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Autore: UnLuckyStar    22/12/2012    6 recensioni
REVISIONE IN CORSO
Questa è la storia di Fortunata, una ragazza come tante altre, che nasconde il suo nome dietro a 'Lucky'. Lei si odia, odia il suo corpo, odia ciò che la circonda. Non sopporta le persone, fosse per lei potrebbero morire in tutti i modi che vogliono. E' sarcastica, acida nei confronti di tutti, intollerante alle persone stupide. Le uniche persone che sopporta sono Alice e qualche compagna di classe. Suo fratello è lontano, sua madre è in un centro di recupero per tossicodipendenti, suo padre è inesistente, il mondo non la capisce, non capisce la sua rabbia. Poi una mattina qualunque arrivano loro... Loro, che cambieranno tutto.
⁂⁂⁂
Dal primo capitolo:
Cammino svelta, con il mio passo vagamente saltellante, percorrendo la strada per andare a scuola.
Quel triste edificio rosso mattone, con il cancello arrugginito e dalla vernice verde scrostata.
Non poteva esistere scuola più brutta qui a Torino, soprattutto dal punto di vista di una che è all'ultimo anno.
La verità è che fa schifo. Tutto fa schifo in questo posto.
⁂⁂⁂
Da prestavolto per questa storia ho deciso di usare i bellissimi visi di Giuseppe Giofrè, Jonathan Gerlo e Nunzio Perricone.
#PeaceAndLove
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E
rrori, disegni e chiarimenti


L’odore forte del caffè mi punge il naso e il rumore delle tazzine poggiate sul tavolo mi disturba, facendomi aprire gli occhi di controvoglia.
Con una lentezza inaudita mi metto a sedere e osservo la scena oltre la spalliera del divano. Alessandro versa il caffè nelle tazzine e mette la caffettiera nel lavandino, mentre si passa stancamente una mano sulla fronte.
«Ehm, ehm…» dico per attirare la sua attenzione.
Alza lo sguardo e si lascia sfuggire un sospiro.

«Mi ero dimenticato che eri lì… Ah, qui c’è il caffè.»
«Sì, me ne sono accorta» dico annuendo.
Come affrontare l’argomento? Lui non sembra intenzionato neppure a menzionare il bacio di ieri, ma io non sono come lui, non voglio gettare tutto nel dimenticatoio; devo chiarire.

«Sei stanco?» gli chiedo, prendendo l’argomento alla larga.
«Un po’.»
«Perché?»
«Non ho dormito, semplice.»
«Ah… Neanche io ho dormito molto.»
«Coincidenze» continua freddo.
«Già… Ieri è stata una serata davvero faticosa, troppe emozioni tutte insieme, credo.»
«Sì, può darsi che sia per quello.»
«Senti, a proposito di ieri…»
«Lucky, per favore, non farti film mentali. Eravamo tutti nervosi ieri, ci siamo baciati per scaricare lo stress» sbotta, intuendo dove volevo andare a parare.
«Io quando sono stressata faccio altro…»
«Che intendi con ‘altro’?»
«Credo che tu sia abbastanza sveglio per capire da solo a cosa mi riferisco»
«Sì, credo di aver capito, ed è quello a cui volevo arrivare ieri, se non te ne eri accorta»
«Oh ma grazie, trattami tranquillamente come se fossi un oggetto»
«Non intendevo dire questo… E poi l’hai detto anche tu che è ciò che fai quando sei stressata» dice bevendo il caffè in un sorso.
Faccio per rispondere, ma mi blocca con un gesto della mano.
«Senti, » comincia di fretta «non ne voglio più parlare, tanto come minimo ci metteremo a litigare come al solito. E’ stata una cosa strana, un imprevisto, un errore di dimensioni bibliche, okay?»
«Sì, okay, ti sei inteso alla perfezione. Abbiamo finito?» dico esasperata, sollevando le braccia in maniera isterica.
«» risponde secco e voltandomi le spalle per andare in camera sua.
«Imbecille» sussurro scuotendo la testa.
Il campanello suona e apro la porta senza pensarci…

«Venute a prendere il caffè?» chiedo aspettando di trovarmi davanti Irene e Anzu, ma sbagliandomi di grosso.
«No, credo di no.»
«Mattia…» non riesco ad andare oltre con la frase, per il semplice motivo che non so cosa dirgli, e specialmente, non so che ci fa «Come facevi a sapere dove abito?»
«Me l’ha detto Alice… Sebastiano mi aspetta giù.»
«Sì, ma perché sei qui?»
«Perché dobbiamo parlare.»
«Non mi sembra che ci sia molto da dire. Capisco il perché ti sei arrabbiato, l’avrei fatto anch’ io, quindi non c’è bisogno che continuiamo a mettere il dito nella piaga.»
«Lucky, parliamoci chiaro: la nostra non era una storia seria, probabilmente non poteva neppure essere considerata una storia, quindi dubito che uno di noi soffrirà tanto se ne parliamo per due minuti. Cioè, non interpretare male le mie parole, io a te ci tengo, sei una ragazza simpatica, e sai che ti voglio bene, ma per quanto ci possiamo provare, non siamo fatti per stare insieme.»
Ascolto in silenzio il suo discorso, probabilmente studiato, e sospiro di sollievo senza dare troppo nell'occhio.
«Dio santo, sono contenta che la pensiamo entrambi allo stesso modo» dico portandomi la mano al petto.
«Tu iniziavi già a preoccuparti?»
«Beh… Sì. Ieri sembravi una iena, e quando ho aperto la porta, sembravi in vena di omicidi.»
«Lì per lì me l’ero presa, ma alla fine ho visto la situazione nel suo insieme, e non ne valeva la pena. E poi questa casa è carina… Penso che tu abbia fatto bene a venire a vivere con Alessandro. Sempre meglio che stare con un estraneo, che può essere un maniaco sessuale o un serial killer.»
«Sì, lo credo anche io.» dico sorridendo «Quindi sei venuto fin qui solo per questo?»
«Ammetto che mi aspettavo una tua reazione tipo ‘No, ti prego, parliamone, possiamo mettere tutto a posto’.» dice tentando di imitare la mia voce con poco successo.
«Sai bene che non sono affatto questo genere di ragazza.»
«Sì, lo so… Allora, amici come prima?»
«Siamo mai stati amici?» chiedo ironica.
«In effetti, ora che mi ci fai pensare, non ne abbiamo avuto il tempo. Io c'ho subito provato… Quindi, diciamo che d’ora in poi proveremo a essere amici.»
«E se non ci riusciamo?»
«Tranquilla, ce la faremo, io ho una pazienza di ferro.»
«Cosa intendi dire?» domando accigliandomi di colpo.
«Che sei difficile da sopportare.»
«Ah, certo, ha parlato quello che…» cerco un episodio che faccia in modo di classificarlo come ‘insopportabile’, ma non ne trovo neppure uno.
«Visto? Quella che non si regge sei tu.»
Sentiamo un colpo di clacson e dalla porta mi sposto alla finestra per vedere chi è, e scorgo Sebastiano appoggiato al cofano della macchina che giocherella impaziente con il cellulare.
«Credo che sia ora che tu scenda.»
«Ma figurati, fino a due minuti fa ci stava provando con una ragazza.»
«Chi?»
«Boh, una mai vista in vita mia, ma era piuttosto strana, con i capelli rossi e rasati.»
«Ah, è una ragazza che abita nel pianerottolo qui davanti.»
«Sempre circondata da gente assurda, eh?»
«Sempre, e tu fai parte di questa categoria di persone. Ma ora vai, prima che Sebastiano salga e abbia un pretesto in più per importunare quella povera ragazza.»
«Okay, allora ciao» dice avvicinando le sue labbra alle mie, ma scostandosi un attimo prima, per darmi un bacio sulla guancia.
«Scusa. Ci abitueremo» dice infine uscendo.
Fisso la porta per un istante sentendo che anche lui è ancora lì davanti, fermo. Forse sta guardando lo stesso punto in cui sto guardando io con aria assente.

«Dio, stavo per vomitare- esclama Alessandro in maniera cinica, comparendo sulla soglia della sua camera.
«Ti fai i cazzi tuoi? Solo perché tu non hai nessuno, non significa che tu abbia il diritto di giudicare le situazioni sentimentali altrui, okay?»
«E calmati, non ti scaldare. Ma che ti prende? Non ti conosco da molto, ma sappi che non sei più tu. Questa ‘relazione’ ti ha fatto male, ti ha cambiata, non mi piace come sei diventata. Ti arrabbi perché ti dico che mi date la nausea, quando fino a tre mesi fa anche tu eri disgustata da questo genere di coppiette senza capo né coda, e invece ora sei qui, che fai la finta perbenista, a cercare di non fare del male a nessuno. Tu non sei così, lo sai. Una volta ti piaceva, provavi gusto nel ferire le persone, adesso sembra che ci provi gusto solo con me.»
«Non è vero, io non mi sono mai divertita a fare del male alla gente.»
«Non fare l’ipocrita, Lucky, non lo fare.»
«Ma scusami, ora vuoi incolparmi solo perché cerco di essere una persona migliore?»
«Non ti sto incolpando di nulla, ti sto solo chiedendo di smettere di fingere. Ti chiedo di essere te stessa e di provare ad amarti, prima di amare gli altri. Ti chiedo troppo?»
Le sue parole mi piovono addosso e si abbattono taglienti su di me. La cruda realtà che mi presenta davanti mi ferisce, sfregiandomi, impedendomi di rispondere in maniera soddisfacente, se non con un flebile rantolo e un’alzata di spalle.
«Sai che ho ragione» dice infine, assestando il colpo di grazia, come quello che si dà agli animali in fin di vita. Perché è vero. E’ tutto vero.
«Vaffanculo» sussurro impercettibile, più a me stessa che a lui, benedicendo chi mi sta facendo vibrare il cellulare in tasca, per via di un nuovo messaggio.
“Fortunata, puoi venire questo pomeriggio verso le sei? Rispondimi appena puoi.”
Colgo al volo l’occasione per uscire di casa, anche se siamo ancora a mezza mattinata.

«Esco, devo andare a lavoro.»
«Non ti prepari?» chiede lui piano.
«No, tranquillo, ho già i vestiti di ricambio negli spogliatoi dell’hotel.»
«Allora va bene.»
Apro la porta dopo aver preso la borsa nella mia camera e mi volto un attimo.
«Non voglio più parlare di questa storia, sia chiaro, ma per quanto riguarda ciò che è successo ieri, pretendo che stasera tu mi rivolga un minimo d’attenzione senza fare il coglione o lo scorbutico.»
«Non dovevi andartene?» domanda indifferente.
Senza nemmeno rispondergli, chiudo la porta con un tonfo secco e scendo velocemente le scale, come per allontanarmi il prima possibile da lui e da quel luogo.
Salgo sulla preistorica Panda bianca di Alessandro e metto in moto, mentre rifletto sulle ultime frasi scambiate, e con paura quasi febbricitante un pensiero mi coglie alla sprovvista.
E se avesse ragione?

<> <> <>

Rincaso lentamente dopo le mie sei noiosissime ore di lavoro in albergo. L’orologio appeso alla parete segna mezzanotte e un quarto, e la luce del televisore acceso illumina la figura di Alessandro stesa sul divano che tenta di tenere gli occhi aperti facendo zapping tra i canali.
«Finalmente sei tornata» dice cambiando l’ennesimo canale.
«Mi aspettavi?»
«Sì, certo.»
«Perché?» chiedo aggrottando al fronte, ma comunque grata per quel gesto di premura.
«Oggi hai detto che avresti voluto parlare.»
Giusto, quasi me ne ero scordata io stessa.
Sospirando vado verso il divano, buttando fiaccamente la borsa a terra, a poca distanza da me, e facendo attenzione a non pestare il blocco da disegno che si trova ai miei piedi.
Lo sollevo a mezz’aria e orientandolo verso la luce della tv, cerco di capire che genere di capolavoro abbia concepito. Dopo qualche secondo di contemplazione, fisso stupefatta la riproduzione accurata di un ciliegio dal tronco robusto, nodoso e nero, costellato qua e là da grandi fiori lasciati in bianco, ma che nella mia menta hanno già assunto un colore rosa acceso.

«E’ per te» dice lui, che nel frattempo si è messo a sedere.
«Che significa?»
«Che è il ciliegio che volevi tu, quello che volevi ti dipingessi addosso.»
«Cavolo, te ne se ricordato…» sussurro incredula continuando ad osservare quel semplice disegno che racchiudeva tutto di me.
«Ma non volevi discutere di qualcosa?» chiede alzandosi in piedi e togliendomi delicatamente dalle mani il blocco, per poi chiuderlo e riporlo sul divano.
«Senti, facciamo così: » dico come se mi fosse appena venuta un’idea geniale «prima che ce ne dimentichiamo, prova a disegnarmi quel ciliegio, e nel frattempo parliamo.»
Arrendevole, e parzialmente vinto dalla stanchezza, annuisce sospirando. Con passo strascicato si dirige verso la sua camera.
«Devo usare le tempere?»
«Credo di sì. Non sono io l’esperta, ma credo che sia l’unica cosa che possa aderire al corpo.»
«Ma poi non ti respirerà la pelle» dice emergendo con tra le mani una scatola contenente svariati tubetti e pennelli.
«E allora? E’ solo un disegno, si toglierà, visto che io mi lavo a differenza tua.»
«Ancora con questa storia che i ragazzi non si lavano?»
«Perché, abbiamo già affrontato l’argomento?»
«Un paio di volte.» risponde socchiudendo gli occhi «Vogliamo sbrigarci? Sai, vorrei dormire.»
«Okay, okay, senza fretta. Che devo fare, dove devo mettermi e come devo mettermi?»
«Lo vuoi sul lato del busto, giusto?»
Annuisco.
«Destra o sinistra?»
«Destra.»
«Bene, allora vieni qui. Dovrai stare in piedi, però.»
«Okay, non importa. Devo togliermi la maglia?»
«Sarebbe preferibile» risponde con tono ovvio.
Quasi imbarazzata, mi sfilo la maglia, rimanendo unicamente con il reggiseno bianco.
Per mia fortuna, non si sofferma a guardarmi il seno, come molti ragazzi avrebbero fatto, ma osserva bene la zona in cui dovrà andare a lavorare. Dopo essersi alzato per andare ad accendere la luce –piccolo particolare che avevamo dimenticato– comincia subito a spremerei tubetti e a stendere i colori su di me, dando occhiate veloci al disegno fatto questo pomeriggio.
Anche se con l’aiuto dei pennelli, dipinge principalmente con le dita, avvicinando il viso al mio corpo, tanto da riuscire a sentire il suo respiro caldo sulla pelle.

«A proposito di ieri, » dice di punto in bianco, distraendomi dall’ammirare il suo viso incredibilmente concentrato «non volevo dire ciò che ho detto.»
«Non ti seguo» rispondo aggrottando la fronte.
«Non è stato un errore. O almeno non per me.»
«Beh, neppure per me, sei stato tu a dirlo… Quali erano le tue parole esatte? ‘Errore di dimensioni bibliche’? Non mi sembrano parole dette a caso.»
«Stamattina erano assolutamente a caso.»
«Alessandro, » lo chiamo sollevandogli il mento «cosa stai cercando di dirmi?»
«Non lo so nemmeno io» dice sbuffando e cominciando a tracciare le linee grossolane che andranno a formare i fiori.
Preme piano sul costato, allineando con precisione le sue dita negli spazi vuoti tra una costola e l’altra.

«Sei dimagrita tanto, sai?» sussurra piano, cominciando a stendere il rosa.
«Non è vero.»
«Sì, invece. Che hai mangiato oggi a lavoro?» domanda con fare inquisitorio.
«Mi hanno dato un piatto di pasta come al solito.»
In realtà il mio pasto era composto da una fetta tostata di pane integrale e due spremute d’arancia, presi al bar dell’hotel.
«Non ti credo.»
«E allora non credermi» sospiro rassegnata.
«Lucky, io non voglio farti da mammina apprensiva, per quello ti basta e avanza la tua, ma sto dicendo che…»
«Io non ho una madre» dico interrompendolo.
Le sue mani si bloccano un momento, a causa della gaffe.

«Scusa, non lo sapevo.»
«Hey, aspetta, non è come credi. Non è morta. E’ in una comunità per tossicodipendenti.»
«Cazzo… Da quanto tempo?»
Cerco di ricordare, e mi rendo conto che è davvero da tanto tempo che non penso a mia madre, che non mi chiedo come sta. In questo modo sembra che io sia una figlia orribile, ma la verità è che mi sono concentrata su me stessa. Non volevo rimanerci male e soffrire per ogni cosa, quindi ho preferito avvolgermi in un guscio fatto di egoismo, dove l’unico centro dei miei pensieri sono io stessa e il mio personale benessere.
«Credo sei o sette mesi.»
«Ti manca?»
«Non molto.»
Lui non sembra sorpreso da questa risposta, probabilmente se l’aspettava e ora starà pensando “Ci credo, sei una tale stronza”. Rimaniamo in silenzio mentre lui sfuma di rosso la parte esterna dei petali rosati. Una volta dopo essersene occupato, inizia a far salire, intricati, i rami dell’albero, finendo per toccare con le dita il bordo del reggiseno.
«Scusa, potresti toglierlo?» mi chiede riferendosi all’ostacolo che gli impedisce di continuare.
«Stai scherzando.»
«Sono serio come un’ischemia miocardica.»
«Una cosa?»
«In termini comuni sarebbe un infarto.»
«Ah, e dillo prima allora.»
«Insomma, lo posso togliere?»
«Se proprio devi» dico girandomi di spalle e sollevandomi i capelli per fargli sganciare il ferretto.
Lo sfilo dalle braccia e lo faccio cadere sul tavolino. Stavolta il suo sguardo si sofferma sui seni, ma senza alcuna aria di malizia, e con la stessa professionalità usata sino ad ora, continua il suo lavoro anche in su quella zona.
Nonostante non dimostri un minimo di desiderio, né nello sguardo, né nei gesti, non posso fare a meno di fremere sotto il suo tocco un po’ insicuro, quasi volesse chiedermi un tacito permesso.
Dopo pochi minuti di goffo lavoro, allontana il suo viso da me e osserva critico il tuo capolavoro.

«Perfetto. Vai e dimmi se ti piace, io intanto mi lavo le mani» dice sollevandole in aria, con le dita sporche di tempera.
Corro in camera ad accendere la luce, e mi specchio nell’anta interna dell’armadio. Il mio fianco mingherlino è solcato da una vera e propria ora d’arte, s’eppur abbia un senso di tremolio, provocato dalla superficie ondulata sulla zona del costato.
Lo raggiungo nella sua stanza e mi soffermo sulla porta, non mi interessa di essere mezza nuda.

«Grazie mille, è… E’ bellissimo. Non so davvero come ringraziarti.»
«Tranquilla, tanto domani si cancellerà tutto, dopo che avrai fatto la doccia.»
«Lo so, è l’unica cosa che mi dispiace.»
«Ora, però, mettiti qualcosa addosso.»
«E se volessi rimanere così?» chiedo provocatoria, poggiandomi una mano sul fianco.
«Vorrebbe dire che stanotte mi ritroveresti in camera tua» dice avvicinandosi.
«Uh, non voglio sapere il perché.»
«Credo che tu lo sappia già abbastanza bene» sibila piano.
Il mio sguardo si ancora al suo, e ci avviciniamo sempre più. Stavolta ci abbandoniamo a un bacio vero, uno di quelli fatti come Dio comanda. Un bacio che domattina non definiremo un errore.
Un bacio che non mi aspettavo ci saremmo mai scambiati.
Mi spinge contro la parete, appoggiando la fronte alla mia.

«Lucky, se vuoi fermarmi fallo adesso, perché dopo non lo farò.»
Questa frase mi blocca.
Perché me l’hai chiesto?

«Non ce la faccio Ale, scusa» dico abbandonando la stanza con lo sguardo basso, recuperando reggiseno e maglia dal soggiorno.
Coperta dalla vergogna e dal disgusto verso me stessa, mi ritiro in camera mia, sperando che l’ennesima notte di tormenti passi in fretta.



-Questo è, a grandi linee, il lavoro di Alessandro-
-P.s. Immaginatevi qualcosa di più grossolano èé-


Il tempo di una sigaretta:
E' 01:08, i Maya non ci hanno ucciso e io sono troppo contenta per rovinarmi la nottata (?) modificando tutto con l'html, quindi lo farò domani (sai che novità)
Quindi, che ne pensate? I ragassuoli stanno facendo passi avanti **
Grazie a Koteichan, Daisy Pearl, missindipendent, CaramellaAlCioccolato94, Padfoot_Daydreamer e l'impaziente PeaceAndLove24 :3
Sappiate che vi amo tutti e vi ringrazio moltissimo, anche solo per aver letto :)
So di aver fatto enorme ritardo (un mese °°) ma l'ispirazione mi è presa solo di recente, e sto pubblicando in fretta e furia, solo per far felice la mia Beatrice (ti amo tanto amoruccio <3)
Su dai, tutte le minchiate le aggiungerò domani, tanto probabilmente stanotte non lo leggerà nessuno.
Adios amigos (?)
UnLuckyStar

 

   
 
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