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Autore: Dridri96    22/12/2012    6 recensioni
«è in ogni cosa, ma niente è adatto a lui.
Se lo incontri è la fine,
se lo sconfiggi è un nuovo inizio.»
La città è impazzita, nulla è come prima. Kyra è l'unica che può evitare la catastrofe, ma il tempo scarseggia. Avrà abbastanza forza e coraggio da non cadere nell'oblio?
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 5





L’aria fredda inizia a pungermi i polmoni ad ogni respiro. Stiamo correndo da parecchio tempo ormai, ma non ci fermiamo. Non avevo nemmeno guardato l’ombra prima di scappare, ero partita e basta.
Siamo nella campagna che circonda il nostro paese, a quel punto entrambi pensiamo di essere abbastanza lontani e ci fermiamo a prendere fiato. Non mi sono mai sentita così stanca in vita mia, mi viene da vomitare dallo sforzo, così mi accovaccio un attimo a terra, piegata in due.

«Che cos’era?», chiedo dopo essermi ripresa.
«Non ne ho idea, ma credo abbia a che fare con tutta questa storia». Annuisco, non riesco a fare altro.
Mi siedo sul marciapiede, perché ora che l’adrenalina sta abbandonando il mio corpo, il dolore al braccio e al coccige si fanno sentire nuovamente. Inoltre lo sforzo della corsa appena compiuto non ha di certo favorito una guarigione immediata.
Probabilmente ho un livido, niente di grave. Altrimenti non sarei riuscita a fuggire in quel modo. Esamino il mio braccio e noto un graffio, ma non esce sangue.

«Credo che per prima cosa dovremmo provvedere alla nostra sopravvivenza, poi potremo pensare a come fare gli eroi», dico puntando gli occhi verso le luci del paese alle nostre spalle.
«Concordo. Dovremo tornare laggiù, qua non c’è niente, solamente tanta erba e una lunga strada». Così riprendiamo il cammino.

Impieghiamo quasi venti minuti per tornare alla piazza centrale. Quando vedo le macerie e sento le urla mi vien quasi da ridere: cosa mi aspettavo, di rivedere le strade pulite e deserte di sempre? Devo smetterla di sperare in un miracolo, devo accettare la situazione, solo così potrò andare avanti e lasciarmi alle spalle il passato. Ormai è scivolato via, non ci posso fare niente, e rimembrarlo non serve a niente. Non mi conforta nemmeno, mi fa solamente avvolgere dalla malinconia.
Ci appartiamo per non venire investiti dalla folla e studiamo un attimo la zona.

«Ci serve cibo, acqua, dei vestiti... credo che queste siano le cose più importanti ora», dico contando i punti dell’elenco sulle dita.
«Bene, io vado a recuperare qualche vestito, tu ti occupi del cibo», detto ciò si volta per eseguire il suo compito, ma prima che me ne renda conto i brividi mi percorrono la schiena e la mia mano lo afferra per impedirgli di andarsene.
«Aspetta, vuoi che ci dividiamo?», chiedo scioccata. Nonostante vorrei mostrargli la mia capacità e fargli capire con chi ha a che fare, la paura mi attanaglia lo stomaco.
Dopotutto avevamo deciso di collaborare proprio per evitare di ritrovarci da soli: so che non avere nessuno che ti guarda le spalle è decisamente pericoloso in un posto come questo.
«Esatto, faremo molto prima, non trovi?». Annuisco e lascio la presa. Rimango a guardarlo mentre scompare tra la folla impazzita.
Ora devo pensare solamente a me stessa.

L’unica cosa che posso fare è saccheggiare un negozio, quindi mi dirigo verso la strada principale, dove si trovano il supermercato, il panificio, i bar e i ristoranti.
Le vetrine sono già state sfondate, quindi devo solamente fare attenzione a non tagliarmi con i pezzi di vetro e controllare che nessuno mi si avvicini.
Inizio dal posto più vicino, ovvero il supermercato. Il pavimento è appiccicoso a causa dell’alcol e del latte versati, mischiati a qualsiasi tipo di cibo si possa immaginare.
Le casse sono state distrutte, alcuni ripiani sono a pezzi, inclinati se non del tutto staccati.
Prendo uno zaino da uno scaffale in alto e inizio a buttarci dentro tutto ciò che potremo mangiare nei prossimi giorni: faccio scorta soprattutto di cibi in scatola, crackers, biscotti di burro, mais, un po’ di frutta, grissini, cereali... Tutte cose che non richiedono alcuna cottura o trattamento particolare.
Tutto è andato liscio, quindi mi intrufolo nel bar affianco. Anche qui sembra essere appena passato un uragano: le sedie, i tavoli, tutto è stato spaccato con violenza, sbattuto contro il muro o gettato fuori dalla porta. L’acqua esce con getto violento dai lavandini.
Prendo tutte le bottiglie d’acqua che trovo. Sono fatte di vetro, il che potrebbe rivelarsi un’arma nel caso di un attacco. Ormai sono costretta a pensare anche ad un possibile scontro, non posso lasciare niente al caso.
Per ultimo mi intrufolo nel panificio.
Qui sembra essere tutto diverso: a parte alcuni prodotti sparsi sul pavimento, il posto sembra in ordine.
Infatti, quando entro, noto con sorpresa che Franco, il proprietario, è ancora dietro il bancone pronto a servire la clientela.
So che dovrei stare lontana da lui, potrebbe essere impazzito e pericoloso, ma l’istinto mi fa avvicinare.

«Cosa ci fai qui?», chiedo a bassa voce.
«Io? Che cosa ci fai tu qui, piuttosto. Io sono rimasto per aiutare quelli che come te potrebbero avere bisogno di una mano». Non ho mai parlato con lui, se non per comprare la sua merce, ma ora mi rendo conto che sarebbe stato bello conoscerlo. Solamente una persona meravigliosa avrebbe potuto mettersi a completa disposizione per gli altri abitanti.
Non sapeva nemmeno se qualcuno si sarebbe salvato, o sarebbe rimasto, ha semplicemente messo da parte la sua vita per aiutare i compaesani. È un gesto davvero toccante.
«Quello  che stai facendo è davvero... bello», dico quasi commossa. «Comunque io sono rimasta per cercare di cambiare... questo», continuo, allargando le braccia e guardandomi attorno.
«Quindi in fondo stiamo facendo la stessa cosa, solo che io ormai sono vecchio, non ho niente da perdere. Tu sei ancora una ragazza, e una sedicenne che mette a rischio la propria vita per quella degli altri dev’essere davvero speciale».
Gli sorrido ed entrambi ci guardiamo con occhi tristi. Nessuno dei due pensa che l’altro sopravvivrà e ad entrambi dispiace. Franco è una persona così buona, si merita una bella vita, una fine dignitosa. Ma non gli propongo di scappare, dopotutto nemmeno io dovrei essere lì. So cosa vuol dire, io ho costretto mio padre a lasciarmi qui per lo stesso motivo: fare qualcosa, qualsiasi cosa.
«Perché non ti guardi in giro e prendi qualcosa? Immagino tu abbia molta fame. Tranquilla, non dovrai pagare niente», lo ringrazio e mi dirigo verso i cesti di pane alla mia destra.

Prendo un sacchetto di carta e ci infilo dentro tutto quello che riesce a starci. Tutto quel cibo mi sta mettendo una gran fame, non mangio da ore e le numerose corse mi hanno privata di tutte le energie. Ho bisogno di carboidrati.
Prendo anche qualche dolce fatto in casa, dello zucchero non fa mai male.
In quel momento lui mi raggiunge con una fetta di torta in mano. Me la porge con un sorriso.
Il profumo di cioccolato e vaniglia mi avvolge e mi fa sentire così felice e libera che non mi sembra possibile provare di nuovo queste sensazioni. È un contrasto così forte rispetto all’aria soffocante e alla puzza di bruciato di cui i miei polmoni si sono nutriti fin a quel momento...

«Ci resta poco tempo, perché non ce lo godiamo?». Detto questo addenta con un sorriso la fetta che ha in mano.

 Non ho nemmeno il tempo di assaggiare la torta, che noto le sue pupille dilatarsi. Le sue mani vecchie e ossute tremano a tal punto da lasciar cadere a terra il dolce. Dalla sua gola esce solamente qualche grido soffocato e roco. Mi allontano lentamente, tenendo gli occhi puntati su di lui, infilando in fretta e furia la mia fetta nella borsa.
Il suo corpo è colpito dalle convulsioni, cade a terra e dopo qualche attimo finalmente si ferma. Mi chino su di lui e noto che respira ancora. I suoi occhi sono persi in un altro mondo, non riesce a vedermi, ormai non mi riconosce più. È impazzito anche lui.
Mi allontano silenziosa, con il cuore che batte dolorosamente nel petto: sono stufa di tutto questo, di tutti questi sguardi disperati e senza logica, di tutte queste vite interrotte e rovinate per sempre.
Esco immediatamente, con la testa che ronza: tutto è successo troppo in fretta.

All’improvviso, però, mi fermo.
Mi tornano in mente le parole di Ben. “è in ogni cosa, ma niente è adatto a lui. Se lo incontri è la fine, se lo sconfiggi è un nuovo inizio.”
Ora ho capito. Quella cosa era dentro la fetta di Franco.
L’ombra mi ha inseguita, scappare è stato inutile, non posso nascondermi da le.
Non avrà pace finché non mi avrà in pugno.






Angolo Autrice_

Scusate il ritardo, lo so, è da più di una settimana che non pubblico niente, chiedo perdono (colpa di quella stupida scuola u.u ).
Durante queste vacanze spero di avere più tempo di scrivere/pubblicare, ma se non lo dovessi fare prima di Natale faccio a tutti voi gli auguri di buone feste :D


(We wish you a marry Christmas, we wish you a marry Christmas, we wish you a marry Christmas and a happy new year! :D)

 Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero che la storia inizi a farsi più chiara ;)
Vi chiedo come sempre di lasciarmi una recensione, perché i vostri consigli sono sempre utili! Vorrei sapere cosa ne pensate, se la storia vi piace, se invece la trovate noiosa... Insomma, commentate, perché la cosa più bella è accedere al mio account e vedere che mi avete lasciato una recensione!

Ok smetto di annoiarvi con i miei pensieri a ruota libera xD
Grazie ancora a chi ha letto pure questo capitolo, e soprattutto a chi ha recensito quelli precedenti (siete dei tesori! :D ) 

Baci:*


DriDri_

  
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