A Very… Lockwood…Christmas.
Ovvero: i 10 eventi che si verificano –quasi- ogni anno in casa Lockwood la vigilia di Natale.
Punto 4: Ruby cerca il principe azzurro – possibilmente uno che non si metta le
dita nel naso –
Finalmente, dopo il partitone a
hockey che aveva generato un gran parapiglia in soggiorno, arrivò il momento
che Xander attendeva ogni anno con ansia: la cena. Gli invitati si radunarono
in sala da pranzo, contemplando il buon profumo che proveniva dalla cucina. Le
mamme (con l’aiuto di qualche papà) si erano divise i compiti per preparare ognuna
qualcosa; c’erano talmente tante pietanze che nessuno, nemmeno i più ghiotti
del gruppo, avrebbe potuto abbandonare la stanza senza sentirsi pieno come un
uovo. Mentre Lydia trafficava in cucina, mise i suoi tre figli ad apparecchiare
tavola. Ricki, Caroline e Mason sistemarono piatti e bicchieri e Tyler si occupò
delle bevande.
“Dove possiamo sederci?” domandò Elena, frugando la tavola alla ricerca di eventuali segnaposto. Il padrone di casa indicò
i suoi due figli maggiori.
“Voi due…date una mano con i posti.” suggerì, rivolgendo loro un’occhiata
eloquente. I fratelli presero ad analizzare i presenti con fare concentrato.
“Allora, a capotavola avevamo pensato di mettere il babbo…” incominciò Caroline,
afferrando il padre per il polso. Lo guidò al posto designato e fece pressione
sulle sue spalle con le mani per farlo sedere. “…voialtri maschietti adulti
potete sedervi qui vicino a lui, assieme allo zio Dorian.” aggiunse, indicando
Jeremy e Matt. “E le signore tutte vicine da questo lato, così possono
spettegolare fra di loro.” concluse,
sorridendo a Hazel, che le diede un buffetto sulla guancia. Ricki annuì. “Sì,
insomma, voi vecchiacci da quel lato della tavola.” confermò, dando un pugnetto
sulla spalla di Matt.
“Guarda che ti rifilo una
seconda pallonata nel didietro se ti scappa di chiamarci di nuovo
‘vecchiacci’.” lo avvertì il padrino. Ricki gli rivolse un’occhiata
insospettita. “Allora prima sei stato tu?”
Matt minimizzò con una scrollata di spalle. “Nah, è
stato tuo padre.” si difese candidamente.
“Non mi avrete mica inserito
nel gruppo ‘vecchiacci’, vero?” si introdusse
nel discorso Lex, facendo l’occhiolino a Caroline. La ragazza sorrise. “No,
tu sei nel tavolo dei giovincelli, assieme a tutti noi. Vicino a Xander Bello!”
specificò, picchiettando con la mano su
una delle sedie al centro.
“E lì c’è il tavolo dei
bambini!” comunicò invece Ricki, indicando l’estremità ancora libera del
tavolo. “Ovvero….Ruby, Twister, Oliver e Mase!” concluse, arruffando i capelli
ai due adolescenti. Mason lo ignorò; prese posto vicino al migliore
amico, a un paio di sedie di distanza dal punto indicatogli da Ricki. Twister
lo imitò di riflesso, sedendosi alla sua destra.
“Vai a sederti vicino alla mamma.” gli ordinò il cugino, mentre la porzione di
tavolo battezzata da Ricki ‘tavolo dei bambini’ veniva al contrario occupata da
Julian e Jeffrey, Vicki e Autumn, oltre che da Ruby. Ricki si sistemò di fianco
a Jeff e Caroline occupò il posto libero fra i due fratelli Gilbert. Damian
scosse il capo con vigore, per poi arrampicarsi sulle ginocchia di Mason. Da
lì, cercò di alzarsi in piedi, in maniera da poter esaminare al meglio tutti i
presenti. “Lui ha i capelli strani!”
annunciò dopo un po’, indicando il crestino di
Xander. Lo stava ancora analizzando con interesse, quando Lydia e sua cognata
entrarono in sala da pranzo con le prime portate.
“Si mangia!” annunciò
allegramente Xander, toccandosi lo stomaco. “Pancia mia, fatti capanna!” si
raccomandò, prima di dare una gomitata a Caroline. “Senti un po’, biondina
schizzinosa: tutto quello che non vuoi, lo prendi lo stesso e poi lo dai a me.
Ti va?” Caroline sospirò. “Prima o poi qualcuno mi dovrà spiegare come cavolo
fai a mangiare così tanto e a non avere nemmeno un filo di ciccia.” lo
rimbeccò, dandogli un colpetto sulla pancia. Xander diede una scrollata di
spalle. “Il cibo va tutto a finire nei
muscoli!” ribatté fiero, spostandosi, per permettere a Lydia di posargli gli
affettati nel piatto. “E nei capelli…Che piacciono tanto al piccoletto.” aggiunse,
facendo l’occhiolino a Damian. Alla
quinta fetta di salame, Caroline gli tirò via il piatto da sotto il naso. “Xander,
sei un maiale!” esordì infine, scoccandogli un’occhiata contrariata. “…siamo a malapena all’antipasto e hai
mangiato più tu dell’intera tavolata messa assieme.”
Il ragazzo ridacchiò. “Scusa,
mamma.” la rimbeccò, riappropriandosi del piatto. Lex le scoccò un’occhiata compiaciuta. “Autoritaria,
la biondina.” commentò rivolto al vicino. Xander sospirò. “Eh, anche troppo…”
commentò, allungando la mano per prendersi un secondo panino, facendo ben
attenzione a non farsi notare dall’amica.
“Ti ho visto!” dichiarò poco dopo la ragazza, abbozzando un sorrisetto
divertito. “E tu…” esordì a quel punto, indicando il fratello minore con la
forchetta. Mase, che era occupato a spezzettare al cuginetto una fetta di
prosciutto, inarcò un sopracciglio nella sua direzione. “…non usare la scusa
che devi tagliare le cose a Twister per non mangiare o giuro sulla mia adorata
collezione di lupetti di peluche che vengo lì e ti imbocco. E poi ti
strangolo.” lo minacciò, notando che non aveva ancora toccato cibo. Mason, che
amava mangiare poco più di quanto amava essere abbracciato, la ignorò.
“Ehy,
Jeff…” esclamò Oliver in quel momento, cercando di spostare l’attenzione dei
presenti su altro. “…c’è Ruby che ti cerca.”
Il cugino gli rivolse
un’occhiata incuriosita e poi si voltò verso la ragazzina che occupava la sedia
di fianco alla sua. La bambina lo stava osservando con un sorriso timido, le
fossette agli angoli delle labbra bene in evidenza e la forchetta ancora
sollevata per aria.
“Ciao!” lo salutò allegramente,
agitando la mano libera. Jeffrey si mise a ridere.
“Ciao!” rispose poi con dolcezza, ricambiando il sorriso. La bambina lasciò
andare la forchetta e si attorcigliò una ciocca di capelli scuri sull’indice,
un po’ intimidita.
“Sei bellissimo!” annunciò poi, in tono
di voce quasi sognante. Il gruppetto di presenti si mise a ridere, mentre il
ragazzo arrossiva leggermente. “E hai i
capelli biondi come i principi!”
“…Ti ringrazio!” le rispose con gentilezza Jeff, colpendo con il gomito Ricki,
che non riusciva più a smettere di ridere.
“Vuoi essere il mio principe
azzurro?” domandò a quel punto la
bambina, improvvisamente ravvivata. Jeffrey sgranò leggermente gli occhi,
imbarazzato e allibito al tempo stesso. “Il…tuo principe azzurro?”
Ruby annuì, convinta. “Uh uh!” concordò,
allegramente. “Basta che non ti metti le dita nel naso!” si sentì in dovere di
aggiungere poco dopo, assumendo un’espressione più seria. Ci furono di nuovo
due o tre persone che ridacchiarono.
“Tranquillo, Jeff!...” lo rassicurò in quel momento Caroline, decidendo di
accorrere in suo aiuto. “…Ruby cerca di procurarsi almeno uno o due principi
azzurri ogni vigilia di Natale. Forse dovremmo smettere di farle vedere i film
sulle principesse Disney.”
“Sei una sorta di Vicki in miniatura, allora!” osservò Jeffrey, facendole un
sorriso. Victoria rivolse un’occhiata intenerita alla bambina. “Vedrai che
troverai presto il tuo principe azzurro!” le diede man forte, poggiandole un
dito sul nasino. Gli occhi verdi della bambina brillarono di vivacità.
“Già ce l’avevo un principe azzurro, veramente!” esclamò concitata, tornando ad
attorcigliarsi un ciuffo di capelli attorno al dito. Vicki si portò le mani
sulla bocca, mostrandole partecipazione.“Sul serio?”
chiese, fingendosi stupita. La bimba annuì. “Uh uh!
Ma ieri l’ho lasciato, perché si metteva sempre le dita del naso.” spiegò,
tirando poi fuori la lingua con fare disgustato. Dopodiché, si voltò nuovamente
verso Jeffrey. “Non c’hai mica i pidocchi, vero?” domandò, un po’ insospettita.
Questa volta anche il ragazzo si mise a ridere.
“Direi proprio di no.” La
rassicurò, scuotendo il capo con fare divertito. La bambina tirò un sospiro di
sollievo. “è che i maschi della mia
classe secondo me hanno tutti i pidocchi, perché non si lavano mai le mani e
sono anche puzzolenti.” dichiarò seria, prima di scendere dalla sedia per
potersi avvicinare a Jeff. “Se non ti metti le dita nel naso e non hai i
pidocchi, allora sarai il mio principe azzurro!” dichiarò infine, entusiasta,
tornando a sedere. Il ragazzo continuò a ridere, scuotendo il capo.
“Ma non sono un po’ grandicello per te?” cercò comunque di farla desistere. La
bimba diede una scrollata di spalle. “Uh uh; no, il
mio papà è più grande della mia mamma!” spiegò con tranquillità, riprendendo a
mangiare. Dopo l’ennesima risata generale, il gruppetto di ragazzi fece
altrettanto. Ruby non attirò più l’attenzione dei grandi per una ventina buona
di minuti, fino a quando non si accorse che suo fratello Damian stava giocando
con una monetina da venti centesimi. “Sono ricco, sono ricco!” stava gridando a
squarciagola il bambino, picchiettando con la moneta sul braccio di suo cugino
Mason.
“Anche io voglio una monetina!”
si lamentò a quel punto Ruby, mettendo il broncio. Julian, notando
l’espressione truce della bambina, si infilò una mano in tasca per poi
sporgerla vicino al suo orecchio. “Ehy! Guarda un po’
che cosa c’è qui!” annunciò a quel punto fingendo di tirare fuori qualcosa dai
suoi capelli. Aprì il palmo della mano e le mostrò una monetina da cinquanta
centesimi. Ruby la raccolse subito, gli occhi verdi sgranati dallo stupore.
Julian sorrise sotto i baffi notando la reazione della piccola al suo giochetto
di prestigio; per incantare i bambini non ci sarebbe mai stato bisogno di
ricorrere alla vera magia. Ruby lo fissò con intensità per una manciata di
secondi. Infine, le sue labbra si inarcarono a formare un sorrisetto vivace,
mettendo in evidenza le due fossette agli angoli. “Tu ti metti le dita nel naso?” domandò
rivolta a Julian, scrutandolo con attenzione. Jeffrey ridacchiò. “Occhio,
J…. è una domanda a trabocchetto!” lo
mise all’erta, mentre l’amico gli scoccava un’occhiata confusa. “Uhm…No?”
rispose il ragazzo, tentennando lievemente. Ruby batté le mani, estendendo il
suo sorriso. “Allora sarai tu il mio principe azzurro!” annunciò infine fiera,
balzando giù dalla sedia. Per l’ennesima volta, i presenti si misero a ridere.
“Aspettate, sono appena stato
scaricato?” domandò un confuso Jeffrey, mentre la bambina analizzava soddisfatta
la sua monetina da cinquanta centesimi.
“Te l’avevo detto che un principe solo non le sarebbe bastato!” gli ricordò
Caroline, sorridendo divertita. Vicki esordì in un risolino, accarezzando i
capelli della piccola. “Questa principessa qui ha capito tutto della vita!”
dichiarò, orgogliosa.
Punto 5: Si guardano vecchie fotografie – E Lex si comporta da… Lex! -
“Ok: penso di essere pieno!”
annunciò ad alta voce Xander, lasciandosi cadere su una poltrona. “Anche se di
sicuro, qualche spazietto mi è rimasto. Dopotutto, c’è ancora una torta di
compleanno che aspetta di essere mangiata.” dichiarò, leccandosi le labbra.
“Che ne dite di qualche vecchia foto?” propose
Ricki, entrando in soggiorno con un album spesso tra le mani. Gli invitati
erano sparpagliati per la stanza, chi sui divani, chi sul tappeto. “ è gaggia
come cosa, fa molto film: e poi questa sera mi sento nostalgico.” Il padre gli scoccò un’occhiata poco
convinta.
“Se fai il nostalgico a vent’anni, quando hai la mia età che fai?” lo rimbeccò,
sistemandosi sulla poltrona di fianco a quella di Xander. Il ragazzo si tirò
su a sedere, cercando di assumere una
posizione un po’ più composta, quasi non volesse fare una cattiva impressione.
“Andrò in giro col bastone e mi scapperà la pipì ogni mezzora.” scherzò Ricki,
poggiandosi l’album sulle ginocchia e sorridendo affabilmente in direzione del
padre. Tyler lo squadrò con intensità, prima di chinarsi per raccogliere il
pallone da football da terra. Mimò il gesto di lanciarlo nella sua direzione e il figlio sobbalzò, coprendosi il volto con
le mani. “No, basta pallonate, ho afferrato il concetto!” dichiarò in fretta
mentre, con un ghigno, l’uomo lasciava cadere il pallone sul tappeto.
“Sì, anch’io ho voglia di vedere qualche foto!” dichiarò Caroline, occupando un
bracciolo del divano su cui era seduto suo fratello. Ricki aprì l’album e
incominciò ad analizzare le fotografie. Le prime sembravano essere piuttosto
vecchie; erano foto risalenti agli anni del college dei suoi genitori. Lydia e
Tyler si erano conosciuti all’università. Lei era un’ordinaria ragazza di
campagna; aveva trascorso buona parte della sua infanzia a prendersi cura degli
animali che occupavano la sua fattoria, assieme ai genitori e ai fratelli.
Giunta al momento di scegliere l’università, suo padre si sorprese nel sentirle
dire che avrebbe frequentato la facoltà di veterinaria. Pensava che dopo una
vita intera trascorsa a contatto con gli animali, si sarebbe volentieri
cimentata in qualcos’altro. Pochi mesi dopo aver cominciato il suo corso, Lydia
conobbe Tyler. Nell’album, Ricki trovò diverse fotografie di loro da giovani,
incluse alcune del loro matrimonio.
“Papà, mi assomigli qui!” annunciò tutto fiero il ragazzo, mentre Ruby si
appostava sul suo ginocchio per osservare meglio le fotografie. “Zia Lydia,
sembri una principessa!” esclamò ad alta voce, indicando una foto della donna
in abito da sposa. Lydia sorrise; smise finalmente di fare avanti e indietro
fra la sala da pranzo e la cucina e si sedette sul divano di fianco al figlio
minore, per potersi unire al gruppo dei presenti.
“Guarda un po’, ragazzino, qui ci sei anche tu!” annunciò a un certo punto
Hazel, tirando Lex per la manica e indicandogli una delle fotografie. “E c’è
anche l’altro ragazzino.” Proseguì, dando un colpetto sulla gamba al marito,
che si chinò in avanti per poter osservare meglio l’album. La foto indicatagli
da Hazel rappresentava un Jeremy piuttosto giovane vestito di tutto punto: era
il giorno del suo matrimonio. Stava arruffando i capelli a un bambino di dieci
o undici anni; Lex, allora ancora conosciuto come Xander , aveva un’aria vispa
e un sorrisetto da canaglia che non avrebbe abbandonato il suo volto nemmeno in
età adulta. L’uomo si appoggiò i gomiti sulle ginocchia e sorrise,
riconoscendosi nel ragazzino della foto. “Quella è stata la prima volta che
sono venuto in Virginia.” raccontò, spostando la sua attenzione verso i due
coniugi Gilbert. “Non potevo di certo mancare al matrimonio di quel signore lì:
dopo tutto è anche grazie a me se il signor architetto e la mogliettina si sono
trovati.” dichiarò, annuendo compiaciuto. Oliver si sporse a sua volta per
osservare la fotografia: suo padre era stato davvero un bel ragazzo. Somigliava
molto a Xander, ma aveva il suo stesso sorriso. A Oliver piaceva guardare le
foto di quel periodo, perché Jeremy
aveva un’aria più distesa e sembrava sereno, al contrario di quando era
ragazzino. L’unica foto di quando suo padre aveva pressappoco la sua età che
riguardava con piacere era quella in cui abbracciava Anna, la stessa che aveva
utilizzato per ritrarla la prima volta.
Ricki riprese a voltare pagine
e si fermò per indicare una seconda immagine. “Buonanotte!” annunciò allegramente,
indicando un Jeremy un po’ più grande rispetto alla fotografia precedente. Era
in compagnia del cognato e stavano sonnecchiando sul divano di casa Donovan; in
un angolo, le due mogliettine se la ridevano, osservandoli ronfare. “Ehy! Guarda che stavamo lavorando per voi!” lo rimbeccò
Matt, indicando prima Ricki, poi i due figli, ed infine Xander. “Stavamo
ristrutturando la vecchia casetta sull’albero dietro casa.”
“E queste siamo io e te!” osservò in quel momento Elena, mostrando a Bonnie la foto accanto a quella di Matt e Jeremy. Rappresentava
le due giovani donne sul dondolo di fronte a casa Gilbert: Elena aveva in
braccio un bambino piccolo. Qualcuno doveva aver detto qualcosa di
particolarmente divertente, perché sembravano
entrambe piegate in due dalle risate. Bonnie
sorrise. “Me la ricordo, questa!” annunciò accarezzando con lo sguardo la
fotografia. Vicki picchiettò sulla pagina con l’indice, bussando sulla spalla
di Autumn con la mano libera. “Guarda, sembriamo proprio io e te!” le fece
notare, rallegrata da quel fatto. Suo fratello, al contrario, assunse un’
espressione quasi perplessa. Ora che aveva di fronte una foto della madre da
giovane, si accorse impressionato, di quanto fosse incredibile la sua
somiglianza con la ragazza che aveva
conosciuto in Florida, qualche settimana prima. Diede una scrollata di spalle,
rimuginando su quelle dicerie che riguardavano l’esistenza di persone quasi
identiche in giro per il mondo; forse era la verità.
“Quell’affarino in braccio a te chi è? Jeff?”
domandò Caroline rivolta a Elena indicando il bimbo della foto. Il piccolo
sorrideva, ciucciandosi tranquillo il pollice. La donna sorrise. “è il mio
nipotino.” Lo riconobbe con tenerezza, dando un buffetto sulla guancia a
Xander. “Sembra mingherlino, ma era già un gran mangione: me lo ricordo bene!”
Man mano che Ricki voltava pagina, qualcosa nelle fotografie incominciò a
cambiare; i soggetti erano sempre gli stessi, ma gli adulti invecchiarono,
mentre i bambini incominciarono a guadagnare qualche centimetro in altezza e a
muovere i primi passi. Dopo cinque o sei pagine, l’attenzione di diverse
persone venne catturata da una foto di gruppo di alcuni dei ragazzi; era stata
scattata una vigilia Natale, di questo erano sicuri tutti. Ma risaliva a ben
più di dieci anni prima. Sette bambini erano acquattati su un letto che Ricki
riconobbe subito come il suo. “condividevo ancora la camera con Mase.” Osservò
il ragazzo, notando il lettino del fratello minore alle loro spalle. “Non avevo
più di sette o otto anni.”
Nella foto, Ricki sedeva proprio al centro e aveva un’espressione infastidita,
mentre al suo fianco, Vicki lo abbracciava tutta entusiasta. “Quanto eri
cattivo con me!” si lamentò la ragazza, fingendo di mettere il broncio. “Anche
più di adesso!” Ricki fece una smorfia. “Vabbè, adesso lo sono il giusto, dai!”
si difese, mentre Vicki continuava a tenergli il broncio. “Massì…”
aggiunse infine il ragazzo, cingendole le spalle con il braccio. “…In fondo ti
voglio bene.” ammise. Il volto della giovane si illuminò. “Quanto in fondo?” Il
ragazzo roteò gli occhi. “Non andiamo a sondare troppo la questione: non
sarebbe conveniente per te.” La rimbeccò, prima che entrambi tornassero ad
analizzare la foto: alla sinistra di Ricki, Jeffrey sorrideva allegro, formando
una “V” con le dita, in segno di vittoria. Dalla parte opposta del letto,
Xander e Caroline si tenevano per mano, già allora muniti di pattini ai piedi.
“Toh! Ma guarda come eravamo belli!” esclamò a quel punto la ragazza,
appoggiando il capo sulla spalla del migliore amico. Xander sorrise, cingendole
la vita con un braccio. “Molto. Pure con quei capelli privi di personalità.”
commentò, indicando la matassa di capelli scuri appartenenti al piccolo
Alexander. Vicino a lui, sedeva Oliver; era talmente piccolo che lo si riconosceva
a malapena, soprattutto per via del gigantesco cappello di Babbo Natale che gli
copriva gli occhi. Aveva le gambe incrociate sulla trapunta del letto, un
sorriso dolce e le mani impiastricciate di pennarello. Mase era seduto invece
sul tappeto di fronte agli altri bimbi. Aveva le mani aggrappate alla punta
delle sue scarpette e sorrideva intimidito in direzione dell’obbiettivo. “Quelle
scarpe rosse me le ricordo.” comunicò in quel momento Tyler, additandole. Mason
arrossì. “Te le ho comprate io.”
“Ce le ho ancora, tra l’altro!”
dichiarò fiera Lydia, accarezzando i capelli del figlio. Ricki fece per dire
qualcosa, ma la madre lo bloccò prontamente. “No, Ricki, non ti dirò dove sono,
così potrai tormentare tuo fratello.”
“Tanto già so dov’è la copertina di Li-Linus, ed è più che sufficiente.”
dichiarò compiaciuto, sfregandosi le unghie sulla camicia. “La mostrerò a tutte
le ragazze che varcheranno la soglia di camera sua.”
“Provaci e sei morto.” Lo minacciò a denti stretti suo fratello, incominciando
a mostrare chiari segni di imbarazzo.
“Ma quanto cavolo era dolce!”
rincarò la dose Caroline, sorridendo intenerita al Mase in miniatura della
fotografia. “Ti prego, torna così!” lo supplicò, incominciando a tirargli la
manica della camicia. “Almeno potrei farti le coccole tutte le volte che mi
pare.”
“Istituiamo una petizione per
farlo regredire da teppista a soldo di cacio.” propose in quel momento Xander,
arruffando i capelli del ragazzo. Mase si ritrasse bruscamente.
“Ehy…” Li ammonì con un sorriso Lydia. “…Lasciate
stare il mio bambino. A me piace così com’è.” dichiarò con dolcezza, facendogli
una seconda carezza sul capo. Mason la lasciò fare, ancora rosso in viso.
“Comunque…” Tyler si introdusse
nel discorso, tornando a indicare la fotografia.” “Questo è stato sicuramente
l’anno in cui Alaric vi fece da Babbo Natale. Voi pesti vi eravate messi a vedere un film
horror, e vi siete spaventati a morte quando è arrivato a portarvi i regali.” Lydia
si mise a ridere al ricordo.
“Quella notte ce li siamo
ritrovati tutti nel lettone; Tyler era disperato!” raccontò agli altri adulti,
evocando l’episodio avvenuto ormai tredici anni prima; i presenti si unirono
alla sua risata. Concluso il racconto, Ricki riprese a sfogliare l’album di
foto, osservandosi crescere, man mano che voltava pagina. L’ultima foto aveva
come soggetto lui, Jeffrey e Julian il giorno della cerimonia per la consegna
dei diplomi. Risaliva a meno di un anno prima.
“Che cos’è che mi sta
penzolando sulla testa?” domandò a un certo punto Lex, avvertendo qualcosa
sfiorargli i capelli. Hazel inclinò leggermente il capo per controllare. “è
vischio, bello mio.” Dichiarò, sventolandogli il rametto di fronte agli occhi.
“Dolcezze, fate attenzione: questo qui già è pericoloso al normale, figurarsi
quando sta sotto al vischio!” annunciò infine, tornando a sedersi vicino al
marito. Lex ridacchiò, intrecciando le dita
dietro la nuca, con fare canzonatorio. “Mi manca una donna, però!” esordì a
quel punto, scoccando un’occhiata in direzione delle ragazze. Fece loro
l’occhiolino. “Chi si offre?”
“Ci sono io!” annunciò
trafelata Vicki, alzando in fretta la mano, “Posso?”
Ricki aggrottò le sopracciglia.
Lex esordì in un ghigno compiaciuto, facendole cenno di avvicinarsi. “Si accomodi!”
concesse con un sorriso, mentre la ragazza si alzava in piedi.
“Scusa?”
mormorò fra sé uno sconcertato Ricki, azzardando un’occhiata in
direzione dei due. In quel momento, un secondo scappellotto volò sulla testa di
Alexander Davies.
“No.” Fu il commento categorico
di Jeremy, seppur accompagnato da un sorrisetto divertito. Lex roteò gli occhi. “Di certo non è sposata,
architetto.” obiettò.
“Però è mia nipote.” gli fece
notare l’uomo, dandogli una pacca sulla spalla. “Le tue zampacce su di lei non
ce le voglio.”
“Il papà è d’accordo!” si introdusse nel discorso Matt, appoggiando un gomito
sulla spalla del cognato. Lex sollevò le mani in cenno di resa. “Ho capito, ho
capito!” si arrese con un sorriso, allontanandosi dal vischio. “State mettendo
un po’ troppi paletti, però. Mi rendete le cose difficili.” obiettò infine,
tornando a sedersi sul tappeto. Un mezzo ghigno fece capolino sul volto di
Jeremy. “Tu nemmeno immagini quanto io e mio cognato siamo esperti nel mettere
paletti, Tutankhamon.” gli sussurrò in un orecchio a bassa voce, per evitare
che gli altri lo sentissero. “E no,
non ci sono allusioni di carattere sessuale, nella frase…Anche
se…”
Punto 6: Al momento della torta… Mase scompare.
Quando Ricki era bambino, aveva
il vizio di rubare le scarpe dei suoi familiari per nasconderle in qualche
luogo introvabile. Si divertiva come un matto a spiare un irritato – e scalzo –
Tyler, mentre si aggirava imprecando per le varie stanze, alla ricerca di
qualcosa da mettere ai piedi. Quando Ricki crebbe e si stancò di quel gioco, ci
fu Silver che incominciò a nascondere oggetti in giro per la casa. E quando
finalmente anche il cucciolo mise da parte quel vizio, nessuno stava ormai più
prestando attenzione da tempo agli oggetti che sparivano, perché erano tutti
troppo occupati a cercare altro: un bambino piccolo. Al contrario di suo
fratello maggiore, Mase non era solito nascondere scarpe, ma direttamente se
stesso. Spariva di continuo: in casa, all’asilo, per strada. Una volta
cresciuto, quell’istinto a nascondersi, si era trasformato in un bisogno quasi
cronico di scappare. Non spariva più solo in casa o nei dintorni del vicinato.
Si aggirava per il bosco, prendeva l’autobus; alle volte taceva e basta, e
sentiva di essere riuscito a fuggire, senza nemmeno muoversi di un millimetro. Quando era più piccolo gli era perfino
capitato di riuscire ad allontanarsi e a tornare a casa senza che nessuno si
accorgesse di nulla. Non lo faceva per attirare l’attenzione. Aveva semplicemente
il bisogno di dileguarsi, di ritagliarsi del tempo da spendere per conto proprio,
quasi come se alle volte, trovasse la compagnia addirittura faticosa da gestire.
Aveva bisogno di pause, di tanto in tanto, e così se le prendeva. Queste sue
fughe momentanee continuarono a verificarsi con frequenza anche con l’arrivo
dell’adolescenza. E in particolare, ogni vigilia di Natale, erano motivo di
scompiglio in casa Lockwood, perché giunto il momento della torta, quando in
teoria Mase avrebbe dovuto spegnere le candeline…nessuno riusciva trovarlo.
***
Dopo la visione dell’album di
fotografie e qualche chiacchiera, i presenti tornarono in sala da pranzo per
mangiare la torta. Lydia e Caroline ci avevano lavorato sodo per renderla tanto
bella quanto gustosa: era una crostata -
il dolce preferito del festeggiato – e per farcirla, le due donnine di casa
avevano alternato due tipi di marmellate diverse, in maniera che
ricordasse una scacchiera.
“Ha l’aria di essere più che
buona!” si complimentò Xander, sfregandosi le mani con fare impaziente. “Se
Mase non spegne le candeline entro dieci minuti, penso proprio che lo farò io.
E mi porto via la torta.”
Poco distante dal tavolo, Tyler
si stava guardando attorno, chiaramente innervosito. “Dove diavolo è andato tuo
fratello?” domandò secco, voltandosi in direzione di Ricki: Il ragazzo diede
una scrollata di spalle. “Ti giuro che era qui un minuto fa. L’ho tenuto
d’occhio fino all’ultimo.”
Oliver, che era seduto fra
Xander e Lex, stava osservando la scena con la coda dell’occhio. Attese che i
due coniugi Lockwood incominciassero a cercare invano il figlio nelle varie
stanze della casa, mentre i presenti si rimpinzavano di biscotti allo zenzero.
Aspettò di vedere Tyler sbuffare e Ricki ridacchiare, al pensiero di come puntualmente
si ripetesse la stessa scena ogni anno, e attese anche che Lydia suggerisse di
lasciare perdere e di lasciarlo stare: sarebbe comunque tornato, prima o poi.
Infine, sempre con tranquillità, aspettò che tutti si dimenticassero
dell’assenza di Mase per tornare alle loro chiacchiere, alle risate e ai
pettegolezzi. E in quel momento, come tutti gli anni, Oliver si alzò. Abbandonò
la stanza fischiettando, le mani in tasca e un’espressione rilassata a
illuminargli il volto. Era completamente a suo agio con quella situazione,
poiché si era ripetuta con costanza ogni vigilia di Natale, sin da quando lui e
Mase erano piccoli. Ogni anno Mase spariva al momento della torta e in quelle
occasioni, dopo avergli concesso un po’ di tempo, Oliver si alzava per andare a
cercarlo; lo faceva, perché in fondo lo considerava un po’ come un suo compito.
E sapeva anche che non avrebbe fallito: lo trovava sempre, alla fine. E lo
trovò anche quella sera, accovacciato sul muretto dietro casa. Mase stava
sfogliando un libro, nonostante la poca luce gli rendesse impossibile la
lettura. Avvicinandosi, Oliver riconobbe il libro: era il suo regalo di
compleanno. Gliel’aveva consegnato il giorno prima, intenzionato ad
alleggerirgli l’impiccio di dover aprire tutti i pacchi in fronte ad amici
e parenti, sapendo bene quanto faticasse
a sostenere gli sguardi incuriositi dei presenti. Era una di quelle accortezze
che gli piaceva avere nei suoi confronti, specialmente il giorno del suo
compleanno. Era una di quelle piccole cose a cui generalmente faceva caso solo
lui, dettagli a cui le altre persone non badavano. Forse erano proprio quelle piccole cose uno
dei motivi per cui era riuscito a oltrepassare così facilmente le barriere
dell’amico.
Quando Mase si accorse della
sua presenza, sorrise. “Sei in ritardo.” osservò, mentre l’amico prendeva posto sul
muretto di fianco a lui. Oliver annuì. “Ti ho abbuonato un po’ di tempo in più.”
gli spiegò, “Consideralo il tuo regalo di Natale, visto che quello di
compleanno già l’hai ricevuto.” specificò, con un sorriso, per poi
rabbrividire, stringendosi nella felpa.
“Potevi almeno metterti un giubbotto, prima di uscire.” lo rimbeccò l’amico,
accorgendosene. L’altro ragazzo diede una scrollata di spalle. “Non ci ho fatto
caso.” ammise, infilando le mani nel tascone della maglia. Mase scosse la testa, rassegnato e divertito al tempo stesso; Oliver era l’unica
persona di sua conoscenza che poteva dimenticarsi di mettere il giaccone,
uscendo la sera in Dicembre. Si sfilò il suo giubbotto e glielo passò.
“Non ce n’è bisogno…” tentò di ribattere l’amico. Mason lo ignorò. “Come fai a trovarmi sempre, comunque?” domandò
invece, incrociando le braccia sul petto ,per scaldarsi. Oliver diede una
seconda scrollata di spalle, e si infilò il giubbotto dell’amico. “Non ne ho
idea.” spiegò infine, avviandosi in direzione dell’ingresso con Mason al
fianco. “Credo che sia il contrario, piuttosto.” ammise poi, fermandosi di
fronte alla porta. “Sei tu che ti lasci trovare da me.”
Mase aggrottò le sopracciglia, leggermente perplesso. Tuttavia, non aggiunse
nulla. Si limitò ad appoggiarsi con la spalla a una colonna, le mani in tasca e
il libro di Oliver sotto il braccio. L’amico rimase di fronte alla porta,
aspettando con pazienza che l’altro ragazzo si decidesse a rientrare. Si rese
tuttavia conto che Mason aveva preso ad osservarlo in maniera quasi assorta.
“Qualcosa non va?” domandò infine.
sguardo.
Mase scosse la testa. “Ti ricordi di quell’anno in cui ho deciso di
nascondermi in garage?” chiese, riportando alla mente un ricordo appartenuto a
diverso tempo prima. Sia lui, sia Oliver, non avrebbero potuto avere più di
otto o nove anni. L’amico annuì. “Me lo ricordo; ci siamo infilati in macchina
di tuo padre e abbiamo aspettato la mezzanotte lì dentro. Mi pare che
fingessimo di essere su un aereo. O una navicella spaziale. Dicevi che saremmo
state le prime persone a festeggiare il Natale fra le stelle invece che a
terra.” ricordò, non riuscendo a trattenere un sorriso. Questa volta fu Mason
ad annuire; il suo volto aveva assunto un’espressione insolita. Sembrava
leggermente afflitto, quasi avesse preso a rimuginare su qualcosa che gli stava
dando qualche difficoltà. “Ti sei perso tutti i festeggiamenti, quell’anno.”
obiettò infine, tornando a infilare le mani nelle tasche dei jeans,
rabbrividendo per via del freddo. “Ti sei perso la Vigilia di Natale.”
“Non fa niente.” ribatté rapidamente
Oliver. Si strinse nelle spalle, cercando di trovare le parole adatte per
potergli spiegare quello che gli stava passando per la testa in quel momento.
“C’eri tu…” si limitò ad aggiungere infine, pensando che in fondo quelle poche
lettere sarebbero bastate a riassumere tutto. Ancora una volta Mason non disse
nulla; tuttavia, Oliver non faticò a intuire dal suo sguardo che genere di
pensieri gli stessero attraversando la mente. Sapeva che molte persone
faticavano a comprendere la loro amicizia. Quello che Oliver faceva per Mase
era perfettamente visibile, chiaro e netto, evidenziato dalla luce del sole;
ciò che riceveva in cambio da lui, al contrario, era difficile da intravedere,
perfino agli occhi dello stesso Mason; si nascondeva, proprio come lui. Eppure,
a detta di Oliver, l’amico gli dava tutto; tutto ciò che non poteva (o non voleva) arrischiarsi di donare
agli altri. Aveva allentato le sue difese nel momento in cui si era reso conto
che l’amico gli voleva bene e basta. Senza compromessi, né eccezioni. Oliver
era riuscito in fretta a solcare la parte più interna della corazza che si era
costruito il suo migliore amico. Con lui Mase aveva imparato a farne a meno
ormai da tempo. Ed era bello. Era bello sapere di avere la sua fiducia. Era bello sentirsi dentro che se solo avesse
voluto tendere una mano verso di lui, Mase non si sarebbe scostato. Né
irrigidito o altro. Ma era difficile farglielo entrare in testa. Ci aveva anche
provato a spiegarglielo, ma sembrava quasi che Mase finisse per dimenticarsi
sempre tutto. Si legava al dito ogni torto che subiva, ma non riusciva a fare
lo stesso con le parole che comunicavano d’affetto: il cervello funzionava fin
troppo bene, ma il suo cuore soffriva di perdite di memoria a breve termine.
“Meglio rientrare.” mormorò in
quel momento Mason, staccandosi dalla colonna. “O ancora ti becchi un malanno
per causa mia.” Oliver attese che Mase lo raggiungesse, prima di aprire la
porta. “Guarda che sei tu quello senza giubbotto al momento.” gli ricordò. Mase
gli rivolse un’occhiata divertita, abbandonando finalmente l’espressione
crucciata. “è un caso il fatto che tu sia rimasto per tutto il tempo proprio
sotto uno dei vischi strategici di Vicki?” domandò infine, accennando un
sorrisetto sghembo che gli uscì piuttosto male, tenuto conto del fatto che
aveva incominciato a battere i denti.
“Non ci avevo nemmeno fatto caso” rispose Oliver, eludendo il suo sguardo. Mason fece spallucce. “Guarda che se vuoi ti bacio" propose, raggiungendolo sotto il vischio. Oliver non riuscì nemmeno ad imbarazzarsi: vedendolo ridotto a una sottospecie di pulcino tremolante, tutto ciò che gli andava di fare era sorridere. “Muoviti a rientrare, che sembri una scultura di ghiaccio!” lo rimbeccò, spintonandolo con la spalla. Mason rise di nuovo, ricambiando la spinta. Infine, si decise a infilarsi all’interno della casa. “Come vuoi!” dichiarò infine, prendendo a salire le scale. “Vado a mettermi qualcosa di caldo.”
Mason rimase in silenzio per un
po’, e Oliver non riuscì a comprendere se stesse effettivamente riflettendo, o
se volesse semplicemente guadagnare tempo.
"Nessuno ha mai cercato
di impedirmelo" rispose infine, distogliendo lo sguardo.
E con quello, Oliver capì che
la conversazione era conclusa.
Nota dell’autrice.
Ed
eccoci con la parte due >.< Ho pensato di postarla prima delle feste, perché
l’ultima probabilmente arriverà dopo XD In questa seconda parte abbiamo avuto
dei momenti un po’ più tranquilli, sorvolando forse il primo pezzo; ma andiamo
in ordine!
1. Come ha fatto notare Jeffrey, Ruby
è una sorta di Vicki in miniatura: chiacchierona e con la fissa per il principe
azzurro. Julian, da bambino, ha imparato un sacco di trucchetti di prestigio, perché
era in fissa con Harry Potter ed era convinto di essere un mago (e difatti, non
si sbagliava :3).
2.
Nella seconda parte del capitolo ci sono un paio di riferimenti ad altre one-shot. La foto del gruppetto di pargoli da piccoli (con
tanto di Mase con le scarpette rosse <3) è stata appunto scattata nel
fatidico Natale raccontato in A Very Scary Christmas. La
storia della copertina di Li-Linus, viene invece raccontata in Li-Linus is adorable. Lex fa
riferimento a Pyramid quando spiega che è stato grazie a lui che
Jeremy e Hazel si sono avvicinati. Infine, la casa sull’albero di cui parla
Matt, è quella che c’è sul retro di casa Donovan, protagonista indiscussa di Let it Slide, dove il piccolo
Jeffrey fa comparsa per la prima volta <3
3.
La scena Masiver. Uh, ecco, diciamo che quando scrivo
gli spin off mi diverto a lasciar emergere il lato slash
di questi due; chi ha letto Airplanes can Wait e Nè giusto nè sbagliato non si
sarà stupito della cosa, gli altri probabilmente un po’ sì. Il fatto è che
nella mia ottica, come penso si sia potuto intuire dalle sue riflessioni,
Oliver prova qualcosa per Mase che va ben aldilà della semplice amicizia. Mase
non lo sa, ma qualcosa percepisce, e da lì spuntano fuori le varie frecciatine
che si diverte a indirizzargli. Questa parte, come anticipato prima, è un po’
più introspettiva e si distacca un po’ dal resto della storia. Ma avevo bisogno
di approfondire un paio di cose su loro due e sulla personalità di Mase (mpfh, c’è sempre qualcosa di dire a proposito della
personalità di Mase -.-) perché le trovo utili anche al fine di comprendere
meglio alcune cose di HR. E visto che nella storia originale non c’è mai il
tempo per dire tutto, ne approfitto con gli spin off, quando posso :3
4.
Passando a ciò che accadrà nella prossima parte: beh, ci sarà un punto tutto
dedicato ai due cugini, Mase e Damian. Un punto in cui avremo un passaggio con
accenni delle ship più quotate (Rictoria
e Xanderine), e un paio di punti con tutti. Ah, e un
passaggio Masoline. Nel frattempo vi auguro buone feste, buon Natale e buon
tutto quanto <3
Un
abbraccio!
Laura