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Autore: dreamlikeview    21/12/2012    25 recensioni
E se Louis fosse orfano e senza famiglia, ma un altruista e generoso laureando in psicologia e lavori in un centro di riabilitazione per tossicodipendenti?
E se Harry fosse il ragazzo con seri problemi di tossicodipendenza, e finisse a Doncaster?
E se l'amore coinvolgesse tutti e due?
[It's Larry Stylinson.]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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How to save a life with love



Be my baby
I'll look after you
(Look after you - The Fray)

 
 
 
Louis Tomlinson camminava per le strade illuminate di Doncaster,avvolto nel suo giaccone lungo fin sopra al sedere, con le mani nelle tasche dei jeans, il collo avvolto nella sua sciarpa rossa che gli copriva anche la bocca, e un cappello di lana con il pon pon rosso sulla testa per ripararsi dal freddo inglese di quella sera di metà dicembre.
Aveva sempre avuto un sorriso per tutti, e non aveva mai negato aiuto a nessuno. Era un volontario di un centro di recupero per tossicodipendenti e alcolisti, oltre ad uno studente universitario. Studiava psicologia. Era davvero un ragazzo altruista,e quella sera era diretto in un piccolo negozietto per comprare i regali di Natale per i ragazzi del centro. Alla fine, si era affezionato tanto a loro, tanto che li trattava come se fossero suoi fratelli, essendo lui figlio unico. Lui aveva assistito a tutto quello che avevano passato fin dalla prima volta che erano entrati nel centro: smarrimento, crisi d’astinenza, voglia di smettere di vivere. E lui era sempre stato lì con loro, a sostenerli, a tenergli la mano, a coccolarli quando ne avevano bisogno, a regalargli un sorriso quando loro non ne vedevano in nessun luogo. Perché lui era così, era altruista. Per questo aveva deciso, appena compiuti i diciotto anni, di dirigersi nel centro di recupero di Doncaster e aiutare tutti i ragazzi che v’erano lì, ormai erano quasi tre anni che si occupava di loro, alcuni li aveva visti guarire ed andare via, erano subentrati i nuovi arrivati, e poi i nuovi, e ogni volta era lo stesso, si affezionava a loro. Lui l’aveva vissuto sulla sua pelle, la madre diversi anni prima, quando Louis aveva appena quindici anni era morta di overdose, in seguito alla dipendenza dalla droga a causa della scomparsa prematura del marito. Ebbene sì, Louis Tomlinson, vent’anni d’altruismo, alto, castano dagli occhi azzurro cielo, era orfano di padre e di madre, ma non faceva pesare la sua situazione su nessuno, tantomeno i “suoi” ragazzi, a loro era sempre riservato un sorriso.
Fuori poteva essere una giornata piovosa, terribile con una tempesta in atto, dentro poteva avere un dissidio sconfortante, una tristezza lacerante, Louis Tomlinson trovava un sorriso da donare al prossimo, la sua era una grande qualità. Non appena entrò nel piccolo negozio di articoli da regalo, si tolse il cappello, rivolgendo un dolce sorriso alla commessa.
“Buona sera, Louis” – sorrise la giovane dai capelli a caschetto biondi e gli occhi verdi brillanti.
“Buona sera a te, Kate” – rispose cordialmente il bel giovane, iniziando a guardarsi intorno per scegliere i regali da fare ai giovani che lo attendevano. La notte di Natale l’avrebbe passata con loro, come ogni anno.
Abbassò leggermente la sciarpa per poter respirare, lì dentro c’era un bel tepore, e non aveva bisogno di tutti quei vestiti addosso. Osservò tutto. Voleva imprimere bene nella sua mente ogni dettaglio per capire quale di quegli oggetti andasse meglio per ognuno di loro.
Oh, il pupazzetto a forma di orso andrà bene per Adam!– pensò entusiasta il castano prendendolo delicatamente tra le mani, e girandosi da un altro lato.
Il portachiavi blu è perfetto per James!– continuò ad analizzare prendendo l’oggetto tra le mani e studiandolo, e li elencò tutti. David, Brad, Morgan, Katy, Jane, Katherine, Robert, Carl,Josh.
Per ognuno di loro scelse un pensierino, che portò alla cassa regalando anche alla giovane cassiera un sorriso a trentadue denti.
“Quanti regali!” – esclamò la ragazza, impacchettandoli uno ad uno con carte regalo diverse.
“Per i ragazzi, sai la vigilia è domani e non hanno nessuno.”
“Un po’ come te, no?”
Louis si strinse nelle spalle, sorridendo ancora. Non gli piaceva parlare di sé, era evidente. Scosse leggermente la testa,tenendo quel suo favoloso sorriso sulle labbra.
“Nah, io ho loro, tanto basta. E poi siamo a Natale, nessuno dev’essere solo, nemmeno tu.”
“Ma io non sono sola, festeggerò con la mia famiglia come ogni anno.” – e man mano che parlava la ragazza, assumeva diverse espressioni. Conosceva Louis da anni, da quando ogni anno a Natale andava lì per comprare i regali ai ragazzi del centro, sapeva che lui non avesse la famiglia e puntualmente ogni anno ripeteva quella frase infelice.
“Scusami..” – mormorò la giovane, mentre Louis scuoteva la testa, sorridendole cordiale.
“Non importa, l’ho superata.” – sorrise ancora.
Come diavolo faceva a sorridere così sempre? Perché nascondeva sempre il suo stato d’animo dietro un sorriso?
Ma Louis era così, voleva solo il meglio per chi lo circondava, a lui andava bene così.
La ragazza finì tutti i pacchetti,e li depose in diverse buste colorate, consegnandole al giovane, che tirò fuori il portafogli e attese che la commessa gli dicesse il prezzo di quanto preso.
“Sono duecento sterline” –asserì lei.                   
Louis annuì e contò delle banconote. Almeno i genitori gli avevano lasciato un’abbondante eredità, che lui non usava per se stesso, ma per comprare cose utili ai ragazzi del centro. Consegnò il denaro alla ragazza e lei mise lo scontrino in una delle due buste, permettendo poi al giovane di rimettere la sciarpa e il cappello, ed afferrare le buste.
Le rivolse un sorriso dolce ed uscì salutandola cordialmente.
Appena fuori, fu invaso di nuovo dal freddo gelido di dicembre, e si diresse nuovamente al centro, dove sotto l’albero addobbato dai giovani insieme a lui, depose i regali. Poi, dopo essersi sbarazzato del giubbotto, e degli indumenti pesanti, andò nelle camere dei ragazzi per salutarli uno ad uno, augurando loro la buonanotte.
“Louis” – disse ad un certo punto la più piccola della banda, Jane. Ragazzina dai capelli rossicci e gli occhi blu mare.
“Dimmi piccolina” – sorrise lui.
“Mi canti la ninna nanna? C’è vento e io ho paura del vento,se tu canti io non sento il vento..” – e Louis sorrise per l’ennesima volta, sedendosi sul letto della giovane, accanto a lei ed accarezzandole i morbidi capelli rossicci e iniziò a canticchiare qualcuna delle canzoni che lui conosceva bene.
“No, no” – si lamentò Jane –“canta quella che piace a me, quella che fa oooh, oooh”
Louis annuì e le diede un bacio sulla guancia paffutella che aveva la più piccola.
“D’accordo, ti canto quella.” – sorrise.
Iniziò a canticchiare “Look after you” dei Fray, e la ragazza sorrise prendendo sonno.
Quando Louis si rese conto che si fosse addormentata, le lasciò un delicato bacio sulla guancia, rimboccandole le coperte e sussurrandole “buonanotte”, poi si alzò, intenzionato a tornare nella casa in cui era cresciuto, e che gli era rimasta in eredità insieme all’abbondante somma di denaro, per riposare nel suo bel lettone troppo grande per una sola persona, con accanto la sua stufetta elettrica e una tazza di tè caldo mentre guardava la tv per prendere sonno. Era un tipo abitudinario quel castano dagli occhi cielo.
Ma il suo piano andò a quel paese quando tornò nell’androne del centro.
“Non voglio stare in questa topaia, okay? Non mi piace, odio i posti chiusi, voglio tornare a casa mia!” –sbraitò un ragazzino poco più alto di Louis, che dava le spalle al castano.
“Qualche problema?” – chiese guardandolo. Quel ragazzo non era un tipo educato, stava sbraitando contro l’anziana signora che era all’accoglienza.
“Questa vecchia vuole rinchiudermi!” – sbraitò ancora girandosi. E nel girarsi gli occhi azzurri di Louis incrociarono quelli verdi smeraldi del giovane, ma i bulbi oculari del ragazzo erano rossi, che stava a significare una sola cosa, era un nuovo arrivato. Aveva il viso contornato da dei ricci indomabili e scuri, le guance paffute, ma pallidissime, poteva notare bene il fatto che tirasse sempre su con il naso, come se avesse avuto il raffreddore, quando in realtà non lo aveva, segno che era uno che “sniffava”.
Louis si schiarì la voce, e si avvicinò.
“Calmati, okay? Calmati. Qui nessuno vuole farti del male, qui aiutiamo le persone.”
“Oh mio dio!” – sbraitò per la terza volta, e quel suo atteggiamento stava facendo perdere la pazienza a Louis, non sopportava le persone che gli urlavano contro senza motivo –“uno sfigato che lavora qui! Potevo almeno trovare uno come me!”
“Senti ragazzino” – sbottò irato il castano –“adesso stai zitto e fai come la signora Smith ti dice, sono stato chiaro?” – duro, serio, senza sorrisetto sulle labbra. Era arrabbiato davvero. Una vena sulla sua fronte pulsava in modo spaventoso.
Il riccio, se fino ad un attimo prima stava sbraitando in tutti i modi, adesso se ne stava zitto, e non fiatava. Il castano lo aveva inibito con quel comportamento duro nei suoi confronti, lui era abituato che tutti obbedivano a quello che diceva, era abituato ad essere servito e riverito, non ad essere risposto in quella maniera brutale, da uno inferiore a lui, poi.
Alzò lo sguardo sul castano e poi lo riabbassò in una frazione di secondo.
“Non voglio stare qui, non voglio, odio i posti chiusi, odio i centri, odio tutto questo..” – sussurrò stavolta il riccio.
Louis alzò gli occhi al cielo esasperato e fece segno al più piccolo di sedersi su un divanetto dell’androne. Il ragazzo si sedette e il castano lo imitò immediatamente. Lo studiò per una manciata di secondi, e poi rilassò il viso, tornando a guardare il riccio, che lentamente aveva iniziato a tremare.
Di già? Di solito quella reazione la avevano dopo il primo mese.. doveva essere un caso abbastanza grave.
“Sono Louis” – gli porse la mano –“ne ho aiutati tanti di ragazzi come te, e sono tutti nelle camere, alcuni sono andati via, altri sono rimasti, posso assicurarti che qui nessuno ti farà del male, riccio.” – fece serio, ma facendo comparire sul suo viso il suo solito sorriso. Il riccio fu quasi ammaliato da quel sorriso, e si rilassò appena.
“Io sono Harold.. Harry per gli amici, ti prego Louis fammi tornare a casa..”
E Louis capì che quel ragazzo non sarebbe restato volentieri con loro, almeno non nel centro.
Fu in quel momento che ebbe l’illuminazione, che forse gli sarebbe costata un po’ di fatica in più, ma lui era Louis Tomlinson non lasciava mai nessuno da solo.
“Ho un’altra proposta” – fece sicuro che avrebbe accettato.
“Vieni a casa mia, io sono solo e potrei aiutarti, non saresti chiuso qui, ma potrei controllarti.”
“Potrò uscire?”
“Se farai il bravo, sì.” – sorrise il più grande.
La signora Smith li fissava, cercando di capire da Louis se fosse tutto a posto, e il ragazzo le fece un cenno d’approvazione con la testa e si alzò. Comunicò la scelta alla donna e porse la mano al ragazzo che subito l’afferrò alzandosi con lui. Non poteva perdere un’occasione come quella. Non sarebbe stato nel centro, quindi avrebbe potuto fare quello che voleva, quel Louis non l’avrebbe obbligato a stare in casa, per questo decise di seguirlo, e di fare la “cura” in casa di quel ragazzo.
La storia di Harry era abbastanza complicata, più di quanto Louis potesse immaginare.
Apparentemente il ragazzo sembrava non volerne parlare, il castano era deciso ad aiutarlo, perché lui non si tirava mai indietro, era per questo che aveva deciso di accoglierlo in casa sua.
“Signora Smith, io porto Harold a casa mia, non possiamo forzarlo a stare qui, non rimarrebbe, e tenterebbe di scappare, quindi è più sicuro che stia con me, potrei sorvegliarlo meglio.” – asserì sicuro, avvicinandosi alla donna, mentre Harry si alzava lentamente e lo seguiva, nascondendosi dietro di lui per evitare di essere visto dall’anziana contro cui aveva urlato poco prima.
“Sei sicuro, Louis? Non che non mi fidi di te, ti conosco da troppo tempo per non poterlo fare, ma devo chiedertelo, perché è un impegno importante.”
“Stia tranquilla, sono sicuro che io ed Harry andremo molto d’accordo, non è vero ricciolo?” – sorrise voltandosi verso il ragazzo, che non appena intravide il suo bel sorriso si sciolse letteralmente. Quel castano abbatteva tutte le sue certezze e tutte le sue difese. Non sarebbe stato facile convivere con quello, si disse, ma almeno ci avrebbe provato, per non trovarsi rinchiuso.
Si ritrovò ad annuire, mentre Louis si voltava verso la donna e le sorrideva cordiale, per poi afferrargli la mano per portarlo fuori. Notò solo in quel momento che Harry avesse addosso solo una felpa e una sciarpa molto leggera.
“Hai solo quello?” – disse afferrando il suo cappello, la sua sciarpa e il suo giubbotto.
Il riccio annuì, abbassando la testa. Era uscito di casa, senza niente, perché i genitori lo avevano preso con la forza dalla sua stanza e lo avevano caricato in auto, dicendogli che sarebbero andati a trovare la zia, e invece lo avevano portato in quel posto, dove lui non voleva stare, non voleva essere rinchiuso, era convinto di poter smettere quando voleva, e si era convinto che poteva farlo da solo.
Quando aveva visto il cartello “benvenuti a Doncaster” aveva capito di essere stato sbattuto da qualche parte molto lontana dalla sua bella casa ad Holmes Chapel. E ora..? Ora sperava che questo Louis non si tirasse indietro, che l’accogliesse a casa sua, senza però obbligarlo a fare qualcosa contro la sua volontà. Ma aveva inquadrato il tipo, era un bonaccione, e lui poteva approfittarsene quanto voleva.
“D’accordo, dai, prendi il mio cappello e il giubbotto” – sorrise porgendoglieli, e il riccio non seppe cosa fare.
Si trovava di fronte a questo ragazzo che gli porgeva gentilmente il suo giubbotto e il suo cappello, rischiando poi di congelare? Per cosa poi? Per aiutare uno come lui?
“Non ho bisogno dei tuoi stracci.” – rispose superandolo con una spallata, per poi uscire per primo. Louis sospirò, e dopo aver indossato i suoi abiti per proteggersi dal freddo, uscì dal centro facendo cenno alla signora Smith, che lo fissava preoccupata.
“Dove il tuo catorcio?” – chiese strafottente Harry, e Louis dovette trattenersi dal prenderlo a ceffoni, perché quel riccio, per quanto carino e con seri problemi era il tipo più scontroso che Louis avesse mai incontrato.
“Non ho l’auto, ho la bici, sarai costretto a starmi dietro.”
“Io non mi rompo il culo sulla tua bici!” – sbraitò ancora il riccio.
Louis contò fino a dieci, per tenere dentro la rabbia che quel giovane gli tirava fuori. Lui non era irascibile, lui era sempre calmo, non avrebbe perso la pazienza a causa di un riccio dagli occhi verdi particolarmente scorbutico.
“Mi dispiace, dovrai arrangiarti.”
“Sei anche uno straccione, ma bene!” – sbraitò ancora quello, e Louis, per la seconda volta in una sera non si contenne.
“Tu non puoi giudicarmi, adesso metti il tuo bel culo sulla mia bici e ti stringi a me, mentre ti porto a casa mia, non accetto obiezioni, stupido ragazzino!” – sbottò il giovane. Non riusciva realmente ad arrabbiarsi, per questo la sua voce non era dura, ma solo un po’ elevata rispetto al normale, ma bastò ad inibire il riccio che senza proferire altra parola, attese che Louis prendesse la bici legata ad un palo della luce e non appena il castano vi salì, si mise dietro di lui, reggendosi ai suoi fianchi. Louis, per far spazio al giovane, mise i piedi sui pedali e si alzò reggendosi al manubrio, e l’altro non poté non notare lo sforzo del castano di stare in quella posizione, per permettere al “culo” di Harry di non rompersi,come aveva detto poco prima il ragazzo.
Harry si resse a Louis, che non appena sentì la sicurezza nella presa del ragazzo partì verso casa sua. Per fortuna erano solo una decina di metri di distanza. Il ragazzo notò scrutando il cielo che di lì a poco sarebbe venuto giù un bel diluvio, e aumentò la velocità delle pedalate, arrivando a casa sua nel giro di cinque minuti.
Harry scese dalla bici e Louis gli indicò la casetta. Non era molto grande. Era una villetta su un unico piano, sembrava quasi essere una baita di montagna, per quanto era piccola. Il castano parcheggiò la bici nel vialetto antecedente la casa e si avvicinò al portone. Guardò di sfuggita il riccio, che osservava il piccolo giardino che il castano curava ogni primavera ed estate congelato dalla neve.
“Li curi tu i fiori?” – chiese il più piccolo, e Louis mentre armeggiava con le tasche per prendere le chiavi, annuì sorridendogli.
“Sì, dovresti vedere in estate come profumano! Ora sembrano brutti, ma quando sbocciano sono uno spettacolo, se decidi di restare da me, magari li vedrai” – sorrise cordialmente, per poi esultare per le chiavi ritrovate.
Ed Harry non poté non lasciarsi sfuggire un risolino, per la reazione buffa che il castano aveva avuto ritrovando le chiavi nel suo giubbotto. Harry si rese conto di congelare, ora che era lontano da lui e sperò che si muovesse ad aprire la porta per farlo entrare.
Louis introdusse la chiave nella toppa e fece scattare la serratura, spalancò la porta ed Harry si precipitò al suo interno, strappando una risata sommessa dal maggiore che lo seguì dentro e si chiuse la porta alle spalle.
“Allora” – iniziò il più grande –“io accendo la stufa, tu ambientati” – asserì lasciandolo nel piccolo ingresso.
Harry ebbe modo di guardarsi attorno, e analizzò la casa di Louis.
L’ingresso da cui erano entrati era praticamente attaccato ad un piccolo salone, a destra c’era la porta della cucina, e davanti a sé un corridoio, che probabilmente – Harry suppose – portava alle camere e al bagno.
Al centro del salone vi era un piccolo divano, giusto per due persone, e poté notare davanti ad esso un tappeto ricamato rosso, con un tavolino marrone sopra. La tv davanti ad esso ed una libreria che si estendeva sulla parete sinistra, e un piccolo alberello decorato troneggiava accanto al divanetto. Harry curioso si avvicinò alla libreria e prese un libro. Lo rigirò tra le mani e ne lesse il titolo Harry Potter e la camera dei segreti.
Quindi Louis era un fan di Harry Potter? Ad Harry piaceva quella saga, ed anche se aveva già letto quel libro, annoiato, si sedette sul divano e iniziò a sfogliare le pagine di questo, perdendosi ancora una volta in quel mondo magico, dove tutto era possibile.
Sfogliando le pagine, non si accorse che Louis era tornato.
“Ti piace Harry Potter?” – chiese, facendo sobbalzare il ragazzo che leggeva indisturbato.
“Scu-scusa.. non volevo..” – fece posando il libro sul tavolino. Louis sorrise e ne prese un altro, sedendosi accanto a lui.
Harry notò che aveva messo addosso un maglione verde bottiglia e un pantalone di tuta per stare più comodo.
“Io lo adoro, sai?” – fece Louis, sfogliando quello che aveva preso lui –“potrei star qui ore ed ore a rileggere questi libri senza annoiarmi mai” – sorrise rivolgendosi al riccio.  –“puoi prenderli quando vuoi, se ti piacciono, tranquillo”
Ed Harry si lasciò andare ad un sorriso spontaneo e rassicurato. Temeva di essere messo fuori con quel freddo polare.
“Hai fame?” – chiese ancora il maggiore, mentre Harry annuiva sentendo il suo stomaco brontolare.
“Anche io! Allora cosa ti va di mangiare? Cioè non conosco i tuoi gusti”
Ed Harry si chiese perché lui fosse così gentile con lui, nonostante lui l’avesse trattato male, e gli avesse risposto in quel modo maleducato e scontroso. E perché gli sorrideva sempre? I suoi genitori a stento gli dicevano “ciao” quando rientravano dal lavoro.
“A me.. a me piace la pizza!” – rispose Harry –“o i panini del Mc Donald, sai? Quelli pieni di salsa e schifezze!”
E Louis si lasciò andare in una risata molto divertita. Era così scontroso, ma così tenero al tempo stesso.
“Beh, il Mc Donald, a quest’ora non fa consegne, ma io ho dei panini e gli hamburger, le schifezze.. le ho anch’io, facciamo un Mc Donald fatto in casa?”
“E hai le patatine?”
“Sì, certo. Ho una passione particolare per le patate, mangio solo quelle!”
Ed Harry si lasciò andare in una risata divertita. Erano le undici passate, eppure loro erano lì sul divano del salotto di Louis a decidere cosa cenare. Harry – strano a dirsi – si sentiva a casa con quel ragazzo, perché anche se lo conosceva da nemmeno un’ora quel castano gli stava dimostrando affetto in qualche modo. Solo accoglierlo in casa sua era stato un grande gesto, che il più piccolo non si sarebbe mai aspettato, visto come veniva trattato di solito.
Si diressero così in cucina dove Louis estrasse dalla credenza dei panini, che passò ad Harry per farglieli aprire,e dal frigo gli hamburger, salse varie, pomodori, insalata e le patate da friggere. Mise tutto sul bancone della cucina e iniziò a cucinare insieme al riccio che cercava di aiutarlo il più possibile.
Era mezzanotte passata, quando i due finirono di cucinare quella cena. Tra Harry che faceva cadere a terra gli ingredienti e Louis che cercava di rimediare ai danni del più piccolo, tra le risate dei due, era passata un’ora abbondante e i ragazzi si sedettero attorno al tavolo, dove Louis aveva posizionato due tovagliette natalizie e poi vi aveva appoggiato i piatti sopra.
“Wow!” – esclamò Harry –“questi panini sono bellissimi, guarda ho fatto la faccina che ride con il ketchup!”
Sembrava un bambino in quel momento, se Louis non avesse saputo che in realtà aveva il problema della tossicodipendenza l’avrebbe scambiato per un ragazzino che si divertiva con le piccole cose.
“Mi piace, l’hai fatto anche al mio!” – sorrise il maggiore.
Harry sorrise mordendosi le labbra, e iniziò a mangiare quel panino che si era divertito a preparare. Per la prima volta si era divertito senza dover prendere quelle sostanze stupefacenti, che fosse la volta buona che avrebbe deciso di smettere?
 
 
Verso le due di notte, i ragazzi erano decisamente molto stanchi, e Louis indicò ad Harry la sua camera, dicendogli di poter prendere un suo pigiama, perché Harry non aveva portato niente con sé. I genitori l’avevano voluto sbattere lì dentro senza fargli portare nulla.
“Louis” – gridò dal bagno e il maggiore accorse immediatamente.
“Cosa succede?”
“Guarda, mi va grande!” – rise il più piccolo, facendo ridere il più grande. Aveva le spalle più piccole di quelle di Louis, e quindi la maglia del pigiamone di pile che anche al proprietario stava grande, lo rendeva simile ad un bambino che indossava i vestiti del padre.
Louis ridacchiò e lo accompagnò in camera sua. Harry osservò la stanza. Anche questa aveva una piccola televisione, e si ritrovò a chiedersi perché un ragazzo che viveva solo avesse due televisioni, su una scrivania c’era un piccolo PC e accanto ad esso c’era una pila di libri.
“Cosa sono quelli?” – chiese ingenuamente.
“I miei libri dell’università, studio psicologia” –sorrise il maggiore. Non seguiva mai le lezioni, troppo impegnato ad aiutare i suoi ragazzi, ma un paio di volte al mese dava un esame, portando a casa sempre buoni risultati. Oltre ad essere altruista, era anche molto studioso, come ragazzo.
“Oh.. io dovrei andare in quarta superiore.” – fece il giovane Harry con una punta di amarezza nella voce.
“Ma mi hanno bocciato, perché un coglione mi ha sputtanato con i professori.”
Viva la finezza! – pensò il più grande sorridendo al più piccolo.
“Beh, se vorrai andare a scuola dimmelo, provvederò.”
“No grazie, preferisco rimanere ignorante.”
Louis scosse la testa, e rimboccò le coperte ad Harry, che rimase sorpreso di tanta premura nei suoi confronti. Si accucciò sotto le coperte, e salutò il più grande, che ricambiò e dopo aver preso delle coperte si diresse in salotto. Non poteva mica far dormire uno dei ragazzi del centro su quel divano malandato.
Sistemò le coperte lì sopra e si distese iniziando a gustarsi uno dei capitoli che lui già conosceva a memoria di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, rimanendo sempre piacevolmente stupito dalle vicende. Prese sonno in un’oretta, durante la quale si udì benissimo il temporale venir giù. In tutto quello che avevano fatto lui ed Harry non si erano accorti che aveva iniziato a diluviare e probabilmente se la temperatura fosse scesa, si sarebbe trasformata in una nevicata pazzesca. Si rannicchiò sotto le coperte, e prese sonno udendo il suono cupo e forte dei tuoni, che violentemente attraversavano il cielo.
Harry, al piano di sopra, non riusciva a dormire. Si girava tra le coperte senza riuscire a chiudere occhio. La mancanza di droga iniziava a farsi sentire, ma era la cosa che meno gli dava fastidio di quella notte. Quei tuoni lo turbavano e non poco. Da quando si drogava, tutto ciò che lo circondava appariva tranquillo e silenzioso, quando dentro di lui c’era un fermento esagerato, Harry era sempre vissuto in questa bolla d’aria, dove lui era felice e si rilassava, senza sentire il peso di ciò che lo circondava; ma era da ventiquattr’ore senza nulla e avvertiva tutto alla perfezione. Si sentiva male, e aveva paura. Le mani avevano preso a tremare in una maniera spropositata e lui aveva iniziato a sudare a freddo. Deglutì più volte, prima di scoppiare a piangere sotto le coperte, alla ricerca di qualcosa che lo facesse star meglio, ovviamente senza trovarla. Con quel poco di lucidità che gli restava, cercò di urlare il nome di Louis, almeno lui avrebbe saputo cosa fare.
E più urlava, più l’altro non arrivava. Harry si pentì di aver accettato, se fosse tornato a casa sua, ora avrebbe avuto la sua dose e sarebbe stato bene, senza tutto quel rumore e senza quella terribile sensazione di vuoto che sentiva dentro.
La porta si spalancò e un assonnato Louis, con una torcia in mano entrò.
“Mi hai chi..?” – scorse la figura di Harry che si contorceva sul letto, in preda agli ansimi e agli spasmi.
Corse accanto a lui, e gli accarezzò i capelli.
“Louis, ti prego, dammi qualcosa, qualsiasi cosa!” – sbraitò. Louis scosse la testa,sapeva cosa voleva, e lui non gliel’avrebbe data nemmeno se l’avesse avuta in casa. Corse in cucina e prese una bacinella mettendoci dentro dell’acqua tiepida e tornò da lui, che urlava “Non lasciarmi solo, non lasciarmi solo!”
Louis si sedette sul letto, appoggiando la bacinella sul comodino e iniziando a tamponare la fronte di Harry con l’acqua tiepida. Non conosceva il motivo, ma con gli altri ragazzi aveva sempre funzionato.
Ma con quel ragazzo sembrava non funzionare. Continuava ad agitarsi e a chiedere quelle cose, e mormorava qualcosa come “non voglio più sentire i rumori, ti prego dammi qualcosa”
Solo in quel momento, Louis si rese conto che non era solo una crisi d’astinenza, ma anche un attacco di panico, dovuto probabilmente al temporale. Si affrettò ad abbassare tutte le tapparelle,ed accese la radio, che diffuse nella stanza una melodia che in parte coprì i rumori fuori dalla finestra. Si riavvicinò al giovane e gli accarezzò i ricci, il più piccolo sembrò calmarsi con quel gesto, quindi Louis continuò fino a che i suoi tremiti non cessarono.
Tirò un sospiro di sollievo e fece per alzarsi, ormai erano le quattro di notte, avrebbe fatto almeno due o tre ore di sonno, se fosse riuscito ad addormentarsi subito, ma si sentì trattenuto per un lembo della maglia del pigiama dal ragazzino dagli occhi verdi, che lo guardava supplichevole.
“T-ti prego.. non voglio stare solo..” – balbettò tremando ancora. Il più grande sorrise ancora, e si stese accanto a lui, nell’altra metà del letto, gli tirò le coperte fin sotto al collo e si girò su un lato dando le spalle al ragazzo. Anche per lui la situazione era strana, erano anni che dormiva da solo nel lettone dei genitori e quella volta aveva accanto una persona. Per Louis la cosa era alquanto strana, ma gli piaceva, fondamentalmente.
Il riccio, dal canto suo, voleva sentire il calore di Louis e la protezione che aveva avvertito accanto a lui durante quella crisi, e si accucciò contro la schiena del più grande alla ricerca di calore umano e protezione. Il castano sentendolo si voltò verso di lui e gli cinse la schiena con le braccia, attirandolo verso il suo petto. Harry sorrise sentendo il cuore di Louis battere ad un ritmo normale nella cassa toracica, e il calore di quel petto che gli infondeva uno strano senso di famiglia, anche se parlare di famiglia in quel caso era esagerato. Si conoscevano solo da quanto? Cinque? Sei ore? Eppure, Louis in sei ore aveva dato ad Harry quello che la sua famiglia in diciotto anni di vita non gli aveva dato.
“Louis..” – sussurrò il riccio.
“Sì, Harry?”
“Tu ce l’hai un secondo nome? Il mio è Edward!” – esclamò. No, non aveva affatto sonno.
“William” – mormorò Louis, tenendo ancora gli occhi chiusi.
“E il tuo cognome qual è?”
“Tomlinson” – sbadigliò, aprendo gli occhi, rassegnandosi all’evidenza che Harry non aveva affatto voglia di dormire –“e il tuo?” – chiese.
“Styles! E quanti anni hai?” – chiese con una luce strana negli occhi.
“Ne faccio vent’uno la vigilia di Natale.”
“Wow, io ne ho diciotto, però a febbraio ne faccio diciannove!” – esclamò entusiasta.
E Louis si ritrovò a pensare, perché un ragazzo così dolce, così carino, così pieno di voglia di vivere, si fosse ridotto a drogarsi, visto che da quello che aveva capito i genitori gli facevano avere tutto quello che voleva, senza troppi complimenti. Si ritrovarono a parlare l’uno dell’altro e delle loro vite, ma Louis si astenne dal rivelare la sua storia completamente, non si fidava subito di una persona, se doveva aiutarla, okay, non si faceva problemi, ma se si trattava di rivelare la sua storia, restava freddo e cambiava discorso, oppure tergiversava restando sul vago.
Harry, invece, stranamente si fidava di Louis e voleva raccontargli tutto quello che gli passava per la testa, evitando il motivo per cui si drogava, ovviamente. Non l’aveva rivelato nemmeno al suo migliore amico,perché rivelarlo ad uno sconosciuto?
Erano circa le sette di mattina, quando il riccio, preso dalla stanchezza crollò in un sonno profondo, appoggiato al petto del più grande ascoltando i battiti del suo cuore. E Louis si ritrovò a sorridere nel lettone, e ad accarezzare i ricci del ragazzo che in quel momento sembrava tanto un bambino piccolo bisognoso di coccole.
Prese sonno nel giro di una mezz’oretta, e lasciò che tutto ciò che lo circondava sfumasse lentamente, mentre abbassava le palpebre chiudendo gli occhi cadendo in un sonno profondo, magari sognando qualcosa di segreto ed oscuro agli occhi di tutti, ma che dentro il suo cuore lui sperava ancora di trovare.
L’amore.
Louis sognava di innamorarsi di qualcuno, ma non l’aveva mai fatto prima d’ora, troppo impegnato ad occuparsi dei suoi ragazzi, a sostenere qualche esame di tanto in tanto. Troppo impegnato a pensare al prossimo piuttosto che a se stesso, troppo timoroso di perdere tutto, troppo spaventato dalle conseguenze.
Ma lui voleva l’amore, e nella sua mente una persona esisteva, solo che quella persona gli appariva sempre con il volto scuro. Solo quella notte avrebbe cambiato forma, assumendo il volto di una persona molto vicina a lui, ma Louis questo dal sogno non lo capì, e spero che quest’amore arrivasse presto, perché un po’ lui non ne poteva più di vivere sempre da solo. Magari vivere come in un film, lui che ritornava stanco dal lavoro e la sua adorata mogliettina gli preparava la cena e i figli che correvano da lui saltandogli sulle spalle e abbracciandolo forte.
Sì, Louis avrebbe davvero voluto vivere in un film come quello.
 
 
“Louis, Louis, dormi?” – mormorò Harry intorno all’una del pomeriggio.
Il castano sbatté le palpebre un paio di volte, prima di alzare lo sguardo sul ragazzo che era di fronte a lui, e spaventarsi appena notando l’allucinante vicinanza.
“No, tranquillo, sono sveglio..” – mormorò sbadigliando e cercando di mettersi seduto.
“E’ che ho fame..” – si lamentò Harry, e Louis nei suoi intravide tanta tenerezza, e dolcezza.
Il maggiore annuì, tirandosi su a sedere, mentre il più piccolo continuava a fissarlo con ammirazione.
“Grazie per stanotte, non so cosa mi sia preso..”
“Era una crisi d’astinenza, mista ad un attacco di panico dovuto al temporale. Tranquillo, è normale se hai paura”
“Oh.. non l’avevo mai avuta, visto? Non posso stare qui, devo tornare a casa!” – esclamò il più piccolo, guardandolo negli occhi. Louis scosse la testa, alzandosi dal letto, venendo colpito in pieno dal freddo invernale. Si ricordò di aver spento la stufa elettrica durante la notte, e se ne pentì.
Okay, dai Louis, puoi farcela. – si disse mentalmente. Se c’era una cosa che non sopportava era, appunto, il freddo. Odiava quando lo sentiva nelle ossa, e tremava come un bambino. Stessa cosa non valeva per il ragazzino accanto a lui, sembrava quasi non provarlo. Con uno scatto veloce, arrivò al suo armadio, estraendo da esso un maglione gigante con una renna stampata sul petto e lo indossò sopra la maglia del pigiama. Harry lo guardò attentamente e ne studiò i movimenti, quasi in uno stato d’adorazione totale. Come poteva un ragazzo incantarlo così? Si chiese mentalmente il giovane dagli occhi verdi, mentre l’altro di girava verso di lui, rivolgendogli un sorriso, nonostante fosse ancora intontito dal sonno.
“Hai freddo? Vuoi un maglione caldo?”
Harry si ritrovò ad annuire e Louis ne estrasse un altro simile al suo, lanciandoglielo. Il più piccolo lo afferrò al volo, e lo indossò alzandosi dal letto. Fece un gesto di ringraziamento al più grande, che gli sorrise ancora, e corse in cucina per preparare qualcosa da mangiare. Cosa poteva preparargli? Era in grado di cucinare, ovviamente aveva dovuto imparare vivendo da solo per tutti quegli anni, ma in quel momento non sapeva affatto quali fossero i gusti del giovane che ospitava. Guardò il calendario.
24 dicembre.
Il suo compleanno.
Si guardò. Aveva vent’un anni, e non se li sentiva.
Nonostante avesse miriadi di responsabilità, cose a cui badare, Louis si sentiva ancora un ragazzino alle prese con i primi amori e le prime esperienze.
Questa era una nuova esperienza, non aveva mai aiutato un ragazzino tossico direttamente da casa sua, e si promise che quel ragazzino ne sarebbe uscito presto.
“Louis” – lo chiamò Harry dalle scale.
“Dimmi Harry” – sorrise radioso.
“Oggi è la vigilia, quindi.. auguri!” – sorrise timidamente.
Louis gli fece un cenno di ringraziamento ed afferrò una pentola da sotto il mobile posto sotto il piano cottura, la riempì d’acqua posandola sul fuoco già acceso e la coprì con un coperchio grigiastro. Harry, scosso da un qualcosa che non s’aspettava, si avvicinò a lui e lo abbracciò da dietro.
“Va a fare qualcos’altro ci penso io alla cucina” – disse in un sussurro, sorridendo.
“No, tranquillo, ci sono abituato, ambientati, davvero.”
Harry indietreggiò un po’, e decise di restare lì con lui a tenergli compagnia. Lui era abituato a restare sempre solo il giorno del suo compleanno, i genitori a stento si ricordavano esistesse, lasciandolo sempre con i camerieri che si limitavano ad eseguire i suoi ordini senza mostrare mai un briciolo d’affetto, e sapeva qual era la sofferenza che si provava a festeggiare da soli il proprio giorno. Decise che gli avrebbe fatto un regalo, se solo l’avesse fatto uscire per un attimo.
“Ti piace la musica?” – chiese Harry, studiando ancora i movimenti del più grande. Si muoveva con una tale grazia e maestria da lasciare il più piccolo senza parole. E in quel momento sembrava che fosse il fratello maggiore che non aveva mai avuto, quel fratello maggiore che lui aveva tanto voluto, ma che i genitori non avevano mai dato al mondo, perché reputavano lui, Harry, un errore. E come piaceva loro rinfacciarlo sempre al ragazzo, che trattenendo le lacrime nel petto, annuiva e si chiudeva nella sua stanza, sfogandosi con la “sua migliore amica”, la droga.
“Sì, moltissimo!” – esclamò il castano girandosi verso di lui, regalandogli un altro dolce, caldo e intenso sorriso, lasciando ancora il più piccolo senza parole.
“Figo, anche a me! Il tuo cantante o gruppo preferito?”
“Mmh.” – fece Louis portandosi un dito sul mento –“mi piacciono molto i The Fray” – sorrise.
Figo – si disse Harry, gli avrebbe comprato un cd di quel gruppo, per il suo compleanno.
Merda, mi hanno tagliato i viveri quei due – sbuffò, constatando di non poter fare il regalo a Louis, si strinse nelle spalle e sospirò.
“Piacciono anche a me, che culo!” – esclamò. Sebbene non fossero tra i suoi gruppi preferiti, voleva avere qualcosa in comune con il ragazzo che lo stava aiutando così tanto e sorrise benevolo, quando Louis si avvicinò al tavolo con due piatti fumanti di pasta al sugo con una spruzzata di formaggio sopra, e una foglia di basilico a decorare il tutto.
Harry annusò l’aria di quella cucina e il profumo che emanavano i piatti.
A casa sua al massimo si cucinavano piatti precotti e scaldati nel microonde, persino il “cuoco” non aveva voglia di perdere tempo per preparare da mangiare al giovane Harold.
A casa di Louis tutto profumava di buono, e il tutto era decorato da quel bel sorriso che il padrone di casa aveva sempre stampato sulle labbra.
Pranzarono insieme chiacchierando come due vecchi amici delle loro passioni più nascoste, Louis si stupì quando Harry gli confessò di voler cantare, e di non averlo mai potuto fare, perché per i genitori era un peso anche quello. E poté vedere il viso di Harry incupirsi, per questo si affrettò a mettere una mano su quella di Harry e sorridergli fraternamente.
“Non preoccuparti, adesso ci sono io, mi prenderò cura di te, Harry.”
 
Era la notte della vigilia di Natale. Harry e Louis si erano recati al centro, dove appena arrivati tutti i ragazzi avevano investito il maggiore in un mega abbraccio di gruppo, per fargli gli auguri. E il riccio non poté fare a meno di sorridere e dirsi che era impossibile non voler bene a quel ragazzo, era così.. spontaneo, e buono con tutti, fantastico.
Anche quei ragazzi apparentemente soli avevano qualcuno che si prendesse cura di loro, avevano Louis, ed Harry si sentì improvvisamente geloso.
C’erano tutti, Louis glieli aveva presentati uno ad uno, raccontando per ognuno un aneddoto simpatico, e il riccio notò negli occhi del ragazzo una luce speciale, luminosa, che inondava tutta la stanza.
“Oh Louis, ti abbiamo fatto un regalo, tutti noi!” – esclamò la ragazzina dai capelli rossicci, Jane, aggrappandosi al braccio di Louis, che per tutta risposta la circondò in un abbraccio affettuoso, regalandole un bacio tra i capelli.
“Ah davvero? E cosa mi avete regalato?”
“Adam, prendi il regalo di Lou!” – urlò la ragazzina ad un ragazzo decisamente più grosso, anche di Louis, che arrivò con un grande scatolone, facendo sorridere spontaneamente il castano che si staccò dalla piccoletta per scartare il regalo. Harry si sentiva estraneo a quell’aria familiare, a quell’affetto, lui non ne aveva mai meritato secondo i genitori, quindi non lo meritava nemmeno in quella circostanza.
Un ragazzino bassetto, dai capelli sbarazzini e gli occhi marroncini sorrise ad Harry e gli porse un foglietto con una penna.
“Lo so che sei nuovo, metti il tuo nome sul bigliettino così il regalo è anche tuo”
“Ma io..” – cercò di ribattere l’altro, ma quello gli mise la penna in mano, e Harry si trovò costretto a firmare il piccolo pezzo di carta. E sorrise, non direttamente, ma aveva fatto anche lui un regalo a Louis.
Intanto Louis stava cercando di scartare il grande scatolone, probabilmente conteneva qualcosa di gigante o tanti piccoli regali, ed Harry era curioso.
Finalmente il castano lo scartò e ne estrasse un piccolo modellino del vascello di Capitan Uncino, antagonista di Peter Pan, ma quel modellino aveva qualcosa di diverso, oltre ad essere stato completamente fatto in casa, al posto di Peter Pan, aveva un pupazzetto che somigliava pazzescamente a Louis.
“Perché tu sei il nostro Peter Pan”- esclamò Jane, facendo sorridere Louis, che dopo aver letto il bigliettino ringraziò con un abbraccio tutti i ragazzi presenti, compreso Harry, che arrossì di botto al gesto dell’altro.
La serata passò tranquillamente. Mangiarono delle pizze che Louis stesso aveva ordinato quel pomeriggio, e tutti insieme festeggiarono la notte di Natale e il compleanno di Louis, divertendosi tra canzoni e poesie improvvisate. L’aria era davvero leggera e allegra, ed Harry per la seconda volta in vita sua non sentì la necessità di prendere droga.  La mezzanotte scattò e il momento di scambiarsi regali arrivò. Ce n’era almeno uno per ognuno di loro, già tutti tranne lui, Harry, che ora se ne stava in un angolo della sala dove avevano festeggiato, affacciato ad una finestra a scrutare il cielo, anche quella notte nuvoloso. Si tolse il cappello rosso lanciandolo a terra, mentre una lacrima amara gli solcava il viso. Perché era così imperfetto? Perché non meritava affetto da nessuno?
Non che lui volesse un regalo di Natale, li aveva sempre considerati cose inutili e insignificanti, ma era stato l’unico non pensato di tutto quel gruppo, si era sentito emarginato, come quando era nella sua scuola, prima che diventasse popolare, perché da quando assumeva droga lui era rispettato da tutti. E ora si sentiva.. sfigato.
“Harry?” – si sentì la voce di Louis alle spalle, mentre l’interpellato abbassava il viso sul petto, nascondendo al maggiore le lacrime che gli rigavano il viso. Rabbia, tristezza. Tutta la gioia provata prima, era svanita in un puff.
“Harry, ehi, che succede?” – si affrettò a circondarlo con le sue braccia, avvicinandolo a sé, facendo congiungere il suo petto con la schiena del più piccolo appoggiando il mento tra i suoi capelli. E Harry si sentì di nuovo al sicuro.
“N-non ho n-nessuno, L-Louis.. i-io..” – singhiozzò –“s-scusa è il t-tuo compleanno, i-io..”
“Harry, ehi, ehi shh” – strofinò il naso contro il suo collo e vi lasciò un bacio dolce, privo di malizia.
“Ero venuto a portarti il tuo regalo, ma se non lo vuoi..” – scherzò cercando di tirarlo su di morale. Il riccio si voltò di scattò verso di lui, e affondò il viso sul suo petto, stringendo nelle due mani la sua maglietta, piangendo a singhiozzi.
Louis sospirò e lo avvolse con le sue forti braccia, in un abbraccio sincero e pieno d’affetto, quell’affetto che Harry non aveva mai provato.
“Da-davvero? M-mi hai fa-fatto un regalo?” – chiese piano, iniziando a calmarsi. Si sentiva coccolato come mai in vita sua, la mano di Louis gli accarezzava lentamente la schiena facendolo sentire protetto, mentre l’altra gli accarezzava i capelli in un gesto così dolce da farlo sentire coccolato.
“Certo! Lo faccio a tutti, come potevo non farlo al mio coinquilino?”
Coinquilino, Louis mi ha definito coinquilino, non ragazzo da aiutare, tossico, sfigato, ma coinquilino.
Quella semplice parola lo fece sentire meglio.
Forse non era sfigato come credeva, forse anche lui finalmente poteva sentirsi accettato senza usare mezzucci come la forza che gli scatenava quella sostanza, poteva essere voluto bene?
Louis tirò fuori da una sacca marrone un pacchettino. Harry lo afferrò con un sorriso. Agli occhi del più grande, adesso, sembrava un bambino che aveva il suo primo giocattolo. Quel grazioso sorriso che faceva intravedere delle tenere fossette ai lati delle sue guance, quella luce strana negli occhi, ancora umidi di lacrime, quell’espressione beata..
Scartò il regalo e sorrise vedendo un cappello a forma di panda, con tanto di treccine con pon pon all’estremità.
Harry gongolò un po’, e poi lo indossò. Louis non si trattenne, cercò di afferrargli il viso tra le mani, mentre l’altro si divincolava imbarazzato, e gli stampò un bacio sulla guancia, facendo rilassare il più piccolo, che appoggiò la testa sulla sua spalla, lasciandosi andare tra le braccia del più grande, che lo strinse forse più forte facendogli sentire la sua presenza vicino a lui.
E “Non sei solo Harry, ci sono io, promesso. Mi prenderò cura di te.” – ripeté come quella mattina la sua promessa. Ed Harry ci credé fermamente, credé per la prima volta in qualcosa. Per la prima volta, si sentiva davvero voluto bene.
E non avrebbe voluto chiedere di meglio. Tornarono nell’altra sala, continuando a divertirsi, come se il crollo che aveva avuto Harry non fosse mai avvenuto.
 
Le feste natalizie erano passate, e Louis era sempre più impegnato.
Tra università e centro, non aveva mai tempo per stare a casa, tranne per studiare o per preparare il pranzo e la cena ad Harry, che si sentiva di nuovo trascurato.
Lo stesso Louis che gli aveva promesso che si sarebbe preso cura di lui, lo stava abbandonando a se stesso.
Harry sospirò prima di vederlo rientrare, correre in cucina per preparare la cena dopo avergli rivolto un rapido “ciao”, e poi vederlo chino sopra i libri.
“Louis..” – tentò Harry avvicinandosi.
Il più grande alzò il viso verso di lui. Gli occhi erano scavati, le occhiaie evidenti, ma il suo sorriso era sempre perenne.
“Mi-mi chiedevo .. visto che sei impegnato.. un amico ha detto che mi viene a trovare, magari.. potrei uscire un po’, ormai.. non ho crisi di astinenza da un mese e..”
“D’accordo, basta che non rientri tardi.” – asserì con un sorriso stanco il maggiore, guardando il più piccolo che forse un po’ deluso si dirigeva in camera. Da quando era arrivato era stato bene, ma da un po’ non si sentiva più così, si sentiva come a casa sua, nello stesso identico modo, per questo aveva inviato un messaggio a David, il suo pusher personale. Quella sera ne aveva bisogno, come non mai. E Louis aveva acconsentito, quindi lui non aveva colpe, Louis era troppo preso dalla sua vita per pensare ad Harry.
“Torno più tardi” – disse Harry prima di uscire, e chiudersi la porta alle spalle.
 
Era mezzanotte ed Harry ancora non era tornato.
Louis iniziava a preoccuparsi. Aveva smesso di studiare non appena il riccio aveva messo piede fuori casa e non era riuscito a toccare cibo per tutta la sera. Era logorato dal senso di colpa. Era stato investito in pieno dai suoi impegni, e non era riuscito a stare vicino al più piccolo, al quale aveva promesso che si sarebbe preso cura di lui. Ne era consapevole, ma non poteva smettere di dare gli esami o non presentarsi per nulla al centro. Harry si era sempre rifiutato di andare con lui, cosa poteva farci?
Verso le due, Harry rientrò.
Ubriaco, fatto, Louis riconosceva benissimo quell’espressione.
Accorse subito dal più piccolo per sorreggerlo,ma questo lo scansò malamente. In quel momento si sentiva dio, si sentiva un signore,si sentiva un padrone.
“Sei solo uno stronzo, William” – disse duro, tagliente.
Louis sospirò, colpevole. Sapeva che era colpa sua lo stato di Harry.
“Anche tu mi hai lasciato solo” – scoppiò in una risata sguaiata senza allegria. –“e io che mi ero innamorato di te!” – sbottò il più piccolo. Louis sentì qualcosa infrangersi nel suo petto, come un crack, all’altezza del petto.
Harry innamorato di lui? Impossibile.
Il riccio salì in camera e vi si chiuse dentro fino al giorno dopo, lasciando Louis in uno stato di trance e stupore.
 
La prima settimana di distanza tra i due, Harry tornò per due volte ubriaco a casa, e una volta completamente fatto.
La seconda settimana, Harry tornò per tre volte ubriaco, e due completamente fatto.
La terza settimana, Harry tornò per quattro volte ubriaco, e tre completamente fatto.
La quarta settimana, Harry torno per cinque volte ubriaco, e quattro completamente fatto.
La quinta settimana rischiò l’overdose e il coma etilico.
 
Aveva avuto un collasso, gli era svenuto tra le braccia, mentre litigavano per l’ennesima volta e Louis l’aveva portato all’ospedale, dove gli dissero che il ragazzo aveva rischiato il coma etilico e l’overdose.
Perché Louis si era fidato?
Non lo faccio più – aveva detto la prima volta.
Tranquillo, è solo una passeggiata – lo aveva rassicurato.
È solo una birra tra amici – gli aveva giurato.
No, ho solo fumato una sigaretta, niente droga – aveva mentito.
Prometto che è l’ultima volta – e invece non lo era mai stata.
Da quando Harry gli aveva detto di amarlo, Louis non riusciva quasi più a guardarlo in faccia, per questo gli permetteva di uscire, per evitare che il più piccolo soffrisse a causa sua. Ma Louis non si aspettava tutto questo, non si aspettava di trovarsi accanto a lui, a stringergli la mano, mentre lo vedeva attaccato a tutte quelle macchine, con quegli aghi conficcati nella pelle e quel tubo per aiutarlo a respirare. Sentiva il regolare bip bip del suo cuore in quella macchinetta e sperava che quello così restasse. Perché si era ridotto ancora così?
“Svegliati, brutto scemo” – sussurrò Louis –“prometto che se lo fai, ti racconto tutto della mia vita, ogni cosa, tutto quello che non sai, e che non appena do questo esame sarà l’ultimo, e non ti lascerò più solo tutto il giorno, te lo giuro, Harry, ma svegliati, mi hai sentito? Svegliati piccolo mio..” – sussurrò baciandogli il dorso della mano, riprendendo poi ad accarezzarlo con il pollice, mentre il palmo era contro il suo, stretto tra le sue mani.
Harry si mosse lentamente, stringendo la mano del più grande, che subito balzò in piedi e chiamò i medici che accorsero a visitarlo. Il castano non osò lasciargli la mano per tutto il tempo, mentre il più piccolo lo guardava con quei suoi occhioni, ora così spenti, tristi, segnati dal male che si era fatto.
E con quello sguardo, supplicava Louis di non lasciarlo ancora da solo, perché si era reso conto che lui era l’unico a frenare la sua voglia di assumere tutte quelle sostanze, e Louis, ricambiando lo sguardo, gli diceva che stavolta non avrebbe rifatto lo stesso errore. E l’avrebbe protetto da tutto quel male che si stava facendo.
 
Una settimana dopo dimisero Harry, e i due tornarono a casa in religioso silenzio, fino a che, una volta dentro casa, Louis non sbatté violentemente la porta, facendo sobbalzare Harry, che si voltò verso di lui.
“Non farlo mai più, mai!” – urlò Louis al più piccolo.
Quando l’aveva visto collassare tra le sue braccia, aveva avuto un flashback, di quando era piccolo, di sei anni prima, di quando la mamma gli era svenuta tra le braccia senza risvegliarsi da quel sonno profondo, di quando era rimasto completamente solo.
Harry deglutì, non l’aveva mai visto in quello stato e ora ne aveva quasi paura. Non perché Louis gli avrebbe fatto qualcosa di male, ma perché temeva che l’avrebbe lasciato solo.
“Non posso perdere anche te, Harry, non posso..” – abbassò il tono di voce il castano, avvicinandosi al più piccolo e avvicinandolo al suo petto, stringendolo in un abbraccio sincero, che lasciava trapelare le emozioni di entrambi.
“Anche me..?” – chiese il riccio, con il volto affondato nel petto del castano.
Louis tirò un bel respiro profondo, e strinse più forte il riccio per trovare sostegno in qualche modo. Stava per rivelargli davvero tutta la sua vita, come non aveva mai fatto con nessuno?
“Sono orfano, Harry. Sono completamente solo al mondo. Mio padre è morto quando io ero ancora piccolo, mia madre iniziò a drogarsi e ubriacarsi fino a che non morì quando io avevo quindici anni, ho vissuto con mia nonna fino a che anche lei non è morta di vecchiaia, ma all’epoca avevo diciotto anni. I miei mi hanno lasciato comunque un’abbondante eredità da cui attingo per aiutare i ragazzi del centro, dove sono andato come volontario compiuti i diciotto, sono venuto ad abitare qui, perché qui ci sono cresciuto, la stanza dove dormiamo è la camera dei miei genitori, e il ripostiglio non è un ripostiglio, ma la mia camera di quando ero piccolo” – lo guardò negli occhi –“o almeno ero solo al mondo prima che un riccio dagli occhi verdi giungesse a casa mia.” – e a quel punto sorrise sinceramente.
Harry boccheggiò. Louis si era completamente aperto a lui, confessandogli tutta la sua vita, e lui non poteva sentirsi più onorato di così, ma ora.. doveva raccontargli anche lui tutta la sua verità.
“Io ho i genitori, ma è come se non l’avessi, perché per loro sono un errore. Da piccolo non me lo facevano notare, perché  ero l’attrazione del momento, ma da quando sono cresciuto, credo dai dieci anni in poi, hanno iniziato a dirmi che per loro sono un peso, lo sono sempre stato, non dovevo nascere, si sono pentiti di avermi avuto. A tredici anni ho fumato la mia prima canna, a quindici ho iniziato con la cocaina, a diciassette con l’eroina. Mi hanno beccato a diciotto,e mi hanno spedito qui, lontano da Holmes Chapel. Aspettavano solo un pretesto per farmi fuori. Ma da quando sono accanto a te, non sento più la necessità di assumerne, perché tu mi dai quello che non mi hanno mai dato loro, Louis..” – confessò tutto d’un fiato il riccio.-“o almeno, era così prima che tu iniziassi a trascurarmi esattamente come facevano loro..” – continuò, staccandosi dall’abbraccio e abbassando subito dopo lo sguardo verso il pavimento. Louis si sentì per l’ennesima volta in colpa per come aveva trattato Harry in quel periodo, nonostante gli avesse promesso l’esatto contrario. Gli prese il mento con due dita alzandogli la testa verso di sé, e proiettò i suoi occhi azzurri in quelli smeraldini dell’altro, che erano rossi per le lacrime, e velati anche da tutto quello che il ragazzo aveva ingerito in quel mese, prima che finisse in ospedale.
“Harry, promettimi che non lo rifarai, per favore, promettimi che non prenderai più quelle cose, promettimi che ti curerai, promettimi che non ti ridurrai ancora così, pro..”
Harry lo interruppe, poggiando le sue labbra su quelle del ragazzo che stava parlando. Le premette forte, baciandolo prima a stampo, e poi chiedendo l’accesso alla sua bocca accarezzandogli le labbra con la lingua, e Louis senza rendersene conto glielo concesse. Improvvisamente i cuori dei due ragazzi presero a battere all’unisono, i sapori dei due si mischiarono. Harry assaggiava avidamente le labbra di Louis mordendole e stuzzicandolo, Louis si lasciava baciare da Harry, appoggiandogli le mani sulle spalle e lasciandosi trasportare dalla passione di quel bacio. Le lingue dei due si incontrarono, iniziando una danza senza vincitori né vinti.
Harry si staccò da Louis, guadagnandosi un mugugno di protesta dal maggiore.
“Tu promettimi che non mi lascerai di nuovo solo.. che..che ti prenderai cura di me come i primi giorni in cui ero qui..che..che..” – Louis lo baciò di nuovo, con lo stesso trasporto di prima, promettendogli con quello di restargli accanto per tutto il tempo necessario.
“Promesso.” – sussurrò sulle sue labbra, una volta che si fu staccato dal più piccolo, e guardandolo dritto negli occhi.
Harry gli mise le braccia attorno al collo, avvicinandolo maggiormente a sé, e in quel movimento le gambe di Louis si mossero lentamente verso il riccio, toccandosi. Harry deglutì, la loro era una posizione sempre più intima, e improvvisamente si ritrovarono alla distanza di un respiro,Louis percepiva il fiato caldo di Harry sul mento, mentre quest’ultimo era perso nelle iridi ghiacciate dell’altro, e nessuno dei due sembrava intenzionato a lasciare andare l’altro da quell’abbraccio intimo che si stavano scambiando. Louis congiunse la sua fronte con quella di Harry, e lo guardò ancora negli occhi. Il riccio si protese verso di lui, e gli morse il labbro inferiore, tirandolo leggermente verso di sé, sorridendo ancora contro le sue labbra. Lo tirò verso il divano, stendendosi sotto di lui, e Louis si puntellò sui gomiti per non pesargli addosso. Erano finiti in un vortice di emozioni e passione senza più ritorno.
Louis riprese a baciare Harry, con più foga di prima, alzandogli i lembi del maglione e sfilandoglielo. Deglutì quando si trovò di fronte il suo petto costellato di tatuaggi.
“Poi mi spieghi il significato di questi..?” – sussurrò baciandone il contorno di ognuno. Sulle braccia, sul petto, sul fianco. Ogni lembo della pelle di Harry era stato marchiato dai baci leggeri di Louis, che sorrideva sentendolo ansimare sotto di lui. Il più piccolo ribaltò le posizioni in fretta, regalando al compagno lo stesso trattamento.
Quando i loro corpi si unirono in uno solo, i due ragazzi per la prima volta nella loro vita non si sentirono soli al mondo. Louis sentì di aver trovato l’amore che tanto desiderava, mentre Harry aveva scoperto che esisteva al mondo una persona che non lo considerava un errore, un peso, un essere insignificante.
E quando entrambi si sentirono appagati, Harry si accasciò sul petto di Louis, dandogli un bacio all’altezza del cuore, e Louis allungò le braccia dietro la sua schiena, e lo strinse al suo petto, cullandolo piano.
“Non sei solo, piccolo, non lo sarai più, lo giuro.” – sussurrò il castano fregandogli leggermente le labbra sull’orecchio, facendo rilassare oltremodo il riccio, che si rannicchiò di più sul suo petto, facendosi stringere dal suo.. Louis. Un momento, cos’erano ora?
Non riuscì a chiederglielo, che si lasciò andare tra le braccia di Louis, prendendo sonno nel giro di pochi istanti, perché le coccole che gli stava riservando il castano erano tutto, tranne che non piacevoli.
Quando Louis fu sicuro che dormisse, lentamente si alzò, tenendogli un braccio sotto le gambe ed uno dietro la schiena, sebbene alcuni momenti gli fossero limitati per l’amore che avevano appena consumato tra di loro lo portò in quella posizione al piano di sopra, dove lo adagiò piano sul letto e gli baciò delicatamente la fronte. Dopo avergli rimboccato le coperte si infilò al suo fianco nel letto, e lo strinse con un braccio al suo corpo. Harry, sentendo quella vicinanza, si rilassò ancor di più, rendendo molli i suoi muscoli sotto i tocchi delicati di Louis, non avrebbe potuto essere più felice di così. Louis si addormentò stringendolo forte, accarezzandogli i ricci, che aveva scoperto amare alla follia.
 
Il primo mese fu duro da affrontare, sebbene con lui ci fosse Louis, Harry sentiva quella necessità, necessità di prendere sostante. Le crisi di astinenza aumentavano. Col passare dei giorni Harry non aveva più voglia di vivere, né di stare con lui, e il castano continuava a sussurrargli di essere forte, che insieme ce l’avrebbero fatta, che lui da solo non l’avrebbe mai lasciato, che poteva fidarsi di lui, che insieme avrebbero superato tutto. Ma Harry tremava, Harry sudava freddo, Harry si dimenava, Harry non voleva più vivere senza la “sua migliore amica”.
“Tu sei più forte, Harry, sei forte, credimi.”
Si chiedeva come mai la prima volta che Louis si era preso cura di lui, era andato tutto bene e ora no.
 
Il secondo mese fu meno duro, Harry iniziava ad uscirne, leggermente.
Non capiva come, la presenza di Louis, stavolta effettiva come il primo periodo in cui avevano convissuto, stava avendo leggermente la meglio. Il castano gli stava vicino, lo supportava, lo abbracciava, lo baciava.
Erano una coppia a tutti gli effetti, ma nessuno dei due osava dire nulla. Le crisi di astinenza diminuivano, ma c’erano comunque. Spesso la sera, quando i due erano a letto, Harry iniziava a tremare, a sudare freddo, e solo i tocchi leggeri di Louis sulla pelle lo tranquillizzavano.
“Bravo piccolo, così calmati” – gli sussurrava Louis, quando Harry urlava, sbraitava, chiedeva quelle sostanze senza mai ottenerle, diceva cose insensate.
 
Durante i mesi successivi, le cose non erano cambiate tantissimo dai primi mesi, Harry continuava a sentire la necessità di quelle sostanze, a chiedere a Louis di procurargliele, e quest’ultimo si rifiutava, facendolo arrabbiare tantissimo. Una sola volta era capitato che scappasse uno schiaffo dalla mano di Harry, che colpì la guancia di Louis, lasciandogli un evidente livido violaceo.
Si era sentito immediatamente in colpa, ma sapeva che Louis l’avrebbe perdonato, perché conosceva le sue condizioni, e quindi a volte un po’ se ne approfittava.
“Non ti lascerò” – prometteva Louis, ma Harry temeva che quel giorno arrivasse ancora una volta.
Non si fidava di Louis, era possibile?
 
Ormai erano quasi dodici mesi che era in quelle condizioni.
L’influenza di Louis non aveva più effetto su di lui, era stata solo una cosa momentanea dell’arrivo, dovuta probabilmente all’affetto che aveva ricevuto. Ultimamente, invece, nei baci di Louis ci vedeva pietà, carità.
Non sentiva amore.
Louis, dal suo punto di vista, non sapeva più cosa fare con quel ragazzo. Lo amava, certo, ma non sapeva più come aiutarlo, lo vedeva soffrire, lo vedeva sempre agitato, e soffriva con lui. Non poteva farci nulla, la sua empatia con lui era vivissima. Non aveva mai provato questo per qualcuno, per la prima volta si sentiva legato a qualcuno, in quel modo che aveva sempre desiderato, ma non così. Lui credeva, ingenuamente, che l’amore fosse solo felicità allo stato puro, e invece no, l’amore era anche sofferenza, e Louis lo stava vivendo sulla sua pelle. Tutte le emozioni di Harry erano le sue, tutto quello che provava il riccio di riflesso era in lui, e per questo sembrava essere freddo con Harry, non perché lo fosse davvero, ma perché soffriva insieme a lui.
Louis deglutì quando se ne rese conto.
Amava Harry.
 
“Louis, Louis ti prego, aiutami” –urlò Harry nel cuore della notte, senza rendersi conto chi fosse la persona che aveva chiamato. Il castano era balzato giù dal divano dove stava amabilmente leggendo, ed era corso velocemente da Harry che si dimenava nel letto, in preda ad una nuova crisi.
Si avvicinò al letto, e lo guardò sospirando.
“Harry, calmati..” – sussurrò abbassandosi su di lui.
“Ho bisogno di te, Louis, ho bisogno di te..” – continuava a ripetere il giovane riccio, cercando la mano del maggiore, che non appena se ne accorse, gliel’afferrò stringendola forte.
“Aiutami, Lou.. non posso stare senza, fallo smettere..” – e scoppiò in lacrime, continuando a sudare freddo e a tremare. Louis scuoteva la testa, e per la mano che gli stringeva, lo attirò al suo petto, circondandolo con le sue forti braccia e stringendolo al petto.
“Calmo, piccolo..” – sussurrò. Ignorò il groppo nello stomaco che gli si era formato, ignorò la paura che aveva in quel momento, ignorò tutto. Semplicemente gli alzò il viso verso il suo, e lo baciò.
Doveva distrarlo in qualche modo, no? Ed era troppo tempo che non assaggiava quelle labbra, Louis ne aveva il bisogno, lo sentiva dentro di sé.
I muscoli di Harry si rilassarono sotto le carezze di Louis, stavolta le sentiva dolci, premurose. Le labbra si muovevano in sincrono, le mani di Harry finirono sul viso del maggiore che appoggiò le sue su quelle del compagno stringendole tra le sue. Sembravano fatte per essere unite, sembravano davvero trovare la loro collocazione.
E si lasciarono andare in quel bacio dolce, ma passionale che si stavano scambiando, senza parlare.
Lentamente i tremiti di Harry cessarono, lasciando spazio ai brividi che aveva sempre provato in compagnia di Louis. Anche quest’ultimo tremava d’eccitazione. Quei due si volevano, era evidente, ma erano troppo stupidi per rendersene conto.
“C-che fa-fai, L-Louis?” – chiese Harry, ansimando quando la mano di Louis gli sfiorò la patta dei pantaloni.
“Ti faccio scoprire qualcosa di meglio della droga, no?” – chiese retoricamente Louis, sfoderando uno dei suoi sorrisi più belli, facendo sciogliere come neve al sole Harry, che in un attimo si avventò sulle sue labbra, trascinandolo nel vortice della passione.
Quella notte, Harry si rese conto che c’era qualcosa di più forte della droga, qualcosa che ti annullava totalmente, qualcosa che ti faceva stare bene in ogni situazione,qualcosa che solo Louis gli aveva dato: l’amore.
 
Un mormorio svegliò Louis. Qualcuno stava mormorando frasi scomposte, qualcosa che Louis non si spiegava minimamente, qualcosa che nessuno poteva immaginare, che per lui non aveva alcun senso.
E si ricordò che la sera prima non aveva preparato una tazza di tè ad Harry, e senza di quella il ragazzo parlava nel sonno; cercò di capire cosa dicesse, ma non erano frasi, erano mugugni, gemiti e simili. Il castano trattenne una risata nel petto, fino a che non sentì una sola frase uscire dalla bocca di Harry, una frase che lui non aveva mai sentito in vita sua, una frase che lo scosse dentro, una frase che gli fece palpitare il cuore come un cavallo al galoppo, una frase che lo fece sentire veramente bene.
“Ti amo, Louis..”
Ora tutto aveva un senso.
 
“No, Harry, ti ho detto che non so cantare, non insistere” – rise Louis.
Era passata un mese da quella notte.
Louis ed Harry erano ora una coppia stabile. Avevano deciso di provarci, magari in questo modo Harry avrebbe smesso anche con le crisi di astinenza. Ormai il rosso dei suoi occhi era un lontano ricordo, e i suoi occhi brillavano di luce propria ed erano verdi splendenti.
“Dai, ti prego, una volta,con me” – si lamentò con voce da bambino Harry, abbracciandogli le spalle, mentre il castano se ne stava seduto davanti al piano del salone. Aveva deciso di tirarlo fuori dal suo “ripostiglio” per suonarlo ancora, come una volta, o meglio Harry lo aveva convinto a riprenderlo, dopo averlo sottoposto ad un interrogatorio degno di CSI, sulle sue vecchie passioni
 
“Da piccolo suonavo il piano”- aveva risposto Louis.
“E dove lo nascondi?” – aveva chiesto Harry.
“Nella mia vecchia stanza.” – fu la risposta del più grande.
“Lo prendiamo? Lo prendiamo? Lo prendiamo?” – aveva saltellato per la stanza, facendo ridere il più grande,e Louis dopo un po’ di insistenza, aveva ceduto, dicendogli che avrebbero preso il piano.
 
E ora, Harry insisteva per farlo cantare.
Louis cantava raramente, e ultimamente lo faceva pochissimo. Quando aveva sette anni aveva cantato davanti a tutta la famiglia imbarazzato come non mai, e sorrise a quel ricordo felice della sua infanzia.
Abbassò imbarazzato gli occhi sulle mani poste sul piano ed arrossì.
“Dai Harry..” – mormorò.
“Dai Lou!” – esultò l’altro –“unisciti a me!”
“Ma non so nemmeno che canzone sia!” – sbuffò. Harry gongolò un po’ e poi gli diede un bacio sulla guancia, un bacio dolce e sincero, per spronarlo a cantare.
“E va bene, dimmi la canzone.” – sbuffò Louis, quando sentì le labbra di Harry lambirgli il collo e la spalla, i suoi punti deboli, e maledisse appena Harry, nonostante lo amasse più di tutto quello che aveva nella sua vita.
“Uhm..conosci How to save a life?” – chiese Harry stringendolo da dietro, accarezzandogli la pancia con le sue grandi mani, facendo arrossire ancor di più Louis, che sorrise, allungando la testa all’indietro appoggiandola contro il petto di Harry.
Louis annuì, ovvio che la conoscesse, si trattava del suo gruppo preferito.
Le sue mani si mossero veloci sul piano, iniziando la canzone che Harry gli aveva chiesto. Il più piccolo gli baciò l’incavo del collo iniziando a cantare.
E Louis sorrise sentendo la sua melodica voce, non aveva mai sentito qualcosa di più puro e limpido della voce di Harry, era un qualcosa di perfetto, troppo perfetto per lui.
Le loro voci si mischiarono nel ritornello, facendo sorridere Harry con quelle sue maledettissime fossette. E Louis non poté fare a meno di sorridere, guardando il meraviglioso sorriso di Harry. Se ripensava a più di un anno prima gli sembrava una cosa assolutamente impossibile da realizzare.
 
Where did I go wrong, I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life
 
E ora era chiaro cosa volesse dirgli il riccio facendogli suonare quella canzone. Lo stava ringraziando di avergli salvato la vita, cosa che lui non aveva fatto con il suo migliore amico. Harry, in lacrime, durante una delle sue crisi di astinenza, aveva raccontato a Louis del litigio che aveva avuto con il suo migliore amico prima che venisse spedito a Doncaster da Louis, prima che tutto il periodo, sia meraviglioso che orribile, passato con Louis avesse inizio. E ora Harry avrebbe voluto solo dire ai genitori che c’era qualcuno che lo aveva salvato, qualcuno per cui lui non era un peso, qualcuno che lo aveva accolto a braccia aperte, e poi lo aveva amato, non come un figlio o un amico, ma come un amante, una persona importante. Louis sapeva sicuramente, secondo Harry, come salvare una vita.
“Harry?” – disse Louis alla fine della canzone, posando elegantemente le dita affusolate sul piano, mentre Harry si lasciava andare contro la sua spalla e si stringeva a lui per trovare il suo calore.
“Mmh?” – mormorò, appunto, contro la spalla del maggiore.
“Ti rendi conto che sono due settimane, tre giorni, quattro ore, cinque minuti e sette secondi che non hai una crisi di astinenza?”
“E’ merito del tuo amore” – sbadigliò, chiudendo gli occhi.
È vero, si disse Louis mentalmente – l’amore è più forte della droga.
 
DLING DLONG.
Il campanello della villetta di Harry ad Holmes Chapel riecheggiò. Harry si strinse a Louis, cercando un appoggio morale per quella situazione. Louis era orfano, quindi non poteva sistemare le cose con i suoi genitori, ma Harry poteva. Harry poteva chiarire, Harry poteva riallacciare un rapporto con loro.
Non si erano minimamente interessati a lui, la maggior parte dei genitori chiamava costantemente per sapere i progressi dei figli, si preoccupavano, si interessavano. I genitori di Harry niente, zero. Non si erano mai interessati a lui, e col tempo aveva imparato a capire perché Harry avesse iniziato a fare quelle cose, e fosse entrato in quel tunnel, da cui fortunatamente era uscito. E Louis lo aveva convinto a parlare con loro, ad essere superiore, in un certo senso.
Erano esattamente un mese, tre settimane, tre giorni, cinque ore, tre minuti e cinquanta secondi che Harry non aveva una crisi di astinenza, e Louis amava contare i giorni, le ore, i minuti del tempo che Harry passava felice ed allegro accanto a lui,  senza aver necessità di usare sostanze nocive.
Louis lo strinse mettendogli il braccio attorno alle spalle, infondendogli la sicurezza che gli mancava. Avevano quasi litigato per andare lì, eppure eccoli lì, davanti alla porta della casa in cui viveva Harry.
“Lou, se poi andiamo anche da Niall?” – chiese il più piccolo in un sussurro.
E Louis sapeva anche quanto gli mancasse il suo migliore amico, per questo acconsentì subito, dicendogli che dopo aver chiarito con i genitori si sarebbero diretti da Niall, il migliore amico di Harry.
La porta davanti a loro si spalancò, e la figura della signora Styles si stagliò davanti al figlio.
Harry deglutì diverse volte prima di aprire bocca.
“Ciao mamma..” – sussurrò. La donna lo guardò incredula. Non si aspettava di vederlo lì.
“Harold..” – si limitò a dire, ma quando Harry vide un bambinetto di circa un anno gattonare verso sua mamma e arrampicarsi vicino alla sua gamba, e dopo averlo studiato per bene, capì tutto.
Il bambino aveva dei ricci castani esattamente come i suoi, occhioni verdi e fossette sulle guance. Era praticamente la sua fotocopia.
Harry aveva un fratellino.
“Lui è George, tuo..”
“.. fratello” – concluse Harry –“e suppongo tu fossi incinta quando mi hai mandato via da qui, ovvio.”
Louis si affrettò a stringergli la mano con amore, per supportarlo.
“Ero venuto a dirvi che sono guarito, che ho trovato una persona che mi ama, e che mi ha aiutato ad uscire da quel periodo.” – ed indicò Louis con la testa –“ma vedo che voi non vi siete importati di me, perché avete altro a cui pensare.” 
Lasciò la mano di Louis e si avvicinò al bambino, inginocchiandosi.
“Tu non c’entri”- disse infatti-“se mai avrai bisogno di un fratello maggiore potrai contare su di me” – e gli baciò la paffuta guancia, facendo sorridere il bambino che nonostante le parole di Harry non capì, era troppo piccolo.
“Quanto a te, mamma, dimenticati di avere un figlio di nome Harold, e di lo stesso a tuo marito.” – fece alzandosi e guardando duramente la madre, che non cercò di fermare il figlio quando voltò le spalle per andare via. Si allontanò bruscamente dalla madre, dal fratello e da Louis. Non voleva vedere nessuno, voleva restare da solo.
“Potevate almeno fare una telefonata in questi quasi due anni, Harry è stato male.”
E detto questo, anche Louis si eclissò, seguendo il suo ragazzo ed afferrandogli la mano attirandolo.
“Ehi, ci sono ancora io.”
Harry restò con il braccio teso all’indietro, la testa abbassata e il busto eretto. Nonostante avesse cercato di apparire duro e forte, sentiva un vuoto lancinante dentro di sé, sentiva ancora quella terribile sensazione di imperfezione, di essere un peso.
E “Te ne andrai anche tu, Louis, lo so che accadrà!” – urlò scoppiando in un pianto liberatorio, che Louis subito soppresse contro il proprio petto attirandolo a sé, velocemente. Harry si affrettò a prendere la maglietta del maggiore tra le due mani, e stringerla forte, piangendo.
“Aspettavano un altro figlio, loro.. aspettavano un altro figlio, Louis, io ero un peso.. io..” – singhiozzò. E Louis continuò a baciargli i capelli e ad accarezzargli la schiena per farlo stare bene. Harry non meritava tutto questo dolore.
“Andiamo da Niall, no? Volevi vedere il tuo migliore amico!” – esclamò il castano.
“Ma.. se mi ha sostituito..?”
“Harry, non tutti sono come i tuoi genitori, ma se anche Niall se n’è andato, hai sempre me. Avrai per sempre me, mi sembra di avertelo promesso, no?” – sorrise, staccandolo da sé e baciandolo lentamente sulle labbra.
Harry sorrise, nonostante le lacrime scorressero come un fiume sulle sue paffute guance, e Louis passò i polpastrelli su di esse eliminando le tracce di quelle gocce salate.
“Forza, dove abita Niall?” – chiese.
Harry, ritrovata la forza di vivere, come sempre grazie a Louis, lo afferrò per mano e lo trascinò con sé, fino alla casa di Niall, il suo migliore amico, il biondo irlandese dagli occhi azzurri, che non distava troppo dalla sua.
Si avvicinò lentamente, sperando che in quel tempo che era stato via, Niall non avesse cambiato dimora, e suonò il campanello, senza staccare la sua mano da quella di Louis.
“Sì, chi è?” – si udì una voce angelica da dentro.
Louis giurò di aver visto gli occhi di Harry illuminarsi al suono di quella voce.
“Harold!” – urlò felice. La porta si spalancò e il biondo fece la sua comparsa davanti a loro.
“Ha-Harry..” – balbettò l’irlandese incredulo di vederlo felice, sorridente e spensierato.
“Oh mio dio, Harry!” – urlò subito dopo, investendo l’amico in un abbraccio carico d’affetto, facendo traballare Louis che si allontanò prontamente dai due, lasciandoli al loro dolce saluto.
“Non ci credo, Harry! Sei tu, stai bene! Dio quando sono stato stupido, dovevo aiutarti, io dovevo restare con te e invece ho fatto il perbenista di turno..”- continuò l’irlandese stringendo il riccio, nonostante fosse più basso rispetto a lui, riusciva perfettamente a sovrastarlo in quella situazione.
“Ciao Niall” – rise tossendo Harry –“non ti preoccupare, non sono arrabbiato né altro.” – sorrise spontaneamente.
“Sono guarito, grazie a lui” – e indicò Louis, che lo guardava soddisfatto e fiero.
“Sono Louis, tanto piacere” – allungò la mano. E Niall gliela strinse presentandosi a sua volta.
“ E stiamo insieme” – aggiunse Harry.
“Finalmente hai messo la testa a posto, Styles” – ribatté il biondo dandogli una pacca.
“Venite dentro che si gela oggi, vi preparo un caffè!” – esclamò il biondo ed Harry precedette tutti e due entrando.
Niall, aspettando questa mossa da Harry, bloccò Louis puntandogli un dito contro il petto.
“Giuro che se lo fai soffrire come ha sofferto per i genitori ti faccio fuori, castano spettinato.”
“Tranquillo biondino” – sputò fuori duro –“sono il primo a non volere che Harry ricada in quel tunnel. Piuttosto ha bisogno anche di te, è fragile in questo momento.” – aggiunse il castano.
“Non si sa mai, preoccupazione da migliore amico, puoi entrare.”
E Louis si chiese come fosse possibile, dopo tutto questo tempo, volersi ancora bene.
 
Ormai era passato un altro anno, e Louis si preparava a discutere la tesi di laurea. Era agitato, certo, ed Harry gli metteva più pressione del dovuto.
“Amore, ti senti pronto? Oh cavolo non ci posso credere che porterai la nostra storia come tesi, è assurdo!” –esclamò il riccio, mentre sistemava la cravatta al maggiore, che gli regalò un bacio sulle labbra.
“Tranquillo, andrà tutto bene.” – sorrise Louis.
Harry annuì e lo seguì.
Si recarono in facoltà dove Louis fu accolto calorosamente. Tutti lo conoscevano, impossibile non farlo. Lui era il ragazzo che aiutava tutti in qualsiasi cosa.
E alla sua tesi c’erano tutti.
I ragazzi del centro, la vecchia signora Smith, e il suo amato Harry.
“La commissione chiama a discutere la tesi, il candidato Louis William Tomlinson.” – esordì il commissario di commissione, e Louis in quel momento sentì le gambe molli, fino a che non si voltò ed incrociò lo sguardo di Harry che gli faceva segno di andare e spaccare i culi a tutti.
E Louis, soddisfatto, si alzò sorridendo andando dalla commissione con la sua tesi in mano e il suo solito sorriso sul viso.
Il titolo della tesi era:
Come salvare una vita con l’amore.
 


NO, Jimmy Protested!!

Ave people :3 
Allora, allora allora..
Buona fine del mondo a tutti voi! Visto che non ancora siamo morti, gustatevi la mia nuova Larry, nè? :3
Lo so, nel fandom la droga è un clichè. Però.. è un argomento che mi sta a cuore.
Non concepisco i ragazzi che si drogano per divertimento. Certo Harry lo fa per sfogo personale -nella storia so che il nostro Harreh è un bravo ragazzo :3-
E niente.. ci tengo a dirvi che boh, come in tutte le storie anche in questa ho messo l'anima, e..niente. 
Ringrazio tutti :3
Mi scuso se la mia ultima Stylinson non è piaciuta tanto, visto il calo di recensioni. A me non interessa il numero, figurarsi, però.. boh evidentemente è difficile da capire perchè ci ho messo il latino, e niente volevo scusarmi per non aver pensato a questo, mi perdonate? :3
Anyway. Spero che questa vi sia piaciuta di più v.v
E.. com'è figo Louis da universitario.
E posate i forconi contro la mamma di Harry, ovviamente so che Anne non lascerebbe mai il suo bambino solo soletto, ho ancora in mente il video di loro due che si abbracciando quando Harreh era ad X factor awww <3
IIIIIIIIN CCCCCONCLUSIONE - fa molto Pantellas lol - Louis ed Harry sono pregati di fare coming out prima che finisca il mondo, okay? Okay.
In quanto a voi mie amate fanssssss, vi amo tutte tutte tutte :3
E.. uhm.. ehm..ecco.. io... sono Harry Styles..
No okay ahah sono sempre Chiara :3 
Comunque spero abbiate capito che io stia scherzando e che non ho mai creduto alla fine del mondo.
Però vi auguro buona morte lol
Almeno morirete leggendo la mia storia.
Tutti: Minchia che brutta morte!
Okay, basta. Mi dileguo davvero pf.
*wooosh*

P.s non sono una psicologa, non ho mai avuto crisi d'astinenza, ma ho solo supposto che siano così, mi sono informata un po' in giro, ma non sono sicura, quindi se ho cannato tutto ditemelo! ç_ç
Ciao :3 
   
 
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