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Autore: ArchiviandoSogni_    22/12/2012    9 recensioni
Lui, lei e l'altro.
Roberto e Cristina si conoscono dall'età di tre e cinque anni e diventano, fin da subito, amici per la pelle.
La loro amicizia si fortifica anno dopo anno, ma - per una serie di sfortunati eventi- il destino ha deciso di mandarli in capo al mondo, dividendoli per sempre.
Lei a Milano, Lui a New York: la loro bellissima amicizia sembra affievolirsi ogni giorno di più. Dopo chiamate disperate, videochiamate malinconiche e visite ormai sempre più rade; il destino torna in campo per concendere ai due migliori amici, una seconda possibilità.
E se l'amicizia non fosse più l'unico sentimento che li lega?
E se, nel frattempo, dopo sette anni di distanza, comparisse il simpaticissimo e protettivo Luca al fianco della nostra incasinata protagonista?
Una storia d'amore moderna, frizzante e malinconica al punto giusto; che porta con sé il retrogusto dolceamaro della vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Cap 8

 

Brividi e parole

 

 
“Luca è davvero un bel ragazzo. Me lo immaginavo proprio così, sai? Affascinante, protettivo e spiritoso.”
Sorrisi, abbassando lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.
Dopo il nostro incontro di venti minuti prima, avevo chiesto agli altri un po’ di intimità.
Non c’era nemmeno stato bisogno di pregarli, perché il mio sguardo e il tono di voce un po’ tremante, parlarono per me.
Dopo anni di lontananza, visite fugaci e telefonate fin troppo brevi, essere di nuovo vicine, occhi negli occhi, era una benedizione.
Non eravamo mai state quel tipo di madre e figlia da effusioni in pubblico e frasi dolci, ma in quell’occasione, in quel contesto e con quelle strane sensazioni che vibravano nell’aria, mi venne naturale abbracciarla, sussurrarle un Ti voglio bene sulla guancia e lasciarmi accarezzare dalle sue mani ruvide, ma sempre gentili.
Sole, io sulla sedia e lei distesa sul letto, ci guardavamo da minuti, scambiandoci informazioni sottovoce.
“Sì, è un bravo ragazzo. Hai visto come prima mi ha presa in giro anche di fronte a te? Tende sempre a sdrammatizzare con l’ironia. Anche se, conoscendolo, credo che si sia commosso anche lui. È da tanto che vuole conoscerti.”
Lei mi accarezzò il viso, annuendo. “Capisco, spero non si offenda se prima voglio parlare un po’ con la mia figliola indisciplinata.” Alzò lo sguardo, trattenendo un sorriso. “Ho visto anche Roberto; che sorpresa! È diventato un uomo, ormai. E chi lo avrebbe mai detto! Quel mingherlino che si faceva male anche con una stecca di ghiacciolo! Ora è largo quanto un armadio e alto da far venire mal di collo. Chissà se è fidanzato.”
Mi ritrassi, scandalizzata.
“Mamma! Dai, cosa te ne frega!” Risi insieme a lei.
“Mi interessa, invece! È come un figlio per me, lo sai. Indagherò per bene appena rientra dentro. Luca è geloso della vostra amicizia?”
Il cambio repentino da un argomento all’altro, con estrema facilità e disinvoltura, era una sua peculiarità. Mia madre sapeva sempre portarti sui discorsi a lei lieti, dirottando l’attenzione da ciò che non le interessava abbastanza.
“No, non penso. Non abbiamo avuto modo di parlarne, ma sembra che vada d’accordo con Rob e io non posso che esserne felice.”
Si massaggiò un braccio, guardandomi di sottecchi. “Sicura?”
Inclinai la testa di lato, aggrottando le sopracciglia. “Certo, perché non dovrei?”
La porta si aprì dietro le mie spalle, lasciando il discorso in sospeso.
“Signorina devo farla accomodare fuori con i suoi amici. È appena iniziato il giro medici.”
“Certo.”
Riabbracciai mia madre, promettendole di ritornare al più presto e mi accomodai fuori, chiudendomi la porta alle spalle.
“Possiamo entrare ora?”
Giovanna mi venne incontro sola, facendomi sorridere per la premura che continuava a mostrare nei confronti della mia genitrice.
“No, purtroppo. È appena iniziato il giro medici e finché non ci danno il via libera , dobbiamo aspettare fuori.”
Lei sbuffò. “E che barba! Ho troppe notizie succulente da raccontare alla mia Paola. Mi toccherà sedermi qui buona e leggere il mio giornalino di gossip preferito.”
Le abitudini erano davvero dure a morire. Gli anni passavano, ma Giovanna e la sua smodata passione per il gossip locale - e nazionale - non sarebbe mai tramontata.
“Luca e Roberto?”
“All’entrata del reparto. Sono andati a prendersi un caffè.”
La lasciai così: intenta a inforcare i suoi occhiali grossi e tondi, isolandosi dal mondo, mentre io ripercorsi a ritroso il corridoio ospedaliero.
Svoltando l’angolo trovai Luca appoggiato alla macchinetta del caffè e Roberto di fronte a lui, contro il muro.
Entrambi sorseggiavano silenziosi la propria bevanda calda.
“Allora? Come sta?”
“Possiamo entrare?”
Le loro voci si sovrapposero, facendomi sorridere.
“Sta bene, ma sono dovuta uscire, perché sono iniziate le visite mediche.”
“Meno male dai.”
Luca aprì le braccia ed io mi ci rifugia senza paura.
La sua mano libera finì tra i miei capelli disordinati e me li accarezzò fino alla cute, facendomi sospirare contro la sua spalla.
“Inutile che fai così; stasera voglio che tu ritorni a Milano.”
Luca si irrigidì. “Cris…”
Allontanai il viso dalla sua camicia, per poterlo guardare negli occhi.
“No, Luca: avevamo fatto un patto. Se mamma stava meglio, tu ritornavi a casa.”
Sentii poi Roberto scusarsi, lasciandoci completamente soli.
Lo ringraziai mentalmente, non era giusto renderlo partecipe delle nostre divergenze.
“Lo so, piccola. Ma come posso lasciarti qui sola? Tua madre è in un letto di un ospedale e io non sarei tranquillo, andandomene via. Che fidanzato sarei? Non posso essere così egoista e poi ti conosco troppo bene; finiresti per passare tutto il giorno e anche tutta la notte seduta su quella sedia rigida e scomoda. Sacrificheresti tutta te stessa per le persone che ami e non voglio vederti ritornare pallida e dimagrita, solo perché io sono stato tanto scemo da lasciarmi convincere dai tuoi occhioni e le tue dolcissime labbra. Lasciami stare qui.”
La sua mano si posò sulla mia guancia, coccolandomi con la sua pelle calda. Ma non avrei cambiato idea; nonostante la sua dolcezza.
Non volevo che lui rimanesse lì, prendendosi ferie immeritate e, soprattutto, non volevo che lui soffrisse inutilmente.
Non aveva mai amato gli ospedali, fin da bambino era stato costretto ad andarci per trovare la nonna malata di cancro.
Aveva passato il suo tredicesimo compleanno sul capezzale della nonna morente e, da quando mi raccontò della sua piccola fobia, avevo evitato anche di farlo venire con me per delle semplici visite di controllo.
Quando si ama, bisogna saper sacrificare una piccola parte di sé, per regalare attimi di gioia al proprio amore.
Ed io avrei sacrificato la sua presenza; la sua forza, per renderlo sereno, lontano  dalla compagnia dei fantasmi del passato.
“No, amore. Se tu resti, soffrirei anch’io con te. Lo so che non stai bene in questo posto ed io mi sentirei un verme a costringerti qui, solo per il mio egoismo.”
“Io sto bene solo potendoti… Merda, dai, lo sai che odio dire queste cose da film, però sai che vorrei starti vicino in questo momento. Posso resistere, in fondo mi sto comportando bene.”
Scossi la testa, sorridendo leggermente.
“Luca…”
“Cristina.”
“Ti amerei di più, se mi accontenteresti. Te lo chiedo come favore personale.”
Lui incrociò le braccia, staccandole dalla mia vita.
“Ah, bene. Mi ricatti? Facciamo come all’asilo? Se mi fai questo, sarei per sempre il mio migliore amico! Cris, non mi fare cedere.”
Posai le mie mani sulle sue braccia.
“Ma è quello che desidero: vai a casa ed aspettami. Vedo come procedono qui le cose e poi torno. Non ti sto chiedendo di aspettarmi un anno, ma è questione di settimane? Una, due massimo. Voglio solo che mia madre si riprenda con me al suo fianco. Puoi farlo? Puoi resistere, Luca?”
“Odio quando fai così.”
Mi riabbracciò e baciò dolcemente le labbra.
“Così come? Sono solo me stessa.”
“Appunto, perché credi ti stia ancora appresso senza andare al manicomio?”
Lo ribaciai, sorridendo sulle sue labbra.
Era l’uomo più buono del mondo.
 
***
 
Erano passate 5 ore dal nostro piccolo scontro.
Luca ora era di fronte a me, aspettando l’ultima chiamata del suo volo.
Era una domenica sera di settembre ed il caldo asfissiante stava per essere sostituito dal fresco clima di ottobre.
Pioveva da due giorni e sembrava che anche il sole si fosse stancato di brillare nel cielo.
Luca continuò ad abbracciarmi, finché il suo volo non venne annunciato.
Era la prima volta che ci salutavamo in quel modo ed era la vera prima volta che stavamo per allontanarci.
Sarebbero stati solo pochi giorni, però per noi due abituati ad abitare a due vie di distanza e a vederci quasi tutti i giorni, era davvero strana anche solo l’idea.
“Mi mancherai.”
Mi baciò la fronte, mentre le mie mani non mollarono per un attimo la sua camicia in jeans.
“Non stai partendo per il fronte, Luca.”
Lui sorrise, staccandosi da me.
“Lo so, non sono abituato a queste cose.”
“A chi lo dici..”
Lui mi riabbracciò, per sussurrarmi : “Torna presto a casa. Ti aspetto, piccola.”
Gli sorrisi, mandandogli un bacio mentre spariva dietro la porta scorrevole di quel piccolo aeroporto.
Non piansi semplicemente perché non era necessario. Non ci stavamo dicendo addio, ma solo un semplice arrivederci.
Pochi giorni e sarei ritornata da lui: nella nostra città e tra le sue braccia.
Ritornai così a casa in taxi, visto che ormai erano le 18 passate e mia madre mi aveva obbligata ad andare con Luca e ritornare da lei solo la mattina successiva.
In fondo, se riusciva a darmi ordini come un sergente, stava decisamente meglio.
I dottori mi avevano rassicurata dopo le visite e se tutto procedeva come doveva, mia madre sarebbe uscita in meno di una settimana.
Sospirai, prima di sentire il taxi fermarsi e pagare così la tassista gentilissima.
“Bentornata cara!”
Giovanna era in giardino, chinata sui dei vasi colorati con la terra in mano.
“Che stai facendo, Vanna?”
Lei si raddrizzò con una smorfia di dolore sul viso.
“Ah, la mia schiena. Sto davvero invecchiando.. Niente, tesoro, sto solo rimettendo un po’ di terra nei vasi, perché la pioggia di questi giorni è stata fin troppo violenta e ha scombussolato i miei piccolini. Sono stata sovrappensiero per giorni e mi sono scordata di metterli sotto la tettoia.”
Sorrisi, avvicinandomi a lei.
“Vuoi una mano?”
Lei ricambiò il sorriso, scuotendo una mano. “Ho finito ormai! Luca è partito?”
Fianco a fianco rientrammo in casa, mentre le spiegavo che Luca era dispiaciuto e sarebbe voluto rimanere.
“Oh è un caro ragazzo, l’ho capito subito. Hai fatto bene a farlo ritornare a casa, soprattutto per quello che gli è successo da bambino. Povero ragazzo! Me l’ha raccontato oggi, quando eri andata a chiamare il taxi; non guardarmi così!”
Scoppiò a ridere, tremando tutta e facendomi ridere di rimando.
Era una potenza quella donna.
“Le tue orecchie arrivano ovunque, mamma. Vero, Crì?”
Roberto spuntò dalla cucina con un grembiule legato in vita.
Era buffo con quelle piccole statuine della libertà cucite sulla stoffa.
Nascosi le labbra dietro una mano, per non farmi scoprire.
“Già, già!”
Vanna mi diede una gomitata. “Tesoro, visto che bello il grembiule del mio Rob? L’ho cucito io!”
E si vede. Sembrava più un grembiule da donna che da uomo.
“Sì, mamma. Penso l’abbia capito anche lei… Guarda come se la ride sotto i baffi!”
Io non riuscii a trattenermi sotto i loro sguardi divertiti.
Risi con le mani sulla pancia, mentre Roberto mi spintonò fintamente, facendomi finire contro il muro.
“Guarda che stronza che sei! Molte pagherebbero per questa visione divina.”
Lo guardai, cercando veramente di fare la persona seria, ma il mio sguardo finì sulla piccola statua della libertà al centro che impugnava un mestolo invece che la torcia.
Scoppiai a ridere ancora.
“Scus-pff: scusami! Sei bellissimo, giuro.”
Lui inaspettatamente mi abbracciò, ridendo contro il mio collo.
“Mi mancava la tua risata. Cornacchia!
Che bastardo.
“Anche la tua, Mr Melanzana.”
Lui smise di ridere, indietreggiando e guardandomi con finta stizza.
“Ancora! Non puoi deridermi così, pulce.”
“Sì che posso, spilungone!”
Incrociai le braccia, proprio come facevo da piccola quando litigavo con lui.
Dov’erano finiti i due ventenni?
“Basta, bambini! Chi è Mr Melanzana?”
Io e Roberto ci guardammo brevemente, prima di scoppiare a ridere di nuovo.
Da quando avevo varcato la soglia di quella casa, non avevo smesso un attimo di ridere.
Mi erano davvero mancati.. Erano secoli che non sentivo più il calore della mia piccola famiglia.
Mamma, Vanna e Rob erano stati per me la famiglia migliore che avessi potuto desiderare.
Non mi importava se c’era poco di convenzionale in noi, l’amore che ci legava era indistruttibile.
Quella era forse una delle poche certezze della mia vita.
“Cris, mi faresti un favore? Visto che Roberto invece di cucinare fa il bambino, potresti andare a casa tua e prendermi due bottiglie di passata? Volevo farvi i miei succulenti spaghetti allo scoglio.”
Gli occhi mi si illuminarono all’istante, seguiti dalle parole del ragazzo accanto a me. “Agli ordini, comandante! Quanto mi sono mancati i tuoi spaghetti alla Vanna, mum.”
“Guarda che Giovanna l’ha chiesto a me, egocentrico.”
Lui incrociò le braccia, guardandomi di traverso. “E allora? Vengo a darti una mano, permalosa.”
In quegli istanti, minuti e frecciatine eravamo tornati noi: avevamo improvvisamente di nuovo quindici anni, ci provocavamo senza sosta finendo poi ad abbracciarci come se nulla fosse.
Quanto mi erano mancati quei momenti?
Ma, soprattutto: quanto mi era mancato lui?
Uscimmo di casa per mano, come una volta; come quando a tre e cinque anni tornavamo a casa dall’asilo.
Cambiava solo il nostro corpo, ma eravamo pur sempre noi.
La sua mano era grande, calda - anche se meno rispetto a quella di Luca - e aveva un anello di metallo al pollice destro che mi infastidiva abbastanza.
Eravamo Cristina e Roberto anche mentre iniziammo a correre sotto la leggera pioggia, cercando di non bagnare le nostre tute e le canotte bianche.
Eravamo noi mentre Roberto mi copriva gli occhi, impedendomi di trovare la serratura di casa.
Ed eravamo noi anche quando riuscimmo ad entrare e lui mi sollevò come un sacco di patate, facendomi venire mal di testa.
Aria di casa, profumo di passato e sensazioni del presente : Cristina non si era persa; non mi ero persa.
Avevo vent’anni, ma conservavo ancora gli occhi grandi e nocciola di quella bambina curiosa che aveva riportato il sorriso sul volto di Roberto.
La presunzione non faceva parte di me, lo sapevano anche i muri di quella casa. Adoravo, però, vantarmi di aver salvato quel piccolo sorriso – il sorriso di quel ritratto che era ancora sul mio comodino a Milano – e di poterlo ritenere , in parte, merito mio.
Roberto me lo disse fino allo sfinimento in passato e forse quella era l’unica cosa che mi risultò difficile da dimenticare.
Arrivammo in camera mia e Rob mi lasciò andare.
“Sei un cretino, mi è arrivato tutto il sangue al cervello.”
Mi massaggiai le tempie, fulminandolo con lo sguardo.
Lui sorrideva sornione. “Quante storie, Miss Piggy.” Si voltò, arrivando al centro della stanza, di fronte al mio letto in ferro battuto da una piazza e mezza. Era il mio piccolo gioiellino, l’avevo amato dal principio. Comodo, vintage e con il copriletto bianco e panna.
“Le sento solo io, Cri? Le senti le nostre voci del passato? Io seduto sul davanzale della finestra a strimpellare la chitarra e tu distesa a carponi sul letto a farmi le foto… Tu che ti alzi e immortali la luna e le stelle e io che ti prendo e ti abbraccio, come un orsacchiotto. Su questo pavimento mi raccontasti il tuo primo bacio e seduti alla scrivania, mi consolasti per la prima e vera delusione d’amore per quella stronza di Ilaria. È così strano che io ricordi tutto questo? Sento le nostre risate, ma anche i nostri pianti silenziosi. Potrei ancora ricordare la consistenza delle tue lacrime sulla punta delle mie dita.”
Si rivoltò verso di me, sorridendomi.
Anche io ricordavo tutto e quella stanza sembrava essersi fermata nel tempo.
Le pareti beige con le farfalle marroncine dipinte sopra.
Il parquet leggermente consumato al centro e nascosto da un tappeto zebrato comprato quando ero fissata con le ultime tendenze della moda.
L’armadio marrone scuro e dall’aria fin troppo vecchia e la mensola sopra il letto piena di foto e peluches vecchi ed impolverati.
C’era il mio mondo e c’era la persona che ne aveva fatto parte per più tempo in assoluto.
Perché quella sera la malinconia non voleva abbandonarmi?
Mi avvicinai al letto, sorpassando Roberto e toccando con le dita, i ricami di quel vecchio copriletto.
“Che ricordi, eh?”
Mi voltai verso di lui, continuando ad accarezzare il tessuto morbido.
“Troppi. Quante notti avremmo passato sotto queste lenzuola?”
Lui mi si avvicinò, posandomi le mani sulle spalle e iniziando un lento massaggio.
“Quasi tutte le notti della nostra infanzia ed adolescenza. Peccato che il nostro stare sotto le lenzuola fu così poco produttivo.”
Gli diedi una gomitata, scoppiando a ridere.
“Beh, scusami tanto se all’epoca non pensavo minimamente che tu fossi innamorato di me.”
Mi voltai e il suo sguardo chiaro e cristallino, mi fece indietreggiare fino a cadere seduta sul letto.
Era penetrante, profondo come se cercasse nei miei occhi le risposte alle infinite domande che turbavano quegli occhi così belli.
“Sarebbe cambiato qualcosa, Crì? Saresti stata a letto con me se te lo avessi chiesto?”
Ma il sorriso tornò sulle sue labbra, sedendosi poi accanto a me, come se le parole di poco prima fossero state solo un dolce scherzo.
“Non lo so e non credo che sia giusto nemmeno saperlo. E poi saresti stato un amante scadente. Col coso sempre viola, mica accendi la libido!”
Risi, appoggiando le mie gambe sulle sue, come solevo fare spesso.
Si infastidiva sempre, perché si sentiva scomodo in quella posizione.
“Prima mi rifiuti e poi mi appoggi i tuoi prosciuttoni di Parma sulle mie esili gambe? Sei proprio senza cuore.”
Mi scostai, shockata. “Ma quanto sei stronzo!”
Lui si tolse le scarpe con i piedi e salì sul letto, gattonando piano verso di me.
“Oh, non ne hai idea! Posso addentarti una coscia? Con tutto questo ben di Dio, potresti sfamare mezza Africa!”
La mia bocca spalancata, tocco quasi il pavimento.
“Roberto, non mi fare incazzare…”
Il suo viso era quasi vicino al mio.
“Se no che fai? Mi mangi? Sei proprio una prosciutta…”
Senza potermi fermare, gli diedi uno schiaffo sul viso, completamente alterata.
Sapeva che certe cose mi facevano stare male, allora perché aveva continuando quella messinscena?
Perché farmi del male in quel modo, invece che smetterla e tornare a scherzare come poco prima?
Ma Roberto non disse niente, anzi, mi abbracciò di slancio facendomi sdraiare completamente sul letto.
Uno sopra l’altra, i suoi occhi nascosti tra i miei capelli e poi contro il collo, sentii solo il suo respiro caldo sulla mia pelle.
“Cosa diavolo ti è preso, eh? Ti stavi divertendo?”
Lui scosse la testa.
“Non parli più? Prendere per il culo ti divertiva un sacco, deduco.”
“Finalmente ti riconosco. Non te ne eri andata davvero.”
Ma cosa diavolo stava dicendo?
“Ti sei fumato qualcosa, per caso? Che cazzo dici?”
Il suo viso tornò nella mia visuale e il suo sorriso mi lasciò raggelata.
“Finalmente ti ho rivista agire con impulsività, senza pensare a niente a nessuno. Per un momento non eri più la seria e grande Cris, ma la ragazzina che ho conosciuto io, alla quale ho voluto bene fin dall’inizio.  Non omologarti, Cris. Non diventare qualcuno che non sei.”
Roberto aveva da sempre molta influenza su di me. Il fatto che lui riuscisse a strapparmi sorrisi e subito dopo riusciva  a farmi dire le cose peggiori e le parolacce più volgari, era un’altra delle sue doti.
Sapeva farmi infervorare come nessuno riusciva a farlo.
“Cosa vuol dire! Sono cresciuta proprio come sei cresciuto tu.”
Lui sbuffò, facendo alzare per un attimo il mio ciuffo.
“Ti sei spenta e sei cambiata. Sei diventata una brava figlia, una fidanzata impeccabile ed un’ottima lavoratrice. Non c’è nulla di male in tutto questo, ma tu lo fai come se non ci fossero via d’uscita. Molla l’università e non fare quel diavolo di test! Il lavoro come commessa ti avvilisce e tua madre ti adorerebbe anche se tu la smettessi di fare ciò che gli altri vogliono da te. Ami fotografare, sporcarti le mani di inchiostro e di tempere.. Sei una creativa, cosa pensi di fare con un bisturi in mano? Avrai in mano cuori veri, non di creta. Vedrai più sangue che inchiostro nella tua vita.. Cri, svegliati! Smettila di rincorrere una vita che non è la tua. Io conoscevo una ragazza che sorrideva sempre, anche quando doveva mangiare e si ingozzava con il cibo tra una risata e l’altra.
Conoscevo una ragazza che amava la vita più di chiunque altro.
Conoscevo una ragazza che amava come una pazza e se ne fregava di tutto il resto.
Torna indietro, Cristina; torna da me con quel sorriso, con quella voglia di vivere e di amare. Crescere non vuol dire cambiare la propria essenza. Dov’è finita la tua? Dimmelo.”
Chiusi gli occhi, mentre le lacrime si dispersero sulla mia pelle fino al cuore.
Le parole che nascondevo da anni, che facevo finta di non sentire aumentando la fatica e le ore di lavoro, erano tornate.
Le parole che io stessa avevo pronunciato in molti scatti di ira, ora galleggiavano nell’aria.
Quelle stesse parole che ti disorientano e ti fanno ritornare a casa nel medesimo istante.
Roberto aveva riaperto quella ferita che da anni si era rimarginata, ma nel modo sbagliato. Si era infettata ed io invece continuavo a rattopparla, non capendo che era arrivato il momento di operarla definitivamente.
Ma avevo paura; una dannata paura.
E se l’anestesia non mi avesse più fatta risvegliare?
E se mi fossi persa in me stessa?
Due mani calde mi intrappolarono il viso e le labbra di Roberto mi asciugarono le lacrime.
“Forse era meglio quando ti stavi allontanando da me.”
Aprii gli occhi e lui me li baciò, strappandomi un leggero sorriso.
“Sono tornato per restare.”
Le mie mani si strinsero dietro la sua schiena, riportandolo su di me per un abbraccio lungo e disperato.
“E resta. Non lasciarmi più sola. Non voglio più perdermi.”
 
 
__________________________
 
Buonaseeeeeeera!
Sì, sono in ritardo e sì, mi vorrete morta. Scuuusatemi :( Mi perdonate con questo capitolo? E’ lungo quasi undici pagine piene e ci sono tanti bei momenti dolci, no? :3
Che ve ne pare?
Ho trovato l’ultimo momento così tragico e tenero insieme… Mi si stringe il cuore e ho adorato le parole di Rob. Bravooo! Finalmente fai il tuo lavoro da best friend :D
Vi è piaciuto?
Spero di sì, questo è un piccolo regalo di Natale.
Grazie a tutte voi, siete poche ma super buone!
Le vostre parole sono sempre così preziose : grazie di tutto cuore.
 
Un bacio gigantesco e tantissimi auguri di buon Natale e felice anno nuovo a tutti voi e alle vostre splendide famiglie!
Ps: mangiate come se non ci fosse un domani :D
 
 
   
 
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