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Autore: 9Pepe4    22/12/2012    11 recensioni
Aggiornamento rimandato
[Per Nede]
E se Goku avesse una figlia?
Essere adolescenti, tra gli sbalzi d’umore e la goffaggine, non è mai facile.
Se poi si aggiunge un padre combattente, eroe affettuoso ma irraggiungibile, che è stato assente per quasi un terzo della tua vita… Be’, le cose si fanno ancor più complicate.
Son Aliys lo sa bene.
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chichi, Goku, Goten, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15 – L’aura di Aliys

Chichi era andata alla Città dell’Ovest. La polizia locale, infatti, voleva farle delle domande su Aliys, e la donna pensava di approfittarne per avvertire anche la famiglia Brief.
Sul monte Paoz, pertanto, erano rimasti Goten e Videl.
Il giovane, ancora arruffato per la ricerca notturna, stava parlando con la cognata, spiegandole, a grandi linee, quali erano i posti che Aliys conosceva.
Quando Goku e Gohan atterrarono lì vicino, Goten tacque di colpo.
Avvicinandosi, Goku alzò la mano in segno di saluto: «Ciao, figliolo».
Il suo secondogenito lo fissò come se avesse visto un fantasma, poi si girò bruscamente verso Videl. «Io comincio con Satan City, okay?»
Lei scambiò un’occhiata con Gohan. «Okay».
Così, senza degnare il padre di uno sguardo, Goten si alzò in volo.
In tutta franchezza, sperava che Goku ci fosse rimasto male.
Era un desiderio infantile, forse, ma gli bruciava ancora che il padre se ne fosse andato così, su due piedi, senza nemmeno salutarlo.
Dopo la chiacchierata con Aliys, aveva preso in considerazione l’idea di perdonare Goku, ma poi… Poi sua sorella era scappata.
Goten aveva capito quanto le aveva fatto male l’abbandono del padre, e aveva iniziato a domandarsi se fosse davvero possibile scusare le azioni di Goku.
Volando piuttosto spedito, riuscì a giungere in vista di Satan City dopo pochi minuti.
Si disse che doveva solo concentrarsi su Aliys, ma in qualche modo la sua mente continuava ad indugiare su suo padre… E a tornare al momento in cui, dopo il Torneo, lo aveva visto svanire all’orizzonte azzurro, e non gli era rimasto altro che mormorare: «Non ci credo. Se n’è andato veramente!»
Per lui, quella reticenza a perdonare Goku era strana: sin da piccolo, aveva sempre avuto un’indole buona e spensierata.
Ora, però, ricordava che quando era un bambino aveva sognato tante volte di conoscere quel papà di cui Gohan gli raccontava spesso… E quando Goku era resuscitato dopo la lotta contro Majin Bu, Goten si era sentito scoppiare di gioia.
Lo aveva conosciuto solo pochi giorni prima, eppure gli voleva già un bene dell’anima.
E anche se, più avanti, aveva desiderato svicolare dai continui allenamenti a cui Goku lo sottoponeva, non aveva mai smesso di sentirsi felice per il ritorno del padre.
A quanto pareva, però, Goku non voleva bene a loro quanto loro ne volevano a lui.
Intento com’era a rimuginare su quei pensieri, il giovane non si curò di cercare una zona isolata della città, ma atterrò proprio davanti a un ragazzino.
Quest’ultimo lo fissò a bocca aperta.
«Come va?» gli domandò Goten, in tono innocente.
L’altro – un biondino con due grandi occhioni azzurri – si ritrasse. «Oddio!» commentò. «Oggi ne vedo di tutti i colori!»
Quell’esclamazione attirò l’attenzione del saiyan mezzosangue. «In che senso? Che altro hai visto?»
Il ragazzetto si strinse nelle spalle. Sembrava un po’ nervoso. «Be’, una tipa ha fatto un salto di almeno due metri».
Ovviamente, Goten drizzò subito le orecchie. «Sì?» domandò, stentando a credere a quel colpo di fortuna. «Sai dirmi com’era fatta?»
«Ehm, non so» rispose l’altro, aggrottando la fronte. «Magrolina. Capelli neri, occhi scuri… Credo».
Goten provò sia l’impulso di abbracciare il giovane sia quello di gridare di gioia, ma si contenne in entrambi i sensi.
Dopotutto, si rimproverò, la ricerca non era finita.
«Grazie mille, amico» disse, frugando nella tasca della giacca alla ricerca del proprio cellulare.
Chiamò Gohan, scalpitando d’impazienza.
«Pronto? Goten?» La voce del fratello era poco più di un soffio.
«Ehi, fratellone» esclamò Goten, «penso che Al sia qui, a Satan City. Un tizio mi ha raccontato di aver visto una ragazza fare un salto di almeno due metri. Una ragazza magra. Coi capelli neri».
«Oh, grazie a dio» sospirò l’altro. «Be’, adesso sono dalla polizia… Li informo e lo dico anche a papà… Scommetto che ti raggiungerà subito».
«Va bene». Goten non era entusiasta all’idea di vedere Goku, ma sapeva anche che il saiyan sarebbe stato prezioso in quella ricerca, così non obiettò.
Dopo aver riattaccato, ringraziò il suo stranito informatore e si buttò di corsa lungo la strada.
Cercò di non pensare al fatto che una città era comunque un’area piuttosto ampia, nella quale sarebbe stato difficile trovare Aliys senza poterne percepire l’aura.
Se voleva essere efficiente, non doveva mandare al diavolo l’ottimismo.
Circa cinque minuti più tardi, percepì una forza spirituale in rapido avvicinamento.
Si fermò e si girò, alzando lo sguardo verso il cielo con aria interrogativa.
Ben presto, Goku atterrò davanti a lui. «Eccomi» annunciò. «Tracce di Al?»
«Non l’ho ancora trovata» sbottò Goten, in tono scontroso.
Gli sembrò che Goku ci fosse rimasto male, ma non se ne preoccupò. Meglio così.
«Ah. E dove…?»
«Senti, papà» tagliò corto, «è meglio se ci dividiamo, così riusciremo a trovarla più in fretta».
E dentro di sé, sperò con tutto il cuore che Aliys fosse ancora a Satan City.

Sì, Aliys era ancora a Satan City, e stava passeggiando soprappensiero lungo un marciapiede.
Sapeva che colpi di fortuna come la sfida di quel mattino difficilmente le sarebbero capitati un’altra volta, e cercava disperatamente di farsi venire in mente un piano per guadagnarsi i soldi.
“Forse dovrò chiedere l’elemosina” si disse alla fine, scoraggiata.
Coll’avanzare del pomeriggio, l’aria si stava facendo più fredda, e la ragazzina si stringeva alla propria giacca nel tentativo di scaldarsi.
Teneva le mani in tasca, e accarezzava distrattamente la pallina da tennis.
Accennò a svoltare in un’altra via… E si tirò indietro immediatamente, il cuore che batteva all’impazzata contro le costole.
“Goten! Papà!” pensò, premendosi una mano sulla bocca. “Come fanno a sapere che mi trovo qui?”
Azzardò un’altra occhiata, vedendo che i due saiyan si stavano dividendo.
Per un istante, il suo sguardo indugiò su Goku.
Contro ogni aspettativa, ci fu un momento in cui non si sentì affatto arrabbiata con lui, in cui desiderò solo corrergli incontro e saltargli al collo.
Ma… no. Non poteva farlo. Non voleva farlo.
Con respiri veloci e frustrati, indietreggiò lungo la via, cercando di mischiarsi alla folla e stando ben attenta a tenere azzerata l’aura.
Un paio di volte, si girò a controllare che né Goku né Goten avessero imboccato la strada in cui si trovava lei, ma per il resto pensò solo ad allontanarsi il più in fretta possibile.
Intanto, il sole aveva iniziato il suo declino. Il cielo si era fatto più scuro, e la gente per strada aveva cominciato a diminuire.
Il cuore di Aliys quasi mancò un battito quando vide un paio di poliziotti, ma la ragazzina li oltrepassò guardando da un’altra parte, e loro non la notarono.
Nervosissima, iniziò a inoltrarsi in una parte della città che non conosceva, fatta di stradine più strette impossibili da percorrere in auto.
Le case erano più alte, dall’aspetto più vecchio.
Chiunque vi abitasse, non doveva essere interessato alle uscite serali: le imposte delle finestre erano chiuse, le porte sbarrate.
Quando Aliys inciampò in una buca nel cemento, la sua spalla sbatté contro il muro di un’abitazione, sbriciolando un po’ d’intonaco.
La ragazzina strofinò la mano sulla giacca per pulirla dalla polvere, quindi riprese a camminare.
Le sembrava che il tempo si dilatasse all’infinito. Era passato meno di un giorno da quando era scappata, ma le sembrava fosse trascorso un secolo.
Pensandoci, Aliys si sentì sprofondare. Era stanca, affamata e infreddolita… Dove avrebbe dormito quella notte? E le notti a venire? Cosa avrebbe mangiato?
Improvvisamente, un concetto spinse prepotentemente da parte tutte quelle congetture: “È venuto a cercarmi. Papà è venuto a cercarmi”.
Provò il desiderio di piangere, perché quel fatto non le era sufficiente per perdonare Goku.
Il suono di alcuni passi le fece alzare lo sguardo.
In fondo alla stradina, vide un gruppo di ragazzi. A differenza di quelli che l’avevano sfidata a toccare il cornicione, questi sembravano molto più grandi di lei.
E da come ridevano e si spintonavano a vicenda, barcollando ed emettendo suoni sgangherati, dovevano anche aver bevuto.
La ragazzina sentì che i capelli le si drizzavano sulla nuca.
Si voltò lentamente, cercando di passare inosservata, e iniziò a percorrere a ritroso la stradina.
Quando azzardò un’occhiata indietro, però, si rese conto che i giovani, tra gomitate e sguardi d’intesa, avevano cominciato a seguirla.
«Ehi, tesoro!» la chiamò uno. «Non correre! Vogliamo solo offrirti un bicchiere!»
«Sì» fece eco un altro. «Aspettaci! Vieni a divertirti con noi!»
Ormai in preda al panico, la ragazzina decise che fingere di star calma non serviva, e si mise a correre.
Pensava di alzarsi in volo una volta sbucata in una strada più ampia, in modo da non rischiare di sbattere contro muri vari, ma quella scelta la mise nei guai.
Quasi subito, infatti, si sentì agguantare rudemente. Cacciò un urlo: non si era accorta che fossero già così vicini.
«No, tesoro, non fare così!» rise il ragazzo che l’aveva afferrata, stringendola in un abbraccio prepotente.
Aliys si dimenò. Riuscì anche ad assestargli un pugno sul mento, ma a quel punto altri due giovani si erano avvicinati.
«Oh, che carina! Guardatela, è poco più di una bambina!»
Aliys cercò di liberarsi dal ragazzo che la stringeva, ma non ebbe molto successo, e cercò di mordergli una mano.
Lui, però, le sbatté un manrovescio sul volto, e lei emise un gemito più di paura che di dolore.
Uno degli altri ridacchiò. «Certo che è una tigre!» commentò, divertito, afferrandola per il braccio.
«Ehi, ehi!» lo rimproverò quello che stringeva la ragazzina. «Sono arrivato prima io!»
«Ma che egoista, non vorrai mica tenerla tutta per te!»
Terrorizzata, Aliys diede uno strattone, tirando un calcio ad uno dei ragazzi: «Lasciatemi andare!» E poi attaccò a gridare: «Aiuto! Aiuto!»
Il giovane che la tratteneva la sbatté contro il muro. «Macché, sei scema?» domandò, e per la prima volta sembrò arrabbiarsi. «Tappati immediatamente quella bocca!»
Aliys, naturalmente, si guardò bene dal farlo. «Aiuto! Vi prego, aiutatemi!»
Furibondo, il ragazzo la schiacciò contro il muro col proprio peso. «Sta’ zitta o te ne farò pentire» minacciò, e Aliys sentì la sua mano sulla gamba.
E a quel punto, fece ciò che avrebbe dovuto fare sin dall’inizio: smise di trattenere l’aura, aumentandola quanto più poteva e sperando ardentemente che qualcuno la percepisse.

Come sentì quell’esplosione di forza spirituale, Goku la riconobbe immediatamente.
«Aliys…» mormorò, scattando nella direzione da cui proveniva.
Sorvolò rapidamente le strade più ampie, arrivando in poco tempo sul centro storico di Satan City.
Lì, in un vicoletto, vide un gruppo di ragazzi che ridevano, divertendosi a tormentare una ragazzina…
Sua figlia.
Incontrollata, la rabbia scoppiò dentro di lui, e il saiyan si trasformò, gridando: «Lasciatela immediatamente!»
Smarriti, i giovani guardarono verso l’alto.
Atterriti dall’apparizione di quell’uomo che non solo sembrava sfuggire alle leggi di gravità, ma era anche circondato da una fiamma dorata, i ragazzi si allontanarono di scatto da Aliys.
Goku atterrò senza indugiare.
Il suo sguardo smeraldino, terribile e pieno di furia, vagò sui giovani impietriti, per poi soffermarsi sulla figlia.
Aliys era seduta scompostamente a terra, una gamba allungata sull’asfalto, l’altra piegata contro il petto. Era tutta scarmigliata e lo fissava ad occhi sbarrati, ma sembrava incolume.
«Andatevene» disse Goku, con voce vibrante d’ira repressa.
I ragazzi indietreggiarono, scambiandosi delle occhiate incerte…
«ORA!» urlò il saiyan, furibondo.
Quelli non se lo fecero ripetere un’altra volta: si diedero alla fuga lungo la stradina, urtandosi l’un l’altro e rischiando più volte di inciampare.
A quel punto, Goku riportò lo sguardo su Aliys.
Lei non si era mossa, ma stava iniziando a tremare.
Imponendosi di calmarsi, il saiyan tornò al suo stato normale e si avvicinò alla figlia.
«Al?» la chiamò.
La ragazzina era visibilmente scossa. «Papà…»
Lui si chinò su di lei, sollevandola tra le braccia.
A quel punto, Aliys si aggrappò al suo collo, scoppiando in singhiozzi e nascondendo il volto contro la spalla di lui.
Goku la strinse più forte e appoggiò le labbra sui suoi capelli, neri e setosi.
Aliys continuò a piangere, balbettando frasi scomposte tra un singulto e l’altro.
«Ti porto a casa» le sussurrò Goku, spinto dall’urgenza di consolarla. «Ti porto subito a casa».
Lei riuscì a scuotere la testa. «N-no…» balbettò.
Quella risposta colse il saiyan alla sprovvista. «No?»
«No» ripeté lei. «Ti prego. Non subito. Non voglio che la… che la mamma mi veda così. Per favore».
«Ma…» iniziò Goku, smarrito.
«Per favore, papà!» esclamò Aliys, tra i singhiozzi convulsi. «F-falle sapere che mi hai trovato, ma… ma fermiamoci da qualche parte, per stanotte… Voglio…»
«Va bene» disse Goku, portando una mano sulla nuca della figlia e stringendo con forza la ragazzina. «Va bene».
Aliys riprese a piangere, abbracciandolo più stretto.

















Spazio dell’Autrice:
Quasi non ci credo, ma ce l’ho fatta.
Sono riuscita a finire il capitolo *_* Dite la verità, ormai non ci speravate più (non ci speravo neanch’io!)…
Comunque, spero ardentemente di non aver fatto pasticci, e che vi sia piaciuto.
A sabato 29 dicembre!
  
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