Note
della storia
Traduzione:
Questa
storia appartiene all’autrice originale, RurouniHime, dalla
quale ho ricevuto
il permesso di tradurla e pubblicarla. La versione originale si trova qui.
Traduttrice: poldina.
Per
qualsiasi informazione sull’account di RurouniHime potete
contattarmi al link
precedente.
Beta-Reader:
Alias, the one and only. A tanti altri
progetti insieme, carissima.
Disclaimer: I personaggi e
i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me
bensì,
prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa
storia non
è stata scritta per scopi di lucro, ma per puro
divertimento, nessuna violazione
del copyright è peraltro intesa.
Dedicata alla
fantastica
comunità LiveJournal H/D Holidays,
che purtroppo quest’anno arriva all’ultimo round.
Grazie per averci donato
chicche come questa, nel lontano 2007.
“Vale
Sanare” by RurouniHime
Comincia nelle
caviglie – sensazione decisamente sconcertante – a
due
clienti di distanza dallo sportello della Gringott presidiato da un
folletto svogliato,
e Draco ha solo il tempo per No, no, non qui, non ora–
Prima che
cominci a cadere.
La nebbia viola
penetra gli occhi come un cacciatore in agguato, annebbia
le orecchie fino a escludere tutto tranne il battito sempre
più veloce del
cuore. È solo a pochi secondi di distanza
dall’infida arrampicata fino al
cervello, mentre inonda e ricopre e spazza tutto
nell'oscurità. Riesce a
sentire il tremito risalire i polpacci, le cosce, tremola nelle punte
delle
dita come il formicolio di arti addormentati. “Oh
dio–” sapendo che nessuno lo
avrebbe aiutato, questa volta come tutte le altre, e cercando,
finché è ancora
in grado di vedere, un posto inoffensivo per crollare e aspettare la
conclusione.
Almeno stavolta
non è in mezzo alla strada. Almeno non è a
Notturn
Alley. Per fortuna è un attacco decisamente mite e stavolta
non verrà derubato
o sfruttato in altro modo.
La strega di
fronte a lui si gira a guardare e si allontana immediatamente,
il comportamento abituale di chi assiste alla sua triste condizione.
Draco non
la può biasimare; non può pensare per
niente. Gli fanno male le braccia,
fitte acute che si fanno strada fino alle spalle. Non si sente
più le
ginocchia, e odia, odia, odia il suo ex Signore Oscuro ancora
più di prima.
L'odio non
perde mai vigore.
Già
capisce che non sarà l'attacco peggiore che abbia avuto. Gli
manca
quella cruciale consunzione nel petto, quel tocco acido e ardente che
gli devia
il respiro verso il reame di costole rotte e sterni presi a calci.
Forse questa
volta neanche cadrà, ma non ne è mai sicuro.
L'attacco gli
afferra le spalle e le fa scuotere violentemente, senza
tregua, lo stringe con dita di ferro intorno al collo che,
naturalmente, si è
irrigidito contro la sua volontà. Tutta la stanza, dal
soffitto a volta, è un tenue
violetto. La testa gli fa male, non saprebbe dire dove con precisione,
ma
l'esperienza passata gli dice che è la mandibola. Non sente
il sapore del
sangue – il gusto è l'unico senso che gli resta
durante gli attacchi – e
capisce che questa volta non si è morso la lingua. Non sa se
è ancora in piedi.
Ancora dritto. Ancora di fronte a quello a cui si trovava di fronte. La
stanza
risuona di un suono monotono.
Pressione sulle
costole, intorno al torso, quasi come la stretta del
suo stesso corpo, gli invade improvvisamente i sensi. Qualcuno lo ha
preso
prima che andasse a finire per terra, o sulla sedia che comunque non
credeva
avrebbe potuto raggiungere in tempo. C'è una voce che dice
il suo nome, pare
venire da sott'acqua. È vagamente riconoscente che la voce
non sembri contenere
tracce di panico; non gli piace avere gli occhi puntati addosso. Gli
sfortunati
clienti della Gringott hanno già visto abbastanza.
Non sa
più nemmeno se sta cercando di tenersi in piedi da solo e,
veloci come un fulmine, i polmoni si contraggono e Draco non respira
più. E questa
volta, grazie alla sorpresa del suo salvatore di dubbio merito, ha
dimenticato
di prendere quell'ultimo respiro imperfetto e, per diversi momenti di
agonia, Draco
sguazza nel buio stretto e chiuso dell'apnea, aspettando, intorpidito,
la
risposta alla domanda costante: i polmoni si riapriranno? Lui crede di
sì; crede
che il suo corpo lo sottoporrà al peggio solo il giorno in
cui deciderà finalmente
di ucciderlo.
E ha solo
ventiquattro anni. Voldemort non sarebbe mai stato così
misericordioso.
“Malfoy?”
È la voce di Potter. Draco la conosce fin troppo bene.
Calma, pacata, come se non ci fosse nulla di strano. “Va
tutto bene, è quasi
passato.”
Draco lo sa
benissimo. È il suo corpo, no? Sbatte le palpebre,
lentamente come è costretto a fare. Potter lo aiuta a
ritrovare l’equilibrio in
mezzo alla Gringott, be', forse un po' di lato, ma comunque sul suo
posto nella
fila. Se Potter era stato dietro di lui tutto il tempo, non se ne era
accorto.
Nessuno sta parlando, neanche guardando, tranne per
l’occhiata frettolosa che
si dedica a una crisi evitata. I folletti hanno occhi neri e freddi
come la
pietra.
“Bene,
Potter,” quando finalmente riesce a far funzionare la lingua.
Draco si solleva, appoggiando una mano sulla coscia di Potter, coperta
dai
pantaloni, ma non si alza del tutto. Non è ancora del tutto
fermo sulle sue
gambe. Potter, da parte sua, allenta la presa abbastanza da dargli una
minima illusione
di indipendenza.
I capelli di
Potter sono più lunghi di una volta, spettinati come al
solito, ma la stessa
lunghezza li appiattisce abbastanza
da ottenere un aspetto al tempo stesso trasandato e attraente. Porta
ancora gli
occhiali, dalla montatura sottile color fuliggine. Ha un orecchino a un
orecchio, un anellino d'argento che non completa il giro attorno al
lobo. E
pare che abbia appreso il concetto di abbronzatura: gli avambracci sono
più
scuri di una volta. È un colore che racconta di viaggi,
piuttosto che di
giornate estive passate a oziare all'aperto. Gli occhi di Draco vanno
immediatamente alla mano sinistra di Harry, ma non c'è alcun
anello. Una curiosità
appagata senza bisogno di parole.
Le sfumature
porpora delle mura bianche e immacolate della Gringott
sono finalmente scomparse. Draco finisce di raddrizzarsi e Potter lo
lascia
andare, lanciando attorno a loro occhiate eloquenti per dissuadere gli
spettatori dal continuare a fissarli.
Solo a quel
punto il braccio di Draco inizia a bruciare.
Vorrebbe tanto
strapparselo via, dal gomito fino alle dita, e farla
finita. Forse uno di questi giorni l'avrebbe fatto sul serio, ma anche
così non
avrebbe fermato le convulsioni contrite del suo corpo. Ci sarebbe stato
solo
molto sangue.
Il Marchio non
è la causa; lo sanno tutti, e per tutti
intende se stesso e il San Mungo. Il Marchio reagisce e
basta, come fa il resto del corpo. Gli attacchi scelgono sempre di
uscire col
botto, però: ogni volta, il Marchio è l'ultima
cosa a farsi sentire.
Draco si
massaggia l'avambraccio, fregandosene per una volta della
presenza o meno di spettatori. Gli spettatori ci sono sempre. E lo
spettatore
più importante è proprio dietro di lui, lo tiene
ancora per il gomito come se
stesse sul punto di crollare a terra ed evaporare nell'aria. Da una
parte,
Draco vorrebbe alzare gli occhi al cielo e schiaffeggiare Potter
perché vuole
sempre fare l'eroe. Dall'altra, Draco non vuole altro che il fragile
supporto
di quella mano, senza pensare a chi è attaccata.
Prova il fugace
desiderio di piantargli l'avambraccio scoperto sotto
il naso, solo per fargli vedere che i tatuaggi restano per sempre. In
caso stia
pensando di farsene uno.
Alla fine la
mano di Potter abbandona il suo gomito, ma Draco sente
una voce bassa all'orecchio, e il tono della voce sembra una specie di
contratto, che promette ancora più carezze se Draco non
dovesse riuscire a
soddisfarne i termini. “Ora stai bene?”
Draco prende un
respiro, guarda con occhi ostinati i folletti per i
quali è venuto, e accenna di sì col capo,
bruscamente, tanto quanto gli
permette la testa stordita. “Sì.”
E Potter si fa
indietro, fuori del suo campo visivo. Se non fosse
stato per quegli ultimi minuti, Draco non avrebbe mai saputo che
l'altro era
stato lì.
La fila e le
transazioni da lui richieste sono completate senza
problemi, tanto velocemente, infatti, che Draco scopre di avere ancora
bisogno
della sedia all’angolo. I suoi piedi sono d'accordo: non
gliene può fregare di
meno se lo vedono indebolito. Impiega decisamente troppo tempo ad
attraversare
la stanza, ma alla fine si siede e osserva a occhi stretti il suo ex
compagno
di scuola avvicinarsi al bancone e fare qualsiasi cosa sia venuto a
fare. È un
sollievo, pensa Draco con tutta la derisione che riesce a raccogliere,
che
Potter non si sia presentato solo per acchiappare Draco durante
l'attacco. Sarebbe
stato proprio da lui fare una cosa del genere, no?
Potter
è sicuramente più alto. Ha anche una postura
diversa, con una
leggera inclinazione verso sinistra, come se quella gamba non fosse
lunga
quanto la destra, oppure la schiena non fosse dritta, o come se avesse
appreso
il portamento da una famiglia di gorilla. E Draco si rende conto
tristemente di
non avere l'energia di inseguire quel delizioso pensiero attraverso la
sua
naturale e divertente escursione nell'universo.
Draco permette
finalmente alle braccia di tremare dopo diversi minuti
di attesa estenuante. Lascia cadere la testa all'indietro e appoggia le
braccia
sui braccioli, lasciando le mani penzoloni. Dèi.
È così stanco. Così stanco. La
banca va avanti coi suoi sbatacchiamenti, sferragliamenti e
chiacchiericci,
come se in mezzo alla stanza non fosse successo niente, eppure Draco
percepisce
qualche occhiata rubata. Occhi, come sempre. Tutti si chiedono se stia
pianificando la sua ultima vittoria da Mangiamorte, risucchiandoli
tutti con sé
mentre cade nell'oblio.
Dopo aver preso
dieci respiri lenti e vuoti, pensa che sarebbe un'idea
eccellente alzarsi e uscire dalla banca prima che Potter concluda i
suoi
affari.
::
Il suo
desiderio è stato esaudito, e finalmente, finalmente
i suoi genitori odiano Voldemort con tutta l'acredine
che quel freddo mezzuomo morto si merita. Forse sono arrivati un po' in
ritardo, ma dopotutto anche lui ai suoi tempi aveva le idee un po'
confuse.
Di notte,
quando i suoi incantesimi da paranoica la svegliano, sua
madre accorre dalla Villa nella piccola camera da letto del suo
appartamento,
Materializzandosi attraverso le sue barriere come se non ci fossero.
Lei
impreca, lo stringe a sé e impreca contro Tom Orvoloson
Riddle in tutte le
lingue che conosce. Quando Draco torna in sé, il volto di
lei appare sempre un
pizzico più vecchio, rigato dalle tracce delle lacrime
versate. Impreca contro
suo marito, e contro se stessa.
Sua madre sta
invecchiando davanti ai suoi occhi. E lui non può
nemmeno dire che gli dispiace; se continua così, anche la
sua età sarà
difficile da indovinare.
Gran parte del
patrimonio di suo padre ha trovato casa nelle tasche di
pozionisti e di esperti di incantesimi. Al San Mungo non hanno
risposte,
naturalmente, e non perché la famiglia di Draco è
composta da Malfoy. È perché
sono al di fuori delle conoscenze dell'ospedale, delle competenze di
chi ci lavora
e delle sue menti geniali. È perché i guaritori
che lavorano lì imprecano quasi
quanto la madre di Draco di fronte al fatto che ci sono disturbi di cui
non
sanno nulla. Ci sono sempre state malattie che non riescono a curare,
ma effetti collaterali che non possono
alleviare? Mai. Non ci sono pozioni, né
incantesimi. Nessun rimedio
miracoloso.
Deve essere
davvero esasperante. Grazie al cielo c'erano stati gli
anni di pace. Le armi del mondo magico hanno superato le sue
abilità mediche,
anche se non sono molti a saper usare quelle armi con risultati tanto
grandiosi.
Draco non
può curare un effetto collaterale. Ci sono notti che neanche
lui riesce a sopportarlo, e non lancia fatture contro gli incantesimi
di sua
madre. Altre notti, invece, rinforza le barriere e si contorce in
solitudine,
torcendo le dita e le gambe tra le lenzuola e singhiozzando per far
entrare un
po' d'aria in corpo.
Non gli importa
che lei dormirebbe meglio. Non la vuole lì e basta.
Non succede poi
così spesso. Solo una volta ogni settimana o due. Ma
ogni volta la sente come se fosse la prima.
::
Fuori della
Gringott, l'aria è piena di rumori. Draco si ferma di
scatto prima di raggiungere la strada invasa da gente in giro a fare
shopping,
e respira, solo una o due volte, sbattendo le palpebre contro la nuova
luce. Se
gli occhi gli fanno già così tanto male,
continueranno a dolergli fino a sera.
Cavolo, ha
digrignato i denti eccome.
Sembrano polverizzati. Passa la lingua gonfia lungo le pareti interne
della
bocca, e trova tutto dolorante. Almeno qua fuori nessuno sa che
è appena
collassato nella Gringott. Qua fuori, possono ripiegare sulla loro
normale
revulsione nei suoi confronti, e Draco è più che
soddisfatto del fatto che non
ne sappiano nulla. La porta si apre alle sue spalle – davvero
aveva creduto di
averla scampata? – e lascia passare il solo e unico Harry
Potter, che trotta
giù per le scale e si ferma davanti a Draco. Ha indossato un
paio di occhiali
da sole, oppure ha cambiato le solite lenti con la magia. Non importa;
Draco sa
che Potter lo sta guardando.
Che strano.
Draco non ricorda di aver mai scambiato un'occhiata
normale con Potter, senza tenere conto dell'ultimo anno di scuola.
“Malfoy,”
dice Potter, sollevando leggermente il mento.
Draco risponde
al ‘gesto’ con un cenno. “Potter. Buona
giornata.”
Potter emette
un suono strano, come una specie di espirazione soffocata.
“Forse. Troppo presto per dirlo.” Si ripara gli
occhi, anche con gli occhiali
da sole addosso, e osserva la animata e tortuosa Diagon Alley con una
lieve
smorfia stampata sulla bocca. A Draco viene in mente che forse gli
occhiali
servono a evitare di essere riconosciuto.
“Hai
delle commissioni da fare, Potter?” dice Draco, distogliendo
lo
sguardo e chiedendosi se stia per arrossire o no.
“Solo
un po' di shopping. Spesa. Cose per la casa.” Potter scrolla
le
spalle snelle. “E tu? Devi andare da qualche altra
parte?”
Draco risponde
agli occhi oscurati di Potter con uno sguardo
impassibile, cercando di decidere se attaccare o meno il possibile
tentativo di
prendersi cura di lui. Forse Potter pensa che stia per avere un altro
attacco?
Che possa cadere e spaccarsi la testa sul marciapiede non appena Potter
girerà
l'angolo? Se davvero pensa questo, allora è stato fuori
troppo tempo, oppure
non ha più letto i giornali.
All'improvviso
sente un suono – che Draco da molto tempo ha deciso di
odiare – e la mano di Harry scatta verso la tasca posteriore
dei pantaloni.
Estrae un'idiozia Babbana nera e piatta e guarda accigliato lo schermo.
“Aspetta.” E gli volta le spalle per rispondere al
telefono.
“Hey.
Sì, sono qui... Be', non è che sono qui da una
settimana. Almeno
dammi un giorno prima di– Sì. Sì,
è andato bene.” La bocca di Harry si curva
ancora di più verso il basso e il suo corpo si raddrizza
notevolmente. Una mano
si infila tra i capelli neri, le dita si arricciano quasi come artigli.
“Be', di
sicuro non ho provato a ignorarlo. Non sono
più tenuto a rendere conto a
nessuno, se ricordi bene.” Harry fa una smorfia.
“Ginny, per la barba di
Merlino, parla normalmente. Sembri tuo fratello... Hey, se non mi ci
vuoi, non
devi far altro che dirlo.” Una lunga pausa. E poi Harry
aggrotta la fronte. “No.
Oggi niente melodrammi, ok? Ne ho avuto abbastanza.”
Chiude di
scatto il telefono e lo infila di nuovo in tasca. Draco
lancia un’occhiata al compagno, pensando al paradiso e a come
i problemi prima
o poi riescono a entrare anche lì.
“Scusa,”
dice Harry. Il volto è calmo, la voce bassa. Gli occhiali da
sole riflettono i lineamenti di Draco. “Quindi stai
bene?”
"Sono cinque
anni che ci combatto, Potter," dice Draco in
tono mite. Le sopracciglia di Potter non si muovono di un millimetro.
Infila le
mani in tasca e fa qualche passo all'indietro, quasi con
un’aria da bohémien
Babbano.
“Ok.
È stato bello vederti, Malfoy.” Fa un cenno con la
testa, si
gira, e se ne va.
E dal tono di
voce sembra che abbia detto sul serio.
::
Draco non ha
mai fatto sesso. E il sesso
gli provoca sempre un attacco, gliene provocherà uno anche
adesso – può dirlo
dalle brevi pomiciate di cui ha avuto esperienza in passato.
È
difficile perdonare le proprie convulsioni nel bel mezzo di una
carezza delicata o di un bacio vorace. Deve essere terribilmente
difficile
vedere una cosa del genere e non pensare, ripugnante.
Draco non diventa
certo la personificazione della bellezza quando la malattia fa la sua
sinuosa
comparsa. Sospetta che la sua bocca non riesca a chiudersi, sospetta
che gli
occhi cambino colore. Sospetta che le dita diventino un po' simili ad
artigli,
dal modo in cui si attorcigliano su se stesse; spesso ha visto lividi
sui
palmi. Non riesce a immaginare che aspetto possa avere il suo corpo
mezzo nudo
in quel momento furioso, ma non è mai stato con una persona
che la seconda
volta non abbia trovato qualche scusa per non rivederlo. Come se il suo
nome non
fosse già abbastanza.
Da solo, riesce
a raggiungere l'orgasmo senza problemi – non c'è
nulla
che la cosa odi di più della
soddisfazione senza cuore di un piacere
perduto. Di notte, nel suo letto, Draco si prende l'uccello in mano,
fissa il
soffitto e si chiede cosa si possa provare ad avere un altro uomo
dentro di lui
quando viene. Gambe e braccia formicolano un po', ma anche un orgasmo
non fa
più che farlo rabbrividire e fargli vedere tutto color
porpora. Passa
abbastanza in fretta, e fa raramente male.
Anzi,
all'inizio attenuava gli attacchi più violenti. Draco la fa
sfogare in privato, perché se non lo fa, in pubblico lo
dilania ancora di più.
::
La sera tardi,
Draco va nei locali gay della comunità magica. E se
anche riuscisse a sopportare i Babbani, non li esporrebbe alla vista di
occhi
color porpora e convulsioni da posseduto sulle loro piste da ballo blu
acido.
Il suo volto
è conosciuto, ma tale è lo stato delle cose. Le
piste da
ballo magiche sono piene di polvere magica che fa luccicare il
pavimento come
dune di sabbia, e sembra di stare nello spazio, con esplosioni porpora,
comete
rosse e luci stroboscopiche accecanti.
Tengono a bada
gli attacchi; Draco pensa che il motivo sia perché il
corpo crede già di avere le convulsioni.
Nei club,
ballare è più uno stato d'animo che un talento
vero e
proprio. Draco non sa come sia il suo aspetto sulla pista da ballo, ma
si trova
raramente senza un partner. Si stringono, si toccano e si baciano senza
neanche
vedersi. Draco adora la sensazione di labbra sfiorate, o di una lingua
risucchiata all’improvviso. Mani che si snodano tra i suoi
capelli e poi di
nuovo fuori. Sente nell'aria il sapore del sudore, e vede il desiderio
sotto le
luci stroboscopiche. Si forma quasi come una foschia di calore.
Stranamente, è
quasi calmante.
Stasera, si
preme fianco a fianco con un uomo basso e flessuoso con
sugli occhi del trucco scuro come i leggendari antichi Egizi, un uomo
con occhi
di gatto color ambra e ciuffi umidi di capelli che si attaccano alla
fronte.
Draco li spinge via e prende tra le mani il volto a cui appartengono, e
bacia
la bocca e si ricorda di nuovo perché gli piace trascorrere
le serate qui. È il
massimo che possa avere, come un perfetto gioiello di avorio a portata
di mano:
può toccarne la superficie brillante e sentirne
l’energia, ma sa che non può
tenerlo a lungo. Ma ormai non ci sta più male; Draco Malfoy
ha imparato a
prendersi quanto gli viene dato con tutto l'entusiasmo che riesce a
raccogliere. L'atteggiamento mentale, l’approccio,
è già comunque metà
battaglia.
Sa che questa
sarà una pomiciata deliziosa.
Il suo partner
di questa sera è sinuoso, si muove come se avesse
troppa energia aggrovigliata attorno alle braccia e alle gambe,
cercando le
pareti per farcisi sbattere contro, o per pressare Draco.
Quell’uomo lo sa con
chi sta ballando, ed è da quando se ne è reso
conto, quasi venti minuti prima,
che ha avuto un sorrisetto stampato in faccia. Prima, in mezzo alle
altre
persone sulla pista da ballo, aveva colto un nome, ma ormai non si
preoccupa
più di ricordarli. Risparmia la memoria per i baci e per la
sensazione di
essere toccato.
“Tu
– sei perfetto,” gli mormora l’uomo sulla
bocca. “Come un elfo o
una driade, o…” Smette di parlare per tornare a
far diventare la bocca di Draco
un nucleo gonfio e ansimante. “Chi mai l’avrebbe
pensato?” termina infine,
tirandosi indietro per vedere l’effetto.
Draco non
gliene dà il tempo. Non ha
tempo, o per lo meno ne ha molto poco. E, quando vuole, anche lui
riesce a far
venire le palpitazioni. Quest’uomo non fa eccezione; dopo che
Draco ha finito
con lui, l’altro non fa altro che gemere e strattonargli la
cintura con tutte e
due le mani, dimenandosi per appiattire Draco contro un muro.
“Andiamo
a casa tua?” dice l'uomo ansimando. Draco lo bacia di nuovo;
sente il desiderio scattare tra i loro corpi, la scintilla accesa dalla
passione e, molto più tangibile, il rigonfiamento
all'altezza dell'inguine del
suo partner. L'uomo gli mordicchia il labbro inferiore e sorride.
“O casa mia?
Ovunque.”
“Hmm,”
mormora Draco. Le dita dell'uomo gli sfiorano le fossette dei
fianchi, spostandosi lentamente in giù, sotto il giro vita.
Draco sente i primi
tremori alle estremità, e si prepara a lasciar andare tutto
questo, forse con
un sospiro. O ad andare in fretta verso la fine e sperare che stavolta
ci
riesca. Stasera il club è pieno. Loro due non danno
esattamente spettacolo; ci
sono moltissime altre coppie ancora più avanti di loro,
sotto gli occhi di
tutti. Ma presto daranno uno spettacolo di tutt'altro genere se il
corpo di
Draco continua lungo questa strada.
E
continuerà.
Spinge via
l'uomo nel bel mezzo di un bacio, guadagnandosi un gemito,
e lo tiene a distanza per fargli vedere la sua espressione. Fa un
sorrisetto. “Hmm,
stasera credo proprio di no. Sono un po' stanco.”
L'uomo si
immobilizza. Stringe gli occhi fino a farli diventare
fessure e osserva Draco da capo a piedi. “Sei
stanco.”
Braccia e gambe
stanno iniziando a tremare. Non ancora così tanto da
essere visibile da tutti, neanche da essere sentito al tatto. Ma lo
sarà
presto. “Già. Facciamo un'altra volta?”
aggiunge Draco.
L'uomo si
stacca del tutto dal suo abbraccio. “Be', c'era da
aspettarselo da Draco Malfoy,” dice. Il sorrisetto diventa un
sogghigno. Draco
continua a guardarlo con occhi impassibili, ma l'altro si gira, con le
spalle
seminude luccicanti di sudore sotto le luci, e svanisce di nuovo tra la
folla.
Se non avesse
fatto così, lo avrebbe dovuto vedere allontanarsi nel
bel mezzo di un attacco in pieno vigore. Draco crede di aver preso la
decisione
giusta.
::
Draco solleva
un angolo del Settimanale delle Streghe con la
punta delle dita. Persino la sensazione è disgustosa, e non
crede che sia solo
frutto della sua immaginazione. Il titolo di prima pagina è,
naturalmente,
fantastico, tutt'altro che imparziale, e parla di lui.
C'è
un passaggio imperdibile verso la metà dell'articolo,
scritto da
qualche coglione arrampicatore che si fa chiamare editorialista:
Senza dubbio il
giovane Malfoy potrebbe
evitare per almeno un solo giorno di deliziare il pubblico Magico coi
suoi
caustici tentativi di attirare l'attenzione. La sua storia è
sì tragica, ma
l'abbiamo ascoltata troppe volte per restarne ancora sconvolti. Bisogna
fissare
un limite; il senso della dignità détta che non
c'è più posto per morbosi
spettacoli di cervello purosangue che fuoriesce da un certo paio di
orecchie.
“Prendo
quello,” dice una voce fin troppo familiare. Draco alza lo
sguardo e vede alla sua destra il salvatore in carne e ossa scambiare
Falci e
Zellini per delle riviste. Potter ha un aspetto vagamente zingaro, coi
capelli
più lunghi e liberi, gli occhiali sottili, la collanina in
legno e il braccialetto
coordinato intorno al polso snello. Strizza un po' gli occhi quando
vede Draco.
La luce è normale; strizza gli occhi per indicare di averlo
riconosciuto.
“Hey,”
lo saluta Potter con un cenno della testa. Draco lo esamina
molto più apertamente, annotando tutto, dai capelli, ai
pantaloni di velluto a
coste, alla pelle scurita dal sole.
“E tu
dove sei stato, esattamente?” dice con voce piatta.
Potter scrolla
le spalle. “Giappone. Cile. Là da quelle
parti.”
Draco non si
lascia distrarre né impressionare facilmente, neanche con
il suo ‘cervello purosangue che gli fuoriesce dalle
orecchie.’ “A fare cosa?”
Harry scrolla
di nuovo le spalle. Storce la bocca in modo disinteressato
e lascia del denaro sul banco dell’edicola, piegando le
riviste che ha
acquistato. “A scoprire cosa sono, dopo la guerra.”
Non vorremmo
forse scoprirlo tutti? Draco non lo
dice e, nel frattempo, Potter gli fa un altro cenno con la testa e fa
qualche
passo indietro. “Ci vediamo.”
Draco osserva
Potter allontanarsi, ripensando alle sue parole, e riflette
sull'uso della parola ‘cosa’ invece di
‘chi.’
::
Al club magico
c'è una serata a tema, ma Draco non ha voglia di essere
nulla tranne se stesso. Ha già abbastanza cose di cui
preoccuparsi, e comunque
è probabile che darà spettacolo di sé,
con le contorsioni e gli ansimi e i
collassi. Un po' come il ballo che ha preso il sopravvento sulla pista.
Draco
si prende un momento spensierato e divertente per pensare che
sarà notato a
malapena.
In passato ha
avuto incubi che andavano così: persone che saltano e si
lanciano, tutti maschi, inondati da colori straordinari, che
volteggiano come
mostri lungo il paesaggio. Ma non ha mai riconosciuto nessuno dei
mostri, e
stasera invece vede qualcuno che conosce, con pantaloni scuri e senza
maglia, e
un orecchino che si riflette in chiazze luminose sui vicini, come una
palla da
discoteca in miniatura.
Ma è
ovvio che Potter si sia infiltrato anche qua. Sembra che sia
ovunque si trovi Draco.
Ma.
Potter? Gay?
Sì, a quanto pare – e molto gay, a giudicare
dall'uomo
avvinghiato attorno a lui. Anche se Potter non è affatto da
meno. Draco si
chiede se Potter sia attivo o passivo. Se scopi o se faccia l'amore. Se
gli
piaccia baciare.
Potter solleva
il mento, sfiora il naso dell'altro e gli cattura le
labbra con le sue, e riceve la risposta alla sua domanda, con una
pomiciata che
sembra piena di desiderio. Il partner di Potter si tira indietro,
ansimante, stringe
il salvatore del mondo magico a sé, e le mani di Potter
afferrano le spalle e
posizionano i loro corpi come dovrebbero essere, e Draco ha bisogno di
prendere
un respiro e ributtarlo fuori.
Il bacio si
interrompe; torna il ballo. Forse, se Potter è stato in
Asia orientale e in Sudamerica per imparare a ballare e baciare e
scopare con
gli occhi in quel modo, il viaggio ha giovato ad altre persone oltre a
lui.
Attraversando
le cascate di luci, Draco si avvicina al bar dove lo
aspetta un uomo dai capelli biondi ramati, vestito di seta attillata
con
glitter sul volto; forse non sta aspettando proprio lui, ma qualcosa in
particolare, e
Draco è più che disponibile a fornirla. Il tipo
gli ha lanciato occhiate per
tutta la serata, ma stavolta Draco distoglie momentaneamente lo sguardo
per
osservare un corpo sudato, col torso nudo dalla pelle abbronzata come
uno
zingaro, e un paio di occhiali luccicanti.
È
incredibile che Potter si possa permettere di indossare gli occhiali
in un mercato del sesso.
Potter impiega
poco meno di quattro minuti per abbandonare la pista da
ballo e trovare Draco in mezzo alla folla. Rallenta, col partner di
ballo più
recente alle sue spalle, chinato per baciargli la spalla nuda. Potter
fa un
cenno con la testa. Draco lo guarda da sopra le teste degli avventori
seduti, e
afferra il polso del pollo di turno. “Vieni a casa
mia,” dice, e vede accendersi
gli occhi azzurri dell'altro.
Distoglie
completamente l'attenzione da Potter, e guida il suo nuovo
amico fuori dalla porta e sulla strada, diretto verso un vicolo deserto
adatto
alla Smaterializzazione. Risponde ai baci profondi e confusi e alle
braccia che
lo avvolgono, poi gira entrambi per iniziare la Smaterializzazione
Congiunta,
chiedendosi quanto tempo riuscirà a portare avanti le cose,
prima che succeda
l'inevitabile.
::
Dopo che
l'attacco e l'ennesimo partner disilluso lo hanno abbandonato
per la notte, Draco incrocia le mani sullo stomaco e si mette a fissare
il
soffitto, chiedendosi nella mente ancora stordita chi sarà
nel letto di Harry
Potter, muovendosi nell'oscurità, tra schiene inarcate e
ansimi deboli.
Si rende conto
di avere sete, ma deve aspettare che le ginocchia si
solidifichino di nuovo prima di poter barcollare fuori dal letto e
lungo il
corridoio. Dopo, però, gli ci vuole solo un istante per
addormentarsi.
::
Draco sogna
l'Ardemonio, calore bianco rovente con occhi e denti, e sente
la vergogna di una mano afferrata in preda al terrore. Sente anche la
simultanea esaltazione di ricevere quella presa, e le emozioni si
fondono e
formano un unico blocco ardente e disgustoso, l'una spingendo per fare
uscire
l'altra. Draco è felice–triste, si alza in volo
sopra i mostri, grato–furioso.
Sicuro–morto. Tempi più semplici, tempi
più semplici, quando non sapeva cosa
gli covava dentro, ma la cosa
c’era
già, avvinghiando la lingua attorno a un blocco nero e
sinistro di miseria.
Draco si
sveglia.
Un secondo
attacco, più violento, gli squarcia gambe e braccia e testa
nell’oscurità della stanza.
::
Il club resta a
Draco per un'altra settimana, poi Potter fa di nuovo
la sua comparsa, col torso fasciato di bianco che sembra ghiaccio sotto
i
vorticosi giochi di luce, e con indosso un paio di jeans che avvolgono
le gambe
in modo molto netto ed evidente. Draco non è l'unico a
notarlo; Harry, che ha a
malapena aria a disposizione per respirare sulla pista da ballo, si
ritira
rapidamente al bar solo a pochi secondi dall'inizio della terza canzone.
Se solo Draco
si fosse preparato al suo arrivo. Ancora prima che
registri la sua vicinanza, Harry è già seduto
sullo sgabello vicino al suo, con
una birra bionda tra le mani muscolose.
Lo sguardo di
Harry sfreccia di lato, sbirciando oltre la coda di
quegli occhi verdi, poi lui torna a guardare davanti a sé.
Harry prende un
lungo sorso di birra, appoggiando il gomito nudo sul bancone
appiccicoso. I
capelli neri si tingono del blu e del color rame del pavimento alle
loro
spalle.
“Hai
mai pensato alla fisioterapia?” dice Harry, più un
urlo che una
domanda, ma per sovrastare il rumore non può essere altro.
Draco appoggia
il bicchiere, prima che lo faccia cadere. “Fisio
che?”
risponde, osservando la superficie del bancone con una smorfia.
Harry scrolla
le spalle, un movimento accennato. “È una cosa
Babbana.
Un modo per trattare questo genere di cose.”
Questo genere
di cose, ovvero attacchi debilitanti che vengono dal
nulla. Però non vengono dal nulla. Ma che ne vuole sapere
Harry Potter? Draco
alza gli occhi al cielo. “È questo il tuo prezioso
consiglio? Nel bel mezzo di
un club gay e con una pinta in mano?”
Le labbra di
Harry fanno uno scatto strano, e le sue sopracciglia si
alzano, come se stesse davvero considerando la situazione dal punto di
vista di
Draco. “Potresti provarci. Così. Se non funziona
nient'altro.”
Draco neanche
si preoccupa di pensare a una risposta. Sarebbe troppo
complicato iniziare ora la corposa spiegazione, ma se non lo facesse,
stuzzicherebbe troppo l'interesse del suo ascoltatore.
Ma Harry si
alza in piedi e appoggia il bicchiere vuoto sul bancone,
allontanando i capelli dagli occhi con una mossa del mento.
“Basta...” inizia a
dire, cercando di uscire dallo spazio tra le due sedie e sfiorando il
fianco di
Draco, “che tu lo prenda in considerazione. Conosco dei
metodi per renderti le
cose più facili.”
Draco non alza
lo sguardo, e quando Potter non è più in vista la
sua
pinta diventa un piacere rilassante. Chi se ne frega di chi altri trova
Harry attraente
sotto le luci vorticose? Draco ha già dimenticato la sua
esistenza.
Se non le sue
parole.
Ma stanotte,
Harry è di nuovo al club, stravaccato sotto le luci
scintillanti del colore del mare e del sole con un altro uomo
– alto e magro e
bruno, con un orecchino d'oro o tre. E forse è questo che
gli provoca
l'attacco, o forse è il modo in cui la mano del suo partner
di turno gli sta
accarezzando la cavità del fianco sotto i pantaloni.
Ha al massimo
due minuti prima di ritrovarsi a terra, prima che l'uomo
bellissimo che lo sta baciando se ne accorga. Draco lo spinge via e
scorre con
aria indifferente lungo il muro. Le gambe già tremano.
“Che
cazzo c'è?” dice l'uomo, più sorpreso
che arrabbiato. Draco fa un
sorrisetto.
“Stasera
non mi va,” risponde, e stavolta l'uomo aggrotta la fronte,
ma Draco è distratto dallo sguardo di Harry inaspettatamente
fisso su di lui
dall'altro lato della stanza, e poi lo vede sgusciare fuori dalle
braccia del
suo compagno molto attraente. Viene verso di lui, col colletto della
camicia
leggermente aperto.
“Ma
certo che ti va,” riprende il tipo. “O almeno
abbastanza da
farmelo capire!” Con un gesto indica l'inguine di Draco, ma
Draco non può fare
altro che inarcare un sopracciglio in modo sprezzante e piegare la
testa.
Quest'attacco lo coglierà dritto nel petto, già
lo sente.
“Perché
no?” dice infine
l'uomo di scatto, ma c'è Harry, circondato dall'odore di
legno di sandalo e di
sudore, che passa un braccio attorno alle spalle di Draco.
“Perché
viene con me,” dice Harry seccamente, e poi se ne va insieme
a
Draco, che comincia a vedere lillà.
“Quanto
tempo?” mormora Harry. Draco si morde la lingua prima di
riuscire a rispondere.
“Me...
mezzo minuto. Massimo.”
“Okay.”
Come se avessero appena finito di scopare nella dark room,
Harry lo manovra tra la folla, tra le persone che ballano e bevono, e
infine
escono attraverso la doppia porta del club. Draco sente le gambe
irrigidirsi e
si accascia contro il muro; sa di sembrare distrutto, ma al momento
preoccuparsi del suo aspetto non è esattamente in cima alla
lista di priorità.
Harry lo conduce senza sforzo dietro un angolo e in un vicolo, si gira
e lo
stringe a sé, petto contro petto, e Smaterializza entrambi
con un tremante pop.
Harry
è caldo e fermo. I piedi di Draco atterrano in un posto
silenzioso, poi inizia a tremare violentemente.
::
Il posto si
rivela essere l'appartamento di Harry, e il divano di
Harry quello su cui Draco si sveglia il mattino seguente. Ma il
proprietario
non si vede da nessuna parte – non che Draco lo cerchi
così approfonditamente –
e Draco torna a casa non appena è abbastanza sveglio da
Smaterializzarsi.
::
Imbattersi di
nuovo in Harry Potter diventa molto meno difficile,
anche se Draco percepisce le ore che lo separano dal prossimo incontro
come un
peso schiacciante. Una parte di lui non vuole trovarlo. L'altra parte
è così
ansiosa di trovare sollievo che lo fa saltare fuori dal letto ogni
mattina
senza un piano, così che Draco non può fare altro
che vagare nel suo
appartamento e capire che non ha idea di come contattare Potter.
Alla fine lo
trova a una partita di Quidditch, seduto in una tribuna,
circondato da un gruppo di maghi fighi e urlanti che Draco non
riconosce.
Potter ha un Omniocolo attorno al collo e un sacchetto di strani
dolciumi
morbidi tra le ginocchia. Harry ne prende una manciata. In bocca fanno
un
rumore croccante e profumano di burro. Draco sente che l'attenzione
dell'altro
è su di lui, anche se Harry non lo sta guardando.
“Ci
sono tecniche di respirazione,” dice Harry a un certo punto,
come
se fossero nel bel mezzo di una conversazione. “E una secondo
cui devi chiudere
gli occhi e ascoltare finché non senti suoni di cui non ti
sei mai accorto
prima.”
“Sono
un mucchio di cazzate,” azzarda Draco, e non ha nulla a che
fare
con le 'tecniche' di Harry, ma con tutto lo spettro del mondo, e col
posto di
Harry in esso. Draco vuole chiarire le cose. Harry scrolla le spalle e
si mette
in bocca un'altra manciata dello strano snack.
Mastica.
“Hanno
molto successo tra i maghi meno tradizionalisti,” risponde
Harry.
Draco ha
sentito parlare delle campagne del Ministro per promuovere
una maggiore integrazione tra Nati Babbani e Maghi. Cose che passano
dal mondo
non–magico a quello magico. È un movimento nuovo
con pochi seguaci, ma puzza
come tutti gli altri piccoli movimenti che non si sono ancora ben
stabilizzati.
Prima o poi diventerà una corrente dominante; Draco, in
qualche modo, già lo
sa. Lo manda su tutte le furie; non hanno nessun problema con un
po’ di non–magia,
però ancora sogghignano e indietreggiano di fronte a un ex
Mangiamorte in una
banca affollata?
Draco aggrotta
la fronte sopra la cacofonia del campo di Quidditch,
curvando le spalle. Sa che riuscirà ad assistere alla
partita senza incidenti;
è raro che il suo corpo gli faccia attraversare due attacchi
in un solo giorno,
e ha già dato quella mattina. “Perché
mi hai portato a casa tua, Potter?”
chiede in tono secco, e Harry resta a lungo seduto e immobile.
Alla fine,
“Mica lo so come è fatta casa tua.”
Draco sbuffa.
Non fa una piega.
Potter mangia
un’altra manciata di quel cibo strano. Draco vede che ha
le mani unte, e l’olio è arrivato fino a oltre il
polso.
“Allora,
come funziona?” dice infine. “La respirazione.
Perché io
respiro tutti i giorni ma non cambia un cavolo di niente.”
Harry accenna
un sorriso. La folla ruggisce, e Draco si guarda le
mani, chiedendosi che cosa esattamente si aspetti di sentire.
::
Nel corso dei
due giorni seguenti, per Draco diventa chiaro che Potter
trascorre davvero troppo tempo a far finta di essere Babbano e a
parlare in
quella sua scatoletta portatile. Anzi, inizia col parlare, ma poi
finisce col
ringhiare finché non trova una scusa buona per chiuderla. Qualsiasi scusa. Draco prova una certa
soddisfazione nel vedere
Potter respingere la ragazza Weasley così spesso, sebbene
abbia difficoltà a
interessarsene tanto quanto una volta.
Draco sta
seduto, con le mani appoggiate a peso morto sulle ginocchia
e la schiena contro un muretto freddo, cercando di far calmare il
proprio
corpo. È stata una brutta giornata, una di quelle in cui si
sente sul filo del
rasoio per tutta la mattina e tutto il pomeriggio, e poi
l’attacco lo fa
crollare a terra proprio all’inizio della serata.
È come se avesse avuto
attacchi tutto il giorno; Draco già pregusta quanto si
sentirà indolenzito l’indomani.
All’inizio
sente solo gli uccelli. Tanti, tantissimi uccelli. E
cos’altro si aspettava Potter, dopo averlo trascinato in quel
parco del cavolo
con un laghetto in mezzo? C’è gente che
chiacchiera e bambini che corrono in
lungo e in largo. Non è certo un’atmosfera adatta
a rilassarsi. Ma c’è un suono
strano – quasi un ticchettio, come dei colpetti su una
superficie di legno.
Soprattutto alla sua destra ma anche a sinistra, a volte. Draco resiste
alla
prima tentazione – Però
non aprire gli
occhi, capito, Malfoy? Il punto è che devi ascoltare
– e gira la testa
lentamente in direzione del suono. Non ha idea di cosa stia ascoltando.
Ha
già scoperto che nel laghetto ci sono delle onde
piccolissime che
leccano le sponde con spinte leggere. E l’erba ha un suono
sciabordante che non
avrebbe mai pensato di provare a sentire. Ma il ticchettio è
nuovo.
Discontinuo, senza alcuna regolarità.
Ma
perché è venuto? Perché è
venuto qui, con Harry Potter, il quale
sembra avere tutta la pazienza del mondo e tutto
l’apprezzamento per lo
schioccare e l’ondeggiare dei rami degli alberi?
Un’altra cosa che ha imparato
ad ascoltare è il suono del respiro di Harry. A differenza
del ticchettio, è
regolare. Si potrebbe regolare un orologio Babbano prendendolo come
modello.
Click. Click,
click.
Sa che le
persone lo stanno fissando. Forse non molte, ma alcune sì.
La gente non può fare a meno di fissare ciò che
si trova al di fuori della propria
sfera di comprensione. Due uomini seduti in un parco, bagnandosi il
sedere con
la rugiada, apparentemente in meditazione, non possono non attirare
l’attenzione. A Draco, però, non dispiace.
È un sollievo essere fissato per
qualcosa di diverso per una volta, invece che per cadere a terra sul
pavimento
o sul marciapiede, cercando di non creare scandalo e di non morire
davanti a
tutti. Non gliene può fregare di meno se la gente lo guarda
perché sta
praticando uno strano rituale di ascolto.
Nota, un
po’ tardi per essere sorpreso, che anche il suo respiro
è
rallentato e va ora a tempo con quello di Potter. Non ricorda quando
sia
successo, sa solo che era troppo preso dallo strano ticchettio per
provare consapevolmente
a calmare il proprio corpo. Sembra che il suono abbia deciso di
intervenire e
farlo al posto suo. La conseguente euforia è accompagnata da
stupore, ed è
tanto improvvisa e completa che Draco non si fida. Così
semplice. Come quando
si prova a volare per la prima volta, prima di rendersi conto che
è necessario
un minimo di abilità. Il primo tentativo fortunato non
è mai riprodotto in modo
così fedele.
Però
è una bella sensazione, sentire scivolare un po’
più lontano
l’attacco che sa sta per arrivare. Per un po’ di
tempo.
Click.
Cli–
Il telefono di
Potter si attiva con una musichetta irritante. Draco
apre gli occhi e gli lancia uno sguardo truce, solo per dare fastidio a
Harry,
ma l’altro ha già portato l’aggeggio
all’orecchio e sta aggrottando la fronte.
“No,
Ginny, non posso parlare… Be’, se non te ne frega
niente, perché
– ok. Che vuoi?” Resta ad ascoltare per un lungo
momento, durante il quale
Draco lascia vagare lo sguardo verso i pochi altri visitatori del
parco.
Nessuno di loro se ne sta seduto col sedere per terra in mezzo
all’erba. Nota
una persona senza alcuna capacità di discrezione e lo guarda
dritto negli occhi
finché l’altro non arrossisce e distoglie lo
sguardo.
“Sto
bene. No, dico davvero, non c’è assolutamente
bisogno che mi
chiami per chiedermelo… Oh, per la grazia di Merlino, Gin.
Sono sopravvissuto
per ben tre anni all’estero senza che tu mi chiamassi per
controllare che– che?
Ti ho detto che va bene.”
Harry
ascolta per qualche altro secondo carico di tensione. Quando riprende a
parlare, la voce è cambiata, forse solo in base al nuovo
punto di vista uditivo
di Draco, ma è certo che non si tratta più della
semplice irritazione di prima.
“Non ne voglio discutere con te. Non sono più
affari tuoi– Ginny, non è più
affar tuo da quando ci–”
I click
risuonano cristallini nelle orecchie da poco allenate di
Draco. Fissa la curva più vicina di un serpeggiante vialetto
in pietra, dove un
olmo si sta vestendo di gloriosi arancio–fuoco e
rosso–tramonto. Un altro click;
Draco si rende conto che sono le foglie che cadono quelle che sente, le
punte
irrigidite, imbrunite e arricciate che colpiscono il camminamento.
Sorride.
“Te
l’ho già detto,” proclama la voce di
Harry al cellulare. “Non sta
a te dove scelgo di essere. Se decidessi di lanciarmi dal Tower Bridge
per il
mio bene, puoi stare certa che lo farò…
Be’, io penso che non mi importa di quello
che pensi tu. Hai delle serie difficoltà ad affrontare il
fatto– sai una cosa?
Basta. Finisco questa conversazione. Ti chiamo più tardi
quando non sarai più
così arrabbiata.”
Chiude la
comunicazione e infila il telefono in tasca, digrignando
rumorosamente i denti. Si passa una mano tra i capelli, e
l’altra sull’erba,
quasi come fosse un ripensamento, dove stringe le dita molto, molto
forte. Non
un pugno vero e proprio. Quasi un ricordo tremante di un pugno.
Draco osserva
le dita tremolanti finché non si rilassano, poi alza lo
sguardo.
“Potresti
spegnerlo, quel dannato aggeggio.”
Harry stringe
gli occhi. “Perché non hai gli occhi
chiusi?”
Draco gli
rivolge un sogghigno. Chiude gli occhi e ascolta Harry
emettere un lungo sospiro purificatore. È stupefacente la
velocità con cui il
suo respiro ritorna al suo ritmo ipnotico. Draco sente un click. E un
click–click.
Espira.
::
Non
è tipo da saltare alle conclusioni impossibili, non
più. Ma quella
notte ha l’impressione che l’attacco prima di
andare a letto, da solo nel suo
appartamento, sia un po’ meno violento del solito.
Il mattino
seguente, il corpo fa ancora male come al solito. Ma quel
pensiero ribelle gli dà conforto.
::
“Dovresti
prenderti un gatto,” dice Harry, con la bocca piena di
patate fritte. “Si dice che siano animali molto
rassicuranti.”
Draco aggrotta
le sopracciglia vedendo le dita di Harry esitare vicino
alle sue patate fritte; con un gesto deciso allontana il contenitore e
procede
a versare aceto sul mucchio di patate finché la bocca di
Harry non assume una
smorfia di delusione. “Un gatto. Potter, non essere ridicolo.
Non ho bisogno di
un gatto. Un’altra creatura a cui provvedere?”
Harry scrolla
le spalle e si rassegna a tirare la sedia indietro e
alzarsi in piedi. “Non sono impegnativi. A meno che tu non
sia riuscito a
prenderti uno Kneazle.”
Draco borbotta
un breve saluto e giocherella coi pezzi di pesce nel
piatto mentre Harry va al bancone, facendosi strada tra alcuni
avventori poco
sobri, e ordina un’altra porzione di patate fritte. Un gatto
sarebbe uno stress
continuo, e non è una cosa su cui Draco è
disposto a mercanteggiare, anche se
col tempo potesse davvero finire col
‘rassicurarlo’. E poi, non è un tipo da
gatti. Al momento è un tipo da Draco e basta. È
l’unica cosa di cui riesce a
occuparsi in questi giorni.
Ma Potter ha le
sue teorie. E Draco è curioso di sapere dove le abbia
apprese.
Harry non ha
perso il suo tocco autoritario. Si destreggia, se non con
finezza, almeno con disinvoltura, tra la folla che sgomita per cenare e
bere
birra; nel percorso dal bancone al loro tavolo vicino alla porta non
perde
neanche una patata. Non che, nei molti anni della loro conoscenza,
Harry abbia sempre
avuto quel tocco autoritario. Draco lo ricorda solo durante
l’ultima battaglia,
e prima e dopo non stava prestando molta attenzione. Solo Potter, e
Voldemort,
e poi la sua famiglia, abbandonata a se stessa. E quello lo aveva colto
di
sorpresa; si era aspettato di essere allontanato dalle braccia dei suoi
genitori. Si era aspettato che sarebbero stati divisi per sempre.
Oh, le grazie
ricevute da fonti inaspettate.
“Dove
hai imparato tutta questa robaccia?” chiede Draco con tono
stizzoso quando Harry si rimette a sedere. L’altro sbatte le
ciglia una volta,
da dietro gli occhiali, e si concentra sul versare sale sulle nuove
patate.
“Ho
degli amici,” dice in tono vago, ma alza subito lo sguardo, e
in
qualche modo Draco capisce che la vaghezza sta per finire.
“Sono tecniche
Babbane. Per lesioni gravi e depressione e roba così. Ai
maghi non piacciono
molto i trattamenti non magici.”
Draco solleva
un sopracciglio, ed è contento di vedere un sorriso
malcelato sul viso di Harry. Il suo ex compagno di scuola piega la
testa di
lato e si infila diverse patate in bocca. Mastica e ingoia.
“Allora? Ti stanno
aiutando o no?”
Stavolta Draco
alza gli occhi al cielo. “Non hai mai sentito parlare
di apprendimento empirico? È troppo presto per trarre
conclusioni.”
“Be’,
continua a trarre. E devi fare pratica. Alcuni di questi metodi,
è difficile capire come funzionano. È una cosa
molto mentale, capisci?”
Draco pensa che
qualcuno, di
mentale, abbia solo problemi, non tecniche riabilitative.
Ma di certo non
lo dirà ad alta voce.
::
Ce
n’è uno che dice di fare dieci respiri profondi a
occhi chiusi. E
poi ce n’è un altro per cui bisogna immergere il
viso in acqua calda appena
prima di andare a letto e poi espirare. Quindici secondi. Quello sembra
avere
un certo effetto, in generale. Draco sente il cuore rallentare e il
battito
risuonargli con un ritmo regolare nelle orecchie, e in quelle notti i
suoi
sogni sembrano essere meno attivi. E poi, ovviamente,
c’è l’esercizio di
ascolto. Draco non è mai stato tanto consapevole dei
minuscoli suoni del suo
appartamento come lo è ora. Potrebbe giurare di avere
qualche ratto nelle pareti
del guardaroba, o qualche altra specie sgradita di grande roditore. O
forse
sono solo i suoi dannati vicini.
Ma è
quando rimane un po’ a letto la mattina, in silenzio, che
diventa
completamente consapevole del proprio corpo, più che mai.
Semplicemente
standosene lì sdraiato, a studiare il soffitto e la luce
proveniente da fuori. Gli
ci vogliono quasi due settimane per accorgersene, ma si rende conto che
nei
giorni in cui gli viene un attacco a metà pomeriggio, ha un
leggerissimo mal di
testa appena dietro la fronte prima delle nove e mezza.
::
L’appartamento
di Harry è piuttosto diverso dal suo. Perlomeno è
più
grande, in qualche modo. C’è un piano superiore.
Ma le stanze sono più piccole.
Il salotto di Harry, ad esempio, sembra a malapena in grado di
contenere il
divano, sebbene lo stesso divano sia davvero comodo. Ci sono foto
appese alle
pareti, e non tutte si muovono, cosa tanto interessante da catturare
l’attenzione di Draco. Non che non abbia mai visto una foto
Babbana prima
d’ora. Però alcune di queste foto Babbane sono di
persone che sa essere dotate
di poteri magici. Un’istantanea immobile della Weasley
è appesa sulla parete
vicino alla porta, e a meno che non ne possa più di
muoversi, questa foto non è
magica. Sta ridendo; una risata vera, non una di quelle finte solo per
far
accelerare la faccenda. Ce n’è un’altra
lungo le scale, col profilo della
Granger in una giornata ventosa con alle spalle un castello in rovina.
Ci sono anche
persone che Draco non conosce, persone che potrebbero
benissimo essere Babbane, persone con cappelli a tese larghe e grandi
sorrisi,
con le braccia abbronzate attorno alle spalle di Harry e occhiali da
sole
enormi e scuri. I sorrisi di Harry sono diversi da quelli a cui
è abituato:
sono rilassati e un po’ sghembi, scavano fossette nelle
guance e mostrano i
denti bianchi. Harry è spesso al sole, sotto palme e
tettoie, a fianco di torri
dall’aspetto esotico e giardini incontaminati. Quando Draco
va di sopra per
cercare il bagno, trova anche una foto di Harry a casa di qualcun
altro: non
sta guardando l’obiettivo, è solo disteso su un
divano, con la testa
all’indietro e i capelli in disordine. La foto è
piena di luce calda e
pomeridiana, che inonda il corpo di Harry e gli fa scintillare i
capelli.
Draco resta a
osservare la fotografia a lungo, poi torna di sotto.
Harry
è di nuovo su un divano, come se fosse balzato fuori dalla
foto
che Draco si è lasciato alle spalle, e per un momento Draco
deve sbattere le
palpebre. È strano, quando Harry si raddrizza e si piega in
avanti, per
appoggiare le braccia sulle gambe piegate.
“Vuoi
dell’acqua?” chiede.
“Tè,”
risponde Draco rigidamente.
Harry annuisce.
“Subito.” Si alza, e va in cucina. Draco ascolta
per
un secondo gli incantesimi mormorati e il tintinnio delle tazze, poi si
siede sul
bordo del divano.
“Allora,”
la voce di Harry attraversa il corridoio, “stanno
funzionando?”
Draco emette un
debole sospiro. “Non lo so,” dice scandendo le
parole,
convinto che se lo avesse detto abbastanza lentamente e ripetutamente,
prima o
poi Harry Potter lo avrebbe capito. “Lo sai che hai
un’impazienza ridicola
riguardo a tutto questo? Chiudi la bocca e dammi il tempo di abituarmi
a
tutto.”
La testa di
Harry spunta dalla soglia. Ha un sopracciglio sollevato.
“Dai.”
Draco gli
lancia uno sguardo truce, ma decide che un cambiamento di
tattica è consigliabile, e forse anche giustificato.
“Un po’. Forse.”
Il viso di
Harry è passivo, difficile da interpretare. “Gli
attacchi
sono meno violenti? Oppure gli effetti stanno diminuendo
d’intensità?”
Questo
è davvero interessante. Quasi nessuno si premura di chiedere
riguardo agli effetti collaterali, tranne i vari Guaritori al San
Mungo. Loro sono curiosi,
ovviamente. Ma le
preoccupazioni di sua madre iniziano e finiscono con gli attacchi e
basta. E
Harry gli ha fatto la domanda da un milione di Galeoni.
Draco esita.
“Gli effetti. Durano un po’ meno.” E poi,
per frenare
l’inevitabile soddisfazione di Harry, “Non
c’è così tanta differenza, ok?
Solo…
un po’. Ed era da tanto tempo che non seguivo i sintomi
così attentamente.
Potrebbe essere un caso.”
Harry scrolla
le spalle. “Potrebbe essere che stiano facendo
effetto.”
Scompare di nuovo in cucina. “Vuoi latte e zucchero? Ho
l’Earl Grey e la
camomilla, e ho un tè che sa un po’ di
battistrada, ma c’è una comunità di
gente
fantastica nella Prefettura di Nara, convinta che–”
“Oh,
per l’amor di Salazar, Potter,” dice Draco di
scatto, alzandosi
in piedi. “Chiudi la bocca e lascia fare a me.”
Entra solennemente in cucina e
trova Harry a qualche metro di distanza dal piano di lavoro che lo
guarda con
occhi pieni di aspettativa. Draco agita le mani finché Harry
non gli fa posto,
e poi si dedica unicamente a farsi una tazza di Earl Grey, e grazie
tante, con
un sacco di latte e zucchero. Sente Harry tornare in salotto, e solo a
quel
punto solleva il terzo sacchetto di foglie di tè dalla
scatola. Draco lo
avvicina al naso e lo annusa, esitante.
Sì.
Sembra proprio gomma bruciata.
Sta rimettendo
il coperchio sulla zuccheriera, quando sente un leggero
brivido di magia lungo la spina dorsale. Draco si raddrizza e si gira
verso la
porta. “Sei stato tu, Potter?”
Harry si
schiarisce la gola. “Le mie barriere. Senti, ti
dispiace… C’è
una dispensa dall’altro lato della cucina. Volevo riportarci
lo zucchero.
Quando hai finito, ovviamente.”
Draco alza gli
occhi al cielo e prende la zuccheriera in mano. La
porta della dispensa è socchiusa, e Draco la attraversa,
entrando in una stanza
minuscola, piena di piccole mensole piene di cracker e pasta, e succhi
e
scatole di qualcos’altro. Infila lo zucchero in uno spazio
vuoto a forma di
zuccheriera, ed è in quel momento che sente il secondo
incantesimo. Sicuramente
un incantesimo smorzante, o un qualche tipo di magia celante. Ma non
è molto
potente, oppure Harry è distratto. Draco si chiude
silenziosamente la porta
della dispensa alle spalle e attraversa la cucina. Con un gesto della
bacchetta
annulla la debole magia, e il silenzio viene subito riempito da voci.
“–tu
a chiamare me. Se non
mi volevi qui, non avresti dovuto farlo!”
Harry risponde,
con un tono di voce molto, molto secco. “Sì, ti
voglio
qui. Ma sei arrivata in anticipo, e non ho avuto il tempo necessario
per
spiegare le cose.”
“Ma
di cosa stai parlando?” La Lenticchietta, Draco ne
è convinto. “Mi
hai chiamato, e sono venuta.”
“Sì,
ma quando pareva a te!” dice Harry bruscamente. Draco lo
sente
riacquistare velocemente il controllo con un respiro profondo.
“Senti, non
voglio litigare di nuovo.”
“Non
sono stata io a iniziare, Harry,” dice la Lenticchietta con
voce
acida.
“E io
di certo non volevo litigare di nuovo su quello!
Per gli dèi, Ginny, perché non puoi accettare
quello che è
successo e basta?”
E la
Lenticchietta esplode, così, in un attimo, e inizia una
tirata
incontrollata e furiosa. “Non sono stata io quella che ha
preso e se n’è andata
tutt’a un tratto, Harry! Avresti potuto dare
un’altra possibilità alla nostra
relazione!”
“Non.
Ha. Senso,” dice Harry ringhiando. “Per
l’ultima volta. Hai
capito?”
“Harry…
Sono passati diversi anni. E lo so che vuoi del tempo per te
stesso. Per un po’. Ma non pensi che potresti sbagliarti
riguardo… riguardo a
tutto quello?” La sua voce era diventata carezzevole.
“Prima non eri mai stato
interessato a–”
“Adesso
questo non c’entra niente, Gin! Non è questa la
questione, e
non ne voglio più parlare con te! Non oggi. Lui
è la questione oggi. Ti ho chiesto di venire per avere il
tuo aiuto, ricordi?
Credi di poter mettere da parte i nostri litigi abbastanza a lungo
da–”
“E
cosa ti aspetti che faccia esattamente per aiutarlo? Neanche lo
conosco! Non lo vedo da anni. E soprattutto non so neanche se mi
interessa
rivederlo.”
Draco aggrotta
la fronte. Che cazzo, non è un imbecille; lo sa di chi
stanno parlando. E neanche lui sa se gli interessa rivedere la
Lenticchietta.
Non si sente esattamente in forma, al momento – è
dalla dannata guerra che non
si sente in forma – e non gliene può fregare di
meno delle tribolazioni di
Potter né dei litigi tra innamorati. Draco non vuole essere
‘la questione’, né
oggi né mai.
“Hai
aiutato me. Gin? Ginny. Ascoltami.” La voce di Harry si
abbassa,
entra nel regno dei mormorii. Draco se lo immagina avvicinarsi a lei, e
forse
lei ha incrociato le braccia e sta cercando di mantenere qualunque
vantaggio
pensi di aver guadagnato. Ma non lo manterrà a lungo.
C’è qualcosa nella voce
di Harry.
“Ho
bisogno che lo aiuti. Cerca tutte le ragioni di cui hai bisogno.
Fallo per me se vuoi, o per i tuoi studi. Quello che vuoi.
Però… ti prego di
pensarci. Non posso farcela da solo, e di certo neanche lui.”
“Oh,
per Merlino, Harry, che cos’è, il mese della
filantropia? Delle
storie strappalacrime? Lui non vorrà il mio aiuto, e poi non
l’ha certo
contratto da poco! È da mezzo decennio che ci combatte! Non
credi che abbiano
già esaurito tutte le loro opzioni ormai?”
“Ginny,
se lo vedessi–”
“E
perché dovrei? Adesso tutto gira di nuovo intorno a te, si
è sempre
parlato di te e di quello che vuoi tu. Non mi hai mai chiesto cosa
volessi io,
né allora né adesso!”
Harry sospira,
ma il suono è di nuovo attutito. Draco aggrotta la
fronte, si sporge in avanti, e poi capisce che il problema non
è un
incantesimo. Sono le sue orecchie. Le estremità del suo
corpo hanno iniziato a
formicolare.
Dèi.
Deve trovare un posto per sedersi. O forse stendersi. Sta
salendo, strisciando molto più velocemente della maggior
parte degli altri.
Draco si guarda intorno nella stanza, le due sedie vicino alla
finestra, poi le
mattonelle del pavimento. Ma – non può avere un
attacco qui, farà rumore. Lo
sentiranno.
Forse, se
riuscisse a catturare l’attenzione di Harry–
“–male.
Va bene? Per favore. Resta e guarda soltanto. Non hai idea
di–”
“Harry,
non sono una Guaritrice! Hai capito? Non sono una Guaritrice.
Non sono una professionista, non sono un medico Babbano, e di certo non
sono la
tua Guaritrice o medico Babbano personale!”
“Ti
chiedo solo di vedere! Tutto qua, Ginny! Guarda solo quello che
gli succede, perché non hai idea di cosa significhi davvero
quello che leggi
nei giornali, te lo posso assicurare! Non ne hai la minima
idea!”
Come un
cristallo che si spacca in mille pezzi, Draco si rende conto a
cosa Harry si stia riferendo esattamente. Di cosa stiano parlando. Cosa
le stia
chiedendo di guardare.
“No!” Esce nel salone
così
in fretta che per poco non cade, ma lo sente arrivare, ancora
più veloce perché
la Lenticchietta è l’ultima persona al mondo che
Draco vuole come testimone
della sua debilitazione, e si lancia in avanti per mandarla via, fuori.
Ma è
troppo tardi.
Tutto
è color prugna, tanto scuro e opaco che Draco non sa cosa
succederà adesso. Forse sta cadendo. Forse è in
piedi. Forse si sta rompendo il
naso sul pavimento in quest’istante, in
quest’eternità, e sta coprendo di
sangue le assi del pavimento di Harry–
Che
bastardo. Che completo bastardo–
È
dentro un vuoto, un vuoto buio e profondo e
schiacciante. Solo gli attacchi peggiori lo fanno finire lì.
E non è mai sicuro
che riuscirà a uscirne. Draco aspetta, sospeso, coi muscoli
dolorosamente
contratti. E aspetta.
Sono
le ginocchia che sente prima di tutto, calde esplosioni
di agonia. Lo stomaco gli si contorce, e minaccia di svuotarsi. Apre
gli occhi
– si aprono con uno scatto involontario – e vede un
mondo offuscato pieno di
colori confusi e sagome in movimento. È terrificante; non ha
alcun controllo.
Ma stavolta è troppo esausto per avere paura. Chiunque sia
ancora lì, chiunque
non sia scappato vedendo lo spettacolo, ci sarà ancora
qualsiasi cosa accada.
Alla
fine i colori si fondono abbastanza. Draco vede
occhiali scintillanti circondati da peluria nera. Stranamente,
è un sollievo
ricordarsi a chi appartengono. Ma dietro le spalle di Harry vede
muoversi del
rosso, e lo stomaco di Draco si sente di nuovo male. Vorrebbe che gli
occhi si
offuschino di nuovo e vedano tutto nero, lo vorrebbe più di
qualsiasi altra
cosa, così non dovrebbe pensare, non dovrebbe fare. Potrebbe
semplicemente
rimanere lì disteso. Lasciare che Potter lo porti al San
Mungo. Anche se lì non
hanno nulla che lo possa aiutare.
Però,
i suoi occhi insistono nel tornare a funzionare,
invece di esaudire i suoi desideri. Draco riesce finalmente a vedere i
dettagli
degli occhi di Harry, verde torbido e pupille dilatate. Sta allargando
le
narici ed è sopra Draco, concentrato totalmente su di lui.
Dietro le sue
spalle, la Weasley lo fissa in silenzio. E stavolta
c’è qualcosa sul suo viso
che non c’era prima che il mondo diventasse viola. Draco non
ci pensa, finché
si rende conto che per una volta non c’è traccia
di sospetto nei suoi occhi
larghi e tristi.
“Per
gli dèi,” mormora. La sua gola si muove a scatti.
“Non avevo idea che fosse così…
violento.”
Forse
l’umore di Draco non peggiora perché non ha
l’energia di lanciare sferzate maligne con la lingua. Non
significa poi molto;
la Lenticchietta resta dove sta. Che non è il posto
dov’era originariamente. Ma
Harry è quello più vicino, quello che ha preso
Draco durante la caduta e l’ha
steso tra le braccia accoglienti del divano.
“Io
lo sapevo,” dice Harry a bassa voce, ma il suono
scuote comunque le orecchie gonfie di Draco. La mano di Harry si
contrae sui
cuscini del divano. “Gin, sei una Guaritrice.”
“Ancora
tirocinante,” si affretta a correggerlo, ma Harry
continua.
“Potresti
vedere. Le biblioteche, o le riviste. I tuoi
colleghi Babbani.”
Draco
si chiede se la Weasley stia lottando contro
l’antico impulso di voltare le spalle a qualsiasi cosa sia
collegata a lui. È
normale. La capirebbe benissimo. Lo fissa con uno sguardo piuttosto
diretto. I
suoi occhi sembrano due mari di Calipso agitati.
“Gin.”
Stavolta la voce di Harry è dolce, diversa da prima
in un modo completamente nuovo. Un modo disperato. “Hai
aiutato me.”
Lei
lo fissa e la sua gola fatica per ingoiare. “Vedrò
cosa riesco a trovare,” promette. E sembra
davvero… una promessa.
::
Non
appena la porta si chiude con un click alle spalle
della Weasley, Draco si alza a fatica dal divano e dà a
Harry la spinta più
forte che riesce a dare. È più forte di quanto
avesse creduto. Harry barcolla,
ma dallo sguardo non sembra essere sorpreso.
“Stronzo,”
dice Draco ansimando. “L’hai detto a quella
lì. Gliel’hai fatto vedere!”
“Mi
dispiace,” risponde Harry a bassa voce. “Ma lei
può
aiutarti. Dopo la guerra, ero… Lei è una
Guaritrice. Mi ha aiutato con la
fisioterapia.”
“Non
mi importa,” dice Draco duramente, anche se il
mistero gli sta già stuzzicando la mente: Harry Potter,
fisioterapia? Ma la
speranza continua a brillare, nonostante le Lenticchiette e le
umiliazioni e i
tradimenti.
“Lei
sa parecchie cose, Draco,” è la debole risposta di
Harry. “Può aiutarti.”
Il
problema, che Potter lo voglia ammettere o no, è se vorrà aiutarlo.
::
La Weasley gli
manda davvero qualcosa. O forse lo manda prima a Harry,
ma Draco non trova nessuna prova che dimostri che siano stati cambiati
i gufi o
le lettere. È passata quasi una settimana dal suo arrivo
inopportuno a casa di
Harry, e la busta è modesta, con il suo nome scritto a
chiare lettere sul
davanti. Dentro non c’è molto.
Qualche
rimedio/metodo preventivo Babbano. –GW
La lista
è breve. Tenersi alla larga dall’alcol sembra
attraversare il
confine della magia tra i trattamenti per gli attacchi. Ci sono
consigli di
comune buon senso, come dormire abbastanza e bere molti liquidi. Ma ci
sono
altre cose strane di cui Draco non ha mai sentito parlare, come restare
seduti
al buio di mattino e di sera, evitare di leggere caratteri molto
piccoli, e
fare caso a strani odori prima o dopo gli attacchi.
La Weasley
consiglia anche di annotare quando e dove avvengono gli
attacchi, e dare loro una valutazione usando una specie di
unità di misura.
Draco alza gli
occhi al cielo; sono troppe le cose da assorbire,
troppe da assimilare in così breve tempo, per la sua mente
stanca. E poi non
aveva avuto molti risultati la prima volta che l’aveva fatto,
per il San Mungo.
Ma decide di provare la tecnica del buio.
::
A volte si
chiede chi abbia scattato la foto di Harry su quel divano
illuminato dalla luce pomeridiana. Il ricordo di
quell’immagine rimane con lui,
mentre dimentica decine di altre immagini; Draco vede ancora la curva
delle
braccia di Harry abbandonate lungo i fianchi, le pieghe e le ombre
della
maglietta sull’addome. Gli occhiali stretti in un palmo non
completamente
chiuso, con una stanghetta piegata, e la luce riflessa sulle lenti.
È una foto
sonnolenta, piena di sonno e fatta inaspettatamente. Chissà
se è stata la
Lenticchietta a scattare la foto? Sembra avere il tocco di un amante.
Forse Harry sta
seduto sul divano di quell’amante.
Ma certo che
glielo chiede. Non ci sono molte altre opzioni che vadano
d’accordo con l’atteggiamento schietto di Draco.
E Harry solleva
la testa e lo guarda dritto negli occhi. “Per qualche
mese sono stato con un fotografo. È stato lui a scattare le
foto.”
“Un
fotografo Babbano?”
Harry fa di
sì con la testa. Sta fissando Draco, con gli occhi stretti
e la bocca serrata, quasi sfidandolo a continuare.
Draco non
risponde alla provocazione. Crede che perderebbe la
battaglia.
::
“Pensi
che sia il club a causarle?”
Draco, che
aveva la testa tra le mani, la solleva e fissa Harry con
occhi pigri. “Che?”
Harry aggrotta
la fronte. È una cosa familiare. È lo stesso
sguardo
che anche Draco aveva prima di capire che la sua condizione non si
poteva curare
con ricerche e agitazione. “La discoteca. Le luci sono
piuttosto epilettiche
anche per quelli come me che non tendono ad avere crisi.”
Draco lo sa che
le parole volevano far ridere. Ma adesso non gli
importa. È tutto il giorno che non gli importa. Gli fa male
la testa e sa cosa
lo aspetta ora che il sole ha cominciato a tramontare. Forse
succederà tra
un’ora, forse tra quattro ore. È vagamente
disturbato dal fatto che non gli
interessa se accadrà prima o dopo che Harry se ne vada. In
questi giorni per lui
non fa differenza, e si sa che Harry proprio non sa togliersi dalle
palle
quando Draco inizia a contorcersi sul pavimento.
“Non
è quello,” borbotta Draco, rimettendosi la testa
tra le mani. Forse,
se lo fa bene, può far uscire la crisi dalla testa con una
bella grattata. E
forse Potter potrebbe restare in silenzio una buona volta invece di
cercare la
causa dei dannati attacchi. Gliela potrebbe dire Draco, se solo la
smettesse di
essere così poco realistico. La causa aveva occhi di
serpente e, si dà il caso,
è molto, molto morta. Non che Harry non lo sappia.
“Potrebbero
essere un fattore, Draco. Non–”
“Se
fossero un fattore,” lo interrompe Draco, “allora
non credi che mi
prenderebbe una crisi due secondi dopo aver messo piede oltre la
porta?”
Harry si
appoggia allo schienale delle sedia e prende un sorso dal
bicchiere d’acqua. La sua gola si muove diverse volte. Draco
distoglie lo
sguardo, è troppo irritato per mettersi ad analizzare
qualsiasi cosa.
“E
allora il diario? Potresti provare ad annotare quello che mangi.
Alcuni alimenti possono provocare le crisi.”
Draco riesce
appena a trattenere il ringhio. “Lo so, Potter. Lo vuoi
capire che ho già provato alcune cose? Il San Mungo
è pieno di sciocchi
incompetenti, è vero, ma non sono totalmente
inutili.”
Il volto di
Harry si contrae leggermente. “Non sono
incompetenti,”
mormora, e torna a bere l’acqua. Draco ha iniziato a notare
che Harry lo fa
quando è nervoso o scosso. Ma adesso è difficile
riuscire a interessarsene;
preferirebbe che Harry se ne andasse finalmente a casa. Se è
lui, Draco, la
parte più stressante dell’equazione, allora Harry
risolverebbe i problemi di
tutti andandosene.
“Va
bene,” ci riprova Harry. “Che cosa hai notato?
Cos’è che scatena
le crisi?”
Draco potrebbe
raccontargli il fatto che non riesce ad avere un
orgasmo senza farsi prendere da convulsioni del tipo sbagliato.
Potrebbe
riferirgli quante persone sono arrivate nel suo letto ma poi se ne sono
andate
prima della fine della serata. Prima della fine di qualsiasi cosa. Ma
cazzo,
non vuole dirglielo, per amor di Merlino. È come una cappa
vecchia e lercia
avvolta intorno al suo corpo, troppo spessa e pesante da scrollarsi di
dosso. E
non è neanche la sera giusta per provarci, Draco ne
è sicuro.
“Non
lo so,” dice infine Draco, portato
all’esasperazione. Ha i
muscoli tanto rigidi da fargli male, e sente anche il dolore dalla
mascella
serrata. Per la miseria, basterà
quest’interrogatorio a fargli venire l’attacco
stasera, e poi, finalmente, sarà passato, almeno.
“Per gli dèi, ma che ti
importa? Lascia stare.”
Harry resta un
momento in silenzio. Poi si muove, avvicina una mano
sul tavolo, come se volesse raggiungere Draco in qualche modo.
“Lo so che non è
per niente bello. Stai andando bene, però. È
solo… tutto il processo, e poi
supererai anche questa parte, Draco.”
Draco solleva
la testa, fissandolo incredulo, un breve momento di
vuoto emozionale nel petto, e trova gli occhi sinceri di Harry sul suo
viso.
“Non
ho bisogno della tua compassione, Potter!” sibila, non ancora
furioso, ma la rabbia sta salendo così in fretta che ci
arriverà nel giro di
pochi secondi. O di poche parole.
Lo sguardo
corrucciato di Harry è rapido e deluso. Si sporge sul
tavolo, allunga una mano col palmo verso il basso. “Non
è compassione, la mia,
Malfoy,” dice con voce irritata. “È
empatia.”
“Come
cazzo potresti provare empatia per me?” Draco scoppia a
ridere,
una risata stridente, che ferisce, e vuole ferire perché non
c’è stata ferita
che abbia ricevuto che non sia stata profonda. E adesso è
arrivato Harry ad
aprirle tutte e a buttarci sale sopra con le sue stupide nozioni
altruistiche.
“Non sai nulla di quello che sto passando!”
La faccia di
Harry sbianca. Le sue labbra si storcono tanto che Draco
capisce di aver superato un qualche confine. Harry si alza di scatto,
strattonando
le maniche con mani tremanti finché non sono ben sopra i
gomiti. “Sì, lo so.”
La voce è dura, come pietra, ma tremante. Dalla rabbia,
forse. O dal dolore,
sebbene i suoi occhi attraversino la compassione e arrivino a qualcosa
di molto
più determinato. Si fruga le tasche per prendere la
bacchetta e, per qualche
ragione, Draco non cerca di prendere la sua finché Harry non
ha già agitato il
suo bastoncino a mezz’aria.
Una volta
davanti a sé verso il basso, una volta verso
l’alto. Due
colpi secchi.
Le mani di
Harry iniziano subito a tremare. È impressionante: la mano
sinistra freme come una foglia agitata dal vento, ma la destra trema
come se i
muscoli si fossero arresi. Come se fosse il mondo stesso a scuoterla.
Draco
sente la sua bocca aprirsi, ma sta già assistendo
all’indebolimento del corpo
di Harry. Le spalle si abbassano; il suo lato sinistro si affloscia
appena, e
finalmente Draco capisce il senso grottesco della spettrale andatura
zoppicante
che aveva visto settimane prima.
Draco si alza
dalla sedia, la sua stanchezza svanisce vedendo tutte le
cose finora nascoste. Harry resta lì in piedi, con le mani
tremolanti e le dita
strette intorno alla bacchetta, e appassisce come un fiore morente. I
suoi
respiri stanno diventando più marcati, eppure non fa altro
che fissare Draco, lo
fissa… e basta.
“Basta,”
sussurra Draco. Viene fuori in modo disperato, quasi
silenzioso. Harry sbatte le palpebre una, due volte, poi agita la
bacchetta con
un gesto deciso lungo il torso e sopra la testa. Sussurra due parole
quasi
mute. L’incantesimo ricade sulle spalle, argento
scintillante, poi svanisce. Le
scosse gocciolano via dalle braccia come se fossero acqua. Harry si
raddrizza,
poi fa un passo in avanti e crolla sulla sedia da cui si era alzato
poco prima.
Il silenzio
della stanza preme contro le orecchie di Draco. Riesce a
sentire i respiri di Harry, ancora affrettati e deboli. Irregolari. Gli
scombussola qualcosa nel petto; si è abituato alla
regolarità, alla forza delle
inspirazioni ed espirazioni di Harry, senza neanche accorgersene.
Attraversa un
momento di disagio estremo: non ha idea di cosa sia accaduto.
Draco si
rimette lentamente a sedere, cercando di ricomporsi. Harry
non lo guarda. I suoi occhi, pesanti e noncuranti, sono rivolti alla
superficie
del tavolo, ma è uno sguardo che Draco conosce: sta
riacquistando le forze, sta
lottando contro un punto debole sotto una facciata di
normalità. Harry sbatte
più volte un dito sul tavolo.
“Cos’era?”
mormora Draco, osservando Harry.
Harry si muove.
Le spalle, di nuovo forti, si alzano e si abbassano,
una scrollata disinvolta. Ruota leggermente la testa sulle spalle.
“Effetti
collaterali.”
“Di
cosa?” dice Draco, ma crede di sapere. Forse non esattamente,
ma
non ha bisogno di essere preciso. Era una guerra. C’era
sofferenza dappertutto,
e non sempre è finita dopo la matura dipartita di Voldemort.
“Sono
morto,” dice Harry semplicemente. Gli occhi verdi si alzano e
incontrano il suo sguardo. “Voldemort mi ha ucciso.”
“Io…”
Draco sa tutto questo. Ha ascoltato i racconti, e sa degli
Horcrux. Sa della cicatrice di Harry, ma non da Harry. Sa cosa ha visto
sua
madre quella notte nel bosco, e sa che il colpo accusato dalla parte
della Luce
è stato viscerale, e molto reale, se non permanente. Sa che
giravano magie
strane a Hogwarts, quella notte. Ma non è mai venuto a
sapere di dirette
conseguenze fisiche finora.
“Non
sanno bene cosa fare alle persone che sono morte e poi
tornate,”
dice Harry a bassa voce. “I maghi. Non capita
spesso.”
Draco lo fissa,
perché lo sa tutto questo. Sa tutto dei fallimenti
della medicina magica.
“I
Babbani hanno un approccio diverso. Hanno… Be’, le
persone muoiono.
E le riportano in vita. E poi le riabilitano.” Harry si passa
una mano, ora
normale, sulla fronte. “È una cosa a cui i maghi
non sono abituati. La magia
dovrebbe curare tutto.”
“Queste
tecniche le hai usate tu stesso,” sussurra Draco, e sa che
Harry non ha dato alcun suggerimento a riguardo, ma gli sembra
abbastanza
chiaro. Tutti quegli esercizi di ascolto all’esterno,
così difficili da
padroneggiare. I respiri profondi, che prende per scontati. Le tabelle
e le
note sui pasti e tutto il resto.
Harry scrolla
le spalle. “Uso un incantesimo. Lo lancio tutte la
mattine. Svanisce non appena mi sveglio il giorno dopo, e nessuno sa
niente. I
metodi Babbani sono per le altre cose che la magia non può
curare. Solo
coprire.”
Draco stringe
le labbra. È scoraggiante, anche se non ci sono
incantesimi per coprire quello che accade con le sue crisi, anche se
non c’è
metodo magico per nascondere il suo male. L’idea di usare lo
stesso incantesimo
ogni giorno della vita solo per apparire normale, per evitare che le
altre
persone lo fissino e gli facciano domande e ficchino il naso
– a Draco lo
fissano solo una volta al giorno. Senza l’incantesimo, Harry
sarebbe osservato
ogni secondo di ogni minuto di ogni ora, finché non si fosse
definitivamente rinchiuso
in casa.
“La
Weasley lo sa?” chiede invece, sentendo il vuoto che circonda
le
parole e il peso di tutto quello che non ha detto.
Harry annuisce.
“È stata lei ad aiutarmi. Non con
l’incantesimo, ma
con tutto il resto. Capisci, no? Non posso portarlo sempre.
Lo… sento.” Fa un
gesto vago, e Draco si immagina un ronzio costante, o forse un
formicolio. Un
mantello di magia, che ricorda sempre della sua esistenza.
“Lei
conosce la medicina Babbana.”
“Fa
parte del movimento a favore dei rapporti tra maghi e
Babbani.”
Harry sospira e si appoggia allo schienale. “Shacklebolt
voleva essere certo
che Voldemort fosse completamente rimosso dal sistema. Il Ministero ha
agito in
questa direzione. Ha teso una mano ai Babbani in segno di amicizia, ha
promosso
scambi di conoscenze. La parte riguardante la medicina è un
enorme passo
avanti, malgrado quello che pensano le persone ignoranti.”
Draco osserva
Harry. “È successo in fretta?”
“In
modo graduale,” dice Harry. “Neanche sapevo che
avesse a che fare
con– Be’. All’inizio credevo che fossero
solo fitte. Poi una malattia. Finché
al San Mungo non hanno finalmente capito che era collegato col fatto di
essere
tornato dai morti.”
Un’anima
che cercava disperatamente di riconnettersi col suo corpo
esausto, un corpo che era, a tutti gli effetti, deceduto. La fina era
decisa,
poi era stata strattonata di nuovo indietro da quella fine, di nuovo
verso
l’inizio, o il più vicino possibile
all’inizio. Il corpo di Harry deve aver
lottato. E alla fine aveva ceduto ed era caduto.
Draco si chiede
a chi Harry l’abbia raccontato. Chi sa e chi invece
crede che Harry sia un ragazzo normale come tanti, un salvatore che
supera
qualsiasi cosa gli accada e continua a camminare.
“Non
è semplice conviverci. Sono convinto che un sacco di persone
mi
abbiano creduto in punto di morte per diversi mesi.” Harry si
porta una mano
alla fronte e sfrega debolmente. “Quindi lo so cosa stai
passando. Almeno un
po’. E una volta ho perso una persona cara a causa di tutto
questo.”
“Era
il tuo fotografo?” chiede Draco a bassa voce.
Le labbra di
Harry si torcono e formano un sorriso leggero e amaro.
“No,” risponde. “Non era lui.”
Draco esita,
poi annuisce. “Era Ginny Weasley?”
Gli occhi di
Harry si aprono e per un istante il suo corpo resta
immobile. Sospira debolmente. “Va bene. Allora ne ho perse
due. Per vie
traverse.”
Per qualche
ragione, Draco dubita che Ginny Weasley sia fuggita dai
tremori. Le vie traverse hanno talmente tante curve e svolte
inaspettate.
::
Uno o due
giorni più tardi arriva un’altra lettera della
Weasley, e
dice che studi recenti non consigliano l’uso dei trattamenti
Babbani per le
crisi indotte magicamente. Troppi rischi… troppi cattivi
risultati durante i
test. Draco decide di chiamare le cure ‘magia
Babbana’, solo per farsi qualche
risata nei momenti in cui si sente particolarmente irritato.
È ovvio che non
avrebbero reagito bene alla magia del maghi. Sono secoli che i Babbani
non
reagiscono bene ai maghi.
Anche se si
potrebbe dire benissimo l’opposto.
Weasley,
però, gli consiglia alcune diete, e di evitare alimenti
preparati con la magia cinque giorni su sette. Subito dopo Harry gli
manda una
tintura di erbe via Gufo, e Draco ha la sensazione che la Weasley
sapesse che
non l’avrebbe mai presa direttamente da lei. Ovviamente, ha
ragione.
Usa la tintura
nel tè, la sera. Rende il sapore un po’ aspro, e
la
sensazione gli resta sulla lingua per tutta la notte fino al mattino,
al
risveglio. È abbastanza sicuro di non stare solo immaginando
quando i mal di
testa si indeboliscono durante la settimana. Anche le crisi vanno e
vengono con
un po’ meno pompa e cerimonia.
Appena un
po’ meno.
::
Qualche notte
abbassa le barriere della casa a livelli meno severi,
per essere sicuro che sua madre non impazzisca dalla preoccupazione.
Molto
spesso, la mano calda della madre nella sua, nel cuore della notte,
mentre si
riprende dal caos tremante, ansimante e traballante, gli dà
conforto.
::
Harry bussa
alla porta con un sacchetto pieno di pane e una specie di
sugo per pasta preriscaldato. “Non è
niente,” dice. “L’ho fatto io.
Be’, l’ho
riscaldato, a dire il vero. Meglio così,
probabilmente.”
Draco apre il
contenitore con gli spaghetti ancora fumanti e annuisce.
“Grazie.”
Harry scrolla
le spalle. “Te l’ho detto, non è
niente.” Si tira su i
guanti, oltre i polsi. “Okay. Buon appetito,
allora.”
C’è
parecchia pasta. La bocca di Draco rimane chiusa finché
Harry non
è quasi arrivato nel corridoio d’ingresso.
Poi– “Puoi restare. Ne hai fatta talmente
tanta.”
Harry fa
capolino da dietro l’angolo, con le mani già
occupate a
tirare su il colletto del cappotto. “Okay,” dice in
un tono incerto.
Draco si gira a
prendere dei piatti.
::
La pioggia
sbatte sulle finestre e forma rivoletti spessi che scendono
lungo il vetro. Draco mescola il tè, osserva la tintura
unirsi al liquido e
pensa ai calzini pesanti nella cassettiera della camera da letto. Forse
una
coperta. Se ascolta molto attentamente, riesce anche a sentire la
pioggia
cadere sul marciapiede di fuori. È diventato molto
più semplice distinguere gli
strati di suono.
“Esercizio,
esercizio, esercizio,” mormora Draco, prendendo cautamente
un sorso e uscendo a piedi nudi dalla cucina. Ancora troppo caldo per
bere.
Decide di andare a prendere quella coperta, e poi forse tornare
giù, accendere
un fuoco con un incantesimo e stare per un po’ a sedere.
Probabilmente ci sono
anche strati di vista, oltre che di suono. Le fiamme sembrano essere il
luogo
perfetto per–
Lo coglie
completamente alla sprovvista.
Draco fa cadere
la tazza, ma non la sente colpire il pavimento. La sua
mente è già piena di spuntoni, punti aguzzi
dappertutto, lo pugnalano, lo
tagliano e – e–
E–
Lo–
Vuoto.
Profondo… vuoto. Dolore. Basso. Aria in–
in– inspira –acuto
oh oh fa male bianco lilla
bianco lilla scuro espira–
Brutte forme.
Dimensioni e colore e cambiamento, oh. Non c’è
controllo. Si muovono e cambiano per conto loro. Fa male guardare, gli
occhi
gli fanno male. A quanto pare ha degli occhi. Non riesce a respirare.
Non sa se
dovrebbe respirare.
E poi respira,
ed è assolutamente certo che è una
necessità. Il petto
si espande – sente qualcuno inspirare, riempire il vuoto con
aria fresca.
Ingoia, prova a ragionare nell’oscurità, ha un
sapore strano sulla lingua, come
se avesse bevuto qualcosa di amaro, o come se si fosse morso il labbro.
All’improvviso
le forme si immobilizzano… e svaniscono. Lentamente,
Draco ricorda il proprio nome. Prova a dirlo, a impiantarlo
disperatamente lì
dove dovrebbe essere, ma non riesce a far funzionare la lingua. Le
palpebre
sembrano sigillate, o sc… schiacciate dalla pietra.
Qualsiasi tipo
di agitazione è troppo difficile da controllare.
Per prima cosa
sente la pioggia, un mormorio basso di rumore attutito
nelle orecchie. Draco gira la testa, la ruota, e scopre di essere
appoggiato su
qualcosa. Non capisce cosa sia; non riesce neanche a capire se sia
morbido o
duro. La lingua gli sembra gonfia, come se gli riempisse tutta la
bocca, e
formicola come se il muscolo si fosse addormentato. Gli fa male la
mano, la mascella,
e a poco a poco giunge alla conclusione che sta serrando entrambe, ma
non
riesce a capire come fare a fermarsi.
Respiri
profondi. Ascolta.
Sente un
respiro.
Ora in bocca
sente il sapore del sangue, intenso e metallico, come
ferro che gli ricopre la lingua. Prova a parlare e sente uno strano
lamento. Le
orecchie risuonano. Lungo un lato della gamba sente umidità.
Dovrebbe essere…
sul pavimento. Con–
Tè
versato…
C’è
qualcun altro nella stanza, e respira.
Draco si
contorce, ma il suo corpo non lo segue. Ricade pesantemente su
qualsiasi superficie si trovi. Costringe la sua bocca ad aprirsi.
“…Chi…?”
Sente un
fruscio. Qualcosa gli tocca il braccio e si allontana subito
dopo. “Draco, non ti muovere.”
Il viso di
Harry guizza nel campo visivo offuscato di Draco e scompare
di nuovo. Harry è in casa sua. Forse. Non ne è
sicuro. Non è neanche sicuro di dove
si trovi lui stesso in quel momento. Le dita, ancora contratte,
affondano nella
superficie sottostante. Draco flette la mano più che
può; è rigida, come se intrappolata
nella melassa secca. Tessuto. Morbido. Ha un odore familiare, un posto
che
conosce intimamente. Eppure, non riesce a vedere.
Vuole chiedere
dove si trovi. Cosa sia successo alla tazza e al tè
versato. Ha paura di cosa potrebbe succedere se riuscisse a fare la
domanda e
non ricevesse alcuna risposta. Forse non c’è
nessuno tranne lui.
La pioggia
continua a tamburellare pesantemente.
Finalmente i
suoi occhi gli obbediscono e si aprono. La stanza è un
miscuglio di blu e nero, ombre e pareti coi riflessi della pioggia. Le
pareti
sembrano strisciare, vive. Draco gira la testa dall’altra
parte. C’è una forma
più scura sotto il rigonfiamento della sua vista confusa. La mia camera, pensa
all’improvviso. La sedia dovrebbe essere lì,
quindi…
Un cuscino,
ecco cosa c’è sotto la testa. È
abbastanza sicuro. “A
letto?” chiede, con la lingua completamente fuori controllo.
Le parole non
sembrano parole. Come sono arrivato
f–fino
a qui–uuui…?
Harry si alza
dalla sedia, sfocato e perso nella nebbia, si inginocchia
sul pavimento e si avvicina al letto a quattro zampe.
“Sì,” dice piano.
“Llla
tazza,” dice Draco a fatica, solo una parte di quanto sta
cercando di dire, ma comunque una domanda necessaria.
La voce di
Harry sembra provenire da sotto un mucchio di neve. Le
parole fluttuano dentro e fuori. “…fatta
cadere… casino sul… cucina… a posto
ora.”
Dovrebbe
dormire. O forse Harry gli sta dicendo che dovrebbe dormire,
ed è la verità, qualsiasi cosa sia. Forse Harry
non è neanche lì. Draco rilassa
la mascella e sente svanire la pressione in testa. Ora riesce a vedere
più
chiaramente; Harry indossa dei pantaloni grigi, come di felpa, e una
maglia larga
e ampia. Draco lo fissa, senza energia, notando i capelli ribelli e gli
occhiali familiari. Le finestre alle spalle di Harry sono scure come la
tempesta fuori. La pioggia si muove e forma spirali lungo il vetro.
Draco si sente
molto solo.
Che ci fa
Potter lì? La domanda giunge in ritardo, ma giusto in tempo
per il cervello confuso di Draco. Si ricorda delle barriere, e degli
incantesimi per tenere fuori sua madre. A rigor di logica, non dovrebbe
esserci
nessuno tranne lui. È il suo appartamento. No?
“Perché?”
prova.
Non capisce la
risposta. Le orecchie la trasformano in suoni senza
senso. Sente rumori storpiati, gutturali, come se dovessero essere
parole.
Sembrano versi di animali, o tuoni. Probabilmente sono tuoni. Draco
vorrebbe
poter scuotere la testa, schiarire le orecchie dalla foschia, ma solo
l’idea
gli fa venire male allo stomaco.
Harry
è di nuovo seduto, con le mani appoggiate sui braccioli e le
ginocchia piegate davanti a sé. Una posa da re. Draco muove
la gola, finché non
riesce a ingoiare. Nella bocca ha ancora un sapore strano, e la stanza
ha lo
stesso odore del tè che stava bevendo. Sa che dovrebbe stare
nel salotto, sul
pavimento, illuminato dalla luce della lampada, ma invece è
a letto. Di sicuro
Harry l’ha portato lì. Di sicuro non sta avendo
un’allucinazione…?
Non
è sicuro di stare parlando davvero ad alta voce.
Sbatte le
palpebre, e all’improvviso Harry è in ginocchio di
fianco a
lui, come se non si fosse mai mosso. Il cuore di Draco batte
all’impazzata, poi
rallenta di nuovo. Una cosa calda gli tocca la mano. “Draco,
stai bene? Chiamo
il San Mungo?”
Perché
dovrebbe aiutarti? sibila il suo
cervello, come un serpente che è riuscito a strisciare
dentro, ora che i cancelli sono rimasti spalancati. Il malessere cambia
in modo
decisivo, e tutto il resto prende piede, un’ondata fangosa
che gli avvolge le
caviglie e sale su. Gli attacchi peggiori abbassano sempre le barriere.
Non
riesce a combattere contro quello che lasciano entrare. Non ne ha la
forza.
Non
è sicuro che Harry sia davvero lì.
“N…
no,” dice a fatica. Sembra che la mascella non voglia proprio
funzionare a modo. Che voglia rinchiudere le parole per tenerlo lontano
dal
soccorso. Lontano da Harry. “Succede. A vvvvvolte.”
Harry annuisce.
Gli stringe la mano. Draco allunga lentamente il
collo, cercando di vedere l’unione delle loro mani, e alla
fine ci riesce. È
strano vedere la mano di Harry intorno alle sue dita pallide. Ora non
riesce a
muoverle, mentre cinque secondi fa si contraevano e rilassavano senza
la sua
volontà. Draco maledice il suo corpo, urla dentro la testa,
ma nella stanza c’è
solo il rumore di due persone che respirano. Vuole spiegare che questa
non è la
norma, che sono almeno due mesi che non aveva una crisi che lo lasciava
in
questo stato. Che tra un’ora o due starà bene. Ma
non può spiegarlo.
C’è
un motivo se sei così, dice Harry,
eppure la bocca di Harry non si muove, ma è la sua voce,
Draco ne è sicuro. O forse… Forse è la
sua stessa voce. Forse è la voce di
Voldemort, dall’altro lato del muro di ghiaccio che separa
quelli che sono vivi
e quelli che sono morti.
Ricorda il
fuoco, un castello in fiamme. Ha ucciso. O no? Non era la
sua bacchetta, ma avrebbe potuto benissimo esserlo. Se non fosse stato
per lui,
alcune persone avrebbero potuto essere incolumi. Vive. Sane.
Se lo merita,
qualsiasi cosa gli sia successa. Non è abbastanza per
tutto il dolore che ha causato.
“Me
l… Me lo merito. Questo.” È una lotta
dirlo, ma gli sembra di non
essere lui a parlare. Le dita di Harry lo pungono come artigli; Draco
prova
disperatamente a liberarsi la mano con uno strattone, ma la pelle di
Harry è di
nuovo morbida, le dita normali, e lo stringono, gli tengono la mano
ferma.
“Non
è vero.” La voce di Harry spira intorno a lui, va
e viene. Draco
si sforza di sentire le parole che seguono, ma la bocca di Harry si
muove e lui
non sente niente. Harry gli tocca la fronte e Draco lo sente a malapena.
Ha ucciso
Silente. Praticamente l’ha fatto lui. Ha derubato il mondo
magico del suo più forte protettore, nel bel mezzo
dell’ascesa di Voldemort al
potere. Per gli dèi, lui ha…
“Quanto
mi odi?” dice in modo confuso, fissando ottusamente Harry, il
protetto di Silente.
La pioggia
risuona nella stanza, un ticchettio scrosciante lungo la
finestra. Riempie la stanza di suoni, eppure nella camera regna un
silenzio
mortale. Brutto.
“Non
ti odio,” sussurra Harry.
Draco rivolge
il viso verso l’alto, poi inizia a scuotere la testa, da
un lato all’altro. Gli occhi bruciano,
l’umidità crea una distorsione che si
frappone tra lui e il mondo esterno. È così
esausto. Sente che sta piangendo,
il petto gli si sta spaccando in due, la fossa malvagia nello stomaco
spinge
inesorabilmente per riempire tutto il suo corpo. Solo un involucro
pieno di
veleno.
Non
è sicuro di nulla.
Prova a dirlo
ad alta voce. Odiami.
Qualcuno deve
farlo. Qualcuno oltre a lui, così può finalmente
riposare.
::
Alla cruda luce
del giorno, Draco si chiede quando Harry abbia
lanciato gli incantesimi su di lui. Soprattutto senza farglielo notare.
Quelli sono
incantesimi piuttosto impegnativi. Quello di sua madre freme
come una brezza leggera quando non lo maschera. Lo sente scompigliargli
i
capelli, col più debole dei tremori. Ma
c’è. L’equilibrio per gli incantesimi
deve essere perfetto.
Harry non solo
è riuscito a ottenerlo, ma ha anche lanciato gli
incantesimi giusti per fare un piccolo foro nelle barriere della casa
di Draco.
È
già passato parecchio tempo da quando Harry si è
alzato dal divano,
dove Draco l’ha trovato a riposare quando è
riuscito a far alzare il suo corpo
esausto dal letto e procedere a fatica fino alla cucina per mangiare e
bere.
Harry ha versato a Draco un bicchiere d’acqua e gli ha
cucinato una semplice
frittata. Ha aspettato che finisse, poi ha offerto di andarsene per
lasciarlo
riposare. Non ha detto nulla della notte precedente.
Draco
è tentato di rinforzare le barriere. Ora che sa che
c’è, non è
difficile scovare il foro. Il suo appartamento potrebbe di nuovo essere
impenetrabile già dalla sera successiva.
Alla fine non
la cerca più, la crepa nelle barriere. In qualche modo,
la possibilità della presenza di Harry non lo irrita. Non sa
bene quale effetto
abbia su di lui, ma quello che sente non ha nulla a che fare con
l’irritazione.
::
Draco non mette
piede in un club da quasi un mese. Non è stata una
decisione cosciente, quanto più un caso; le luci non sono
mai state un fattore
scatenante. Solo che è più difficile prepararsi
per la notte quando c’è da
vedersela con un club.
Verso le sette
e mezza, quando il cielo è diventato scuro già da
tempo, Draco si prepara una tazza di camomilla con lavanda. Dieci gocce
di
tintura la rendono un po’ aspra, come al solito. Il vapore
gli riempie le
narici. Se la beve dopo una crisi, i suoi muscoli si rilassano
istantaneamente.
Quando accade prima di un attacco, gli schiarisce la mente, e poi Draco
pensa addirittura
di riuscire a calcolare i minuti precisi che lo separano dalla prossima
crisi.
Quella sera il
corpo gli fa male perché non ha ancora avuto
l’attacco,
e Draco è seduto al tavolo della cucina di Harry di fianco
al proprietario, che
beve caffè senza zucchero, ma con molto latte. La visita non
era programmata;
Harry ha bussato alla sua porta quasi un’ora fa. Tornando dal
parco più vicino,
che frequenta perché è appartato e si
può meditare o avere un attacco sul prato
senza essere disturbati, Draco lo ha trovato davanti a casa. Gli occhi
di Harry
lo hanno seguito lungo il marciapiede fino alla porta
d’ingresso, poi lo ha
invitato al suo appartamento per cena.
E ora sono
seduti, bevendo tè o caffè, e aspettando
l’inevitabile.
Draco si chiede se gli lascerà di nuovo la vista offuscata,
o le orecchie
tappate. Harry si schiarisce la gola.
“È
da un po’ che non ti vedo fuori tardi,” dice subito
dopo, e Draco
alza gli occhi dal tè. Harry fa un gesto con la mano destra.
“Io sono uscito un
paio di volte a bere qualcosa.”
“Già.”
Scrolla le spalle e abbassa gli occhi, perché si sente
più
calmo del solito e non sa bene quale sia il suo aspetto. “Sto
provando i tuoi
consigli del cavolo.”
“Sì?”
“Tè.
Quella roba alle erbe. Weasley ha detto di mantenere ore di sonno
regolari.”
Harry annuisce.
Prende un sorso di caffè.
Draco mescola
il tè, cercando di rilassare i nodi alle spalle, solo un
po’. “Quindi. È qualche settimana che
non vado al club.”
“Bene,”
dice Harry seccamente, ma c’è
qualcos’altro nella sua voce che
fa alzare di nuovo gli occhi a Draco.
Gli occhi di
Harry sono intenti. Sono stati intenti tutta la serata, intenti
sul suo viso, intenti sulla sua gola e le sue mani. Intenti sui suoi
occhi.
Harry appoggia la tazza sul tavolo e si sporge in avanti. Draco sente
il
ticchettio debole dell’orologio Babbano nella cucina di
Harry. Osserva le dita
abbronzate farsi strada verso le sue, risolute, si muovono e basta. E
lo
toccano.
“Sto
per baciarti,” dice Harry. Sono parole pratiche, una
dichiarazione di verità. Gli occhi di Harry sono
più larghi del solito, ma il
resto di lui è come sempre, e Draco ricambia lo sguardo in
silenzio. Harry
continua. “Credevo che dovessi saperlo.”
Si sporge in
avanti, attraversa lo spazio che li separa, attraversa il
tavolo con le tovagliette, e piega la testa fino a toccare
delicatamente la
bocca di Draco con la sua. Le sue labbra sono calde e socchiuse, ma non
si
muovono. Non premono a fondo, né si spostano per chiedere di
più. Il bacio
termina qualche secondo prima che Harry si tiri indietro, e Draco
riesce a
sentire il sapore delle labbra di Harry sulle sue, e il suo respiro.
Non è più
un bacio, solo la bocca di Harry che tocca la sua.
È la
cosa più stimolante che Draco abbia provato da molto, molto
tempo.
Harry
indietreggia lentamente, separando le loro bocche. Draco lo
osserva leccarsi le labbra, e sa che Harry lo sta facendo
inconsapevolmente.
“Stai
cercando di iniziare qualcosa?” chiede Draco con voce
stridula,
pensando alle crisi indotte e ai motivi di Harry. La testa di Harry si
muove
impercettibilmente, come se non sapesse quale sia la risposta giusta.
Draco
prende un respiro profondo e tremante, e annuisce.
“Allora
fallo come si deve”, dice a fatica, e si allunga, e mette una
mano dietro la nuca di Harry e lo avvicina a sé e lo bacia
di nuovo. E stavolta
ci sono anche le lingue, e Draco decide che il sapore di Harry gli
piace
proprio tanto.
Alla fine,
c’è solo un bacio. Però è un
bacio lungo, pieno di respiri
cercati e di mani sul volto, e di nasi che si scontrano. A Draco piace
sentire
i capelli di Harry tra le dita, e la pelle morbida della nuca. Gli
piace la
pressione della lingua di Harry sulla sua, e il fatto che
può fargli
risucchiare un respiro tremante.
Soprattutto,
gli piace il fatto che conosce la persona che guarderà
quando aprirà le palpebre, e quella è la cosa
più sorprendente.
::
Dopo quella
sera, cambia tutto.
Le due sere
seguenti, Draco non ha più l’appartamento per
sé. E non
gli dispiace quando Harry colpisce la porta d’ingresso con le
nocche. Il bacio
è immediato, profondo, ma mai troppo lungo, mai abbastanza
da mandarlo su
terreno incerto. Per quello è grato.
Sembra tutto
lento e veloce al tempo stesso. Ci sono dei pasti: quella
prima cena, pranzo il giorno dopo e la cena seguente. Colazione, e poi
di nuovo
cena il terzo giorno. Draco conosce l’odore
dell’appartamento di Harry come
conosce quello del suo. Gli resta nei sensi, e ormai è una
pietra fondante
piuttosto che un nuovo punto di interesse; si sente a suo agio
nell’appartamento di Harry, circondato dall’odore
di Harry e da Harry stesso.
L’unico posto che desidera di più è
casa sua.
L’aria
è fredda e ventosa, e la morsa del gelo sfreccia sulle loro
teste. Draco si chiude la porta alle spalle e segue Harry nel suo
stesso
appartamento. Vuole tè bollente, vuole mettere il cibo da
asporto sotto un
incantesimo refrigerante. Vuole… altre cose. Hanno da poco
lasciato un
minuscolo ristorante spagnolo – consigliato da Harry
– e si sono avventurati
nel vento gelido per diversi isolati finché Draco non ha
intravisto casa sua.
Appoggia il
cibo sul piano della cucina e, con un guizzo della
bacchetta, lancia l’incantesimo. Quando Draco alza gli occhi,
Harry si sta
togliendo il cappotto e i guanti, appoggiandoli sul divano nel salotto.
“L’appartamento
è freddo,” dice Harry. Draco si sente un
po’ stordito,
un po’ fuori controllo, stasera. Ci pensa per un solo secondo
prima di
impegnarsi.
“Ho
dei maglioni. In camera.”
Harry annuisce
e abbandona la sua posizione dietro il divano per
seguire Draco lungo il corridoio. La porta è aperta, nel
corridoio entra una
luce più fioca proveniente dalla finestra nella camera.
Draco si gira di scatto
appena prima di uscire dall’ultima ombra e si trova faccia a
faccia con Harry.
Ci vuole un
solo istante per iniziare. Ma dopotutto, non c’è
mai
voluto altro.
Harry lo spinge
immediatamente contro la porta, gli stringe i polsi, fa
scorrere le dita verso l’alto per afferrare quelle di Drco.
La bocca di Harry è
sul collo, poi sulle labbra. Draco spinge verso un lato, si inclina
d’istinto,
e i due barcollano attraverso la porta, entrano in camera e si buttano
sul
materasso in un mucchio confuso. Harry inarca la schiena e si toglie la
camicia,
bottone dopo bottone e manica dopo manica, in fretta, e inizia a
lavorare su
quella di Draco. È bravissimo; il pensiero che Harry sappia
quello che sta
facendo in questa situazione come in tutte le altre è
stimolante, sorprendente
e deliziosamente eccitante. Draco morde il labbro inferiore di Harry e
si
guadagna un bacio intenso, appassionato e pieno di lingua.
“Oddio,
Draco,” dice Harry, affannato, “non farlo, se
vuoi… se vuoi
che…”
Oh,
durerà eccome. Draco è ben determinato, arrossato
e accaldato e
mezzo vestito, e sta pomiciando con l’uomo che non avrebbe
mai creduto sarebbe
riuscito a baciare in questo modo, che non avrebbe mai creduto gli
sarebbe
piaciuto baciare. Non avrebbe mai creduto che sarebbe stato sul punto
di
scoparlo, nella sua camera, nel suo appartamento, con nulla di cui
preoccuparsi
tranne loro due.
Harry scorre
una mano lungo il petto appena scoperto di Draco, poi
inizia a muovere la bocca verso il basso, scarta di lato per baciare
una spalla
o un gomito. Draco intreccia le dita nella massa disordinata dei
capelli folti
di Harry e li spinge via, gli solleva la testa finché quella
bocca non si
allontana dalla sua pelle e riesce a vedere gli occhi verdi offuscati
dal
desiderio che lo guardano intentamente.
E il primo
tremore cigola attraverso il corpo di Draco.
No. Oh
– no. No. Che sta facendo? Non finisce mai bene, non riesce
mai
ad arrivare dove vorrebbe, ma stavolta gli fa male lo stomaco, come una
ferita
grave. Stavolta, c’è Harry sopra di lui. Stanno
per scopare, ed è Harry, e a
Draco si chiude la gola. Deglutisce a fatica, sente la pelle
d’oca
punteggiargli la carne – i primi segnali.
Oh
dèi. Sta per avere un attacco.
Non sopporta il
pensiero che Harry lo possa vedere in quelle
condizioni. Nella Gringott, nel club, è una cosa, ma mezzo
nudo nel suo letto
col corpo di Harry così vicino al suo, non
va bene. Non gli è mai, mai importato prima
d’ora, non gli è mai importato
di cosa pensasse la gente, salvo il disgusto sui loro volti per
qualsiasi cosa
finiscano col vedere. Ma quello che vede Harry gli importa.
È
più istintivo che pensato: Draco afferra le spalle di Harry
e spinge
verso l’alto.
“Che
c’è?” chiede Harry senza fiato. Ha il
petto ansimante per lo
sforzo, le braccia contratte e forti e muscolose ai lati della testa di
Draco.
Sulla lingua e sulle labbra sente il sapore del suo sudore, come quello
di sale
marino. Harry solleva la mano destra e tocca dolcemente la fronte di
Draco,
accarezzando la curva della guancia, fino al mento, e i muscoli di
Draco si
contraggono, non solo per la crisi imminente.
“Lèvati.”
Harry si muove
immediatamente. La velocità con cui si muove è
sorprendente, inarcandosi finché non tocca più
Draco, finché Draco non sente
più il contatto con la sua pelle. Ma Harry non si sposta. Si
trova ancora sopra
Draco, ha ancora gli occhi aperti, e sta comunque per vedere.
Draco spinge
contro una spalla, forte, riesce a far perdere
l’equilibrio a Harry, e si mette a sedere. “Stasera
non succederà niente. Ho
cambiato idea.”
Gli occhi verdi
sbattono una volta. La bocca di Harry è gonfia, rossa
e allettante, ma lo stomaco in rivolta di Draco non ha problemi a
metterla da
parte. Ogni cosa che vuole va sempre a finire così.
“Stai
bene?” La voce di Harry è calma e nervosa. Forse
si sta
chiedendo cosa abbia fatto di male. Draco non ha il tempo di
preoccuparsene.
Sente le vibrazioni attraversargli braccia e gambe.
“Sto
bene,” dice in tono secco. “Più che
bene. A te che te ne
importa?”
Un secondo di
silenzio. E poi–
“Stai
per avere una crisi,” sussurra Harry. Il suo petto
è ancora
ansimante e sudato per l’attività fisica.
“Non è così?”
“Vaffanculo!”
dice Draco di scatto, e si alza in piedi, si avvicina
alla porta a grandi passi e la apre. “Vattene.”
Lo sa che Harry
sta per dire no. Harry Potter non si è mai arreso a
Voldemort,
e questo non è niente in confronto, solo Draco e sesso. Non
dà a Harry il tempo
di parlare. “Non ho più voglia di stare a sentire
le tue scemenze terapeutiche.
Ti ho detto di andartene, Potter. Adesso.”
Harry si alza
lentamente dal letto, senza esitare. Ha gli occhi fissi
su Draco, e Draco deve costringersi a non guardare altrove.
“Non ti lascio qui
da solo.”
“Oh,
per amor di Merlino,” sibila Draco. “Sono
sopravvissuto a molte
notti senza te che mi tenevi la mano.”
“Hai
paura che ti odierò?” chiede Harry bruscamente,
avanzando,
facendo indietreggiare Draco di un passo. “Che
darò un’occhiata e deciderò che
non ne vali la pena?”
“No,
Potter, sono io che decido che non ti voglio nel mio letto!”
replica Draco, lasciando che la furia faccia delle parole quello che
vuole. Lo
sa che è praticamente nudo, che il suo corpo è
visibile in tutta la sua
orribile, imperfetta gloria. “Non voglio scoparti,
né baciarti. È incredibile
che ti abbia anche solo fatto entrare.”
Il viso di
Harry vibra per qualcosa che sta cercando di trattenere. È
difficile guardarlo negli occhi. “Che cazzo stai cercando di
fare?” scatta
Harry. “Pensi davvero che io creda a queste
stronzate?”
“Credici,
Potter. È tutto quello che ti resta.” Draco
dà uno strattone
così forte alla porta che quella colpisce la parete e
rimbalza. Le gambe
iniziano a tremare in modo regolare; non ha più tempo, e ce
l’ha ancora duro
perché fino a poco fa Harry era così vicino, dopo
così tanto tempo. “Adesso
vattene. Lasciami in pace.”
“Draco,
a volte sei proprio stronzo,” ringhia Harry.
“Non
me ne frega un cazzo di quello che pensi,” scatta Draco, e le
parole lo lacerano e rischiano presto di diventare singhiozzi. Per un
attimo
non sa decidere quale sconfitta sia peggiore, la sconfitta dello
sbattere Harry
Potter fuori della sua vita, o la sconfitta di Harry che lo guarda
cadere.
Poi la
decisione è presa, e tira fuori l’ultima arma che
ha a
disposizione: la bacchetta. La magia precipita nella stanza, tira le
barriere,
spinge fuori l’aura invadente. Potter fa una smorfia, ma
resta concentrato, e
in piedi.
“Draco,”
sussurra. “Fermati.”
“Solo
dopo che te ne sarai andato,” risponde in tono sconsiderato,
però non è una risposta sconsiderata.
È incontrollabile, è tremante e
sibilante. Forse è solo nella sua immaginazione. Forse la
sua mente è già in
preda all’attacco. Gli occhi di Harry si allargano. Si lancia
in avanti,
allungando la mano verso Draco.
“Fermati,
basta. Finirai col
farti mal–” Sentendo le sue stesse parole, il volto
di Harry cambia. Gli occhi
si allargano. Si irrigidisce e allunga la mano di scatto; i suoi
vestiti volano
nel palmo esteso. Senza dire altro, senza provare a vestirsi o a
chiedere clemenza
un’ultima volta, Harry si Smaterializza, girando con un
rumoroso crack e svanendo davanti
agli occhi di
Draco.
Nell’appartamento
cade il silenzio, come un sudario.
E poi le
orecchie di Draco iniziano a ronzare, e indietreggia verso il
letto e ci crolla sopra, tremando, risucchiando le ultime boccate
d’aria, e
aspetta. La pelle è bagnaticcia e fredda, nuda e umida del
sudore suo e di
Harry.
Che non
è più nella camera.
Prova a fare i
respiri profondi, e gli esercizi di ascolto. Ma non ne
ha la volontà; tutta la sua energia è stata
risucchiata nel vuoto di quella
porta chiusa, e alla fine l’attacco lo fa crollare, come
sempre.
::
Il mal di testa
con cui si sveglia è martellante e immenso. Draco
trascorre venti minuti sdraiato pigramente sul letto con le braccia
distese,
pregando che svanisca.
Lo sa che non
se ne andrà. Non prima di qualche ora.
Il letto
è altrimenti vuoto, esattamente come quando aveva perso
conoscenza,
ancora nella morsa della spossatezza dell’attacco. Ricorda
che la stanza era buia,
e ricorda le strattonate alle coperte con mani tremanti. Ricorda che il
letto
sembrava enorme.
Alla fine si
solleva, afferrando le lenzuola e usandole per mettersi a
sedere. Si siede sul bordo del letto. Fissa le gambe pallide e i piedi
sottili,
che non gli sono serviti a niente dalla fine della guerra.
L’eleganza non può
competere con la mostruosità.
Quella mattina,
però, la perdita è quasi impossibile da
sopportare.
L’ha
già sentita prima. Ogni volta che si sveglia da solo e si
ricorda
del motivo per cui si ritrova senza un compagno di letto, la sente. Ma
questa…
sembra come se si fosse amputato un arto. O forse come se si fosse
affettato il
suo stesso petto, dove risiedono tutti i respiri e i battiti e i
sentimenti.
Come se si fosse rimosso qualcosa senza cauterizzare la ferita.
Non si
è mai sentito tanto esausto. Mai in cinque anni.
Non vuole
caffè. Non vuole alzarsi e prendere un po’
d’acqua per
placare la gola. Non vuole alzarsi.
Sembra troppo difficile, come se il suo corpo pesasse il doppio del
solito.
Come se il mondo lo schiaccerebbe se si muovesse dal letto, da quel
posto di
riposo e di torpore.
Lo colpisce con
un brivido tanto intenso da sentirlo anche nelle dita
dei piedi… che ormai tutto quello che gli resta sono gli
attacchi.
“Hai
vinto,” gracchia, e poi non sa più
perché. Nella camera
silenziosa, anche la sua stessa voce lo coglie di sorpresa. Di sicuro
qualcuno
dovrebbe sentirla, la sua ultima concessione. È importante,
eppure nessuno
saprà mai che Draco ha pronunciato quelle parole. Che si
è arreso. Draco ha
voglia di singhiozzare, di dare sfogo al dolore del suo corpo con
lacrime lungo
le guance. La voglia lo fa tremare, con deboli scosse disperate delle
spalle.
Quello che
è stato finalmente scacciato via non dovrebbe essere
diverso dagli altri. Ma lo è. Oh dèi, lo
è.
Harry
è sempre diverso.
::
I colpi alla
porta non sono forti, ma sono decisi. “Draco, apri la
porta.”
Draco
è in piedi al buio nel corridoio d’ingresso,
stringe e apre i
pugni lungo i fianchi. “No,” dice, ma viene fuori
come un sussurro.
“Ti prego apri la porta,”
supplica Harry. “Ascolta solo quello che ho da dire. Me lo
devi.”
Cos’è
esattamente che deve a Harry? Eppure tutto il suo corpo sente di
essere davvero in debito con lui, insiste per lasciarlo entrare. Almeno nell’appartamento, se non altrove.
Ma la verità è che Harry è
già dentro, profondamente e irreparabilmente. Qualsiasi
cosa faccia ora, se dovesse buttare Harry Potter fuori della sua vita,
Draco ne
soffrirebbe per sempre.
I colpi
risuonano di nuovo. È passato un solo giorno da quando Draco
ha preteso che Harry uscisse dalla sua camera da letto. La giornata
è stata
tranquilla, come quasi tutte le giornate. Però Draco ha la
sensazione di essere
stato picchiato, buttato per aria da un pungo infuriato. È
esausto; è sul punto
di spaccarsi. Non vuole far altro che dormire finché il
dolore non se ne sia
andato, o non l’abbia fatto Harry, lasciandolo senza voce in
capitolo. Solo a
quel punto la decisione non sarà difficile.
Draco ritrova
la voce. “Sono stanco morto, Potter,” dice con voce
stridente. Non riceve una risposta immediata, e per Draco è
difficile
continuare, ma ce la fa. “Levati dalle palle, se non ti
dispiace.”
Se Harry
davvero volesse entrare, lo potrebbe fare. Il pensiero gli si
presenta, e Draco stringe le labbra, aspettando di vedere se
succederà. Quando
qualcosa accade, non è una spinta energica attraverso le
barriere già incrinate.
“Non
c’è bisogno che ti metta a insultarmi. Non me ne
vado da nessuna
parte.”
Merlino. Draco
sa che Harry resterà seduto là fuori
finché non lo farà
entrare, o finché la gente comincerà a porsi
domande. Finché non avrà un
attacco e non potrà fare niente, e allora Harry non
avrà più alcun motivo di
restare fuori, ed entrerà di nuovo in casa di Draco, nelle
sue stanze e nei
suoi occhi, a distanza di pochi centimetri. Draco geme e si copre gli
occhi con
le mani, sfregando furiosamente. Niente lacrime; non ne vuole sapere
più niente
di lacrime, e questa situazione proprio non le richiede, eppure
è a tanto così
dal piangere. È tutto il giorno che è a tanto
così.
Forse
può costringere Harry ad andarsene. Draco allontana i
capelli
dal volto e fissa ostinatamente la porta. Ci sono cose che neanche
Potter
farebbe mai, non in un corridoio pubblico, almeno. Si avvicina alla
porta, la
tocca con la punta delle dita. “A che servirebbe,
Potter?” dice di scatto. È
più facile di quanto pensasse; il suo corpo è in
preda all’agitazione che
aggiunge sfumature taglienti al suo tono di voce. “A che
serve entrare se non
ti ci voglio qui?”
Riesce quasi a
sentire Harry prendere un respiro. “Perché non
credo
che sia la verità.”
Draco resiste
all’impulso di dare un pugno alla porta.
“È per il
sesso?” chiede attraverso il legno, provando
un’euforia selvaggia alla
possibilità di essere sentito da altri, costringendo Harry a
farsi notare in
modo così personale. “Perché se
è per quello, ne rimarrai profondamente deluso.
Non succederà mai, Potter, te lo prometto, e non
avrà nulla a che fare con me!”
“È
per questo che vai nei club?”
La mano di
Draco scivola e riesce a malapena a riprendere l’equilibrio
sulla porta. All’improvviso è difficile respirare;
sembra che i polmoni non
siano sincronizzati col resto del corpo. “Che cazzo te ne
frega?” dice con tono
rabbioso. Harry resta in silenzio. E dannazione, Draco conosce
già i suoi
silenzi. Questo qua è un silenzio di attesa, e non
sarà rotto finché qualunque
cosa stia aspettando non apparirà.
Be’,
se quello che serve è gettare un pezzo di se stesso ai lupi,
lo
farà. “Sì, Potter, ci vado per il
sesso. E di sicuro non ho bisogno di una
visita speciale da parte tua per prendermi quello che voglio da quel
punto di
vista, quindi se non ti dispiace, vattene.”
“Draco,
fammi entrare,” dice Harry debolmente. “Non
è quello il punto
e lo sai. Io lo so. E resterò seduto qui fuori tutta la
notte a sbandierare i
nostri problemi a tutti i tuoi vicini, se servirà a farti
aprire la porta.”
Veloci come
erano arrivate, le risposte di Draco svaniscono.
L’impotenza della situazione scava un buco dentro di lui come
l’aria calda
dell’appartamento, lo stringe e lo avvolge. E non lo aiuta il
fatto che una
parte di lui vuole che Harry sia dentro, vuole essere di nuovo a
distanza di un
respiro da lui, vuole così tanto
lasciarsi andare per un minuto e permettere che qualsiasi cosa debba
accadere,
accada.
“So
già degli attacchi, Draco,” dice Harry. La sua
voce è così vicina;
deve essere attaccato alla porta, con la bocca quasi a contatto col
legno. “Lo
so già. Non mi farai vedere niente che non abbia
già visto.”
Oh, Salazar.
Non c’è risposta, né rigetto
né rifiuto. Draco rimane a
fissare la porta in modo assente. Ricorda il sapore della bocca e della
lingua
di Harry, e il tocco delle sue dita sulla sua pelle la notte prima.
Ricorda i
primi tremiti del suo corpo schiacciato dalla creatura dentro di lui, e
come si
avvicinava a quel tocco per soffocarla.
“Non
hai idea,” sussurra.
Harry non
risponde.
Passa un altro
minuto prima che Draco cominci a muoversi lentamente,
allungando la mano verso l’alto per toccare con le dita la
fredda maniglia di
metallo. Non è lui che si muove, è
qualcos’altro, perché se fosse lui, non si
allungherebbe così, non schiaverebbe la serratura, non
girerebbe la maniglia. Il
suo respiro crea fugaci macchie di condensa sul legno della porta.
Draco chiude
gli occhi e la apre. Fa un passo indietro.
Sente Harry
entrare con passi silenziosi oltre la soglia. Una mano
copre la sua, rilassa la sua stretta sulla maniglia e la solleva. La
porta si
chiude, e Draco si trova nell’oscurità della
non–vista con la mano di Harry
nella sua, perso e senza parole.
“Draco,”
mormora Harry. “Va tutto bene.”
“Col
cavolo che va tutto bene,” sussurra.
Una mano gli
tocca il viso, facendolo sobbalzare, si infila tra i
capelli e scivola giù lungo la testa per fermarsi sulla sua
nuca. “Smettila,”
gli sussurra in risposta Harry. “Ascoltami, solo per un
minuto. Ok?”
Quel tocco
è orribilmente perfetto, è come vedere la luce
dopo anni di
oscurità. Draco si avvicina al tocco, tutto il suo corpo lo
agogna, perché è
maschio, perché è Harry, perché il
tocco sa e non se n’è andato. No,
insiste Draco testardamente, no. Ma
l’unica cosa che riesce a fare e
starsene lì, rigido.
“Non
me ne andrò.” Harry parla con voce bassa e ferma,
la sua bocca a
pochi centimetri di distanza. “Non mi spaventerò o
mi impressionerò quando
avrai un attacco, e non sarò sorpreso quando
succederà. L’ho già visto.”
“Non
hai idea di cosa stai parlando,” prova a dire Draco, con voce
instabile.
“Non
sempre hai ragione.” Draco sente il fiato delle parole di
Harry
sul viso. “Draco? Avere ragione non è sempre un
bene.”
“Harry–”
Gli scappa con un’espirazione disperata. Il calore di Harry
è
così vicino, lo accarezza, gli ricorda quanto poco lo separi
da quello che
aveva la sera prima, prima dell’attacco, prima che tutto
andasse a puttane.
“Non
sei menomato,” dice Harry, “e non sei difettoso. Se
lo sei tu,
allora lo sono anch’io, ricordi? Sei disgustato da me? Ti
disgusto?”
“Va’
a farti fottere, Harry,” dice Draco debolmente. Romperebbe il
braccio alla prima persona che provasse a dire che Harry è
disgustoso, o
inutile, o brutto. Ma con se stesso non lo può fare. La sua
mente sembra
essersi rotta da qualche parte.
“Ti
prego, fammi restare,” gli sussurra Harry, dritto
nell’orecchio.
Le sue labbra gli sfiorano i capelli, delicate come una piuma. La vera
domanda
fa rabbrividire il corpo di Draco, e non nel modo in cui è
abituato a
rabbrividire. Harry gli sta chiedendo di restare con lui,
tra le sue braccia e nel suo letto, tutta la notte, se Draco
glielo permetterà. Non sta solo chiedendo sesso, sta
chiedendo qualcos’altro
insieme al sesso. Sta chiedendo di vedere.
Di avere il permesso di vedere. Draco glielo vuole dare.
Così tanto.
“Vuoi
che me ne vada?” chiede Harry, con voce quasi impercettibile.
È
molto vicino, proprio di fronte al corpo di Draco. Ha l’odore
del legno di
sandalo, leggero e terroso, avvolto attorno a Draco come se lo stesse
già
stringendo fisicamente.
“No.”
Draco apre gli occhi, sentendosi come se un peso leggero ma
necessario lo avesse abbandonato. Espira in modo incerto.
L’ammonimento nella
sua testa è stridulo e fragoroso, ma non gli fa cambiare
risposta. Non si
metteranno d’accordo, non stasera. Forse mai. Ma è
così stanco di lottare.
Harry annuisce.
Accarezza con le dita la nuca di Draco, solleva il
pollice per sfiorargli la guancia. “Grazie,”
sussurra.
Anche Draco
annuisce, sentendosi un po’ stordito. Cammina lentamente
all’indietro e Harry glielo lascia fare, senza togliergli gli
occhi di dosso.
Draco stringe le labbra per evitare che l’espressione sul suo
viso crolli e si
mette a cercare la bacchetta. È nella tasca posteriore,
spunta fuori come se lo
stesse aspettando. Tremante, lancia gli incantesimi, mormorando le
parole che
bloccheranno la magia di sua madre, per tenerla lontana durante la
notte.
E guarda Harry
negli occhi.
Harry esala un
lungo respiro. “Dove?”
È
una parola pesante. Draco deglutisce. “Camera mia. Va
bene?”
L’altro
uomo annuisce. Non si muove, resta fermo e osserva. “Piano.
Andremo piano.”
“No,”
dice Draco. Allunga una mano e chiude le dita attorno al polso
di Harry. “No.”
È
strano passare da tanta esitazione a un tale movimento. Draco tira
Harry verso di sé, fa un passo in avanti per incontrarlo, e
piega la testa
dell’altro verso il basso. Sta spingendo troppo, le mani gli
tremano troppo. Ma
ha bisogno di baciare Harry. Ne ha bisogno. Harry si abbandona
completamente a
lui, il suo corpo si rilassa e la sua bocca diventa arrendevole,
muovendosi
timidamente, ma lasciando che sia Draco a controllare il bacio. Draco
piega la
testa, spinge per baciarlo più profondamente, più
intensamente. Non vuole
aspettare che l’attacco li trovi; ne è
terrorizzato.
Velocemente
com’è arrivata, l’ondata di energia
svanisce. Draco rompe
il bacio, tocca la fronte di Harry con la sua e respira affannosamente.
Harry
non dice niente. Anche il suo respiro è irregolare, il suo
corpo è vicino, si
espande e si contrae con ogni inspirazione. Draco annuisce di nuovo,
stringe
gli occhi per un solo momento, e tira delicatamente Harry in avanti,
mentre lui
indietreggia.
Attraversano il
corridoio in quel modo, quasi insieme, quasi divisi.
Non si guardano. Per lo meno, Draco non guarda Harry. Non
può fare tutto in una
volta, e già si sente come se non fosse lui a controllare il
suo corpo, come se
stesse osservando la scena da fuori. Osservando se stesso guidare Harry
fino in
camera, camminando al loro fianco e vedendo se stesso stringere le
spalle di
Harry e mettersi a sedere sul bordo del letto. Harry lo segue,
appoggiandosi su
un braccio, mentre con l’altro accarezza il viso di Draco.
Conosce
già l’odore di Harry, lo sente. È una
sensazione che ha già
avuto nei club, respirando il sudore e l’odore di chiunque
gli sia più vicino,
di chiunque stia baciando. Stavolta è molto peggio; il
presentimento è
schiacciante, quasi impossibile da combattere. Ha già
desiderato qualcuno così
tanto prima d’ora, ma la posta in gioco non era mai stata
tanto alta. Non ha
mai avuto così tanto bisogno che le cose andassero a finire
bene. Ha bisogno che Harry lo
voglia così, perché
se fosse solo a senso unico, se il desiderio fosse solo suo, non
sarà in grado
di farlo. Non sarà in grado di aprirsi davanti a
un’altra persona, come sta per
fare. Draco trattiene un respiro ansimante e trova la bocca di Harry,
separa le
labbra e con un bacio apre anche quelle di Harry, finché non
sente di nuovo il
suo sapore. La mano libera di Harry sale ad accarezzargli
l’altra guancia, poi
le dita gli attraversano i capelli. Una delle mani di Harry scorre
verso il
basso, sulle spalle, fino alla vita, poi si ferma lì.
Stringe dolcemente e fa
il giro fino ad accarezzargli la schiena.
Draco afferra
la propria maglia e strattona il tessuto per liberarlo
dalla presa di Harry, poi la solleva finché
c’è solo pelle nuda da toccare.
Solleva la bocca da quella di Harry e si sfila la maglia, goffamente,
con una mano
sola, ma poi la maglia non c’è più e
Harry gli sta guardando il petto
intensamente. Lo sguardo cambia quando si sposta sul viso di Draco, e
Draco si
lascia sfuggire un suono esplosivo, a tanto così da crollare
e lasciarsi
spezzare.
“Non
cominciare,” dice con voce tremante. “Non voglio
essere trattato
come un invalido. Non–“
Harry lo coglie
di sorpresa baciandolo di nuovo, spingendo la lingua
in profondità e stringendo la pelle nuda di Draco. Draco
rabbrividisce al
contatto, alle vertigini causate dal bacio. Dopo meno di un secondo
inizia a
tirare la giacca di Harry, la spinge via dalle spalle e trova
l’orlo della
maglietta. Harry gli lascia togliere tutto senza dire una parola. I
pantaloni
richiedono un momento troppo lungo e macchinoso, ma alla fine anche
quelli
vengono tolti e buttati da parte, e Draco aderisce a Harry e respira
affannosamente e lo bacia, e inizia a rendersi conto di quello che sta
facendo.
Il guizzo di
luce sugli occhiali di Harry quando li mette da parte,
senza guardare dove atterrano, schizza come un folletto della
Cornovaglia.
Harry fa stendere Draco supino sul letto, un movimento lento in
contrasto con
la fretta di Draco, e in quel momento la realtà cala su di
lui. Draco non
riesce a controllare le sue mani. Vanno ad afferrare gli avambracci di
Harry e
li stringono. Si immobilizza, tremando.
“Andrà
tutto bene,” mormora Harry, accarezzandogli il viso con una
mano e toccandogli la frangia bionda con la bocca. “Basta che
non ci pensi.”
Draco ci prova.
Ci prova sul serio.
Le mani di
Harry sono come fantasmi delicati, guizzano e accarezzano
la sua pelle, lisciano e massaggiano. Gli stringono la vita. Harry
bacia il
collo di Draco e la vista di Draco comincia a ondeggiare. È
già stato baciato
così prima d’ora, ma da nessuno che sapesse cosa
sarebbe seguito. Harry gli
separa le gambe con una pressione leggera e si infila in mezzo, e Draco
si
solleva per incontrare il petto nudo, i fianchi nudi, la bocca aperta e
i
respiri deboli. Dèi, Draco è – Vuole
Harry. Vuole questo, e vuole… oh, stavolta
vuole arrivare alla fine. Lui, loro, ci sono quasi, sta per lasciare
che Harry
entri in tutti i modi possibili.
Ma
già sente che sta arrivando.
“Oh
dèi.” Spinge via Harry, lo spinge via quasi del
tutto, se non
fosse per le sue braccia che tremano come pioppi morti, e sente il
corpo di
Harry premuto sul suo, sente cose con cui non è mai stato a
contatto, ma il corpo
lo sta tradendo un’altra volta, sta mostrando
all’intruso gli artigli affilati
come rasoi.
“Guardami,”
dice Harry. Sembra un’eco distorta; le orecchie non lo
abbandonano spesso durante un attacco, ma Draco sa che stavolta si
spegneranno
del tutto. Non riesce neanche a iniziare a vedere qualcosa; non ha
più
controllo su nulla.
Ha troppo
caldo; i loro corpi sono roventi, non vorrebbe altro che
trovarsi lontano, senza toccare niente, ma gambe e braccia non
funzionano, e–
Trema–
Dèi.
Non riesce a vedere. La lingua ha il sapore della pietra, è
bloccata in gola e scivola all’indietro. Si muove di scatto,
sente un colpo sordo
quando la sua testa tocca qualcosa – cuscino, testata
– ed è l’ultima cosa.
La stanza
sanguina porpora, il colore delle vesti regali. Il colore cupo
del sangue senza ossigeno. Draco ci si contorce dentro, una mistura
densa che
non riesce ad attraversare a nuoto. Non c’è nulla
all’orizzonte tranne una
scossa tremante, schiacciante, gutturale. Da qualche parte, il suo
stomaco si
contorce. Vomita, o lo farà tra poco.
Aveva Harry. E
adesso sta fluttuando. Sta affondando e gorgogliando,
circondato da un’oscurità porpora. Spalanca gli
occhi e fissa verso l’alto
mentre l’oceano si rigira intorno a lui, e aspetta i primi
luccichii di
qualsiasi cosa.
Finalmente, la
foschia porpora si stacca lentamente e dolorosamente
dagli occhi, e gli arti di Draco tornano a esistere: braccia rigide e
dita serrate
in pugni immobili, le gambe sono masse roventi di muscoli contratti. I
polmoni
rimangono piatti, non si vogliono riempire, e Draco fissa ottusamente
il buio.
Il materasso riprende forma sotto di lui. Sente il sudore rinfrescante
sul
collo, sulla pancia, sulle cavità dei polsi e dei gomiti.
Alla fine, il petto
si solleva ed è… sì, finita.
L’oscurità preme e Draco chiude gli occhi, non
vuole guardare.
Una mano gli
tocca il volto, quattro dita calde gli accarezzano il
mento. Gli girano la testa. Draco guarda – non riesce a
trattenersi – e aspetta
di vedere i soliti sospetti: repulsione e paura.
Gli occhi di
Harry sono verde scuro e completamente aperti. La sua
bocca è una linea sottile e morbida, e la fioca luce
non-porpora crea giochi
d’ombre sui punti ancora umidi del suo collo e sui capelli
scuri e arricciati
lungo le tempie.
“È
finita?” mormora piano Harry. Non c’è
alcuna sfumatura nel suo sguardo,
nessun tentennamento nel suo tono. Draco non riesce a trattenere la
sorpresa,
lo shock che gli immobilizza di nuovo il corpo. Il braccio vacilla, la
mano si
muove di scatto per avvolgere quella di Harry. Lo sa che sta stringendo
troppo
forte. Il volto di Harry non cambia.
“Resti?”
gracchia. L’espressione di Harry si contorce in qualcosa che
fa male, e nel giro di un istante scambia la presa, e adesso sono le
sue dita
avvolte intorno a quelle di Draco.
“Scherzi?”
Draco non
riesce a rispondere. Chiude gli occhi e aspetta che il suo
corpo si riprenda. La sensazione del peso di un’altra persona
sul letto vicino
a lui è strana e affollata. Non ricordava quanto fosse
brutto essere soli fino
a ora, ora che non lo è più.
Passa diversi
minuti a ricomporsi, e per tutto il tempo una parte di
lui si aspetta che Harry se ne vada. Eppure non ci sono movimenti alla
sua
sinistra, solo i respiri calmi di un’altra persona e il
massaggio dolce delle
dita sul dorso della sua mano. Draco respira lentamente…
dentro… fuori… dentro…
e riunisce i pensieri al meglio che può. Ci sono domande,
naturalmente. Ma non
quelle con cui è a suo agio.
“Perché
l’hai fatto?” riesce finalmente a dire. E non sa
neanche lui
cosa voglia dire. Probabilmente neanche Harry lo saprà. Ma
forse non importa;
la domanda è la domanda, qualsiasi cosa voglia dire.
“Non
mi facevi avvicinare, e io… avevo bisogno di essere
vicino,”
mormora Harry, a pochi centimetri dal suo orecchio. È una
sensazione nuova.
Draco non ha mai sentito una voce con un tono del genere solo pochi
minuti dopo
aver avuto una crisi. Ha sentito preoccupazione, ha sentito rabbia e
paura e
irritazione. Questa è la voce di un amante, ne è
sicuro. E loro di solito se ne
sono già andati, a questo punto. Harry si muove, ruota
leggermente e cambia la
pendenza del letto. “Volevo essere qui.”
“Con
l’invalido?” insiste Draco, incapace di
trattenersi. La mano di
Harry gli tocca il petto, con tutto il palmo nudo e piatto, il calore
che
irradia. Draco apre gli occhi e guarda il verde offuscato. Harry scuote
lentamente la testa.
“No,”
dice semplicemente. C’è una sfumatura di piattezza
nella sua
voce, di finalità assoluta. Draco guarda verso
l’alto e si chiede quando la sua
vita si sia ribaltata completamente.
Alla fine
distoglie lo sguardo e sospira. Deglutisce. “È
stata peggio
del solito. Non so perché.”
Harry annuisce.
Draco non lo vede, ma percepisce il movimento. Si
morde il labbro inferiore per trattenere la domanda, ma viene fuori
comunque
perché l’ha sempre voluto sapere. È
sempre stato curioso.
“Com’è?”
Gli occhi di
Harry si allargano. Il suo petto si espande, e Draco si
chiede per la prima volta se Harry sia ancora duro, o se sia diventato
flaccido… Se sia deluso.
“Ti
agiti. Violentemente. A volte penso che stai per tagliarti con le
unghie. Il collo… si irrigidisce. Gli occhi cambiano colore,
leggermente.”
Draco aspetta,
ma non viene fuori altro. Guarda Harry con la fronte
aggrottata. Se qualcuno li avesse visti, avrebbe avuto
l’impressione che stessero
parlando, i discorsi tranquilli che si fanno prima o dopo il sesso.
Così
normale. E non lo è, affatto. “E lo sopporterai
tutte le volte? Perché è questo
che succederà.”
“È
il tuo fattore scatenante,” dichiara Harry, e ancora una
volta
sembra tutto così semplice, tutta
l’anormalità risucchiata via. “O uno dei
fattori.”
Draco sbuffa,
di nuovo disgustato da se stesso, dal suo corpo, dal suo
ruolo nella guerra che gli ha lasciato questo regalo sbalorditivo.
“E adesso
vedi quanto sono incasinato.”
“Hai
mai fatto sesso con qualcuno?” chiede piano Harry. Draco gli
lancia uno sguardo torvo, si sente arrossire, e detesta la luce della
lampada
che lo rende evidente.
“Che
cazzo c’entra?” dice di scatto.
Di nuovo, Harry
scrolla le spalle. “Volevo saperlo.”
Harry ha fatto
sesso, decine di volte, forse. E più volte con la
stessa persona; Draco è pronto a scommetterci. Probabilmente
era innamorato del
suo fotografo, forse vivevano insieme, terminavano le loro serate
avvinghiati
l’uno all’altro. Probabilmente Harry sussurrava il
nome del suo amante ogni
volta, lo chiamava ansimando, stringendo, e venendo. Draco si sente
più triste
che mai, là nel suo letto a pochi centimetri da Harry. Harry
è stato innamorato,
e non solo mentalmente, ma anche fisicamente. Con tutto il suo corpo.
Ed è una
cosa che Draco non ha potuto fare.
“Fantastico,”
borbotta, e chiude gli occhi. Sente labbra sui capelli,
una lieve pressione e poi un bacio.
“Come
va?”
È
una domanda molto più grande di quella che gli fa
quotidianamente la
gente, quella che nessuno fa mai sul serio. Con loro è un
saluto. Ora Draco
sente la domanda intera e apre gli occhi, formulando una risposta.
“Non
era un attacco grave. È stato brutto, ma non il peggiore. Tu
l’hai visto il peggiore.”
Harry annuisce.
La sua mano accarezza il petto di Draco con un tocco
leggero. I muscoli di Draco provano a rilassarsi sotto quel tocco, e
stavolta
Draco glielo lascia fare. Ormai è già entrato e
uscito dall’oscurità,
contorcendosi. Non ha più importanza se Harry lo vede di
nuovo.
“Gli
occhi funzionano bene?”
“Sì,”
sospira Draco. “Sì, Harry, gli occhi funzionano. E
le orecchie e
le mani e la lingua e la bocca. Sono un po’ stanco. Ma sto
bene.”
“Bene,”
è la risposta. Le dita di Harry scivolano verso il basso e
disegnano
dei cerchi sul suo stomaco, toccando la pelle morbida della pancia.
Draco
guarda il soffitto e la sente, l’incertezza e
l’esplorazione di un’altra mano
sulla sua pelle. Ha un po’ più freddo di quanto
gli piacerebbe, ma è una
sensazione talmente nuova sul suo corpo sensibilizzato
dall’attacco che non
gliene frega niente.
“Quanto
stanco?” torna la voce di Harry, da qualche parte vicino al
suo orecchio. Draco è attraversato da un brivido, poi alza
gli occhi al cielo.
“Stai
facendo uno studio?”
“Non
proprio.”
La mano di
Harry scivola verso il basso e di lato, gli afferra la vita
e lo stringe a sé. Draco prende un respiro profondo e
istintivo. La spossatezza
scivola via come un’onda d’oceano, lasciandosi
dietro una sensazione febbrile e
formicolante.
“Allora
cosa stai facendo esattamente?” prova a dire.
“Ti
è mai successo due volte di seguito?” mormora
Harry contro il suo
collo, il suo odore che invade le narici di Draco. Draco deglutisce e
gli
stringe la nuca.
“No,”
dice in un sussurro.
Harry solleva
la testa e lo guarda senza parlare. Quando si abbassa e
cattura la bocca di Draco per un bacio profondo, non
c’è più niente da dire.
Draco fa scorrere le braccia intorno a Harry e avvicina i loro corpi.
Stavolta Harry
non si solleva sopra di lui, non si mette in ginocchio
né si separa da lui in alcun modo. La pelle a contatto con
quella di Draco è
calda e sudata, i loro corpi stretti assieme. Ma questa volta non
c’è la
sensazione di essere la preda di una caccia, non
c’è il diluvio che imperversa
sotto di lui, in attesa di irrompere e trascinarlo via. Draco si sente
sciolto,
quasi ubriaco. Eppure tutto gli sembra più netto, come se
riuscisse a vedere
tutti i contorni. Come se tutto avesse contorni. Definizione. La lingua
di
Harry tocca la sua e si ritira, e Draco piega la testa senza pensare e
lo
ritrova, si solleva dentro il bacio e si riabbassa con un respiro
affannato. Harry
ha gli occhi fissi nei suoi. Draco non è più
irritato dalla luce della lampada;
getta un bagliore su parte del viso di Harry, dorato e pieno di calore.
Può vedere
il contorno delle labbra di Harry, la cicatrice quasi indefinibile.
Ogni ciglio.
Un pensiero
fugace gli attraversa la mente: ora capisce l’attrazione
delle fotografie Babbane, l’istante immobile, eterno.
“Che
c’è?” mormora Harry. Draco si limita a
scuotere la testa.
Dèi…
è di nuovo eccitato, così velocemente e
completamente che gli
mette paura. E non ha idea di cosà farà nei
prossimi minuti. Non sente
aleggiare il suo fedele compagno, in attesa di impedire le cose che
seguiranno,
e per la prima volta da quando ha le crisi, si sente perso. Nervoso.
Passa le
mani attraverso i capelli di Harry, gli afferra la testa, incoraggia
baci più
profondi e più frenetici, e il suo corpo lo segue, e poi
Harry rompe il bacio,
accarezza il viso di Draco con una mano, e piega la testa verso il
basso.
Harry bacia la
cavità dove mascella e collo si incontrano, con un
succhiotto tenero e duraturo. La sua mano abbandona il viso di Draco,
scorre
lungo il collo e prosegue verso la spalla e il fianco, le costole e
l’anca, e
alla fine…
Draco sente
tutto. Trema, come se avesse freddo, tutto gli scorre
sopra e dentro con ogni carezza delle labbra di Harry e ogni
sfioramento delle
dita. Harry prende respiri profondi e irregolari, lo sguardo in
continuo
movimento, sul viso di Draco e sul suo corpo. Draco sente
l’aria della camera
sul collo sudato e sul petto. Sente il calore di Harry, stretto a lui,
sopra di
lui. Le labbra di Harry sono morbide, la mano è ferma,
accarezza in mezzo alle
gambe di Draco, e lo sguardo è intento. Bacia come se avesse
trovato una fonte
perenne, e c’è sempre movimento, sempre. Harry non
sembra mai restare fermo.
Draco si inarca
verso il movimento, ansima, e non vuole che Harry si
fermi. Sotto tutto quanto, come una creatura imboscata,
c’è la paura che
l’attacco torni e laceri tutto. Che glielo porti via.
Draco chiude
gli occhi e sente la differenza che gli stringe le
viscere, le carezze di Harry, regolari e decise che lo fanno salire,
sempre più
in alto. È un semplice tocco, ma gli sta facendo perdere la
testa più in fretta
di qualunque cosa abbia mai fatto prima. Draco risucchia altra aria,
sente che
il controllo comincia a svanire, ma stavolta non
c’è nessun brivido causato
dall’attacco. Solo Harry, e quello che sta liberando nel
corpo di Draco. Lo
trafigge all’improvviso, gli blocca i polmoni e gli apre gli
occhi, e i muscoli
di Draco si stringono tutti insieme, e viene. La mano di Harry continua
a
muoversi, straziante e implacabile, finché Draco non
può far altro che
lasciarsi trasportare e singhiozzare il nome di Harry, e sperare che
sia
coerente.
E poi, esausto
e ancora in preda ai tremori, lo aspetta un’altra
sorpresa, quando sente il respiro di Harry diventare irregolare, quando
la mano
di Harry se ne va, quando Harry gli dà un bacio confuso
sulla bocca e dice
chiaramente il suo nome, e poi anche lui viene. Sono i brividi
disperati che
glielo fanno fare, che guidano le braccia di Draco intorno alla schiena
di
Harry, che gli fanno premere il viso di Harry al suo collo,
avvolgendolo in un
abbraccio mentre i brividi scompaiono.
Harry si muove,
e un suono debole raggiunge l’orecchio di Draco. Non
è
un movimento causato dall’irrequietezza, ma dal bisogno di
muoversi, di
controllare il proprio corpo. Le gambe di Harry si stringono intorno
alla vita
di Draco e lo attirano più vicino, finché non
sono di nuovo avvinghiati, ansimanti
sulle lenzuola stropicciate.
::
Draco si
sveglia alla luce fioca dietro le palpebre chiuse. È disteso
su un fianco, meravigliosamente infossato in un materasso e avvolto da
strati
di lenzuola e di piumoni. La stanza è fredda;
l’aria ha l’odore di casa sua.
Apre gli occhi
e si accorge del calore intenso attorno alla sua mano.
Anzi, avvolto lungo tutto il fianco. Un braccio, una mano, con la pelle
più
scura della sua.
La sua mente
già gli offre un ricordo sensoriale per il sospiro che
gli giunge all’orecchio. Un viso e un odore.
Draco scopre
che la sua mente è schiarita, spolverata del regolare e
familiare dolore del dopo attacco. Si accorge che altre parti del corpo
sono
indolenzite. Trova Harry – braccia, mani, e gambe –
avviluppato intorno a lui.
I respiri profondi alle sue spalle indicano che Harry è
ancora addormentato.
Draco solleva la mano libera e tocca con la punta delle dita il polso
di Harry,
le fa scorrere lungo la pelle e il contorno definito delle ossa.
Harry emette un
altro sospiro agitato, e Draco sente i primi segnali
di deboli tremori sotto la sua mano, contro il suo corpo. Regolari, e
in
aumento. Si ricorda. Sa, come se lo sapesse da sempre, che Harry si sta
svegliando. Che si sveglia sempre così.
I tremori
diventano più pronunciati. La mano di Harry vibra, abbandona
la posizione sopra quella di Draco. Un ansito nervoso risuona nella
stanza.
Draco sente tutto il corpo di Harry tremare contro la sua schiena. Vede
le sue
dita contrarsi, poi il respiro cambia, un’inalazione rapida.
Harry è sveglio.
La mano stretta
in quella di Draco prova a ritrarsi, ma Draco chiude
le dita e stringe. Harry si immobilizza, evidenziando il tremore
costante.
“Va
tutto bene,” mormora Draco, senza averci pensato. Harry
respira
silenziosamente contro la nuca di Draco per quasi un minuto, e Draco si
mette a
sentire le strane vibrazioni, i fremiti di quello che è
sempre stato così
fermo. Ricorda Harry, traballante, cadere sulla sedia dopo avergli
rivelato la
realtà della sua vita, ricorda quanto lo stanca attraversare
gli spasmi. È un
regalo, questo momento unico e silenzioso, e Draco lo sa. Sa che
è una cosa a
cui Harry non è abituato. Alla fine espira e rilascia la
mano di Harry. Harry
la tira via e fruga per cercare qualcosa.
“Vale Sanare.”
L’incantesimo
argenteo vola nel campo visivo di Draco, scintillante
come neve. Lo vede svanire sulla sua pelle, sulle lenzuola e le
coperte. I
fremiti di Harry si interrompono. La mano torna, scivola di nuovo oltre
il
fianco di Draco e ritorna al suo posto sotto le sue dita.
“Non
mi importa, Harry,” mormora. Per un secondo, Harry resta
fermo.
Poi le sue dita stringono quelle di Draco.
“Come
ti senti?” chiede Harry con voce roca e instabile per
l’incertezza. Draco si gira, quasi timoroso di percepire
anche il suo compagno Altro,
appiccicoso e incorporeo, nella camera insieme a loro. Ma
c’è solo Harry.
“Sto
bene,” sussurra Draco lievemente, toccando il viso di Harry
con
la punta delle dita.
Non riesce a
smettere di guardare in quegli occhi profondi e caldi.
::
Venti
anni dopo
Il mattino
è agli sgoccioli. Draco si sveglia in modo graduale, un
secondo alla volta, e trova le pareti della camera illuminate da una
rassicurante luce gialla. Allunga le braccia sopra le lenzuola verde
chiaro e
sente i muscoli rilassarsi, ognuno con un leggero fremito. Il letto
è
deliziosamente caldo; il piumone imbottito, pesante sulle spalle, tiene
il
calore intrappolato. Draco emette un grugnito, rendendosi conto che ci
vorrà
del tempo per alzarsi questa mattina.
Ma ce la fa.
L’odore
della casa gli rivela che le portefinestre sono aperte, e che
fuori c’è vento. Riesce a vedere le increspature
acquose delle nubi che
scorrono velocemente nel cielo. Guizzano sul pavimento e lungo le
pareti del
corridoio, lasciandosi alle spalle ombre blu.
Draco ha un
leggero mal di testa, appena dietro la fronte. Oggi avrà
una crisi, e sarà moderata. Durerà meno di
quindici secondi, e gli renderà
difficile vedere per il resto della giornata. Ma non accadrà
prima di metà
pomeriggio.
Le spalle gli
fanno un po’ male, e solleva i gomiti sopra la testa uno
dopo l’altro per allungare i tendini. Harry è di
fuori, che lavora all’aiuola
fiorita nell’angolo est del cortile. Nell’aria si
avverte l’odore di terra
fresca; stamattina ha già attraversato il corridoio, a piedi
nudi e silenziosi,
per una breve fermata al bagno o per prendere un maglione dal
guardaroba. Draco
è pronto a scommettere che è quello coi buchi sul
lato destro, vicino all’orlo.
Draco scende le
scale con passi lunghi e tranquilli, e calcia da una
parte le scarpe da ginnastica lasciate sul pavimento, un po’
troppo lontano
dalla porta d’ingresso. Dovrà dire a Harry di
raccoglierle più tardi. Ora,
sente l’odore di camomilla, e sa che Harry gli ha preparato
il tè.
Attraversa le
portefinestre, che sono aperte e cigolano al vento, e si
dirige in cucina. Sul tavolo, vicino alla sua tazza,
c’è la teiera fumante
color terracotta coi disegni consumati. Draco si versa il tè
e si siede su una
sedia con un sospiro, massaggiandosi la fronte e allungando la mano per
prendere la bottiglietta di vetro in mezzo al tavolo vicino alla
saliera e allo
spargipepe. Cinque gocce. Draco prende la tazza con tutte e due le mani
e
soffia via il vapore.
Stranamente, la
scorsa notte ha dormito bene. Solo una o due notti al
mese non riesce a prendere sonno. Harry gli ha abbassato le luci alle
sei e
mezza; Draco si è immerso nella vasca ed è
rimasto a lungo avvolto nell’acqua calda
prima di andare a letto presto. Ha percepito l’arrivo di
Harry attraverso un
sogno nebbioso – il tremore rivela sempre la sua presenza
– e si è girato verso
di lui, come fa sempre. E ha dormito.
Harry ormai
dissolve l’incantesimo la maggior parte delle notti. Il
tremore è diventato tanto debole che Draco lo sente a
malapena. Sa di esserci
abituato, e sa che Harry si è abituato al suo essersi
abituato. Ma il sistema
nervoso di Harry, nonostante si sia invecchiato, ha dimostrato
un’ammirevole
capacità di ripresa. Il sacrificio a cui sottopone il suo
corpo neanche si
avvicina a quello di una volta, l’incantesimo è
sempre meno necessario, tranne
in pubblico. Trema solo quel tanto da ricordare a entrambi che
è Harry Potter.
Le erbe nel
cortile sfumano di odori dolci l’aria nella cucina. Draco
ha bottiglie in bagno, fiale nei mobiletti della cucina, fiaschette
nella
dispensa. Sono stati due lunghi decenni. Harry è diventato
esperto delle
abitudini di Draco: il calendario è segnato, gli fa ingerire
le tinture più
adatte, e Draco ha avuto Harry in ogni modo possibile e in ogni stanza
della
casa, tutte le volte che ne hanno voglia.
Il sesso non
è più un fattore scatenante. Ora è
Draco a decidere i
suoi fattori scatenanti, le determina lui le date degli attacchi e la
loro
severità, e si attiene rigorosamente alla routine e alla
dieta che gli
concedono quel lusso.
È
semplice, più facile di quanto si possa pensare.
È una bella vita.
Draco
sbadiglia, beve il tè, e posa lo sguardo fuori della
finestra
della cucina. Harry è accovacciato vicino alle foglie di
menta, con la schiena
riscaldata dal sole e i capelli scuri argentati sulle punte. Le sue
mani
tremano – un fremito che si nota a malapena, mentre tocca le
foglie e ne tira
via qualcuna per schiacciarla tra le dita.
Draco pensa
candidamente di poter indurre prima l’attacco, oggi
pomeriggio,. Appena dopo pranzo, forse, quando il mal di testa
raggiunge l’apice
e inizia a diminuire. La notte sarà ventosa, e gli
piacerebbe sentire la brezza
sulla pelle nuda, sul divano con le portefinestre aperte e Harry steso
sopra di
lui e intorno a lui e dentro di lui. La vista sfocata non
avrà importanza; prima
di iniziare toglierà a Harry gli occhiali, e allora saranno
pari.
~
fin ~