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Autore: mina_s    09/07/2007    12 recensioni
[GazettE]"Sono un tipo strano, vero? Cerco di sembrare linguacciuto, di fare il cretino, di far credere che io non conosca la vergogna... E poi ho paura di rivelare quello che nessuno, mai, dovrebbe tenere nascosto. Se io non fossi così, quella notte io e Kouyou non avremmo litigato. E se noi non avessimo litigato, quella notte al mio amore non sarebbe successo niente..."(FANFICTION CONCLUSA)
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

Le dita raggrinzite di una mano piena di piccole macchie simili a nei percorrono i bordi di una vecchia foto, accarezzandone la superficie liscia e levigata. Due occhi neri e ormai intorpiditi contemplano le due figure ritratte, i due volti giovani ed esuberanti, il sorriso di due uomini che sanno -o meglio, sapevano- di avere ancora tutta la vita davanti, e quanto erano felici ed eccitati alla prospettiva…

“Nonno?”

Alzo lo sguardo verso il ragazzo che si trova sulla soglia della porta; i miei occhi ormai sono troppo deboli per identificare gli oggetti che tiene in mano, ma grazie all’abitudine so che nella destra ha un bicchiere d’acqua, e nel palmo della sinistra tiene piccole sfere e piccoli cilindri dai colori vivaci, che io ingurgito ogni giorno senza neppure sapere a cosa servano. Ormai non mi interessa più; non so neppure io da quante e quali patologie sono affetto.

“La medicina.”

Io annuisco quasi impercettibilmente, mentre Kouyou viene a sedersi accanto a me, scuotendo la lunga chioma biondo miele; sicuramente va fiero della sua giovinezza e della sua bellezza, e fa bene.

Però, quanto fa male pensare che quel ragazzo così bello e pieno di vita ritratto nella foto, con capelli neri e forti, denti bianchi e sani, occhi vivaci e sempre pronto a cospargere allegria nell’atmosfera come una polvere magica ora non sia altro che un povero novantenne imbottito di medicinali che non riuscirebbe muovere un passo senza l’aiuto di due stampelle e qualcuno a cui appoggiarsi.

Kouyou inclina leggermente la testa di lato, osservando le foto che tengo in grembo.

“Tu e il nonno?” chiede, voltandosi verso di me con un sorriso amorevole impresso sui suoi bei lineamenti.

Annuisco, ricambiando il sorriso.

“Tu sei bello come lui.” commento, guardando la figura dell’altro ragazzo della foto, abbracciato a quel bell’uomo che un tempo ero io, quell’uomo dalla voce ferma e quasi squillante, trasformata ora in quello che sembra uno stridio di qualche raro uccello tropicale.

Kouyou arrossisce leggermente, come fa ogni volta che glielo dico, come a dire che in effetti lo sa ma che è troppo modesto per ammetterlo. “Beh, non c’è da stupirsi che papà mi abbia chiamato come lui…”

“Dì un po’,” inizio, corrugando la fronte “ti scambiano mai per ragazza?”

Kouyou cerca senza molto successo di trattenere quella che sembra una smorfia. “Beh, qualche volta…”

Il mio corruccio si trasforma ben presto in un sorriso, un sorriso sdentato che sicuramente a molti sembrerebbe patetico. “Allora sei proprio uguale a lui.”

Ma le mie risate si evolvono in una tosse che per poco non mi soffoca. Mio nipote mi batte piano una mano sulla schiena, per poi passarmela sui pochi capelli bianchi come i muri di questa stanza che ho.

“La medicina, nonno. Se non mi prendo cura di te mamma e papà mi ammazzano quando tornano.” ridacchia Kouyou.

“Sì…subito…”

Inizio lentamente a riordinare le foto per rimetterle nella vecchia scatola di cartone, ma il loro è un richiamo troppo forte, seppur doloroso; le guardo di nuovo, una per una, lentamente e con attenzione, come se fosse la prima e l’ultima volta che i miei occhi le vedono quei momenti catturati, quel periodo in cui noi due eravamo conosciuti come Aoi e Uruha.

Ricordo quando Kouyou a volte si svegliava di soprassalto, sudato e tremante, e di come subito dopo piangeva fra le mie braccia, dopo aver sognato di nuovo quelle belve che gli avevano rubato una fetta di esistenza.

Ricordo di come apparivamo sulle riviste di alcuni giornali, la cui qualità era tale che quando li vedevo in edicola guardavo la copertina con il titolo ‘Lo scandalo tra i Gazette’ per poi prendere il resto dal cassiere e uscire canticchiando.

Ricordo l’espressione di Kouyou quando gli ho chiesto di sposarmi, quell’espressione che sembrava quella di un bambino che guarda da dietro un filo spinato uno splendido giardino colmo di fiori e di giochi, desiderando di poterlo raggiungere. Prima che mi desse una risposta, gli ho detto che a me non servivano né preti né testimoni, né fedi d’oro né cerimonie per unirmi a lui. Dio sarebbe stato il nostro unico testimone, l’unico che avrebbe reso la nostra unione sacra, e soltanto a lui avremmo giurato fedeltà e amore reciproco. Kouyou mi ha abbracciato, mentre calde lacrime gli rigavano il volto commosso e sorridente.

Ricordo che una sera, diverso se non molto tempo dopo, mi sono svegliato di notte e che non sono riuscito ad addormentarmi; il mio uomo era appoggiato a me e il suo respiro docile e regolare mi calmava in qualche modo. Ma c’era qualcosa che mancava. Mi sono voltato, e ho visto quello spazio vuoto accanto alla finestra, quello spazio che non sarebbe potuto essere occupato in modo migliore se non da una culla, e da un bambino che ci avrebbe svegliato con il suo pianto più o meno alla stessa ora in cui a me era mancato il sonno quella notte.

Per un attimo mi mancò il fiato.

Ricordo quando prendemmo una decisione che venne ostacolata da quasi tutti, parenti e amici, ma non dalle persone che appunto avrebbero dovuto se farlo o no, cioè io e Kouyou.

Ricordo quando in una tiepida giornata di primavera uscimmo dal nostro appartamento in due e tornammo in tre.

Ricordo come mi scottavo quando controllavo se il latte nel biberon si era scaldato abbastanza.

Ricordo quante volte Atsuaki si sbucciava le ginocchia sul selciato mentre inseguiva e giocava con Arci, che ormai non era più giovane, e come Kouyou gli puliva il graffio e gli metteva i cerotti colorati, guadagnandosi un bacio con schiocco sulla guancia.

Con mani tremanti, metto le pillole in bocca e le ingurgito con diversi sorsi d’acqua, mandando chissà cosa a combattere nel mio organismo qualcosa che a parer mio si dovrebbe lasciare lì com’è.

Poi, guardando la foto di noi tre -io, Kouyou e Atsuaki seduti sul divano, una delle mie preferite- penso a che cosa straordinaria è la vita: una possibilità, un’avventura, un travaglio, una benedizione, e quanti sentieri esistono per arrivare allo stesso punto; ogni sentiero è diverso dall’altro e ognuno ha il suo modo di percorrerlo.

Siamo tutti minuscole tessere di un enorme e complicatissimo puzzle in fondo, uno di quelli che andavano di moda tanti e tanti anni fa, che riproducevano una parte di universo con un immane numero di stelle tutte uguali.

E’ così insolito rendersene conto solo ora, quando ormai ho trovato il posto della mia tessera,una tessera che combacia con quella di Kouyou…

Vengono assalito da troppe emozioni differenti, troppo pesanti per una persona ormai fragile e sensibile come me.

I miei singhiozzi rompono il silenzio che si era creato in questa stanza.

“Forse è meglio che le metta via…”

“No.” blocco Kouyou prima che possa prendere le fotografie.

Lo vedo come mi guarda, preoccupato e incerto; ma sebbene sia vecchio, non vuol dire che io sia anche rammollito.

Sospira prima di baciarmi sulla fronte. “Adesso cerca di dormire, okay?”

Io sono riuscito a controllare intanto i miei singhiozzi e cerco di annuire. Mio nipote esce dalla stanza ma non prima di avermi sorriso di nuovo, chiudendo poi la porta alle sue spalle senza fare rumore.

Volto la testa verso l’angolo in cui tengo le due chitarre appoggiate al muro, quella mia e quella di Kouyou, impolverate e dimenticate da tutti tranne che da me, esattamente come mio nonno conservava il suo vecchio fucile e mia nonna il suo kimono.

A volte faccio tirare fuori a qualcuno i suoi vestiti, li tengo fra le mie mani e li annuso attentamente, esattamente come faccio con tutte le cose che tengono i nostri ricordi.

Tossisco ancora, appoggiando la testa sulla pila di cuscini che mi sorreggono.

Sono fiero della mia vita, lo penso apertamente, ora quando ormai sto per perderla. Sapevo che sarebbe giunto questo momento, in cui si fa il bilancio finale.

Ricordo come due anni fa non ho pianto quando il mio Kouyou se n’è andato; gli ho solo ricordato che una volta gli avevo promesso che mai niente ci avrebbe separati, ed è bastato per farlo sorridere un’ultima volta.

Incontrerò il mio amore presto. Non ho paura, perché so che lui è li ad aspettarmi.

Socchiudo finalmente le palpebre, lentamente, giusto quel poco per godermi le ultime occhiate che la mia vita mi concede.

Come se dovessi scrivere i titoli di coda per la fine del mio film, ringrazio qualcuno.

Addio Atsuaki, bambino mio, e grazie per essere sempre stato orgoglioso di avere un papà in più.

Grazie Yumi, per aver ballato sia con me che con Kouyou il giorno che hai sposato nostro figlio.

Grazie piccolo Kouyou, a te più di ogni altro, perché sei stata l’ultima luce delle nostre vite e continuerai ad essere la nostra speranza, anche se noi ti guarderemo da lontano.

Grazie Akira, Takanori e Yutaka, per essere stati la mia seconda famiglia, quei fratelli maschi che non ho mai avuto.

E non occorre che ringrazi te, vero? La persona che ho amato per tutta una vita, il mio Kouyou. Ho ringraziato te e Dio ogni giorno della mia vita per tutto quello che mi avete dato e offerto. Ci vedremo fra poco.

La mia bocca si schiude leggermente, liberando un ultimo, piccolo sospiro.

No, non ho paura.

Non sono mai stato una persona propriamente coerente o seria, sicuramente non la più affidabile o la più responsabile. Ma le mie promesse le ho sempre mantenute, e non intendo fare eccezione ora…

…Ora che siamo giunti alla fine.

Fine

Non ci credo, ho concluso la storia! Brindo assieme ai mie lettori con un sorso di Guinness.^^ Non farò la finta modesta e vi dirò che vado fiera di questa mia fanfic, mi piace cosa ho scritto e come l’ho scritto. Certo sono triste che sia finita perché un po’ mi ci ero affezionata, ma come vi ho detto ne stanno arrivando altre. Ah, se volete leggere altre mie storie, andate sul mio blog: ne troverete diverse in inglese che non ho postato qui.

A questo punto ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato questa storia, o che in qualche modo mi hanno fatto sapere di averla apprezzata. Grazie, grazie, grazie. Senza di voi non sarei mai arrivata a questo punto. ^_^ Spero che ci rivedremo presto.

Ultima cosa: come forse qualcuno di voi avrà notato, ogni capitolo di questa fanfiction prende il nome dal titolo di una canzone, che io ho ascoltato mentre scrivevo. Consiglio a voi di fare lo stesso, cioè di leggere i capitoli ascoltando la corrispettiva canzone. Cliccate sui link per ascoltarle e/o scaricarle. Spero che vi piaceranno, ma ricordatevi che sono solo samples(canzoni che dovrebbero darvi un'idea generale, ma sono intere) e che dovreste supportare gli artisti. ^^

Le canzoni qui riportate sono di proprietà dei vari artisti o di chi le ha composte.

- Capitolo I: “Leave me” by Alcoholic

- Capitolo II: “I hate myself and want to die…” by Rentrer en Soi

- Capitolo III: “Kuroi namida” by Anna Tsuchiya

- Capitolo IV: “Arrow of pain” by Chihiro Onitsuka

- Capitolo V: “Kiss the rain” by Yiruma

- Capitolo VI: “I just do it for you” by HY

- Capitolo VII: “Futari” by Monkey Majik

- Capitolo VIII: “Uncertain memory” by Gackt

- Capitolo IX: “Moonlight” by Yiruma

- Capitolo X: “Maybe” by Yiruma

- Capitolo XI: “Let it out” by Hoobastank

- Capitolo XII: “No way to say” by Ayumi Hamasaki

- Capitolo XIII: “From the heart” by Hoobastank

- Capitolo XIV: “The reason” by Hoobastank

- Epilogo: “Flavour of life” by Utada Hikaru

  
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