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Autore: Kary91    23/12/2012    6 recensioni
Ovvero: i 10 eventi che si verificano –quasi- ogni anno in casa Lockwood la vigilia di Natale.
Punto 1;Famiglia ed amici si riuniscono – E Twister fa la sua prima mossa - 2; Si gioca a Hockey…In casa. 3; Vicki si dà da fare con il vischio – e spinge chiunque a collaborare per far girare le cose nel verso giusto - .
4;Ruby cerca il principe azzurro. 5; Si guardano vecchie foto. 6; Mase scompare
7;scompare anche Twister. 8; trionfano gli innamorati… E le tasche dei pantaloni di qualcuno.
9; si aspettano le undici e un quarto 10; si consegnano i regali 11; (bonus) bricconi si nasce!
- Spin off di 'History Repeating', the Next Generation of The Vampire Diaries -
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caroline Forbes, Jeremy Gilbert, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Tyler Lockwood
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Very… Lockwood…Christmas.

Ovvero: i 10 eventi che si verificano quasi- ogni anno in casa Lockwood la vigilia di Natale.

Punto 4: Ruby cerca il principe azzurro possibilmente uno che non si metta le dita nel naso

Finalmente, dopo il partitone a hockey che aveva generato un gran parapiglia in soggiorno, arrivò il momento che Xander attendeva ogni anno con ansia: la cena. Gli invitati si radunarono in sala da pranzo, contemplando il buon profumo che proveniva dalla cucina. Le mamme (con l’aiuto di qualche papà) si erano divise i compiti per preparare ognuna qualcosa; c’erano talmente tante pietanze che nessuno, nemmeno i più ghiotti del gruppo, avrebbe potuto abbandonare la stanza senza sentirsi pieno come un uovo. Mentre Lydia trafficava in cucina, mise i suoi tre figli ad apparecchiare tavola. Ricki, Caroline e Mason sistemarono piatti e bicchieri e Tyler si occupò delle bevande.
“Dove possiamo sederci?” domandò Elena, frugando la tavola alla ricerca di  eventuali segnaposto. Il padrone di casa indicò i suoi due figli maggiori.
“Voi due…date una mano con i posti.” suggerì, rivolgendo loro un’occhiata eloquente. I fratelli presero ad analizzare i presenti con fare concentrato.
“Allora, a capotavola avevamo pensato di mettere il babbo…” incominciò Caroline, afferrando il padre per il polso. Lo guidò al posto designato e fece pressione sulle sue spalle con le mani per farlo sedere. “…voialtri maschietti adulti potete sedervi qui vicino a lui, assieme allo zio Dorian.” aggiunse, indicando Jeremy e Matt. “E le signore tutte vicine da questo lato, così possono spettegolare fra di loro.”  concluse, sorridendo a Hazel, che le diede un buffetto sulla guancia. Ricki annuì. “Sì, insomma, voi vecchiacci da quel lato della tavola.” confermò, dando un pugnetto sulla spalla di Matt.

“Guarda che ti rifilo una seconda pallonata nel didietro se ti scappa di chiamarci di nuovo ‘vecchiacci’.” lo avvertì il padrino. Ricki gli rivolse un’occhiata insospettita. “Allora prima sei stato tu?”
Matt minimizzò con una scrollata di spalle. “Nah, è stato tuo padre.” si difese candidamente.

“Non mi avrete mica inserito nel gruppo ‘vecchiacci’, vero?” si introdusse  nel discorso Lex, facendo l’occhiolino a Caroline. La ragazza sorrise. “No, tu sei nel tavolo dei giovincelli, assieme a tutti noi. Vicino a Xander Bello!” specificò, picchiettando con  la mano su una delle sedie al centro.

“E lì c’è il tavolo dei bambini!” comunicò invece Ricki, indicando l’estremità ancora libera del tavolo. “Ovvero….Ruby, Twister, Oliver e Mase!” concluse, arruffando i capelli ai due adolescenti. Mason lo ignorò; prese posto vicino al migliore amico, a un paio di sedie di distanza dal punto indicatogli da Ricki. Twister lo imitò di riflesso, sedendosi alla sua destra.
“Vai a sederti vicino alla mamma.” gli ordinò il cugino, mentre la porzione di tavolo battezzata da Ricki ‘tavolo dei bambini’ veniva al contrario occupata da Julian e Jeffrey, Vicki e Autumn, oltre che da Ruby. Ricki si sistemò di fianco a Jeff e Caroline occupò il posto libero fra i due fratelli Gilbert. Damian scosse il capo con vigore, per poi arrampicarsi sulle ginocchia di Mason. Da lì, cercò di alzarsi in piedi, in maniera da poter esaminare al meglio tutti i presenti.  “Lui ha i capelli strani!” annunciò dopo un po’, indicando il crestino di Xander. Lo stava ancora analizzando con interesse, quando Lydia e sua cognata entrarono in sala da pranzo con le prime portate.

“Si mangia!” annunciò allegramente Xander, toccandosi lo stomaco. “Pancia mia, fatti capanna!” si raccomandò, prima di dare una gomitata a Caroline. “Senti un po’, biondina schizzinosa: tutto quello che non vuoi, lo prendi lo stesso e poi lo dai a me. Ti va?” Caroline sospirò. “Prima o poi qualcuno mi dovrà spiegare come cavolo fai a mangiare così tanto e a non avere nemmeno un filo di ciccia.” lo rimbeccò, dandogli un colpetto sulla pancia. Xander diede una scrollata di spalle.  “Il cibo va tutto a finire nei muscoli!” ribatté fiero, spostandosi, per permettere a Lydia di posargli gli affettati nel piatto. “E nei capelli…Che piacciono tanto al piccoletto.” aggiunse, facendo l’occhiolino a Damian.  Alla quinta fetta di salame, Caroline gli tirò via il piatto da sotto il naso. “Xander, sei un maiale!” esordì infine, scoccandogli un’occhiata contrariata.  “…siamo a malapena all’antipasto e hai mangiato più tu dell’intera tavolata messa assieme.”

Il ragazzo ridacchiò. “Scusa, mamma.” la rimbeccò, riappropriandosi del piatto.  Lex le scoccò un’occhiata compiaciuta. “Autoritaria, la biondina.” commentò rivolto al vicino. Xander sospirò. “Eh, anche troppo…” commentò, allungando la mano per prendersi un secondo panino, facendo ben attenzione a non farsi notare dall’amica.
“Ti ho visto!” dichiarò poco dopo la ragazza, abbozzando un sorrisetto divertito. “E tu…” esordì a quel punto, indicando il fratello minore con la forchetta. Mase, che era occupato a spezzettare al cuginetto una fetta di prosciutto, inarcò un sopracciglio nella sua direzione. “…non usare la scusa che devi tagliare le cose a Twister per non mangiare o giuro sulla mia adorata collezione di lupetti di peluche che vengo lì e ti imbocco. E poi ti strangolo.” lo minacciò, notando che non aveva ancora toccato cibo. Mason, che amava mangiare poco più di quanto amava essere abbracciato, la ignorò.

Ehy, Jeff…” esclamò Oliver in quel momento, cercando di spostare l’attenzione dei presenti su altro. “…c’è Ruby che ti cerca.” 

Il cugino gli rivolse un’occhiata incuriosita e poi si voltò verso la ragazzina che occupava la sedia di fianco alla sua. La bambina lo stava osservando con un sorriso timido, le fossette agli angoli delle labbra bene in evidenza e la forchetta ancora sollevata per aria.

“Ciao!” lo salutò allegramente, agitando la mano libera. Jeffrey si mise a ridere.
“Ciao!” rispose poi con dolcezza, ricambiando il sorriso. La bambina lasciò andare la forchetta e si attorcigliò una ciocca di capelli scuri sull’indice, un po’ intimidita.
“Sei bellissimo!” annunciò  poi, in tono di voce quasi sognante. Il gruppetto di presenti si mise a ridere, mentre il ragazzo arrossiva leggermente.  “E hai i capelli biondi come i principi!”
“…Ti ringrazio!” le rispose con gentilezza Jeff, colpendo con il gomito Ricki, che non riusciva più a smettere di ridere.

“Vuoi essere il mio principe azzurro?”  domandò a quel punto la bambina, improvvisamente ravvivata. Jeffrey sgranò leggermente gli occhi, imbarazzato e allibito al tempo stesso. “Il…tuo principe azzurro?” 

Ruby annuì, convinta.  “Uh uh!” concordò, allegramente. “Basta che non ti metti le dita nel naso!” si sentì in dovere di aggiungere poco dopo, assumendo un’espressione più seria. Ci furono di nuovo due o tre persone che ridacchiarono. 
“Tranquillo, Jeff!...” lo rassicurò in quel momento Caroline, decidendo di accorrere in suo aiuto. “…Ruby cerca di procurarsi almeno uno o due principi azzurri ogni vigilia di Natale. Forse dovremmo smettere di farle vedere i film sulle principesse Disney.”
“Sei una sorta di Vicki in miniatura, allora!” osservò Jeffrey, facendole un sorriso. Victoria rivolse un’occhiata intenerita alla bambina. “Vedrai che troverai presto il tuo principe azzurro!” le diede man forte, poggiandole un dito sul nasino. Gli occhi verdi della bambina brillarono di vivacità.
“Già ce l’avevo un principe azzurro, veramente!” esclamò concitata, tornando ad attorcigliarsi un ciuffo di capelli attorno al dito. Vicki si portò le mani sulla bocca, mostrandole partecipazione.“Sul serio?” chiese, fingendosi stupita. La bimba annuì. “Uh uh! Ma ieri l’ho lasciato, perché si metteva sempre le dita del naso.” spiegò, tirando poi fuori la lingua con fare disgustato. Dopodiché, si voltò nuovamente verso Jeffrey. “Non c’hai mica i pidocchi, vero?” domandò, un po’ insospettita. Questa volta anche il ragazzo si mise a ridere.

“Direi proprio di no.” La rassicurò, scuotendo il capo con fare divertito. La bambina tirò un sospiro di sollievo.  “è che i maschi della mia classe secondo me hanno tutti i pidocchi, perché non si lavano mai le mani e sono anche puzzolenti.” dichiarò seria, prima di scendere dalla sedia per potersi avvicinare a Jeff. “Se non ti metti le dita nel naso e non hai i pidocchi, allora sarai il mio principe azzurro!” dichiarò infine, entusiasta, tornando a sedere. Il ragazzo continuò a ridere, scuotendo il capo.
“Ma non sono un po’ grandicello per te?” cercò comunque di farla desistere. La bimba diede una scrollata di spalle. “Uh uh; no, il mio papà è più grande della mia mamma!” spiegò con tranquillità, riprendendo a mangiare. Dopo l’ennesima risata generale, il gruppetto di ragazzi fece altrettanto. Ruby non attirò più l’attenzione dei grandi per una ventina buona di minuti, fino a quando non si accorse che suo fratello Damian stava giocando con una monetina da venti centesimi. “Sono ricco, sono ricco!” stava gridando a squarciagola il bambino, picchiettando con la moneta sul braccio di suo cugino Mason.

“Anche io voglio una monetina!” si lamentò a quel punto Ruby, mettendo il broncio. Julian, notando l’espressione truce della bambina, si infilò una mano in tasca per poi sporgerla vicino al suo orecchio. “Ehy! Guarda un po’ che cosa c’è qui!” annunciò a quel punto fingendo di tirare fuori qualcosa dai suoi capelli. Aprì il palmo della mano e le mostrò una monetina da cinquanta centesimi. Ruby la raccolse subito, gli occhi verdi sgranati dallo stupore. Julian sorrise sotto i baffi notando la reazione della piccola al suo giochetto di prestigio; per incantare i bambini non ci sarebbe mai stato bisogno di ricorrere alla vera magia. Ruby lo fissò con intensità per una manciata di secondi. Infine, le sue labbra si inarcarono a formare un sorrisetto vivace, mettendo in evidenza le due fossette agli angoli.  “Tu ti metti le dita nel naso?” domandò rivolta a Julian, scrutandolo con attenzione. Jeffrey ridacchiò. “Occhio, J….  è una domanda a trabocchetto!” lo mise all’erta, mentre l’amico gli scoccava un’occhiata confusa. “Uhm…No?” rispose il ragazzo, tentennando lievemente. Ruby batté le mani, estendendo il suo sorriso. “Allora sarai tu il mio principe azzurro!” annunciò infine fiera, balzando giù dalla sedia. Per l’ennesima volta, i presenti si misero a ridere.

“Aspettate, sono appena stato scaricato?” domandò un confuso Jeffrey, mentre la bambina analizzava soddisfatta la sua monetina da cinquanta centesimi.

“Te l’avevo detto che un principe solo non le sarebbe bastato!” gli ricordò Caroline, sorridendo divertita. Vicki esordì in un risolino, accarezzando i capelli della piccola. “Questa principessa qui ha capito tutto della vita!” dichiarò, orgogliosa.

Punto 5: Si guardano vecchie fotografie E Lex si comporta da… Lex! -

“Ok: penso di essere pieno!” annunciò ad alta voce Xander, lasciandosi cadere su una poltrona. “Anche se di sicuro, qualche spazietto mi è rimasto. Dopotutto, c’è ancora una torta di compleanno che aspetta di essere mangiata.” dichiarò, leccandosi le labbra.

 “Che ne dite di qualche vecchia foto?” propose Ricki, entrando in soggiorno con un album spesso tra le mani. Gli invitati erano sparpagliati per la stanza, chi sui divani, chi sul tappeto. “ è gaggia come cosa, fa molto film: e poi questa sera mi sento nostalgico.”  Il padre gli scoccò un’occhiata poco convinta.
“Se fai il nostalgico a vent’anni, quando hai la mia età che fai?” lo rimbeccò, sistemandosi sulla poltrona di fianco a quella di Xander. Il ragazzo si tirò su  a sedere, cercando di assumere una posizione un po’ più composta, quasi non volesse fare una cattiva impressione.
“Andrò in giro col bastone e mi scapperà la pipì ogni mezzora.” scherzò Ricki, poggiandosi l’album sulle ginocchia e sorridendo affabilmente in direzione del padre. Tyler lo squadrò con intensità, prima di chinarsi per raccogliere il pallone da football da terra. Mimò il gesto di lanciarlo nella sua direzione e  il figlio sobbalzò, coprendosi il volto con le mani. “No, basta pallonate, ho afferrato il concetto!” dichiarò in fretta mentre, con un ghigno, l’uomo lasciava cadere il pallone sul tappeto.
“Sì, anch’io ho voglia di vedere qualche foto!” dichiarò Caroline, occupando un bracciolo del divano su cui era seduto suo fratello. Ricki aprì l’album e incominciò ad analizzare le fotografie. Le prime sembravano essere piuttosto vecchie; erano foto risalenti agli anni del college dei suoi genitori. Lydia e Tyler si erano conosciuti all’università. Lei era un’ordinaria ragazza di campagna; aveva trascorso buona parte della sua infanzia a prendersi cura degli animali che occupavano la sua fattoria, assieme ai genitori e ai fratelli. Giunta al momento di scegliere l’università, suo padre si sorprese nel sentirle dire che avrebbe frequentato la facoltà di veterinaria. Pensava che dopo una vita intera trascorsa a contatto con gli animali, si sarebbe volentieri cimentata in qualcos’altro. Pochi mesi dopo aver cominciato il suo corso, Lydia conobbe Tyler. Nell’album, Ricki trovò diverse fotografie di loro da giovani, incluse alcune del loro matrimonio.
“Papà, mi assomigli qui!” annunciò tutto fiero il ragazzo, mentre Ruby si appostava sul suo ginocchio per osservare meglio le fotografie. “Zia Lydia, sembri una principessa!” esclamò ad alta voce, indicando una foto della donna in abito da sposa. Lydia sorrise; smise finalmente di fare avanti e indietro fra la sala da pranzo e la cucina e si sedette sul divano di fianco al figlio minore, per potersi unire al gruppo dei presenti.
“Guarda un po’, ragazzino, qui ci sei anche tu!” annunciò a un certo punto Hazel, tirando Lex per la manica e indicandogli una delle fotografie. “E c’è anche l’altro ragazzino.” Proseguì, dando un colpetto sulla gamba al marito, che si chinò in avanti per poter osservare meglio l’album. La foto indicatagli da Hazel rappresentava un Jeremy piuttosto giovane vestito di tutto punto: era il giorno del suo matrimonio. Stava arruffando i capelli a un bambino di dieci o undici anni; Lex, allora ancora conosciuto come Xander , aveva un’aria vispa e un sorrisetto da canaglia che non avrebbe abbandonato il suo volto nemmeno in età adulta. L’uomo si appoggiò i gomiti sulle ginocchia e sorrise, riconoscendosi nel ragazzino della foto. “Quella è stata la prima volta che sono venuto in Virginia.” raccontò, spostando la sua attenzione verso i due coniugi Gilbert. “Non potevo di certo mancare al matrimonio di quel signore lì: dopo tutto è anche grazie a me se il signor architetto e la mogliettina si sono trovati.” dichiarò, annuendo compiaciuto. Oliver si sporse a sua volta per osservare la fotografia: suo padre era stato davvero un bel ragazzo. Somigliava molto a Xander, ma aveva il suo stesso sorriso. A Oliver piaceva guardare le foto di quel periodo, perché  Jeremy aveva un’aria più distesa e sembrava sereno, al contrario di quando era ragazzino. L’unica foto di quando suo padre aveva pressappoco la sua età che riguardava con piacere era quella in cui abbracciava Anna, la stessa che aveva utilizzato per ritrarla la prima volta.

Ricki riprese a voltare pagine e si fermò per indicare una seconda immagine. “Buonanotte!” annunciò allegramente, indicando un Jeremy un po’ più grande rispetto alla fotografia precedente. Era in compagnia del cognato e stavano sonnecchiando sul divano di casa Donovan; in un angolo, le due mogliettine se la ridevano, osservandoli ronfare. “Ehy! Guarda che stavamo lavorando per voi!” lo rimbeccò Matt, indicando prima Ricki, poi i due figli, ed infine Xander. “Stavamo ristrutturando la vecchia casetta sull’albero dietro casa.”
“E queste siamo io e te!” osservò in quel momento Elena, mostrando a Bonnie la foto accanto a quella di Matt e Jeremy. Rappresentava le due giovani donne sul dondolo di fronte a casa Gilbert: Elena aveva in braccio un bambino piccolo. Qualcuno doveva aver detto qualcosa di particolarmente divertente, perché sembravano  entrambe piegate in due dalle risate. Bonnie sorrise. “Me la ricordo, questa!” annunciò accarezzando con lo sguardo la fotografia. Vicki picchiettò sulla pagina con l’indice, bussando sulla spalla di Autumn con la mano libera. “Guarda, sembriamo proprio io e te!” le fece notare, rallegrata da quel fatto. Suo fratello, al contrario, assunse un’ espressione quasi perplessa. Ora che aveva di fronte una foto della madre da giovane, si accorse impressionato, di quanto fosse incredibile la sua somiglianza con  la ragazza che aveva conosciuto in Florida, qualche settimana prima. Diede una scrollata di spalle, rimuginando su quelle dicerie che riguardavano l’esistenza di persone quasi identiche in giro per il mondo; forse era la verità.

 “Quell’affarino in braccio a te chi è? Jeff?” domandò Caroline rivolta a Elena indicando il bimbo della foto. Il piccolo sorrideva, ciucciandosi tranquillo il pollice. La donna sorrise. “è il mio nipotino.” Lo riconobbe con tenerezza, dando un buffetto sulla guancia a Xander. “Sembra mingherlino, ma era già un gran mangione: me lo ricordo bene!”
Man mano che Ricki voltava pagina, qualcosa nelle fotografie incominciò a cambiare; i soggetti erano sempre gli stessi, ma gli adulti invecchiarono, mentre i bambini incominciarono a guadagnare qualche centimetro in altezza e a muovere i primi passi. Dopo cinque o sei pagine, l’attenzione di diverse persone venne catturata da una foto di gruppo di alcuni dei ragazzi; era stata scattata una vigilia Natale, di questo erano sicuri tutti. Ma risaliva a ben più di dieci anni prima. Sette bambini erano acquattati su un letto che Ricki riconobbe subito come il suo. “condividevo ancora la camera con Mase.” Osservò il ragazzo, notando il lettino del fratello minore alle loro spalle. “Non avevo più di sette o otto anni.”
Nella foto, Ricki sedeva proprio al centro e aveva un’espressione infastidita, mentre al suo fianco, Vicki lo abbracciava tutta entusiasta. “Quanto eri cattivo con me!” si lamentò la ragazza, fingendo di mettere il broncio. “Anche più di adesso!” Ricki fece una smorfia. “Vabbè, adesso lo sono il giusto, dai!” si difese, mentre Vicki continuava a tenergli il broncio. “Massì…” aggiunse infine il ragazzo, cingendole le spalle con il braccio. “…In fondo ti voglio bene.” ammise. Il volto della giovane si illuminò. “Quanto in fondo?” Il ragazzo roteò gli occhi. “Non andiamo a sondare troppo la questione: non sarebbe conveniente per te.” La rimbeccò, prima che entrambi tornassero ad analizzare la foto: alla sinistra di Ricki, Jeffrey sorrideva allegro, formando una “V” con le dita, in segno di vittoria. Dalla parte opposta del letto, Xander e Caroline si tenevano per mano, già allora muniti di pattini ai piedi.
“Toh! Ma guarda come eravamo belli!” esclamò a quel punto la ragazza, appoggiando il capo sulla spalla del migliore amico. Xander sorrise, cingendole la vita con un braccio. “Molto. Pure con quei capelli privi di personalità.” commentò, indicando la matassa di capelli scuri appartenenti al piccolo Alexander. Vicino a lui, sedeva Oliver; era talmente piccolo che lo si riconosceva a malapena, soprattutto per via del gigantesco cappello di Babbo Natale che gli copriva gli occhi. Aveva le gambe incrociate sulla trapunta del letto, un sorriso dolce e le mani impiastricciate di pennarello. Mase era seduto invece sul tappeto di fronte agli altri bimbi. Aveva le mani aggrappate alla punta delle sue scarpette e sorrideva intimidito in direzione dell’obbiettivo. “Quelle scarpe rosse me le ricordo.” comunicò in quel momento Tyler, additandole. Mason arrossì. “Te le ho comprate io.”

“Ce le ho ancora, tra l’altro!” dichiarò fiera Lydia, accarezzando i capelli del figlio. Ricki fece per dire qualcosa, ma la madre lo bloccò prontamente. “No, Ricki, non ti dirò dove sono, così potrai tormentare tuo fratello.”
“Tanto già so dov’è la copertina di Li-Linus, ed è più che sufficiente.” dichiarò compiaciuto, sfregandosi le unghie sulla camicia. “La mostrerò a tutte le ragazze che varcheranno la soglia di camera sua.”
“Provaci e sei morto.” Lo minacciò a denti stretti suo fratello, incominciando a mostrare chiari segni di imbarazzo.

“Ma quanto cavolo era dolce!” rincarò la dose Caroline, sorridendo intenerita al Mase in miniatura della fotografia. “Ti prego, torna così!” lo supplicò, incominciando a tirargli la manica della camicia. “Almeno potrei farti le coccole tutte le volte che mi pare.”

“Istituiamo una petizione per farlo regredire da teppista a soldo di cacio.” propose in quel momento Xander, arruffando i capelli del ragazzo. Mase si ritrasse bruscamente.
Ehy…” Li ammonì con un sorriso Lydia. “…Lasciate stare il mio bambino. A me piace così com’è.” dichiarò con dolcezza, facendogli una seconda carezza sul capo. Mason la lasciò fare, ancora rosso in viso.

“Comunque…” Tyler si introdusse nel discorso, tornando a indicare la fotografia.” “Questo è stato sicuramente l’anno in cui Alaric vi fece da Babbo Natale.  Voi pesti vi eravate messi a vedere un film horror, e vi siete spaventati a morte quando è arrivato a portarvi i regali.” Lydia si mise a ridere al ricordo.

“Quella notte ce li siamo ritrovati tutti nel lettone; Tyler era disperato!” raccontò agli altri adulti, evocando l’episodio avvenuto ormai tredici anni prima; i presenti si unirono alla sua risata. Concluso il racconto, Ricki riprese a sfogliare l’album di foto, osservandosi crescere, man mano che voltava pagina. L’ultima foto aveva come soggetto lui, Jeffrey e Julian il giorno della cerimonia per la consegna dei diplomi. Risaliva a meno di un anno prima.

“Che cos’è che mi sta penzolando sulla testa?” domandò a un certo punto Lex, avvertendo qualcosa sfiorargli i capelli. Hazel inclinò leggermente il capo per controllare. “è vischio, bello mio.” Dichiarò, sventolandogli il rametto di fronte agli occhi. “Dolcezze, fate attenzione: questo qui già è pericoloso al normale, figurarsi quando sta sotto al vischio!” annunciò infine, tornando a sedersi vicino al marito. Lex ridacchiò, intrecciando  le dita dietro la nuca, con fare canzonatorio. “Mi manca una donna, però!” esordì a quel punto, scoccando un’occhiata in direzione delle ragazze. Fece loro l’occhiolino. “Chi si offre?”

“Ci sono io!” annunciò trafelata Vicki, alzando in fretta la mano, “Posso?”

Ricki aggrottò le sopracciglia. Lex esordì in un ghigno compiaciuto, facendole cenno di avvicinarsi. “Si accomodi!” concesse con un sorriso, mentre la ragazza si alzava in piedi.

 “Scusa?”  mormorò fra sé uno sconcertato Ricki, azzardando un’occhiata in direzione dei due. In quel momento, un secondo scappellotto volò sulla testa di Alexander Davies.

“No.” Fu il commento categorico di Jeremy, seppur accompagnato da un sorrisetto divertito.  Lex roteò gli occhi. “Di certo non è sposata, architetto.” obiettò.

“Però è mia nipote.” gli fece notare l’uomo, dandogli una pacca sulla spalla. “Le tue zampacce su di lei non ce le voglio.”
“Il papà è d’accordo!” si introdusse nel discorso Matt, appoggiando un gomito sulla spalla del cognato. Lex sollevò le mani in cenno di resa. “Ho capito, ho capito!” si arrese con un sorriso, allontanandosi dal vischio. “State mettendo un po’ troppi paletti, però. Mi rendete le cose difficili.” obiettò infine, tornando a sedersi sul tappeto. Un mezzo ghigno fece capolino sul volto di Jeremy. “Tu nemmeno immagini quanto io e mio cognato siamo esperti nel mettere paletti, Tutankhamon.” gli sussurrò in un orecchio a bassa voce, per evitare che gli altri lo sentissero.
 “E no, non ci sono allusioni di carattere sessuale, nella fraseAnche se…”

Punto 6: Al momento della torta… Mase scompare.

Quando Ricki era bambino, aveva il vizio di rubare le scarpe dei suoi familiari per nasconderle in qualche luogo introvabile. Si divertiva come un matto a spiare un irritato – e scalzo – Tyler, mentre si aggirava imprecando per le varie stanze, alla ricerca di qualcosa da mettere ai piedi. Quando Ricki crebbe e si stancò di quel gioco, ci fu Silver che incominciò a nascondere oggetti in giro per la casa. E quando finalmente anche il cucciolo mise da parte quel vizio, nessuno stava ormai più prestando attenzione da tempo agli oggetti che sparivano, perché erano tutti troppo occupati a cercare altro: un bambino piccolo. Al contrario di suo fratello maggiore, Mase non era solito nascondere scarpe, ma direttamente se stesso. Spariva di continuo: in casa, all’asilo, per strada. Una volta cresciuto, quell’istinto a nascondersi, si era trasformato in un bisogno quasi cronico di scappare. Non spariva più solo in casa o nei dintorni del vicinato. Si aggirava per il bosco, prendeva l’autobus; alle volte taceva e basta, e sentiva di essere riuscito a fuggire, senza nemmeno muoversi di un millimetro.  Quando era più piccolo gli era perfino capitato di riuscire ad allontanarsi e a tornare a casa senza che nessuno si accorgesse di nulla. Non lo faceva per attirare l’attenzione. Aveva semplicemente il bisogno di dileguarsi, di ritagliarsi del tempo da spendere per conto proprio, quasi come se alle volte, trovasse la compagnia addirittura faticosa da gestire. Aveva bisogno di pause, di tanto in tanto, e così se le prendeva. Queste sue fughe momentanee continuarono a verificarsi con frequenza anche con l’arrivo dell’adolescenza. E in particolare, ogni vigilia di Natale, erano motivo di scompiglio in casa Lockwood, perché giunto il momento della torta, quando in teoria Mase avrebbe dovuto spegnere le candeline…nessuno riusciva trovarlo.

***

Dopo la visione dell’album di fotografie e qualche chiacchiera, i presenti tornarono in sala da pranzo per mangiare la torta. Lydia e Caroline ci avevano lavorato sodo per renderla tanto bella quanto gustosa: era una crostata  - il dolce preferito del festeggiato – e per farcirla, le due donnine di casa avevano alternato due tipi di marmellate diverse, in maniera che ricordasse una scacchiera.

“Ha l’aria di essere più che buona!” si complimentò Xander, sfregandosi le mani con fare impaziente. “Se Mase non spegne le candeline entro dieci minuti, penso proprio che lo farò io. E mi porto via la torta.”

Poco distante dal tavolo, Tyler si stava guardando attorno, chiaramente innervosito. “Dove diavolo è andato tuo fratello?” domandò secco, voltandosi in direzione di Ricki: Il ragazzo diede una scrollata di spalle. “Ti giuro che era qui un minuto fa. L’ho tenuto d’occhio fino all’ultimo.”

Oliver, che era seduto fra Xander e Lex, stava osservando la scena con la coda dell’occhio. Attese che i due coniugi Lockwood incominciassero a cercare invano il figlio nelle varie stanze della casa, mentre i presenti si rimpinzavano di biscotti allo zenzero. Aspettò di vedere Tyler sbuffare e Ricki ridacchiare, al pensiero di come puntualmente si ripetesse la stessa scena ogni anno, e attese anche che Lydia suggerisse di lasciare perdere e di lasciarlo stare: sarebbe comunque tornato, prima o poi. Infine, sempre con tranquillità, aspettò che tutti si dimenticassero dell’assenza di Mase per tornare alle loro chiacchiere, alle risate e ai pettegolezzi. E in quel momento, come tutti gli anni, Oliver si alzò. Abbandonò la stanza fischiettando, le mani in tasca e un’espressione rilassata a illuminargli il volto. Era completamente a suo agio con quella situazione, poiché si era ripetuta con costanza ogni vigilia di Natale, sin da quando lui e Mase erano piccoli. Ogni anno Mase spariva al momento della torta e in quelle occasioni, dopo avergli concesso un po’ di tempo, Oliver si alzava per andare a cercarlo; lo faceva, perché in fondo lo considerava un po’ come un suo compito. E sapeva anche che non avrebbe fallito: lo trovava sempre, alla fine. E lo trovò anche quella sera, accovacciato sul muretto dietro casa. Mase stava sfogliando un libro, nonostante la poca luce gli rendesse impossibile la lettura. Avvicinandosi, Oliver riconobbe il libro: era il suo regalo di compleanno. Gliel’aveva consegnato il giorno prima, intenzionato ad alleggerirgli l’impiccio di dover aprire tutti i pacchi in fronte ad amici e  parenti, sapendo bene quanto faticasse a sostenere gli sguardi incuriositi dei presenti. Era una di quelle accortezze che gli piaceva avere nei suoi confronti, specialmente il giorno del suo compleanno. Era una di quelle piccole cose a cui generalmente faceva caso solo lui, dettagli a cui le altre persone non badavano.  Forse erano proprio quelle piccole cose uno dei motivi per cui era riuscito a oltrepassare così facilmente le barriere dell’amico.

Quando Mase si accorse della sua presenza, sorrise. “Sei in ritardo.” osservò, mentre l’amico prendeva posto sul muretto di fianco a lui. Oliver annuì. “Ti ho abbuonato un po’ di tempo in più.” gli spiegò, “Consideralo il tuo regalo di Natale, visto che quello di compleanno già l’hai ricevuto.” specificò, con un sorriso, per poi rabbrividire, stringendosi nella felpa.
“Potevi almeno metterti un giubbotto, prima di uscire.” lo rimbeccò l’amico, accorgendosene. L’altro ragazzo diede una scrollata di spalle. “Non ci ho fatto caso.” ammise, infilando le mani nel tascone della maglia. Mase scosse la testa, rassegnato e divertito al tempo stesso; Oliver era l’unica persona di sua conoscenza che poteva dimenticarsi di mettere il giaccone, uscendo la sera in Dicembre. Si sfilò il suo giubbotto  e glielo passò.
“Non ce n’è bisogno…” tentò di ribattere l’amico. Mason lo ignorò. “Come  fai a trovarmi sempre, comunque?” domandò invece, incrociando le braccia sul petto ,per scaldarsi. Oliver diede una seconda scrollata di spalle, e si infilò il giubbotto dell’amico. “Non ne ho idea.” spiegò infine, avviandosi in direzione dell’ingresso con Mason al fianco. “Credo che sia il contrario, piuttosto.” ammise poi, fermandosi di fronte alla porta. “Sei tu che ti lasci trovare da me.”
Mase aggrottò le sopracciglia, leggermente perplesso. Tuttavia, non aggiunse nulla. Si limitò ad appoggiarsi con la spalla a una colonna, le mani in tasca e il libro di Oliver sotto il braccio. L’amico rimase di fronte alla porta, aspettando con pazienza che l’altro ragazzo si decidesse a rientrare. Si rese tuttavia conto che Mason aveva preso ad osservarlo in maniera quasi assorta. “Qualcosa non va?” domandò infine. sguardo. Mase scosse la testa. “Ti ricordi di quell’anno in cui ho deciso di nascondermi in garage?” chiese, riportando alla mente un ricordo appartenuto a diverso tempo prima. Sia lui, sia Oliver, non avrebbero potuto avere più di otto o nove anni. L’amico annuì. “Me lo ricordo; ci siamo infilati in macchina di tuo padre e abbiamo aspettato la mezzanotte lì dentro. Mi pare che fingessimo di essere su un aereo. O una navicella spaziale. Dicevi che saremmo state le prime persone a festeggiare il Natale fra le stelle invece che a terra.” ricordò, non riuscendo a trattenere un sorriso. Questa volta fu Mason ad annuire; il suo volto aveva assunto un’espressione insolita. Sembrava leggermente afflitto, quasi avesse preso a rimuginare su qualcosa che gli stava dando qualche difficoltà. “Ti sei perso tutti i festeggiamenti, quell’anno.” obiettò infine, tornando a infilare le mani nelle tasche dei jeans, rabbrividendo per via del freddo. “Ti sei perso la Vigilia di Natale.”
 “Non fa niente.” ribatté rapidamente Oliver. Si strinse nelle spalle, cercando di trovare le parole adatte per potergli spiegare quello che gli stava passando per la testa in quel momento. “C’eri tu…” si limitò ad aggiungere infine, pensando che in fondo quelle poche lettere sarebbero bastate a riassumere tutto. Ancora una volta Mason non disse nulla; tuttavia, Oliver non faticò a intuire dal suo sguardo che genere di pensieri gli stessero attraversando la mente. Sapeva che molte persone faticavano a comprendere la loro amicizia. Quello che Oliver faceva per Mase era perfettamente visibile, chiaro e netto, evidenziato dalla luce del sole; ciò che riceveva in cambio da lui, al contrario, era difficile da intravedere, perfino agli occhi dello stesso Mason; si nascondeva, proprio come lui. Eppure, a detta di Oliver, l’amico gli dava tutto; tutto ciò che non  poteva (o non voleva) arrischiarsi di donare agli altri. Aveva allentato le sue difese nel momento in cui si era reso conto che l’amico gli voleva bene e basta. Senza compromessi, né eccezioni. Oliver era riuscito in fretta a solcare la parte più interna della corazza che si era costruito il suo migliore amico. Con lui Mase aveva imparato a farne a meno ormai da tempo. Ed era bello. Era bello sapere di avere la sua fiducia.  Era bello sentirsi dentro che se solo avesse voluto tendere una mano verso di lui, Mase non si sarebbe scostato. Né irrigidito o altro. Ma era difficile farglielo entrare in testa. Ci aveva anche provato a spiegarglielo, ma sembrava quasi che Mase finisse per dimenticarsi sempre tutto. Si legava al dito ogni torto che subiva, ma non riusciva a fare lo stesso con le parole che comunicavano d’affetto: il cervello funzionava fin troppo bene, ma il suo cuore soffriva di perdite di memoria a breve termine.

“Meglio rientrare.” mormorò in quel momento Mason, staccandosi dalla colonna. “O ancora ti becchi un malanno per causa mia.” Oliver attese che Mase lo raggiungesse, prima di aprire la porta. “Guarda che sei tu quello senza giubbotto al momento.” gli ricordò. Mase gli rivolse un’occhiata divertita, abbandonando finalmente l’espressione crucciata. “è un caso il fatto che tu sia rimasto per tutto il tempo proprio sotto uno dei vischi strategici di Vicki?” domandò infine, accennando un sorrisetto sghembo che gli uscì piuttosto male, tenuto conto del fatto che aveva incominciato a battere i denti.

“Non ci avevo nemmeno fatto caso” rispose Oliver, eludendo il suo sguardo. Mason fece spallucce. “Guarda che se vuoi ti bacio" propose, raggiungendolo sotto il vischio. Oliver non riuscì nemmeno ad imbarazzarsi: vedendolo ridotto a una sottospecie di pulcino tremolante, tutto ciò che gli andava di fare era sorridere. “Muoviti a rientrare, che sembri una scultura di ghiaccio!” lo rimbeccò, spintonandolo con la spalla. Mason rise di nuovo, ricambiando la spinta. Infine, si decise a infilarsi all’interno della casa. “Come vuoi!” dichiarò infine, prendendo a salire le scale. “Vado a mettermi qualcosa di caldo.”   

Mason rimase in silenzio per un po’, e Oliver non riuscì a comprendere se stesse effettivamente riflettendo, o se volesse semplicemente guadagnare tempo. "Nessuno ha mai cercato di impedirmelo" rispose infine, distogliendo lo sguardo.

E con quello, Oliver capì che la conversazione era conclusa.

 

 

Nota dell’autrice.

Ed eccoci con la parte due >.< Ho pensato di postarla prima delle feste, perché l’ultima probabilmente arriverà dopo XD In questa seconda parte abbiamo avuto dei momenti un po’ più tranquilli, sorvolando forse il primo pezzo; ma andiamo in ordine!
1. Come ha fatto notare Jeffrey, Ruby è una sorta di Vicki in miniatura: chiacchierona e con la fissa per il principe azzurro. Julian, da bambino, ha imparato un sacco di trucchetti di prestigio, perché era in fissa con Harry Potter ed era convinto di essere un mago (e difatti, non si sbagliava :3).

2. Nella seconda parte del capitolo ci sono un paio di riferimenti ad altre one-shot. La foto del gruppetto di pargoli da piccoli (con tanto di Mase con le scarpette rosse <3) è stata appunto scattata nel fatidico Natale raccontato in A Very Scary Christmas. La storia della copertina di Li-Linus, viene invece raccontata in Li-Linus is adorable. Lex fa riferimento a Pyramid quando spiega che è stato grazie a lui che Jeremy e Hazel si sono avvicinati. Infine, la casa sull’albero di cui parla Matt, è quella che c’è sul retro di casa Donovan, protagonista indiscussa di Let it Slide, dove il piccolo Jeffrey fa comparsa per la prima volta <3

3. La scena Masiver. Uh, ecco, diciamo che quando scrivo gli spin off mi diverto a lasciar emergere il lato slash di questi due; chi ha letto Airplanes can Wait e giusto sbagliato non si sarà stupito della cosa, gli altri probabilmente un po’ sì. Il fatto è che nella mia ottica, come penso si sia potuto intuire dalle sue riflessioni, Oliver prova qualcosa per Mase che va ben aldilà della semplice amicizia. Mase non lo sa, ma qualcosa percepisce, e da lì spuntano fuori le varie frecciatine che si diverte a indirizzargli. Questa parte, come anticipato prima, è un po’ più introspettiva e si distacca un po’ dal resto della storia. Ma avevo bisogno di approfondire un paio di cose su loro due e sulla personalità di Mase (mpfh, c’è sempre qualcosa di dire a proposito della personalità di Mase -.-) perché le trovo utili anche al fine di comprendere meglio alcune cose di HR. E visto che nella storia originale non c’è mai il tempo per dire tutto, ne approfitto con gli spin off, quando posso :3

4. Passando a ciò che accadrà nella prossima parte: beh, ci sarà un punto tutto dedicato ai due cugini, Mase e Damian. Un punto in cui avremo un passaggio con accenni delle ship più quotate (Rictoria e Xanderine), e un paio di punti con tutti. Ah, e un passaggio Masoline. Nel frattempo vi auguro buone feste, buon Natale e buon tutto quanto <3

 

Un abbraccio!
Laura

 

   
 
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