo era ora molto più seria e poco propensa allo scherzo. Elisa poteva
quasi scorgere il suo volto giovane ferma in una espressione grave.
«Elisa,
è tutto vero? Dobbiamo combattere...per la sopravvivenza?» la sua voce era
preoccupata. Elisa rispose affermativamente. Lo sentì bestemmiare al di là del
ricevitore.
«Dannazione...
ci mancava solo questa. Comunque porterò il materiale necessario. Le cinture da
me ideate sono comode per gli infetti.» il giovane ormai aveva la voce da capo,
da chi sa cosa fare. La giovane sogghignò.
«Vedo
che ti sei subito accomodato sul trono, eh, Giacomo?» stuzzicò Elisa, poi tornò
seria «Gli infetti devono portare chi non lo è sulle groppe, dovrete essere
veloci e leggeri, usate le tute per la foresta, state attenti, la via è ardua,
ma ora la neve non intacca più il campo...si sta avvicinando il vento caldo del
sud.» aggiunse, e poi salutò, ricordando il luogo e riconfermando le
coordinate.
Appoggiò
il microfono sullo strumento ormai spento.
«Questa
guerra serve a tutti, per poterci liberare.» una voce fuori dalla fioca luce
della lampada raggiunse le orecchie della giovane. Elisa diede un pugno al
tavolo, irata.
«Loro
combatteranno solo ad un mio ordine. Tu non hai nessun esercito al tuo seguito,
Cassandra. Noi non combattiamo per la religione.» aggiunse la donna, alzandosi
ribaltando la sedia di plastica. I suoi occhi dardeggiavano ira, raggiunse con
una falcata la presenza nel buio «Tu stai giocando con la vita della mia gente,
donna.» disse, colpendola con l’indice sul petto. Elisa era ancora sotto la
luce, ma vedeva al di là dei fiochi raggi della lampada. Cassandra aveva un
volto impassibile.
«La Dea
lo ordina.» soffiò, osservandola con dignità dalla sua altezza. Elisa sputò per
terra.
«Io non
ricevo ordini da nessuno. Combatto per la libertà, non per un dio inesistente.»
e si allontanò. Cassandra, nell’oscurità la guardò uscire dalla stanza, una porta
illuminò la stanza della luce del giorno che fuori imperava. Vento, grigiore, e
gocce di acqua cadevano come lame di ferro.
Cassandra
si soffermò ad osservarla, lì ad ammirare il cielo, immobile nella sua postura
ferina, la coda che, agitata, si muoveva veloce. I vestiti datole dai
Resistenti enfatizzavano le sue forme scattanti e morbide. La riccia si era
quasi dimenticata della morbidezza del suo abbraccio, del calore insito nel suo
petto. Della delicatezza della sua pelle bronzea. Della dolcezza delle sue
carezze... nella mente i ricordi di quelle notti passate a dormire accanto a
lei.
Svaniti.
Elisa
scostò il volto, guardandola in tralice. Cassandra notò i suoi capelli. Erano
cresciuti. Troppo.
«Una
volta...stavamo una affianco all’altra.» parlò Elisa, con un tono malinconico. Si
poteva vedere la tristezza trasparire tra i ciuffi ribelli sul suo volto «Cosa
è cambiato da allora?» domandò «È forse... colpa mia?» la mente della donna che
corre alla sua dichiarazione d’amore, le infligge un colpo nero nel cuore rosso
gonfio d’amore. Silenzio.
«Sono
cambiata io, Elisa.» disse Cassandra, nel silenzio spezzato «Non puoi cambiare
ciò che sono. Ciò che penso. Io sono devota alla Dea, sin dalla nascita. Ero
predestinata a lei sin dall’inizio. Questo è il mio destino, disegnato dalle
mani sacre della Somma Dea della Luna.» la sua voce esaltava il nome del dio,
come se il fatto di essere scelta da lei fosse un grande merito. Elisa sorrise
mestamente, nascondendolo alla giovane. Gli occhi al cielo. Erano umidi come
lui.
«Peccato
che ognuna di noi disegna il proprio destino, Cassandra, giorno dopo giorno.
Non gli dei.» e con quella frase Elisa uscì alla pioggia. Cassandra la guardò
varcare la porta.
Sorrise.
È così bella e struggente sotto la pioggia... così invitante
nel suo peccato...
E i suoi capelli sono così amorevolmente ricci...
Oh dea, come posso resisterle...?
È forse questo quello che devo sconfiggere, è forse questo
il mio punto debole...?
...
La lussuria?
Ti ricorderò
come eri, amore mio.
Dolce,
affettuosa, simpatica, sorridente.
Ti ricorderò
come quando mi sono innamorata di te, amore mio.
Orgogliosa e
combattiva.
Proprio come
me.
Ma a quanto
pare l’amore non fa per me.
Elisa
abbassò la testa sotto la pioggia. Le lacrime si fondevano con l’acqua dolce
che frustava la sua pelle sotto la superficie dei vestiti. I capelli le
andavano sugli occhi, saturi di acqua. Li costò con rabbia, urlando nell’aria
grigia della pioggia che cade.
Piove, amore mio. Dentro me.
Ti ricorderò com’eri, e nulla più.
Mi avevi chiesto aiuto, e te l’ho dato.
Mi hai chiesto guerra, ed è quello che ti darò.
...
Desideravo soltanto che tu mi chiedessi amore. Perché questa
è l’unica cosa che vorrei donarti: me stessa.
Elisa
singhiozzava sotto la pioggia, dentro quel campo di calcio dove aveva
confessato il suo amore. La rete sulla sua testa era satura di acqua. Poi, come
un colpo nella mente un suono dentro la testa le urlò.
Tum,
rombo di tamburo.
Elisa cadde
sulle ginocchia, sferzata dal dolore, un suono la scuoteva nelle orecchie della
sua testa e la riempiva di fitte.
Ricorda il Sole.
Poi il
dolore se ne andò, e arrivò una calma silenziosa. La pioggia non suonava più,
come prima. Ora era silenzio. Si alzò, gli occhi verso la grata. Erano completamente
gialli. Con un balzo incredibile arrivò alle grate e le tranciò con un colpo
secco delle mani, la trasformazione in stato avanzato, la pantera governava
quel corpo che ora avanzava a falcate nella grigia città, ricoperta di acqua e silenzio.
Ricorda il Sole.
Ricorda la missione.
Ricorda la carne.
Ricorda il sangue.
Ecco l’ennesimo
capitolo partorito dalla mia mente malata. Cosa è successo ad Elisa? Quanti rinforzi
arriveranno? Cos’è questa guerra che Elisa deve affrontare?
Domande
a cui avremo risposta - forse - nel
prossimo capitolo, che partorirò forse
sicuramente dopo le vacanze natalizie.
Buona fine del mondo a tutti
e Buone Feste ^W^
Eriok