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Autore: AliceInHeartland    21/12/2012    6 recensioni
Una ragazza insicura di sè, un pò perseguitata dalla sfortuna.
Un libro... un diario, una lontana parente che la collega ad un passato che ritorna e che diventerà presto il suo presente.
Misteri, amicizie, amori... cambiamenti, forse...
La dimostrazione di come la vita possa cambiare quando meno te lo aspetti e di come la felicità bussi alla porta di chi meno la cerca.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ebbene sì sono tornata ^w^
Per l’ennesima volta in enorme ritardo! Chiedo venia!
Però con questa storia sto procedendo più lentamente dell’altra, anche se da poco ho riscoperto il piacere degli haku-boys futuristici eheh (ride da sola).
In realtà sembrava più facile, ma mi sono ritrovata a pensare che sia più difficile scrivere e gestire questa storia dell’altra, nonostante quella effettivamente più complicata, rigida e contorta sia “Diventerò la tua sposa”.
Anche se ho idea che si complicherà anche questa di storia.
Per ora procediamo con le loro “avventura” e vediamo come se la cavano, anche se non direi proprio tanto bene XD
Ma a voi giudicare!
Signore e signori, si apra il sipario! Haha! (si esalta da sola)


La sveglia prese a suonare ininterrottamente. Un suono fastidioso, che le dava alla testa. Beh, si supponeva fosse per quella ragione che era stata inventata: stordire le persone per spingerle ad alzarsi. Solo che lei non ne aveva proprio alcuna voglia.
Un po’ per la stanchezza, un po’ perché, solo a pensare ai momenti difficili che la aspettavano a scuola, si sentiva depressa ancora prima di potersi svegliare.
Ma quel suono insistente e squillante la stava disturbando troppo per ignorarlo e continuare a dormire beatamente nel suo caldo lettuccio.
Con il volto ancora sprofondato nel cuscino, allungò la mano verso il comodino e, di conseguenza, verso la sveglia ancora trillante.  Ma prima che potesse raggiungerla, sentì un rumore tanto rapido quanto sordo. Il rumore di qualcosa che impetuosamente si scontrava contro qualcos’altro.
E poi… il silenzio.
Il suono della sveglia canterina non raggiunse più le sue orecchie.
Ma cosa…?
Un po’ interdetta e confusa, Arline alzò pian piano il volto dal morbido cuscino con quell’aria mezza addormentata per vedere cosa fosse successo.
Eh…?
Quando aveva sentito quel rumore, si era detta che probabilmente aveva spinto l’oggetto con la punta delle dita e lo aveva erroneamente fatto cadere a terra.
Pensava davvero potesse trattarsi di una possibilità come quella. O forse anche di altre, ma… Mai avrebbe immaginato che si trattasse di…
“Si può sapere che diavolo stai facendo?!” urlò la ragazza con un’aria burbera indirizzata al giovane Saitou che impugnava (come al solito) la sua katana, la quale lama era conficcata proprio nella sua sveglia!
“L’ha…L’ha… L’hai tagliata a metà! Ma sei fuori?!” . Non sapeva davvero come capacitarsene. Quello lì era entrato nella sua stanza senza permesso e aveva fatto a pezzi un oggetto di sua proprietà! Ma come gli diceva la testa?
Saitou, di parte sua, la guardò con la solita aria inespressiva per poi puntargli nuovamente contro la katana. “Quella era un’altra delle tue diavolerie, demone?”
“Eh? Ancora con questa storia?! Te l’avrò ripetuto almeno un migliaio di volte che non sono un demone!”
“Saitou-san, allora? Cos’era quel rumore? Ne hai trovato la causa?” chiese un’altra voce che comparse improvvisamente nella stanza.
La giovane la riconobbe. Era quella del giovane Heisuke che, con aria sia timorosa che curiosa si era affacciato sulla soglia della porta, seguito da quell’Harada e l’altro amico loro, Shinpachi.
“Allora?” chiesero all’unisono quest’ultimi due.
“Si trattava di uno degli strani oggetti in possesso di questo demone” rispose pacatamente l’altro, che era stato interpellato. “Ecco” . E detto ciò mostrò loro l’oggetto in questione. O, meglio dire, ciò che rimaneva dell’oggetto in questione.
“Oh…” . Harada gli si avvicinò, prendendo in mano i brandelli di sveglia. “Che strano aggeggio… Però, è un po’ malandato” fece notare ad Arline, ancora sotto le coperte.
“Non era affatto malandato! E’ il vostro amico a cui manca qualche rotella che me lo ha fatto a pezzi!” rispose, contrariata, lei.
“Chissà a cosa serve…” . Shinpachi si era affiancato a Sanosuke per esaminare più da vicino l’oggetto in questione, mentre Heisuke restò dietro di loro di pochi passi.
Saitou, allora, che non aveva abbassato la lama dalla gola della ragazza neanche per un secondo, chiese con aria rigida: “Avanti, rispondi. Che utilità aveva quell’oggetto?”
“Eh?”
“Forse intendevi usarlo per stordirci tutti e scappare?”
“Cosa?!”
“O forse per spaesarci e coglierci di sorpresa con un attacco?”
“Ma che stai dicendo?!”
“O, ancora, si trattava di un qualche tipo di allarme usato da voi oni? Ammettilo, serviva a richiamare i tuoi compagni per radunarli tutti qui e tenderci un’imboscata”
“Si può sapere che vai farneticando? Quella era una semplicissima sveglia! E tu me l’hai letteralmente fatta a pezzi!” . La rabbia di Arline non era contenibile, in quella situazione. “E per di più mi stai anche puntando quella tua dannata spada contro!”
E se non fai come ti dico, è la volta buona che ti faccio arrestare!
“Saitou-san, forse è il caso di darle ascolto” gli consigliò Shinpachi, un po’ preoccupato dell’aria furibonda che si leggeva sulla faccia della ragazza.
Ancora un po’ tentennante, il ragazzo fece come gli era stato suggerito ed abbassò la katana.
“Bene… Ed ora che il tuo istinto omicida si è placato… USCITE TUTTI FUORI DALLA MIA STANZA!”
“Ma non ci hai ancora spiegato che cos’era quel…”
“USCITE IMMEDITATAMENTE FUORI!!!!!!”

                                                                             *****

Cara bisnonna, non so davvero quanto potrò resistere, se le cose vanno avanti in questo modo…
Le cose “normali”, quelle di tutti i giorni, con questi tizi diventano strane e pericolose!
Non so più che cosa fare…
Che qualcuno mi aiuti!

                                                                            *****

“Ah…” .
Arline non trattenne un nuovo sospiro, mentre si sistemava il fiocco della divisa scolastica e indossava i suoi soliti occhiali dalla montatura sottile.
“Pensavo di essere stata abbastanza chiara ieri sera” esordì, voltandosi verso l’intero gruppo di shinsengumi.
Erano tutti seduti sul tatami della stanza da pranzo, rifiutandosi di sedersi sul divano che era stato posizionato lì o sulle sedie che circondavano il tavolo. Tutti tranne Okita Souji che invece era piacevolmente disteso sul divano come fosse stato un gatto crogiolante al sole.
Anche se la casa era in stile tradizionale giapponese, i mobili che l’arredavano erano stati trasferiti da un appartamento di Tokyo, quindi era impensabile che richiamasse uno stile tanto classico.
E logicamente quegli oggetti tanto moderni insospettirono i giovani shinsengumi che non li approvarono.
Beh, eccezione fatta per Okita.
“Vi avevo detto che una delle regole da rispettare era che non dovevate entrare nella mia stanza, specialmente di notte. E voi, di tutta risposta, mi avete disobbedito!”
“Sì, ma non era notte…” ribatté Harada. “Era mattina presto”
“Non importa se era notte, o mattina. Se vi ho detto di non farlo, non dovete farlo!” . La ragazza fulminò con lo sguardo i colpevoli, per poi concentrarsi su Saitou che era in piedi a guardarla, a fianco ad un Hijikata-san calmo e seduto tranquillamente, che prestava distrattamente attenzione alla discussione.
“E poi… tu!” . Indicò con l’indice Saitou, che rimase impassibile. “Mi hai fatto a pezzi la sveglia! Ti rendi conto? Ma evidentemente no, perché eri troppo impegnato a puntarmi contro la tua katana!”.
Quei ragazzi erano incredibilmente ottusi. Ma il più ottuso di tutti era proprio quel Saitou! Forse era quello che mal sopportava più di tutti!
Poteva anche sembrare calmo, ma aveva la katana facile.
“Quell’oggetto che mi hai ridotto in brandelli era una semplicissima sveglia, che emette un suono all’orario in cui tu lo predisponi, per poterti svegliare in tempo”.
Il ragazzo, per niente turbato dalla strigliata, si limitò a guardarla con aria atona. “Capisco”.
Ahhhh! Che rabbia! Mi ha fracassato la sveglia, mi ha puntato la spada contro e mi ha accusata ingiustamente… E tutto quello che sa dire è “Capisco”?! Lo prenderei a calci, se solo non rischiassi di essere fatta a fettine!
“Volete capirlo sì, o no che la situazione è questa? Siete nel futuro ed è logico che ci siano cose che non conoscete e che vi turbano, in qualche modo. Ma vi assicuro che tutto ciò che vi è in questa casa, non è niente di pericoloso e/o letale”.
“Concordo con l’ojou-chan. Questo affare è davvero comodo per dormire!” asserì Souji, stiracchiandosi sul divano, proprio come un gatto, per poi affacciarsi su di questo per incontrare il suo sguardo.
In quel modo Arline poté notare che aveva un leggero colorito roseo sulle guance. Segno che il divano gli doveva essere  piaciuto. E parecchio, pure.
“Come hai detto che si chiama?”
“Divano. E’ un divano”.
“Perfetto. Allora il divano lo occupo io” dichiarò per poi tornare a stendercisi sopra.
In quel momento le sembrò tanto un bambino capriccioso e sfacciato. E forse infondo lo era. Un bambino capriccioso e sfacciato troppo cresciuto.
“Devi, però, ammettere, Arline-san, che la situazione non è sostenibile per noi” esordì Hijikata-san, incrociando il suo sguardo rigido, ma tranquillo con quello indispettito di lei.
Vorrai dire per me, forse! Qua gli unici che stanno creando disturbo siete voi, fino a prova contraria!
“Concordo pienamente, Hijikata-san. Non solo per voi, ma anche per me questa situazione non è facilmente gestibile. Ecco perché dobbiamo trovare assolutamente un modo per rimediarvi”.
“E dunque…?”
“E dunque vi rimedieremo. Ma non ora” precisò, mentre finiva di farsi anche la seconda treccia, che le cadde dolcemente sulla spalla sinistra. “Ora devo andare a scuola. Per colpa vostra sono già in ritardo.” .
Normalmente avrebbero chiesto che cos’era la scuola, ma la sera precedente Arline era stata previdente e lo aveva spiegato all’intero gruppo.
“Onestamente sono un po’ incerta se lasciarvi soli in casa per delle ore, ma se starete tranquilli, senza fare nulla di pericoloso, dovrebbe andar ben…” . Ma non fece in tempo a finire la frase, che vide Heisuke, Harada e Shinpachi concentrati sul telecomando del televisore a cristalli liquidi.
“Chissà a che serve quest’altra cosa” si chiese Heisuke, esaminandolo.
“Potrebbe essere che sia un’altra cosa particolare di Arline-chan?” ipotizzò Shinpachi.
“Chi lo sa…” . Anche Harada sembrava piuttosto curioso.
La ragazza li osservò ancora per un po’, per poi sospirare nuovamente.
Come si fa ad essere così idioti?
Indi si avvicinò a Sannan-san che, piegato educatamente sulle ginocchia,  stava anch’esso osservando i tre shinsengumi un po’ perplesso.
Una volta di fronte a lui, Arline s’inchinò in segno di rispetto. “Sannan-san, la prego di badare ai suoi compagni, per favore”.
L’uomo, allora, le sorrise cordialmente. “Ma certo, Arline-san, non dovete preoccuparvi. Ci penserò io a badare che non facciano sciocchezze”.
“Oh… Grazie davvero!”. Per la prima volta di fronte ad uno dei sette ragazzi, Arline aveva sorriso di cuore e aveva abbandonato quella sua aria arrabbiata, infastidita e severa. Forse questo dipendeva dal fatto che Sannan-san le sembrava quello più affidabile del gruppo. Non che Hijikata-san gli sembrasse irresponsabile, ma ancora non gli era sceso giù il comportamento che aveva avuto con lei il giorno prima. Doveva ancora capire di che pasta era fatto. Ancora non riusciva a credere che fosse l’uomo di cui era innamorata la sua bisnonna…
Mentre Sannan-san era stato tranquillo, coerente e gentile per tutto il tempo, sin da quando era arrivato in quell’epoca. L’unico che, effettivamente, non aveva dato fastidio. Certo, non aveva nessuna garanzia che anche a lui non mancasse qualche rotella, ma per ora le era sembrato davvero il più affidabile e, soprattutto, normale.
“Bene. Adesso vado. Ci vediamo più tardi. Mi raccomando, non combinate danni” esordì, diretta ai giovani, che, per un motivo, o per l’altro, non le davano ascolto; Heisuke, Harada e Shinpachi perché troppo impegnati ad esaminare il telecomando del televisore, Okita perché occupato ad assaporare ancora la comodità del suo divano, Hijikata-san perché troppo intento a pensare ad una soluzione per tornare indietro nel loro tempo e Saitou… Beh, Saitou perché se non fosse per il fatto che la credeva un demone, non teneva neanche in considerazione il fatto che esisteva.
Solo Sannan col solito sorriso gentile sul volto la salutò con un cenno della mano. “A più tardi, Arline-san. Andate tranquilla”.
Lei, allora, ricambiò il suo sorriso e si chiuse la porta alle spalle.
Appena fu fuori di casa, sospirò per l’ennesima volta. “Speriamo bene…”. Anche se non voleva riconoscerlo, la giovane era un po’ preoccupata. Ma giusto un po’.
No… Chi voleva prendere in giro? Era in ansia. Terribilmente in ansia. Chissà che cosa avrebbero combinato. Se avevano fatto tutto quel casino per una sveglia, non voleva neanche immaginare di che cosa erano capaci, se vedevano qualcosa di più scandaloso.
Già erano andati in tilt per il computer, il giorno precedente.
“Ah… Non ci posso far niente. Quel che è fatto, è fatto” si disse, cercando di convincersene. “Nonostante abbia parlato loro, sembrano quasi tutti punto e da capo”.
Non se la prendeva troppo con loro. No. Capiva che tutta quella modernità poteva sconvolgerli a tal punto. Si immedesimava nei loro panni, ma… Era un po’ delusa dai loro atteggiamenti ancora spaventosi, nonostante la sera prima avessero parlato così tanto.
Eh sì, perché la sera precedente, dopo averli radunati nella sala da pranzo, era rimasta fino l’una di notte a spiegar loro un bel po’ di cose.
Innanzitutto erano state fatte le presentazioni. Dopodiché la ragazza aveva spiegato loro quanto tempo era passato, i cambiamenti e la vita che adesso lei trascorreva, compreso l’andare a scuola.
Certo, non aveva dato una spiegazione dettagliata e precisa, ma era riuscita a mettere insieme dei punti-chiave per cercare di far comprendere loro quantomeno i cambiamenti della società.
Avevano stabilito delle regole tra le quali: non entrare nel bagno, quando lei si lavava e non entrare nella sua camera, specialmente di notte.
Infondo stava coabitando con ben sette uomini!
E per lei che non aveva mai neanche avuto un ragazzo, la cosa era insostenibile e l’impulso di cacciarli fuori di casa era davvero forte…
Purtroppo, però, aveva accettato di porre rimedio alla cosa. D’altra parte era stata lei a portarli lì e non sarebbe stato corretto abbandonarli in mezzo alla strada. Ma non lo faceva tanto per loro, quanto per le persone che li avrebbero incontrati.
Chissà quei sette svitati (anzi, sei) che cosa avrebbero potuto fare a dei poveri cittadini innocenti! Specialmente Saitou-san!
Ahhhhh! Basta così! Ci sto pensando troppo. Sarà pur vero che combinano danni, ma si tratta solo di qualche ora. Non possono mica combinare chissà cosa in così poco tempo, no? Decisamente… Mi sto preoccupando inutilment…
Aveva appena incominciato ad avviarsi quando sentì un forte frastuono proveniente dall’interno della casa. Il rumore di qualcosa che si rompeva e delle voci che si soprapponevano una all’altra.
Oh no…
Nulla di tutto ciò che aveva sentito prometteva niente di buono! E aveva anche il presentimento di sapere di cosa si trattasse.
Non dirmi che…
Inserì la chiave nella serratura e dopo aver dato lo scatto per entrare, si catapultò nella sala da pranzo, dove li aveva lasciati.
“Ara?” esclamò, un po’ sorpreso, Sannan-san, sempre seduto educatamente e tranquillamente sul tatami, per poi tingersi sulle labbra quel sue costante sorriso cordiale. “Siete tornata presto, Arline-san”.
Oh no… No… Ditemi che è solo un incubo…
Forse se fosse stato tutto un incubo, sarebbe stata la cosa migliore, perché lo spettacolo che le si apprestò davanti agli occhi fu davvero di troppo: Sanosuke, Shinpachi ed Heisuke, sulle quali facce vigeva un’aria allarmata, avevano formato un cerchio al centro del quale vi era Saitou che aveva sfoderato, come al solito, la sua katana. Sarebbe stata una scena più o meno accettabile, se non fosse stato per quello che vi era ai piedi del giovane shinsengumi: il televisore a cristalli liquidi… a pezzi.

Per un attimo, solo per un attimo, Arline smise davvero di respirare. La cosa la turbò tanto che non si sentì più le gambe e cadde sulle ginocchia.
“Ah! Arline! Non sai che cosa abbiamo scoperto!” le corse incontro Heisuke, con aria esuberante, ma anche un po’ preoccupata. “Sai quell’aggeggio di prima? Quello che avevamo in mano? Non sai che cosa era capace di fare!”
“Già! Hai presente quel quadro nero che c’era sopra quella specie di mensola?” le fece presente Shinpachi, avvicinandosi anche lui alla ragazza. “Ebbene! Devi sapere che Sanosuke ha premuto uno di quei numeri che vi erano incisi sopra e il quadro si è colorato tutto all’improvviso!”
“E non solo sono comparsi tutto all’improvviso delle immagini, ma le immagini cambiavano ogni secondo! Si muovevano! E a seconda del numero che cambiavi, cambiavano le immagini!” esclamò Heisuke, misto tra entusiasmo e timore. “E parlavano anche! Si sentivano i suoni di tutto!”
“Abbiamo pensato che potesse essere qualche diavoleria ideata da degli oni, magari per attentare alla tua vita, Arline-chan” chiarì Harada, quasi soddisfatto. “E così ce ne siamo occupati noi”.
Detto ciò, Saitou che li guardava con aria indifferente, ripose la spada nel fodero. “Ho eliminato la probabile minaccia demoniaca”.
Mi ucciderà…
Pensò Arline, col capo chino e tremante.
La mamma mi ucciderà senz’altro. E tutto per colpa di questi tizi…
Il tremolio si fece sempre più vivace, tanto che anche i ragazzi se ne resero conto.
“Hm? Che c’è, Arline-chan? Perché stai tremando?” chiese preoccupato, il giovane Todou. “Il pericolo è scampato!”
“Già, non devi avere più paura. Abbiamo pensato noi a tutto!” cercò di rassicurarla Shinpachi, con aria anche compiaciuta, tipica di chi aveva compiuto un’impresa impossibile.
“Vo… Voi…” sibilò, con un filo di voce. La voce era roca e grottesca e il tremolio del suo corpo si fece quasi esasperante. “Voi…”
“Ho-ho… Mi sa che stavolta non ve la cavate con una semplice strigliata” osservò Souji che si era affacciato dallo schienale del divano, con aria alquanto biasimante. Poi sorrise ai compagni. Un sorriso che nascondeva qualcosa che non prometteva niente di buono, un sorriso non troppo rassicurante. “Stavolta l’avete fatta proprio arrabbiare” fece loro notare, indicando insistentemente con l’indice dalla parte della ragazza.
I ragazzi, allora, si voltarono verso Arline e… sbiancarono.
Gli occhi azzurri della ragazza attraversarono il vetro degli occhiali e li agghiacciò. Era uno sguardo talmente freddo e terrificante da far sussultare persino Hijikata.  Uno sguardo proprio degno di un…
“Demone!” esclamò Saitou puntandole la spada contro.
“VOI… RAZZA DI IDIOTI!!!!”

  
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