*Questa fanfic contiene alcune scene di carattere violento e
alcune relative al sesso. Non sono particolarmente eccessive e descrittive,
tuttavia chi pensasse di poter non sopportare questo genere di situazioni, è
pregato di non continuare a leggere.*
*
« Dedico questa oneshot a
Marcycas - The Lady of Darkness. Una delle migliori autrici presenti su EFP. Quando tornerai, come
già avrai saputo leggendo le risposte alle ultime recensioni che mi hai
lasciato, io sarò a Roma e di conseguenza non potremo più comunicare tanto
spesso via commenti. Sappi che sono stata felice di conoscerti, via web e che
spero che ci sentiremo ancora, magari via e-mail =) Un bacio. »
The Perfect Drug
Draco Malfoy
sussultò all'improvviso, portandosi seduto sul letto a baldacchino. Il
dormitorio era immerso in un silenzio irreale, rotto dal solo russare dei suoi
compagni di camera, Tiger e Goyle su tutti. La luna brillava alta nel cielo,
illuminando una splendida e fresca serata autunnale.
Si portò una
mano sul petto, nel vano intento di regolarizzare il respiro. Sentiva il cuore
battergli a ritmo incessante e piccole gocce di sudore, scivolargli dalla
fronte fin sul collo.
Di nuovo
quegli effetti, ancora quel sogno che gli tormentava le notti. Nuove
situazioni, frasi diverse -e ugualmente senza senso, a parer suo-, ma sempre lo
stesso soggetto. Non ce la faceva più. Sentiva la fronte bruciargli. Aveva la
gola arsa. Senza contare quella fastidiosa sensazione di vuoto al risveglio. E
che risveglio poi!
Strisciò
fuori dalle coperte, scostando da un lato le cortine verdi e indossando una
vestaglia da camera in seta ricamata, sopra i soli pantaloni di cotone
nero.
La Sala
Comune era maledettamente rilassante, quando era il solo ad occuparla. Nessun
compagno idiota in cerca di aiuto per i compiti, nessun commento stupido di
quei due scimmioni che lo seguivano ovunque e per fortuna, neanche la voce
irritante di Pansy Parkinson.
Gettò
un'occhiata all'orologio da taschino, prettamente babbano, che gli era stato
regalato per un compleanno, da un amico. L'aveva conservato solo perché d'oro e
perché, nonostante tutto gli pareva un'idea originale, il che la diceva grossa,
con quella massa di decerebrati che lo circondava.
Erano a
malapena le tre di notte.
Non poteva
continuare così. Il suo fisico non avrebbe retto molto a lungo. Più volte aveva
pensato di farsi preparare un sonnifero da Madama Chips, ma altrettante volte
si era bloccato a metà strada tra la Sala Comune dei Serpeverde e l'infermeria.
Quell'impicciona dell'infermiera lo avrebbe costretto a subire una delle sue
pallosissime visite e gli avrebbe fatto mille domande. No, non era esattamente
ciò che voleva lui.
Quello che
chiedeva era un po' di sano riposo.
Restò
incantato ad osservare un punto indefinito di fronte a lui, dritto verso il
fuoco che scoppiettava nel camino sempre acceso. Atto a riscaldare quei
sotterranei così freddi, dove erano relegati gli studenti della sua Casa. Ma in
realtà non guardava nulla. Si era perso di nuovo nei suoi pensieri e solo dopo
qualche minuto, si era deciso a scrollare il capo e ritirarsi nella sua camera,
per cercare di riaddormentarsi.
- - - - - - - - - - - - - -
Infilò una
mano nella tasca interna del mantello, controllando ancora una volta l'orario.
Il corridoio che conduceva all'aula di Storia della Magia non gli era mai parso
così lungo e pesante da percorrere. Nonostante il passo veloce, costatò che era
in atroce ritardo ed era convinto che stavolta quel fantasma logorroico di Rüf
non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
Udì uno
scalpiccio alle sue spalle e un istante dopo, una furia mora e boccolosa, era
avvinghiata al suo braccio. Abbassò di poco lo sguardo; Pansy gli sembrava una
bambina piccola tante volte. E proprio per questo le dava immensamente
fastidio. Era viziata e immatura. Tutto ciò che in una ragazza non riusciva
proprio a sopportare. Inoltre, si era ormai reso conto, che si trattava di una
cosa a pelle. Non c'era quel qualcosa, che i ragazzi di quell'età definivano
"chimico". O più volgarmente, ormonale. Non si era mai eccitato col
suo profumo addosso, non aveva mai avuto l'ardente desiderio di toccare la sua
pelle o sfiorarle i capelli, più di quanto non fosse necessario. Non aveva mai
provato, verso di lei, ciò che ogni adolescente normale dovrebbe sentire: desiderio.
"Anche
tu in ritardo, Draco?!" Domandò festosa, stringendo più del dovuto il
braccio del biondino e sorridendogli maliziosa.
Il Serpeverde
sistemò la manica del mantello, con alcune dita libere dall'ingombro del libro,
seguitando a camminare, con aria altera. "Sì e se continui a tirarmi a
quel modo, finirò per peggiorare la mia situazione."
"Quanto
sei freddo." Si lamentò, sporgendo il labbro inferiore di un bel rosa
acceso, con fare infantile.
"Quanto
sei appiccicosa."
Un gruppetto
misto, che gli sembrò riconoscere come Grifondoro, li sorpassò ridacchiando.
Non ebbe modo di constatare chi fosse presente tra di loro e se fossero
veramente della Casa avversaria, non aveva prestato troppa attenzione allo
stemma sul mantello nero. Era certo però, che con loro non c'erano nè San
Potter, né la Mezzosangue, né tantomeno Lenticchia... perché di sicuro se ne
sarebbe resto accorto se nel mezzo, ci fosse stato o meno uno di quegli sporchi
Weasley.
Un delicato
aroma fragolino, però, lo stordì momentaneamente. Sentì che lo avvolgeva
con tutta la sua dolce intensità, catturandogli i sensi.
Fu
automatico, per lui, cercare di risalire alla proprietaria di quel profumo così
stimolante.
Si voltò
verso il gruppo che svaniva dietro l'angolo, arrestando per un po' il suo passo
accelerato; la ragazza ancora attaccata con forza al suo braccio, per nulla
intenzionata a mollarlo.
Quell'essenza
aleggiava ancora a mezz'aria, nel corridoio, ma ormai non c'era più nessuno
tranne lui e la sua compagna.
"Hai
cambiato profumo, Pansy?!" Le chiese, inarcando un sopracciglio con piglio
indagatore.
La mora
Serpeverde sbatté un paio di volte le palpebre, scuotendo appena i boccoli
scuri. "Oh no! E' sempre quello che mi ha regalato Millicent."
Storse il
naso, ricordando a qualche profumo alludesse... o meglio, cercando di
ricordare. Con suo immenso stupore si rese conto che, non ci riusciva. Non
riusciva a concentrarsi su nessun altro odore, che non fosse quella penetrante
fragranza alla fragola che aveva sentito qualche minuto prima. E tutto ciò era
sconvolgente. Pansy adorava quel profumo che le era stato regalato, quasi ci
faceva il bagno; perciò era più che abituato ad annusarlo costantemente,
impossibile che non lo ricordasse!
"Che
succede, Draco?!"
Il biondo
scrollò le spalle. "Niente... affrettiamoci!"
-
Non era poi
così male quella situazione. Per molti, impegnarsi nella ronda notturna,
obbligo di ogni buon prefetto, era una vera noia, una pura e semplice
scocciatura. Solo lui, a quanto sembrava, la trovava rilassante. Primo, perché
non aveva nessuno intorno. Secondo, perché anche se fosse andato a dormire,
allo stesso orario dei suoi compagni, non avrebbe comunque chiuso occhio. Tanto
valeva occupare il tempo con qualcosa di diverso, seppur noioso.
In quel
corridoio sembrava tutto apposto.
Giunse alla
fine, evitando di ascoltare il cicaleccio di un paio di ritratti, raffiguranti
donne d'epoche antiche, che lo indicavano e commentavano, sebbene non avesse
capito ancora cosa.
"Lumos!"
Pronunciò, facendo illuminare la punta della bacchetta, per proseguire in un
posto per niente raggiunto dai raggi di luna e a dirla tutta, un po'
inquietante.
Si fermò di
colpo. Non poteva averne la certezza assoluta, ma per un attimo, gli era parso
di udire un rumore. Un rumore di passi, per la precisione. Passi che si
muovevano verso di lui. Alzò la bacchetta, cercando di individuare il possibile
fuggiasco notturno.
Niente. Il corridoio
sembrava perfettamente sgombro, fatta eccezione per qualche armatura, disposta
accanto alle pareti e il lieve russare di un ritratto: un uomo anziano, seduto
su uno scanno lavorato.
Fece per
tornare sui suoi passi, ma qualcosa lo trattenne.
Fragole...
Di nuovo quel
profumo che aveva sentito al mattino. Non poteva sbagliarsi, assolutamente no.
Lo aveva avuto nelle narici tutta la giornata, non riusciva a toglierselo dalla
testa, difficilmente avrebbe potuto sbagliarsi. No, anzi, era escluso che
potesse.
Si fermò in
mezzo al corridoio, riducendo gli occhi a due strette fessure, cercando di
aguzzare la vista, in quel buio pesto. Il rumore di prima, però, sembrava
svanito nel nulla. Il che rendeva tutto molto più difficile, realizzò. Se non
che...
Se si
concentrava, riusciva ad avvertire qualcosa. Un respiro, quasi certamente. Sì,
non c'erano dubbi. C'era qualcuno nel corridoio e quel qualcuno, stava tentando
di calmare il proprio respiro.
Avanzò a
tentoni, portando le mani avanti, come fosse cieco. Chi lo avesse visto in quel
momento, lo avrebbe quasi certamente dato per pazzo. Draco Malfoy, in piena
notte, che giocava a mosca cieca con un fantasma, in uno dei tanti luoghi
isolati di Hogwarts.
La bacchetta,
stretta sotto un braccio e ancora accesa, gli permetteva di vedere ben
poco.
Quando fu
molto vicino ad una vecchia armatura, poté udire distintamente un verso. La
fuggitiva (perché quel profumo apparteneva per forza ad una ragazza) doveva
essere lì vicina e doveva essere anche abbastanza spaventata, da cercare di
trattenere il fiato, lasciandosi sfuggire un suono che l'aveva tradita.
Mosse le mani
in punti imprecisati, trovando dinanzi a sé solo aria; fino a quando,
allungandosi un po', percepì qualcosa di fresco e morbido, sotto il palmo. Un
tessuto. Lo tirò a sé con forza, indugiando un po' quando lo sentì crollare ai
suoi piedi.
Di nuovo
quell'essenza e stavolta ce l'aveva davvero vicina; alzò la bacchetta, rendendo
più o meno chiara l'immagine di chi era di fronte a lui.
"Dannazione!"
Imprecò a voce bassa; l'esile figura, perché per quanto buio fosse, riusciva a
capire che si trattava di qualcuno molto più basso, anzi bassa, di lui, gli
nascondeva il volto con le braccia incrociate. "Nox!"
Senza
perdersi d'animo l'afferrò per un polso, trascinandosela dietro con ancora in
mano quel pezzo di stoffa e la bacchetta ormai spenta.
Doveva
trovare un punto più illuminato, un posto dove riuscisse finalmente a capire
chi si stava portando dietro e soprattutto, a chi appartenesse quel profumo,
che in quegli istanti lo stava nuovamente stordendo.
Quando furono
in un punto meno oscuro del corridoio, la trasse vicino ad un finestrone.
Rischiarata dalla pallida luce lunare, la ragazza mostrò il suo volto, ad un
Draco Malfoy alquanto shockato.
Una chioma
fulva, rossa come il fuoco e notevolmente scompigliata, un paio di profondi
occhi azzurri, una bocca carnosa, del colore delle ciliegie e una pelle bianca,
spruzzata di lentiggini. I tratti del viso, morbidi, come quelli del corpo. Esile,
minuto, abbondante solo dove strettamente necessario, racchiuso in una
camicetta bianca, fin troppo stretta, di cui i primi bottoni slacciati. Le
lunghe gambe magre, lasciate scoperte da una gonna scolastica forse un po’
corta. Un calzino abbassato alla caviglia e l’altro alzato a coprire il
polpaccio sodo. Ai piedi, un paio di semplici ballerine nere.
“Tu.” Soffiò
quasi strozzato dalla sua stessa aria.
Ginny lo
guardò un po’ spaesata. Non seppe dire se aveva paura di lui, o semplicemente
di quello che poteva farle, avendola scoperta a girovagare per i corridoi a
quell’ora. “M-Malfoy…”
Lo sguardo di
Draco cadde a metà tra il collo e il seno, della rossa. Un piccolo segno
violaceo spiccava sulla pelle d’alabastro. Gli venne spontaneo sfoderare uno dei
suoi ghigni, poco apprezzati. “Ma guarda un po’ chi abbiamo qui. Ginevra
Weasley, la piccola principessa delle toppe, di ritorno da un non troppo
galante incontro notturno.”
Gli occhi
azzurri di lei saettarono. “Non sono affari tuoi!”
“E’ qui che
ti sbagli mia cara!” Sibilò maligno, strattonandole il braccio con fare
minaccioso.
Non riusciva
a controllarsi, a reprimere quell’impulso di schiaffeggiarla. E non sapeva
perché. Tutto ciò non faceva altro che aumentare la sua collera! Non lei. Una
Weasley non poteva avere quel profumo, che aveva osato circuirlo, non aveva
alcun diritto di averlo!
Ginny si
morse piano il labbro inferiore, brillante di un misero residuo di gloss
trasparente. “Mi fai male…”
“Pensi che me
ne importi qualcosa, Weasley?!”
La giovane
Grifondoro sgranò gli occhi. “No, certo che no. A te non importa niente di
nessuno. Se non di te stesso, vero Malfoy?!”
“Non. Osare.
Mai. Più. Rivolgerti. A me. Con quel. Tono.” Scandì bene, lasciandole di scatto
il polso e afferrandola per le deboli spalle. “Chiaro?!”
Ginevra
digrignò i denti, divincolandosi dalla presa salda del biondino e puntandogli
il dito indice sul petto. “Malfoy, guai a te se azzardi a toccarmi un’altra
volta! Non hai il diritto di farlo!”
Draco sfoderò
di nuovo il suo ghigno gelido. “E invece chi ne ha il diritto, piccola
pezzente? Il responsabile di quel bel marchio, forse?!”
La rossa si
mostrò scandalizzata, coprendosi alla bene meglio un po’ tutto il decolleté,
non riuscendo a capire esattamente dove fosse il succhiotto. “Dean è il mio
ragazzo!! Lui… lui può…”
“Che può, si
era notato.” La schernì con indosso una maschera di biasimo. “Quello che mi chiedo è: perché mai un tipo
come Dean Thomas, perde tempo con una mocciosa babbanofila, come te?!”
Uno schiaffo
ben assestato, sulla guancia, lo zittì definitivamente. Sconvolto, e
incredibilmente soddisfatto per quella reazione, inaspettata, si portò una mano
sul colpo ricevuto. La guardò sparire nel buio del corridoio, dopo avergli
strappato di mano quel pezzo di stoffa, restando con ancora impresso
quell’aroma, che persisteva nell’aria, nonostante lei già non ci fosse più.
-
Il suo
bellissimo gufo reale planò sulla tavola dei Serpeverde. Puntuale come sempre.
Afferrò in fretta la sua copia della “Gazzetta del Profeta” e quella di “Pluffe
e Bolidi”. Nessuna lettera di sua madre o suo padre, allegata. Meglio non
poteva chiedere. Odiava rovinarsi la giornata, già a partire dalla colazione.
Gettò un
rapido sguardo a Tiger e Goyle, seduti uno alla sua destra e uno alla sua
sinistra, intenti ad ingozzarsi come sempre. Un moto di disgusto lo assalì,
facendolo decidere a servirsi della sua razione di porridge, uova e bacon.
Ignorò volutamente Pansy, che gli si era seduta di fronte e gli lanciava
qualche sorrisino complice, nel vano tentativo di attirare la sua attenzione il
più possibile.
I suoi occhi,
però, corsero alla figura che si intravedeva in mezzo alle sagome di alcuni
studenti di Tassorosso e Corvonero, che si stavano alzando dalle loro tavolate.
L’espressione sul viso della Parkinson, aveva un che di gioioso. Evidentemente,
si ritrovò a pensare Draco, credeva che la stesse guardando. Ma no. No, lui era
tutto preso dal gruppo di Grifondoro, intenti a parlottare tra di loro tre
tavoli più avanti.
O per lo
meno, Lenticchia e San Potter parlavano, perché invece, la
Mezzosangue-sotto-tutto-io stava leggendo un libro di dimensioni spropositate,
sorseggiando qualcosa da un calice e la stupida stracciona flirtava in maniera
indecente con il moretto seduto accanto a lei.
Non che
stessero facendo nulla di volgare o inguardabile. Questo no.
Se ne stavano
fronte contro fronte, però, con un sorriso ebete assolutamente odioso stampato
sulle labbra. Le braccia di lei, avvolte intorno al collo del ragazzo e quelle
di lui… già. Dov’erano finite le mani di lui?
Draco scosse
la testa freneticamente. Probabilmente le aveva stretto la vita, con fare
mieloso.
Continuò a
studiare i due, ignari del suo sguardo curioso, fino a quando Dean abbassò la
testa, nascondendo il volto in mezzo alla chioma fulva di Ginny, quasi
sicuramente baciandole il collo.
Disgustoso…
“Che scena
riprovevole!” Mugugnò Pansy, avendo intuito –finalmente- la traiettoria dello
sguardo del biondino. “Come si fa a baciare, in quel modo poi, una come lei! E’
quanto di più rivoltante abbia mai visto, non è vero, Draco?!”
Questi si
limitò ad annuire, tornando a dedicarsi alla sua colazione.
-
Quell’ora
doppia, di Trasfigurazione, lo aveva veramente buttato a terra. La McGranitt
sapeva essere tremenda, quando voleva. Aveva avuto la brillante idea di
togliere ai Serpeverde ben 30 punti, per uno stupido errore di calcolo nel suo
tentativo di trasformare uno scarafaggio in un piattino da the. Ma cosa ben
peggiore, lo aveva ripreso e umiliato davanti a Potter e la sua allegra
combriccola. Inaudito.
Aveva bisogno
di rinfrescarsi un po’ le idee e aveva imparato, in ben sei anni di scuola, che
non c’era niente di meglio di una bella passeggiata nel parco di Hogwarts, per
sbollire rabbia e nervosismi. Nel momento in cui, quindi, gli si parò davanti
la porta che dava all’esterno, il suo umore mutò immediatamente.
Quando fu lì
lì per varcare la soglia, però, qualcuno gli andò a sbattere contro, cadendo in
maniera molto goffa per terra. Era sul punto di lanciare un epiteto poco carino
al distratto di turno, ma con sua somma sorpresa e soddisfazione si accorse che
si trattava di una ragazza. O meglio, della Granger.
“Guarda dove
vai, Mezzosangue!” Esclamò allontanandosi subito dopo, con aria altezzosa,
senza neppure l’intenzione di aiutarla ad alzarsi da terra o a raccogliere i
libri, che le erano sfuggiti di mano durante la caduta.
Quel piccolo incidente di percorso, non fece che
accrescere il suo ritrovato buonumore. Punzecchiare Sfregiato o chiunque lo
circondasse, gli regalava sempre una sensazione di appagamento, alleggerendogli
subito qualsiasi tensione.
Percorse
quella specie di labirinto che formavano le siepi curate dalla professoressa
Sprite, raggiungendo quel posto isolato e tranquillo, che aveva scoperto l’anno
precedente. Un luogo che era solito frequentare in situazioni come quella. Il
suo albero preferito. Una vecchia quercia secolare, nascosta da un bel verde
rigoglioso.
Fu con un
certo stupore, misto a indignazione, che trovò quel posto già occupato.
Da quella
posizione non riusciva a scorgere con esattezza, particolari che lo facessero
risalire all’occupante di quel posto che era ormai suo di diritto. Inutile dire
che il suo sdegno crebbe, quando si rese conto che l’invasore non era uno,
bensì due. Una coppia.
Non gli
risultò difficile intuire che fossero impegnati in qualcosa di molto piacevole, per rendersi anche solo conto
di aver usurpato il suo piccolo eden.
Si spostò
lievemente, quel tanto da riuscire a capire chi fossero i due. Notò il ragazzo,
di schiena per tre quarti, baciare con voracità le labbra della giovane preda;
una mano, si accorse Draco, era sparita sotto la camicetta bianca, ormai alzata
quasi fin sotto il seno e l’altra… non ne era certo al cento per cento, ma dato
l’ordine scomposto in cui versava la gonnellina corta e grigia, era quasi
sicuro le accarezzasse la gamba snella.
“Mhm… Dean,
basta…” Sentì pronunciare con stizza. “…potrebbero vederci!”
“Chi vuoi che
ci veda qui? Siamo nascosti…” Udì ancora, stavolta in risposta, prima che il
ragazzo spostasse le labbra dalla bocca, di quella che aveva ormai identificato
come Ginevra, al collo della stessa.
Malfoy
strinse i pugni con forza, fino a che le nocche delle mani non divennero
rosse. Non aspettò certo di sapere cosa
decidessero di fare i due, se proseguire quello spettacolo a dir poco penoso o
smettere lì e fatto dietro front, percorse al contrario la strada fatta pochi
minuti prima, rientrando al castello.
-
“Draco, puoi
aiutarmi con questo compito di Pozioni?!” Gli domandò tristemente Pansy,
sedendosi di fianco a lui all’immensa tavolata e distraendolo dal suo lauto
pasto.
Il biondo
alzò gli occhi dal piatto di pasticcio di rognone, con una smorfia infastidita.
“Possibile che tu debba rompermi le palle nei momenti meno opportuni,
Parkinson?! Non vedi che sto mangiando e soprattutto, il tuo cervello ha smesso
di funzionare? E’ domenica, vorrei evitare di pensare alle lezioni, almeno fino
a stasera!”
La mora
ripropose il broncio da bambina, mostrandosi dispiaciuta. “E dai! Proprio
perché è domenica, abbiamo più tempo a disposizione. Gli altri giorni, tra
lezioni e allenamenti, non hai mai tempo per aiutarmi…”
Ed
effettivamente, ciò che aveva detto Pansy, era vero. Essendo al sesto anno, non
poteva prendere sotto gamba nessuna delle lezioni che aveva scelto di
proseguire dopo i G.U.F.O., inoltre aveva anche gli allenamenti di Quidditch,
che non erano poco, da quando Marcus Flitt si era diplomato e aveva lasciato a
lui la squadra, in veste di Capitano.
Con un
sospiro seccato, che fece comparire sul volto della sua compagna un largo
sorriso, annuì. “D’accordo. Andiamo in biblioteca, appena finito di pranzare.
Così avremo a portata di mano tutti i libri che ci servono per completare la
tua maledetta relazione.”
“Grazie! Sei
un tesoro!” Esclamò esultante la mora Serpeverde, provocandogli un ringhio
sommesso. Tutto poteva sentirsi definire, Draco, meno che un tesoro. Lui non era un tesoro. Era cattivo, arrogante, sadico,
crudele, non era certo come Potter, lui!
La parola di
un Malfoy, però, era pur sempre una parola d’onore. Sebbene suo padre non
avesse la stessa identica idea. Quindi, come concordato, a fine pranzo i due si
alzarono dal tavolo della loro Casa e seguiti a ruota, come sempre, da Tiger e
Goyle, che continuavano a gozzovigliare con delle merendine, anche durante il
tragitto, percorsero i corridoi che li avrebbero condotti sino in biblioteca.
A metà
dell’ultimo corridoio che rimaneva loro, per raggiungere la meta, Draco si
bloccò. Non riuscì a mettere nell’ordine esatto se avesse sentito prima quel
profumo, ormai fin troppo familiare, o visto la coppietta di Grifondoro,
camminare nella direzione opposta alla loro.
Le sue gambe,
però, si mossero da sole, facendogli riprendere il cammino. Sembrava inseguisse
quell’essenza, si era rassegnato a trovarla ovunque andasse, a respirarla
ovunque si trovasse. Sempre. E tutto ciò era veramente troppo!
Senza badarci
troppo, passò in mezzo a Dean e Ginevra, urtando quest’ultima e facendole
cadere a terra il blocco di libri che aveva tra le braccia. Non sapeva se in
realtà, si aspettava un reazione da parte sua, magari un rimprovero, o un
attacco da parte del paladino che l’accompagnava, ma ignorò di proposito l’urlo
poco signorile che gli lanciò il Grifondoro e quando li ebbe oltrepassati, si
accorse con rammarico che avrebbe di gran lunga preferito che a rispondergli
male fosse stata lei. Ginny. La quale però non aveva fatto una piega e si era
inginocchiata a raccogliere i tomi.
“Oh scusa,
non ti avevo vista.” Fece con un palese finto tono dispiaciuto, voltandosi
verso di loro. Sogghignò nel guardare lo sguardo infuocato con cui Dean Thomas,
sperava forse di fulminarlo.
“Non fa
niente.” Rispose atona lei, senza neppure voltarsi, ma alzandosi e riprendendo
a camminare lungo la sua strada, seguita dal compagno.
Un’improvvisa,
bruciante rabbia, si fece spazio in lui, mentre quella fragranza alla fragola
gli invadeva i polmoni, impedendogli di respirare.
-
Odiava quel
posto. Avrebbe preferito la tranquillità sudicia e puzzolente della Testa di
Porco. Ma no! I suoi compagni avevano avuto la brillante idea di trascinarlo ai
Tre manici di scopa. Avrebbe tanto voluto rifiutare e rimanere ad Hogwarts, a
cercare di dormire, almeno quel giorno. Ormai non chiudeva occhio da ben tre
settimane. Peccato che gli altri non fossero di quell’avviso e nonostante le
ripetute minacce di morte, che aveva lanciato loro, lo avevano quasi trascinato
in quel pub del cavolo, promettendogli che non avrebbero fatto molto tardi e
che, se necessario, sarebbero rientrati ad Hogwarts, addirittura prima del
resto della scolaresca.
Non credeva,
però, che il fato gli fosse così avverso.
Così come
aveva messo posto nel locale di Madama Rosmerta, infatti, una pessima visione
gli si era parata dinanzi agli occhi.
Ginevra
Weasley era seduta al bancone del pub, impegnatissima in una fitta
conversazione con la proprietaria. Rimase stupito di se stesso, nell’apprendere
che si era imbambolato a fissarla, con un’aria tra l’incuriosito e il perfido.
Non ne aveva perso una sola mossa.
Sentì la gola
che gli bruciava, quando vide il boccale di burrobirra fumante, raggiungere,
sfiorare e quindi appoggiarsi alle labbra piene e rosse di Ginny. E lui ne
aveva seguito ogni azione, quasi al rallentatore.
Sbatté più
volte gli occhi, come per svegliarsi da un sogno e si gettò un’occhiata
intorno. Il resto del gruppo dei Serpeverde aveva occupato uno dei tavoli più
nascosti ed erano intenti a parlottare di non voleva neanche lui sapere cosa.
Adocchiò velocemente Zabini, che gli passava accanto con un boccale di liquido
caldo e glielo tolse dalle mani, non premurandosi nemmeno di chiedergli scusa,
ma d’altronde, non sarebbe stato un comportamento da Malfoy.
Camminò
velocemente verso il bancone in legno, approfittando di un momento di
interruzione della chiacchierata tra la rossa Grifondoro e la donna, occupata a
servire un cliente appena arrivato.
Con mossa
felina passò accanto alla ragazza, seduta su uno sgabello e fu con sua grande
meraviglia, che si rese conto di quanto calore emanasse, nonostante fosse una
fredda sera autunnale.
Senza
rifletterci su troppo, fece finta di inciampare e rovesciò la burrobirra,
calda, addosso alla malcapitata.
Ginny
sobbalzò per lo spavento e per il bruciore, scoccando uno sguardo di rimprovero
all’artefice di quella distrazione.
“Malfoy…”
Sibilò astiosa; gli occhi azzurri di colpo incupiti. “Dovevo immaginarlo!
Cos’è? Neanche stavolta mi hai vista?!” Si asciugò con un tovagliolo di carta,
recuperato nel mucchio sul ripiano.
Draco non
rispose subito. Rimase ad inebriarsi di quel gustoso profumo fruttato che la
caratterizzava, mischiato ad un pesante odore di burrobirra, che le aveva
impregnato il mantello nero. “Sai com’è Weasley, sei un tipo che passa
inosservato.”
“Così inosservato,
da avere la sfortuna di incontrarti ovunque io vada, Malfoy.” Soffiò a denti
stretti, alzandosi dallo sgabello.
Il biondo si
finse turbato. “Oh la piccola, insulsa Weasley, si lamenta! Credimi, non è per
mio piacere personale, che finiamo per incontrarci, razza di stracciona!”
Quest’ultima
battuta, con relativa offesa, non sortì l’effetto sperato e cioè una risposta
secca e pungente. Ginevra strinse i pugni lungo i fianchi e gli riservò
un’occhiata omicida, prima di uscire in fretta e furia dal locale, sbattendosi
la porta alle spalle.
Soltanto
quando l’odore di fragole, sembrò iniziare a diradarsi, Draco si scosse e
decise di andarle dietro, per tormentarla un altro po’.
La trovò dopo
poco, seduta su una panchina ai margini del marciapiede. Aveva la bacchetta in
una mano e la stava usando per pulirsi il mantello con la magia. Il volto
candido e gentile, rischiarato dai raggi di luna e concentrato. Si sedette al
suo fianco, continuando a fissare però il cielo stellato, con noncuranza.
“Che vuoi,
adesso?!” Sbottò seriamente spazientita, osservando la figura che aveva seduta
accanto.
Di nuovo, il
profumo di Ginny lo confuse. “E’ meglio se rientri. Il tuo principe azzurro
sarà in pensiero se non ti vede.”
“Non ci
dobbiamo vedere, stasera.” Affermò irritata la rossa, riponendo la bacchetta
nella tasca e alzandosi di scatto dalla panchina, troppo affollata per i suoi
gusti.
Quello che
nessuno dei due riuscì a spiegarsi, fu la presa salda di una mano di Draco, sul
suo polso, per impedirle di allontanarsi più di quanto non avesse già fatto.
Rimasero in piedi per un po’, a scrutarsi incerti negli occhi, senza dire una
parola.
“Che strano.”
Non mancò di puntualizzare, inappropriato, il ragazzo. “Di solito siete
incollati, com’è che oggi non avete appuntamento? Quel Grifondoro da strapazzo
ha finalmente aperto gli occhi su chi stava frequentando?!”
Una mano di
Ginny si alzò, pronta a mollargli un ceffone, ma lui fu più svelto, bloccandole
anche quella. “Sei un viscido, lurido serpente, Malfoy. Mi disgus-“
Non seppe
dire neanche lui come e specialmente perché, ma le sue labbra le tapparono la
bocca, impedendole di continuare a sciorinare veleno sulla sua persona. La
strinse possessivamente per la vita, facendo aderire quel corpo così snello e morbido
al suo.
La stava
divorando con un bacio, se ne rendeva conto, ma la cosa che lo turbava più di
tutto è che non aveva alcuna intenzione di smettere. Con uno scatto veloce la
spinse dietro un albero e contro la dura corteccia, affondandole una mano nella
chioma soffice.
Non gli
importava neppure che le piccole manine bianche di lei, premessero sul suo
petto provando a farlo allontanare e smettere quella tortura gratuita. Aveva
solo il suo odore in mente, addosso, dentro di lui e solo di quello gli importava.
Sentirla vicina, stringerla, morderla, gustarla come un frutto succoso e
maturo.
“Ginny!!”
La voce
imperiosa e in quegli attimi anche inopportuna, di Lenticchia, lo costrinse a staccarsi
da lei. Non fu abbastanza svelto da cogliere la strana luce che illuminava il
suo sguardo azzurro, né forse voleva farlo, dal momento che mantenne gli occhi
chiusi, totalmente rapito dall’intensità della fragola.
Fatto sta che
la sentì scivolare via dalle sue braccia e subito dopo, una sensazione di vuoto
lo avvolse.
-
Dopo
quell’episodio, i suoi tentativi di dormire la notte furono, come previsto,
pressoché impossibili. Se poi ci si metteva la fastidiosa abitudine di quei
trogloditi di russare, allora si poteva tranquillamente togliere il
“pressoché”.
Erano più o
meno venti minuti, che continuava a camminare avanti e indietro per la Sala
Comune, a piedi nudi e petto scoperto, quando un brontolio dello stomaco, gli
ricordò che aveva saltato la cena quella sera, troppo indaffarato con i compiti
di Difesa contro le arti oscure.
Afferrò
distrattamente la giacca del pigiama che aveva lanciato su un divano della sala
ed uscì. Sapeva che non ci sarebbero state giustificazioni se lo avessero
beccato. Era senza divisa e di conseguenza senza distintivo da prefetto. Senza
contare che il giro d’ispezione, quella sera, era già stato portato a
termine. Altrettanto bene però, sapeva
di non essere tanto stupido da lasciarsi scoprire e in fondo, rifletté, quella
non era la prima volta che fuggiva di
notte.
Con molta
calma e con circospezione, superò tutti i corridoi e i passaggi nascosti,
raggiungendo tranquillamente le cucine, tirando un sospiro di sollievo. Non era
stato scoperto.
Fortunatamente,
pensò, a quell’ora gli elfi domestici non erano in servizio. Lo aveva imparato
in tutti quegli anni, dopo che aveva appreso come raggiungere quel posto,
rischiando più volte un brutto incontro con Gazza o quella gatta spelacchiata
di Mrs Purr. Ovviamente se richiamati, sarebbero accorsi all’istante, pronti e
impazienti di preparare qualsiasi cosa desiderasse il visitatore.
Un rumore
improvviso lo bloccò nello stanzone antistante le cucine, completamente immerse
nel buio, eccezion fatta per la flebile luce, di qualche torcia sulle pareti.
Distinse una
sagoma, seduta ad uno dei tavoli da lavoro utilizzati degli elfi. Era di spalle
e non si meravigliò di riconoscere i lunghi capelli rossi, sciolti sulle
spalle, quanto di non avvertire la solita profumazione. Aveva bisogno di
sentirla, si ritrovò a pensare. O non avrebbe mai creduto che quella era
proprio Ginevra Weasley.
Aggirò
qualche ostacolo, parandosi di fronte a lei. Sorrise appagato nel notare la
smorfia di spavento che era comparsa sul volto della Grifondoro. Aveva persino
lasciato ciò che stava mangiando, a metà tra la bocca e il piatto.
“E tu cosa ci
fai qui?!” Le domandò sornione, sedendosi su una sedia di fianco alla sua.
Ginny deglutì
il vuoto, abbandonando il pasticcino, che era pronta a mordere, nel piatto e
pulendosi le mani su un canovaccio, prima di portare l’attenzione del suo
sguardo sul pigiamino azzurro che indossava.
“Non ho cenato stasera, avevo troppi compiti in arretrato.”
“Ma che
curiosa coincidenza!” Esclamò con voce strascicata. “…e io che crede-“
“Credevi
cosa?! Che facessi provviste per i tempi di magra, Malfoy?!” Lo interruppe
tagliente. “Davvero, sei monotono. Te l’ha mai fatto notare nessuno?!”
Draco sgranò
gli occhi. Da quando la piccola Weasley rispondeva alle sue provocazioni? “Di
me tutto si può dire, meno che sia monotono. Spiacente di deluderti.”
Ginevra
scosse la testa. Doveva aver notato il tono malizioso, con cui si era espresso.
“Beh, in tutto c’è una prima volta. Congratulazioni.” L’occhiata pungente che gli
riservò lo fece sorridere.
La guardò
afferrare uno dei bignè nel piatto. Un pasticcino tondo, glassato di rosa.
Aveva scelto proprio quello alla fragola. Beh, curiosa come cosa, non c’era che
dire! Ora davvero tutto il lei, gli ricordava quel frutto rosso acceso. A
partire dai capelli e poi le sue labbra e il suo profumo, e adesso, anche il
suo sapore sarebbe stato lo stesso.
Allungò una
mano verso di lei, bloccandosi quando la vide sussultare, forse spaventata. Non
appena la notò distendere i nervi, gliela posò su una guancia, pulendole un
lato delle labbra, sporco di crema rosata. E poi fece qualcosa che la sconvolse
non poco, a giudicare dall’espressione che tradì. Portò il dito in bocca,
gustando quel sapore fruttato e cremoso, residuo del dolcetto.
“M-ma che
fai?!” Gli domandò scombussolata.
Draco alzò
gli occhi vitrei e argentati sul suo volto, costellato di efelidi. “Il tuo
sapore è molto più buono.”
La squadrò
ben bene, godendo del forte rossore che si era impadronito delle sue gote.
Scattò in piedi quando la vide alzarsi e tentare di sfuggirgli. No, non glielo
avrebbe permesso. Non di nuovo.
Le bloccò un
polso, senza troppa forza e la costrinse a voltarsi verso di lui. Un suo
braccio le avvolse la vita, alzandole di poco il tessuto azzurro della giacca e
facendolo rabbrividire per quel contatto caldo con la sua pelle morbida.
Ginny scoppiò
in una risata argentina. Tastò un po’ con la mano libera sul tavolo, fino ad
incontrare ciò che stava cercando. Poco dopo, sulle labbra del biondo, spiccava
un bel po’ di panna, spiaccicata. Per non essere da meno, anche lui si diede da
fare e, rubato un po’ di cioccolato da una torta –lasciata su un ripiano
vicino- gliela cosparse sul volto col dito, a mo’ di disegno indiano.
Scoppiò una
vera e propria guerra all’ultimo intruglio, fino a che, ansanti e appiccicosi
di creme varie, non si ritrovarono di nuovo stretti in un abbraccio. Entrambi
con un sorriso, assai diverso, dipinto sul volto.
“Non te ne
andrai.” Sussurrò ad un centimetro dal suo viso, con gli occhi chiusi e la
bocca semi aperta.
Sentì il
fiato tiepido, aromatizzato alla fragola, solleticargli il naso. “Non me ne
andrò.”
Chi fosse
entrato in quel momento, non avrebbe potuto credere ai propri occhi. Draco
Malfoy, borioso Serpeverde nemico di babbani e babbanofili, stava baciando
Ginevra Weasley, con una carica passionale e una veemenza tale, da non sembrare
reali.
Le mani del
Serpeverde vagarono per un po’ sulla schiena della rossa, per poi passare
all’azione e slacciare i primi bottoni sul davanti del pigiama. Aveva bisogno
nuovamente di quel contatto bruciante. Rivoleva la sua pelle. E il suo profumo…
sì, soprattutto quel profumo. Ormai ne era diventato schiavo.
Lasciò che le
dita di Ginny gli scorressero tra i ciuffi biondi, scompigliandoli più di
prima, permettendole di tirarli quando un’ondata di piacere un po’ troppo forte
si impadroniva di lei. Non sentiva dolore in quegli istanti, non era
contemplato nel suo cervello, niente che non riguardasse la strega che aveva
incollata alle labbra.
Scese con la
bocca a morderle il collo, con avidità, infischiandosene del verso a metà tra
il piacere e il dolore, che sfuggì alla Grifondoro. Avrebbe sopportato, si
disse, così come lui aveva dovuto sopportare quella lunga agonia, prima di averla.
La lasciò libera di muoversi e sorrise contro la pelle della sua spalla, quando
si accorse che piano piano gli stava sfilando la giacca nera, lasciandola
scivolare a terra.
Difficile che
qualcuno riconoscesse quei due ragazzi, lei seduta su un mobile della cucina,
le gambe magre strette al bacino di lui, come Ginny e Draco.
-
Da quella
notte, gli incontri tra di loro si erano più o meno regolarizzati. Con l’aiuto
del Mantello dell’Invisibilità, preso in
prestito a San Potter, Ginny sgattaiolava nel dormitorio di Draco, o in un
qualsiasi altro punto della scuola in cui si erano dati appuntamento.
Quella sera
lui aveva volentieri rinunciato ad andare ad Hogsmeade, fregandosene delle
osservazioni dei suoi compagni di Casa, come quasi sempre del resto.
Di certo non
se ne era pentito. O perlomeno, questo registrò la sua mente, quando riaprì gli
occhi e percepì un corpo caldo accanto al suo. Più che caldo, rovente, si
corresse.
Ginevra era
avvolta dalle lenzuola di cotone verde, le lunghe gambe longilinee lasciate
scoperte e comodamente appoggiate alle sue, così come le braccia stancamente
abbandonate sul suo petto.
Si mosse
appena, cercando di non svegliarla e affondò una mano in quei ciuffi color
sangue, respirandone la fragranza.
Se gli
avessero mai domandato, quale fosse la sua fissazione, avrebbe risposto
“l’odore delle fragole”. Quello stesso odore che era ormai come una droga per i
suoi sensi e che lo accompagnava sia durante il giorno, quando riusciva persino
a sentirselo addosso, sugli abiti, sia la notte, quando mentre faceva l’amore
con Ginny, lo assaporava direttamente dalla sua pelle.
Chiunque, si
ritrovò a pensare, avrebbe potuto capire la sua situazione. E’ noto che la
droga dà assuefazione, qualunque tipo essa sia, non se ne può fare a meno. E
Ginevra Weasley, dolce come il frutto a cui aveva rubato l’aroma, era la sua
droga.
D’ora in poi riuscirò a dormire
tranquillo…
FINE
Eccomi qui,
con un’altra oneshot.
Devo dirla
tutta? Sicuri? Ok… questa storiella, di un capitolo appena (appena si fa per
dire, visto la lunghezza ^^’’) era partita come una Harry/Ginny, perché in
teoria io vorrei scrivere una ff su questa coppia, ma più ci pensavo, più mi
rendevo conto che, nonostante io non sia una fan accanita di una o dell’altra
coppia (escludendo quindi l’altra a priori), questa “trama”, calzava meglio ad
una Draco/Ginny. Ed eccola qui ^^
Spero che sia
di vostro gradimento, sebbene stavolta l’argomento scelto sia molto più leggero
e quindi proponibile come “commedia romantica”.
Alla prossima
=)
Luna Malfoy
Fatemi sapere
che ne pensate ^^
|
|
|
|
|
|
|
V