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Autore: RurouniHime    24/12/2012    2 recensioni
Il mondo di Draco guadagna un nuovo componente, proprio quando pensava di aver finalmente risolto tutto.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Note della storia

Traduzione: Questa storia appartiene all’autrice originale, RurouniHime, dalla quale ho ricevuto il permesso di tradurla e pubblicarla. La versione originale si trova qui.

Traduttrice: poldina. Per qualsiasi informazione sull’account di RurouniHime potete contattarmi al link precedente.

Beta-Reader: Alias, the one and only. A tanti altri progetti insieme, carissima.

Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia non è stata scritta per scopi di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è peraltro intesa.

 

Dedicata alla fantastica comunità LiveJournal H/D Holidays, che purtroppo quest’anno arriva all’ultimo round. Grazie per averci donato chicche come questa, nel lontano 2007.

 

“Vale Sanare” by RurouniHime

 

Comincia nelle caviglie – sensazione decisamente sconcertante – a due clienti di distanza dallo sportello della Gringott presidiato da un folletto svogliato, e Draco ha solo il tempo per No, no, non qui, non ora

Prima che cominci a cadere.

La nebbia viola penetra gli occhi come un cacciatore in agguato, annebbia le orecchie fino a escludere tutto tranne il battito sempre più veloce del cuore. È solo a pochi secondi di distanza dall’infida arrampicata fino al cervello, mentre inonda e ricopre e spazza tutto nell'oscurità. Riesce a sentire il tremito risalire i polpacci, le cosce, tremola nelle punte delle dita come il formicolio di arti addormentati. “Oh dio–” sapendo che nessuno lo avrebbe aiutato, questa volta come tutte le altre, e cercando, finché è ancora in grado di vedere, un posto inoffensivo per crollare e aspettare la conclusione.

Almeno stavolta non è in mezzo alla strada. Almeno non è a Notturn Alley. Per fortuna è un attacco decisamente mite e stavolta non verrà derubato o sfruttato in altro modo.

La strega di fronte a lui si gira a guardare e si allontana immediatamente, il comportamento abituale di chi assiste alla sua triste condizione. Draco non la può biasimare; non può pensare per niente. Gli fanno male le braccia, fitte acute che si fanno strada fino alle spalle. Non si sente più le ginocchia, e odia, odia, odia il suo ex Signore Oscuro ancora più di prima.

L'odio non perde mai vigore.

Già capisce che non sarà l'attacco peggiore che abbia avuto. Gli manca quella cruciale consunzione nel petto, quel tocco acido e ardente che gli devia il respiro verso il reame di costole rotte e sterni presi a calci. Forse questa volta neanche cadrà, ma non ne è mai sicuro.

L'attacco gli afferra le spalle e le fa scuotere violentemente, senza tregua, lo stringe con dita di ferro intorno al collo che, naturalmente, si è irrigidito contro la sua volontà. Tutta la stanza, dal soffitto a volta, è un tenue violetto. La testa gli fa male, non saprebbe dire dove con precisione, ma l'esperienza passata gli dice che è la mandibola. Non sente il sapore del sangue – il gusto è l'unico senso che gli resta durante gli attacchi – e capisce che questa volta non si è morso la lingua. Non sa se è ancora in piedi. Ancora dritto. Ancora di fronte a quello a cui si trovava di fronte. La stanza risuona di un suono monotono.

Pressione sulle costole, intorno al torso, quasi come la stretta del suo stesso corpo, gli invade improvvisamente i sensi. Qualcuno lo ha preso prima che andasse a finire per terra, o sulla sedia che comunque non credeva avrebbe potuto raggiungere in tempo. C'è una voce che dice il suo nome, pare venire da sott'acqua. È vagamente riconoscente che la voce non sembri contenere tracce di panico; non gli piace avere gli occhi puntati addosso. Gli sfortunati clienti della Gringott hanno già visto abbastanza.

Non sa più nemmeno se sta cercando di tenersi in piedi da solo e, veloci come un fulmine, i polmoni si contraggono e Draco non respira più. E questa volta, grazie alla sorpresa del suo salvatore di dubbio merito, ha dimenticato di prendere quell'ultimo respiro imperfetto e, per diversi momenti di agonia, Draco sguazza nel buio stretto e chiuso dell'apnea, aspettando, intorpidito, la risposta alla domanda costante: i polmoni si riapriranno? Lui crede di sì; crede che il suo corpo lo sottoporrà al peggio solo il giorno in cui deciderà finalmente di ucciderlo.

E ha solo ventiquattro anni. Voldemort non sarebbe mai stato così misericordioso.

“Malfoy?” È la voce di Potter. Draco la conosce fin troppo bene. Calma, pacata, come se non ci fosse nulla di strano. “Va tutto bene, è quasi passato.”

Draco lo sa benissimo. È il suo corpo, no? Sbatte le palpebre, lentamente come è costretto a fare. Potter lo aiuta a ritrovare l’equilibrio in mezzo alla Gringott, be', forse un po' di lato, ma comunque sul suo posto nella fila. Se Potter era stato dietro di lui tutto il tempo, non se ne era accorto. Nessuno sta parlando, neanche guardando, tranne per l’occhiata frettolosa che si dedica a una crisi evitata. I folletti hanno occhi neri e freddi come la pietra.

“Bene, Potter,” quando finalmente riesce a far funzionare la lingua. Draco si solleva, appoggiando una mano sulla coscia di Potter, coperta dai pantaloni, ma non si alza del tutto. Non è ancora del tutto fermo sulle sue gambe. Potter, da parte sua, allenta la presa abbastanza da dargli una minima illusione di indipendenza.

I capelli di Potter sono più lunghi di una volta, spettinati come al solito, ma la stessa lunghezza li appiattisce abbastanza da ottenere un aspetto al tempo stesso trasandato e attraente. Porta ancora gli occhiali, dalla montatura sottile color fuliggine. Ha un orecchino a un orecchio, un anellino d'argento che non completa il giro attorno al lobo. E pare che abbia appreso il concetto di abbronzatura: gli avambracci sono più scuri di una volta. È un colore che racconta di viaggi, piuttosto che di giornate estive passate a oziare all'aperto. Gli occhi di Draco vanno immediatamente alla mano sinistra di Harry, ma non c'è alcun anello. Una curiosità appagata senza bisogno di parole.

Le sfumature porpora delle mura bianche e immacolate della Gringott sono finalmente scomparse. Draco finisce di raddrizzarsi e Potter lo lascia andare, lanciando attorno a loro occhiate eloquenti per dissuadere gli spettatori dal continuare a fissarli.

Solo a quel punto il braccio di Draco inizia a bruciare.

Vorrebbe tanto strapparselo via, dal gomito fino alle dita, e farla finita. Forse uno di questi giorni l'avrebbe fatto sul serio, ma anche così non avrebbe fermato le convulsioni contrite del suo corpo. Ci sarebbe stato solo molto sangue.

Il Marchio non è la causa; lo sanno tutti, e per tutti intende se stesso e il San Mungo. Il Marchio reagisce e basta, come fa il resto del corpo. Gli attacchi scelgono sempre di uscire col botto, però: ogni volta, il Marchio è l'ultima cosa a farsi sentire.

Draco si massaggia l'avambraccio, fregandosene per una volta della presenza o meno di spettatori. Gli spettatori ci sono sempre. E lo spettatore più importante è proprio dietro di lui, lo tiene ancora per il gomito come se stesse sul punto di crollare a terra ed evaporare nell'aria. Da una parte, Draco vorrebbe alzare gli occhi al cielo e schiaffeggiare Potter perché vuole sempre fare l'eroe. Dall'altra, Draco non vuole altro che il fragile supporto di quella mano, senza pensare a chi è attaccata.

Prova il fugace desiderio di piantargli l'avambraccio scoperto sotto il naso, solo per fargli vedere che i tatuaggi restano per sempre. In caso stia pensando di farsene uno.

Alla fine la mano di Potter abbandona il suo gomito, ma Draco sente una voce bassa all'orecchio, e il tono della voce sembra una specie di contratto, che promette ancora più carezze se Draco non dovesse riuscire a soddisfarne i termini. “Ora stai bene?”

Draco prende un respiro, guarda con occhi ostinati i folletti per i quali è venuto, e accenna di sì col capo, bruscamente, tanto quanto gli permette la testa stordita. “Sì.”

E Potter si fa indietro, fuori del suo campo visivo. Se non fosse stato per quegli ultimi minuti, Draco non avrebbe mai saputo che l'altro era stato lì.

La fila e le transazioni da lui richieste sono completate senza problemi, tanto velocemente, infatti, che Draco scopre di avere ancora bisogno della sedia all’angolo. I suoi piedi sono d'accordo: non gliene può fregare di meno se lo vedono indebolito. Impiega decisamente troppo tempo ad attraversare la stanza, ma alla fine si siede e osserva a occhi stretti il suo ex compagno di scuola avvicinarsi al bancone e fare qualsiasi cosa sia venuto a fare. È un sollievo, pensa Draco con tutta la derisione che riesce a raccogliere, che Potter non si sia presentato solo per acchiappare Draco durante l'attacco. Sarebbe stato proprio da lui fare una cosa del genere, no?

Potter è sicuramente più alto. Ha anche una postura diversa, con una leggera inclinazione verso sinistra, come se quella gamba non fosse lunga quanto la destra, oppure la schiena non fosse dritta, o come se avesse appreso il portamento da una famiglia di gorilla. E Draco si rende conto tristemente di non avere l'energia di inseguire quel delizioso pensiero attraverso la sua naturale e divertente escursione nell'universo.

Draco permette finalmente alle braccia di tremare dopo diversi minuti di attesa estenuante. Lascia cadere la testa all'indietro e appoggia le braccia sui braccioli, lasciando le mani penzoloni. Dèi. È così stanco. Così stanco. La banca va avanti coi suoi sbatacchiamenti, sferragliamenti e chiacchiericci, come se in mezzo alla stanza non fosse successo niente, eppure Draco percepisce qualche occhiata rubata. Occhi, come sempre. Tutti si chiedono se stia pianificando la sua ultima vittoria da Mangiamorte, risucchiandoli tutti con sé mentre cade nell'oblio.

Dopo aver preso dieci respiri lenti e vuoti, pensa che sarebbe un'idea eccellente alzarsi e uscire dalla banca prima che Potter concluda i suoi affari.

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Il suo desiderio è stato esaudito, e finalmente, finalmente i suoi genitori odiano Voldemort con tutta l'acredine che quel freddo mezzuomo morto si merita. Forse sono arrivati un po' in ritardo, ma dopotutto anche lui ai suoi tempi aveva le idee un po' confuse.

Di notte, quando i suoi incantesimi da paranoica la svegliano, sua madre accorre dalla Villa nella piccola camera da letto del suo appartamento, Materializzandosi attraverso le sue barriere come se non ci fossero. Lei impreca, lo stringe a sé e impreca contro Tom Orvoloson Riddle in tutte le lingue che conosce. Quando Draco torna in sé, il volto di lei appare sempre un pizzico più vecchio, rigato dalle tracce delle lacrime versate. Impreca contro suo marito, e contro se stessa.

Sua madre sta invecchiando davanti ai suoi occhi. E lui non può nemmeno dire che gli dispiace; se continua così, anche la sua età sarà difficile da indovinare.

Gran parte del patrimonio di suo padre ha trovato casa nelle tasche di pozionisti e di esperti di incantesimi. Al San Mungo non hanno risposte, naturalmente, e non perché la famiglia di Draco è composta da Malfoy. È perché sono al di fuori delle conoscenze dell'ospedale, delle competenze di chi ci lavora e delle sue menti geniali. È perché i guaritori che lavorano lì imprecano quasi quanto la madre di Draco di fronte al fatto che ci sono disturbi di cui non sanno nulla. Ci sono sempre state malattie che non riescono a curare, ma effetti collaterali che non possono alleviare? Mai. Non ci sono pozioni, né incantesimi. Nessun rimedio miracoloso.

Deve essere davvero esasperante. Grazie al cielo c'erano stati gli anni di pace. Le armi del mondo magico hanno superato le sue abilità mediche, anche se non sono molti a saper usare quelle armi con risultati tanto grandiosi.

Draco non può curare un effetto collaterale. Ci sono notti che neanche lui riesce a sopportarlo, e non lancia fatture contro gli incantesimi di sua madre. Altre notti, invece, rinforza le barriere e si contorce in solitudine, torcendo le dita e le gambe tra le lenzuola e singhiozzando per far entrare un po' d'aria in corpo.

Non gli importa che lei dormirebbe meglio. Non la vuole lì e basta.

Non succede poi così spesso. Solo una volta ogni settimana o due. Ma ogni volta la sente come se fosse la prima.

::

Fuori della Gringott, l'aria è piena di rumori. Draco si ferma di scatto prima di raggiungere la strada invasa da gente in giro a fare shopping, e respira, solo una o due volte, sbattendo le palpebre contro la nuova luce. Se gli occhi gli fanno già così tanto male, continueranno a dolergli fino a sera.

Cavolo, ha digrignato i denti eccome. Sembrano polverizzati. Passa la lingua gonfia lungo le pareti interne della bocca, e trova tutto dolorante. Almeno qua fuori nessuno sa che è appena collassato nella Gringott. Qua fuori, possono ripiegare sulla loro normale revulsione nei suoi confronti, e Draco è più che soddisfatto del fatto che non ne sappiano nulla. La porta si apre alle sue spalle – davvero aveva creduto di averla scampata? – e lascia passare il solo e unico Harry Potter, che trotta giù per le scale e si ferma davanti a Draco. Ha indossato un paio di occhiali da sole, oppure ha cambiato le solite lenti con la magia. Non importa; Draco sa che Potter lo sta guardando.

Che strano. Draco non ricorda di aver mai scambiato un'occhiata normale con Potter, senza tenere conto dell'ultimo anno di scuola.

“Malfoy,” dice Potter, sollevando leggermente il mento.

Draco risponde al ‘gesto’ con un cenno. “Potter. Buona giornata.”

Potter emette un suono strano, come una specie di espirazione soffocata. “Forse. Troppo presto per dirlo.” Si ripara gli occhi, anche con gli occhiali da sole addosso, e osserva la animata e tortuosa Diagon Alley con una lieve smorfia stampata sulla bocca. A Draco viene in mente che forse gli occhiali servono a evitare di essere riconosciuto.

“Hai delle commissioni da fare, Potter?” dice Draco, distogliendo lo sguardo e chiedendosi se stia per arrossire o no.

“Solo un po' di shopping. Spesa. Cose per la casa.” Potter scrolla le spalle snelle. “E tu? Devi andare da qualche altra parte?”

Draco risponde agli occhi oscurati di Potter con uno sguardo impassibile, cercando di decidere se attaccare o meno il possibile tentativo di prendersi cura di lui. Forse Potter pensa che stia per avere un altro attacco? Che possa cadere e spaccarsi la testa sul marciapiede non appena Potter girerà l'angolo? Se davvero pensa questo, allora è stato fuori troppo tempo, oppure non ha più letto i giornali.

All'improvviso sente un suono – che Draco da molto tempo ha deciso di odiare – e la mano di Harry scatta verso la tasca posteriore dei pantaloni. Estrae un'idiozia Babbana nera e piatta e guarda accigliato lo schermo. “Aspetta.” E gli volta le spalle per rispondere al telefono.

“Hey. Sì, sono qui... Be', non è che sono qui da una settimana. Almeno dammi un giorno prima di– Sì. Sì, è andato bene.” La bocca di Harry si curva ancora di più verso il basso e il suo corpo si raddrizza notevolmente. Una mano si infila tra i capelli neri, le dita si arricciano quasi come artigli. “Be', di sicuro non ho provato a ignorarlo. Non sono più tenuto a rendere conto a nessuno, se ricordi bene.” Harry fa una smorfia. “Ginny, per la barba di Merlino, parla normalmente. Sembri tuo fratello... Hey, se non mi ci vuoi, non devi far altro che dirlo.” Una lunga pausa. E poi Harry aggrotta la fronte. “No. Oggi niente melodrammi, ok? Ne ho avuto abbastanza.”

Chiude di scatto il telefono e lo infila di nuovo in tasca. Draco lancia un’occhiata al compagno, pensando al paradiso e a come i problemi prima o poi riescono a entrare anche lì.

“Scusa,” dice Harry. Il volto è calmo, la voce bassa. Gli occhiali da sole riflettono i lineamenti di Draco. “Quindi stai bene?”

"Sono cinque anni che ci combatto, Potter," dice Draco in tono mite. Le sopracciglia di Potter non si muovono di un millimetro. Infila le mani in tasca e fa qualche passo all'indietro, quasi con un’aria da bohémien Babbano.

“Ok. È stato bello vederti, Malfoy.” Fa un cenno con la testa, si gira, e se ne va.

E dal tono di voce sembra che abbia detto sul serio.

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Draco non ha mai fatto sesso. E il sesso gli provoca sempre un attacco, gliene provocherà uno anche adesso – può dirlo dalle brevi pomiciate di cui ha avuto esperienza in passato.

È difficile perdonare le proprie convulsioni nel bel mezzo di una carezza delicata o di un bacio vorace. Deve essere terribilmente difficile vedere una cosa del genere e non pensare, ripugnante. Draco non diventa certo la personificazione della bellezza quando la malattia fa la sua sinuosa comparsa. Sospetta che la sua bocca non riesca a chiudersi, sospetta che gli occhi cambino colore. Sospetta che le dita diventino un po' simili ad artigli, dal modo in cui si attorcigliano su se stesse; spesso ha visto lividi sui palmi. Non riesce a immaginare che aspetto possa avere il suo corpo mezzo nudo in quel momento furioso, ma non è mai stato con una persona che la seconda volta non abbia trovato qualche scusa per non rivederlo. Come se il suo nome non fosse già abbastanza.

Da solo, riesce a raggiungere l'orgasmo senza problemi – non c'è nulla che la cosa odi di più della soddisfazione senza cuore di un piacere perduto. Di notte, nel suo letto, Draco si prende l'uccello in mano, fissa il soffitto e si chiede cosa si possa provare ad avere un altro uomo dentro di lui quando viene. Gambe e braccia formicolano un po', ma anche un orgasmo non fa più che farlo rabbrividire e fargli vedere tutto color porpora. Passa abbastanza in fretta, e fa raramente male.

Anzi, all'inizio attenuava gli attacchi più violenti. Draco la fa sfogare in privato, perché se non lo fa, in pubblico lo dilania ancora di più.

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La sera tardi, Draco va nei locali gay della comunità magica. E se anche riuscisse a sopportare i Babbani, non li esporrebbe alla vista di occhi color porpora e convulsioni da posseduto sulle loro piste da ballo blu acido.

Il suo volto è conosciuto, ma tale è lo stato delle cose. Le piste da ballo magiche sono piene di polvere magica che fa luccicare il pavimento come dune di sabbia, e sembra di stare nello spazio, con esplosioni porpora, comete rosse e luci stroboscopiche accecanti.

Tengono a bada gli attacchi; Draco pensa che il motivo sia perché il corpo crede già di avere le convulsioni.

Nei club, ballare è più uno stato d'animo che un talento vero e proprio. Draco non sa come sia il suo aspetto sulla pista da ballo, ma si trova raramente senza un partner. Si stringono, si toccano e si baciano senza neanche vedersi. Draco adora la sensazione di labbra sfiorate, o di una lingua risucchiata all’improvviso. Mani che si snodano tra i suoi capelli e poi di nuovo fuori. Sente nell'aria il sapore del sudore, e vede il desiderio sotto le luci stroboscopiche. Si forma quasi come una foschia di calore. Stranamente, è quasi calmante.

Stasera, si preme fianco a fianco con un uomo basso e flessuoso con sugli occhi del trucco scuro come i leggendari antichi Egizi, un uomo con occhi di gatto color ambra e ciuffi umidi di capelli che si attaccano alla fronte. Draco li spinge via e prende tra le mani il volto a cui appartengono, e bacia la bocca e si ricorda di nuovo perché gli piace trascorrere le serate qui. È il massimo che possa avere, come un perfetto gioiello di avorio a portata di mano: può toccarne la superficie brillante e sentirne l’energia, ma sa che non può tenerlo a lungo. Ma ormai non ci sta più male; Draco Malfoy ha imparato a prendersi quanto gli viene dato con tutto l'entusiasmo che riesce a raccogliere. L'atteggiamento mentale, l’approccio, è già comunque metà battaglia.

Sa che questa sarà una pomiciata deliziosa.

Il suo partner di questa sera è sinuoso, si muove come se avesse troppa energia aggrovigliata attorno alle braccia e alle gambe, cercando le pareti per farcisi sbattere contro, o per pressare Draco. Quell’uomo lo sa con chi sta ballando, ed è da quando se ne è reso conto, quasi venti minuti prima, che ha avuto un sorrisetto stampato in faccia. Prima, in mezzo alle altre persone sulla pista da ballo, aveva colto un nome, ma ormai non si preoccupa più di ricordarli. Risparmia la memoria per i baci e per la sensazione di essere toccato.

“Tu – sei perfetto,” gli mormora l’uomo sulla bocca. “Come un elfo o una driade, o…” Smette di parlare per tornare a far diventare la bocca di Draco un nucleo gonfio e ansimante. “Chi mai l’avrebbe pensato?” termina infine, tirandosi indietro per vedere l’effetto.

Draco non gliene dà il tempo. Non ha tempo, o per lo meno ne ha molto poco. E, quando vuole, anche lui riesce a far venire le palpitazioni. Quest’uomo non fa eccezione; dopo che Draco ha finito con lui, l’altro non fa altro che gemere e strattonargli la cintura con tutte e due le mani, dimenandosi per appiattire Draco contro un muro.

“Andiamo a casa tua?” dice l'uomo ansimando. Draco lo bacia di nuovo; sente il desiderio scattare tra i loro corpi, la scintilla accesa dalla passione e, molto più tangibile, il rigonfiamento all'altezza dell'inguine del suo partner. L'uomo gli mordicchia il labbro inferiore e sorride. “O casa mia? Ovunque.”

“Hmm,” mormora Draco. Le dita dell'uomo gli sfiorano le fossette dei fianchi, spostandosi lentamente in giù, sotto il giro vita. Draco sente i primi tremori alle estremità, e si prepara a lasciar andare tutto questo, forse con un sospiro. O ad andare in fretta verso la fine e sperare che stavolta ci riesca. Stasera il club è pieno. Loro due non danno esattamente spettacolo; ci sono moltissime altre coppie ancora più avanti di loro, sotto gli occhi di tutti. Ma presto daranno uno spettacolo di tutt'altro genere se il corpo di Draco continua lungo questa strada.

E continuerà.

Spinge via l'uomo nel bel mezzo di un bacio, guadagnandosi un gemito, e lo tiene a distanza per fargli vedere la sua espressione. Fa un sorrisetto. “Hmm, stasera credo proprio di no. Sono un po' stanco.”

L'uomo si immobilizza. Stringe gli occhi fino a farli diventare fessure e osserva Draco da capo a piedi. “Sei stanco.”

Braccia e gambe stanno iniziando a tremare. Non ancora così tanto da essere visibile da tutti, neanche da essere sentito al tatto. Ma lo sarà presto. “Già. Facciamo un'altra volta?” aggiunge Draco.

L'uomo si stacca del tutto dal suo abbraccio. “Be', c'era da aspettarselo da Draco Malfoy,” dice. Il sorrisetto diventa un sogghigno. Draco continua a guardarlo con occhi impassibili, ma l'altro si gira, con le spalle seminude luccicanti di sudore sotto le luci, e svanisce di nuovo tra la folla.

Se non avesse fatto così, lo avrebbe dovuto vedere allontanarsi nel bel mezzo di un attacco in pieno vigore. Draco crede di aver preso la decisione giusta.

::

Draco solleva un angolo del Settimanale delle Streghe con la punta delle dita. Persino la sensazione è disgustosa, e non crede che sia solo frutto della sua immaginazione. Il titolo di prima pagina è, naturalmente, fantastico, tutt'altro che imparziale, e parla di lui.

C'è un passaggio imperdibile verso la metà dell'articolo, scritto da qualche coglione arrampicatore che si fa chiamare editorialista:

Senza dubbio il giovane Malfoy potrebbe evitare per almeno un solo giorno di deliziare il pubblico Magico coi suoi caustici tentativi di attirare l'attenzione. La sua storia è sì tragica, ma l'abbiamo ascoltata troppe volte per restarne ancora sconvolti. Bisogna fissare un limite; il senso della dignità détta che non c'è più posto per morbosi spettacoli di cervello purosangue che fuoriesce da un certo paio di orecchie.

“Prendo quello,” dice una voce fin troppo familiare. Draco alza lo sguardo e vede alla sua destra il salvatore in carne e ossa scambiare Falci e Zellini per delle riviste. Potter ha un aspetto vagamente zingaro, coi capelli più lunghi e liberi, gli occhiali sottili, la collanina in legno e il braccialetto coordinato intorno al polso snello. Strizza un po' gli occhi quando vede Draco. La luce è normale; strizza gli occhi per indicare di averlo riconosciuto.

“Hey,” lo saluta Potter con un cenno della testa. Draco lo esamina molto più apertamente, annotando tutto, dai capelli, ai pantaloni di velluto a coste, alla pelle scurita dal sole.

“E tu dove sei stato, esattamente?” dice con voce piatta.

Potter scrolla le spalle. “Giappone. Cile. Là da quelle parti.”

Draco non si lascia distrarre né impressionare facilmente, neanche con il suo ‘cervello purosangue che gli fuoriesce dalle orecchie.’ “A fare cosa?”

Harry scrolla di nuovo le spalle. Storce la bocca in modo disinteressato e lascia del denaro sul banco dell’edicola, piegando le riviste che ha acquistato. “A scoprire cosa sono, dopo la guerra.”

Non vorremmo forse scoprirlo tutti? Draco non lo dice e, nel frattempo, Potter gli fa un altro cenno con la testa e fa qualche passo indietro. “Ci vediamo.”

Draco osserva Potter allontanarsi, ripensando alle sue parole, e riflette sull'uso della parola ‘cosa’ invece di ‘chi.’

::

Al club magico c'è una serata a tema, ma Draco non ha voglia di essere nulla tranne se stesso. Ha già abbastanza cose di cui preoccuparsi, e comunque è probabile che darà spettacolo di sé, con le contorsioni e gli ansimi e i collassi. Un po' come il ballo che ha preso il sopravvento sulla pista. Draco si prende un momento spensierato e divertente per pensare che sarà notato a malapena.

In passato ha avuto incubi che andavano così: persone che saltano e si lanciano, tutti maschi, inondati da colori straordinari, che volteggiano come mostri lungo il paesaggio. Ma non ha mai riconosciuto nessuno dei mostri, e stasera invece vede qualcuno che conosce, con pantaloni scuri e senza maglia, e un orecchino che si riflette in chiazze luminose sui vicini, come una palla da discoteca in miniatura.

Ma è ovvio che Potter si sia infiltrato anche qua. Sembra che sia ovunque si trovi Draco.

Ma.

Potter? Gay? Sì, a quanto pare – e molto gay, a giudicare dall'uomo avvinghiato attorno a lui. Anche se Potter non è affatto da meno. Draco si chiede se Potter sia attivo o passivo. Se scopi o se faccia l'amore. Se gli piaccia baciare.

Potter solleva il mento, sfiora il naso dell'altro e gli cattura le labbra con le sue, e riceve la risposta alla sua domanda, con una pomiciata che sembra piena di desiderio. Il partner di Potter si tira indietro, ansimante, stringe il salvatore del mondo magico a sé, e le mani di Potter afferrano le spalle e posizionano i loro corpi come dovrebbero essere, e Draco ha bisogno di prendere un respiro e ributtarlo fuori.

Il bacio si interrompe; torna il ballo. Forse, se Potter è stato in Asia orientale e in Sudamerica per imparare a ballare e baciare e scopare con gli occhi in quel modo, il viaggio ha giovato ad altre persone oltre a lui.

Attraversando le cascate di luci, Draco si avvicina al bar dove lo aspetta un uomo dai capelli biondi ramati, vestito di seta attillata con glitter sul volto; forse non sta aspettando proprio lui, ma qualcosa in particolare, e Draco è più che disponibile a fornirla. Il tipo gli ha lanciato occhiate per tutta la serata, ma stavolta Draco distoglie momentaneamente lo sguardo per osservare un corpo sudato, col torso nudo dalla pelle abbronzata come uno zingaro, e un paio di occhiali luccicanti.

È incredibile che Potter si possa permettere di indossare gli occhiali in un mercato del sesso.

Potter impiega poco meno di quattro minuti per abbandonare la pista da ballo e trovare Draco in mezzo alla folla. Rallenta, col partner di ballo più recente alle sue spalle, chinato per baciargli la spalla nuda. Potter fa un cenno con la testa. Draco lo guarda da sopra le teste degli avventori seduti, e afferra il polso del pollo di turno. “Vieni a casa mia,” dice, e vede accendersi gli occhi azzurri dell'altro.

Distoglie completamente l'attenzione da Potter, e guida il suo nuovo amico fuori dalla porta e sulla strada, diretto verso un vicolo deserto adatto alla Smaterializzazione. Risponde ai baci profondi e confusi e alle braccia che lo avvolgono, poi gira entrambi per iniziare la Smaterializzazione Congiunta, chiedendosi quanto tempo riuscirà a portare avanti le cose, prima che succeda l'inevitabile.

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Dopo che l'attacco e l'ennesimo partner disilluso lo hanno abbandonato per la notte, Draco incrocia le mani sullo stomaco e si mette a fissare il soffitto, chiedendosi nella mente ancora stordita chi sarà nel letto di Harry Potter, muovendosi nell'oscurità, tra schiene inarcate e ansimi deboli.

Si rende conto di avere sete, ma deve aspettare che le ginocchia si solidifichino di nuovo prima di poter barcollare fuori dal letto e lungo il corridoio. Dopo, però, gli ci vuole solo un istante per addormentarsi.

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Draco sogna l'Ardemonio, calore bianco rovente con occhi e denti, e sente la vergogna di una mano afferrata in preda al terrore. Sente anche la simultanea esaltazione di ricevere quella presa, e le emozioni si fondono e formano un unico blocco ardente e disgustoso, l'una spingendo per fare uscire l'altra. Draco è felice–triste, si alza in volo sopra i mostri, grato–furioso. Sicuro–morto. Tempi più semplici, tempi più semplici, quando non sapeva cosa gli covava dentro, ma la cosa c’era già, avvinghiando la lingua attorno a un blocco nero e sinistro di miseria.

Draco si sveglia.

Un secondo attacco, più violento, gli squarcia gambe e braccia e testa nell’oscurità della stanza.

::

Il club resta a Draco per un'altra settimana, poi Potter fa di nuovo la sua comparsa, col torso fasciato di bianco che sembra ghiaccio sotto i vorticosi giochi di luce, e con indosso un paio di jeans che avvolgono le gambe in modo molto netto ed evidente. Draco non è l'unico a notarlo; Harry, che ha a malapena aria a disposizione per respirare sulla pista da ballo, si ritira rapidamente al bar solo a pochi secondi dall'inizio della terza canzone.

Se solo Draco si fosse preparato al suo arrivo. Ancora prima che registri la sua vicinanza, Harry è già seduto sullo sgabello vicino al suo, con una birra bionda tra le mani muscolose.

Lo sguardo di Harry sfreccia di lato, sbirciando oltre la coda di quegli occhi verdi, poi lui torna a guardare davanti a sé. Harry prende un lungo sorso di birra, appoggiando il gomito nudo sul bancone appiccicoso. I capelli neri si tingono del blu e del color rame del pavimento alle loro spalle.

“Hai mai pensato alla fisioterapia?” dice Harry, più un urlo che una domanda, ma per sovrastare il rumore non può essere altro.

Draco appoggia il bicchiere, prima che lo faccia cadere. “Fisio che?” risponde, osservando la superficie del bancone con una smorfia.

Harry scrolla le spalle, un movimento accennato. “È una cosa Babbana. Un modo per trattare questo genere di cose.”

Questo genere di cose, ovvero attacchi debilitanti che vengono dal nulla. Però non vengono dal nulla. Ma che ne vuole sapere Harry Potter? Draco alza gli occhi al cielo. “È questo il tuo prezioso consiglio? Nel bel mezzo di un club gay e con una pinta in mano?”

Le labbra di Harry fanno uno scatto strano, e le sue sopracciglia si alzano, come se stesse davvero considerando la situazione dal punto di vista di Draco. “Potresti provarci. Così. Se non funziona nient'altro.”

Draco neanche si preoccupa di pensare a una risposta. Sarebbe troppo complicato iniziare ora la corposa spiegazione, ma se non lo facesse, stuzzicherebbe troppo l'interesse del suo ascoltatore.

Ma Harry si alza in piedi e appoggia il bicchiere vuoto sul bancone, allontanando i capelli dagli occhi con una mossa del mento. “Basta...” inizia a dire, cercando di uscire dallo spazio tra le due sedie e sfiorando il fianco di Draco, “che tu lo prenda in considerazione. Conosco dei metodi per renderti le cose più facili.”

Draco non alza lo sguardo, e quando Potter non è più in vista la sua pinta diventa un piacere rilassante. Chi se ne frega di chi altri trova Harry attraente sotto le luci vorticose? Draco ha già dimenticato la sua esistenza.

Se non le sue parole.

Ma stanotte, Harry è di nuovo al club, stravaccato sotto le luci scintillanti del colore del mare e del sole con un altro uomo – alto e magro e bruno, con un orecchino d'oro o tre. E forse è questo che gli provoca l'attacco, o forse è il modo in cui la mano del suo partner di turno gli sta accarezzando la cavità del fianco sotto i pantaloni.

Ha al massimo due minuti prima di ritrovarsi a terra, prima che l'uomo bellissimo che lo sta baciando se ne accorga. Draco lo spinge via e scorre con aria indifferente lungo il muro. Le gambe già tremano.

“Che cazzo c'è?” dice l'uomo, più sorpreso che arrabbiato. Draco fa un sorrisetto.

“Stasera non mi va,” risponde, e stavolta l'uomo aggrotta la fronte, ma Draco è distratto dallo sguardo di Harry inaspettatamente fisso su di lui dall'altro lato della stanza, e poi lo vede sgusciare fuori dalle braccia del suo compagno molto attraente. Viene verso di lui, col colletto della camicia leggermente aperto.

“Ma certo che ti va,” riprende il tipo. “O almeno abbastanza da farmelo capire!” Con un gesto indica l'inguine di Draco, ma Draco non può fare altro che inarcare un sopracciglio in modo sprezzante e piegare la testa. Quest'attacco lo coglierà dritto nel petto, già lo sente.

“Perché no?” dice infine l'uomo di scatto, ma c'è Harry, circondato dall'odore di legno di sandalo e di sudore, che passa un braccio attorno alle spalle di Draco.

“Perché viene con me,” dice Harry seccamente, e poi se ne va insieme a Draco, che comincia a vedere lillà.

“Quanto tempo?” mormora Harry. Draco si morde la lingua prima di riuscire a rispondere.

“Me... mezzo minuto. Massimo.”

“Okay.” Come se avessero appena finito di scopare nella dark room, Harry lo manovra tra la folla, tra le persone che ballano e bevono, e infine escono attraverso la doppia porta del club. Draco sente le gambe irrigidirsi e si accascia contro il muro; sa di sembrare distrutto, ma al momento preoccuparsi del suo aspetto non è esattamente in cima alla lista di priorità. Harry lo conduce senza sforzo dietro un angolo e in un vicolo, si gira e lo stringe a sé, petto contro petto, e Smaterializza entrambi con un tremante pop.

Harry è caldo e fermo. I piedi di Draco atterrano in un posto silenzioso, poi inizia a tremare violentemente.

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Il posto si rivela essere l'appartamento di Harry, e il divano di Harry quello su cui Draco si sveglia il mattino seguente. Ma il proprietario non si vede da nessuna parte – non che Draco lo cerchi così approfonditamente – e Draco torna a casa non appena è abbastanza sveglio da Smaterializzarsi.

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Imbattersi di nuovo in Harry Potter diventa molto meno difficile, anche se Draco percepisce le ore che lo separano dal prossimo incontro come un peso schiacciante. Una parte di lui non vuole trovarlo. L'altra parte è così ansiosa di trovare sollievo che lo fa saltare fuori dal letto ogni mattina senza un piano, così che Draco non può fare altro che vagare nel suo appartamento e capire che non ha idea di come contattare Potter.

Alla fine lo trova a una partita di Quidditch, seduto in una tribuna, circondato da un gruppo di maghi fighi e urlanti che Draco non riconosce. Potter ha un Omniocolo attorno al collo e un sacchetto di strani dolciumi morbidi tra le ginocchia. Harry ne prende una manciata. In bocca fanno un rumore croccante e profumano di burro. Draco sente che l'attenzione dell'altro è su di lui, anche se Harry non lo sta guardando.

“Ci sono tecniche di respirazione,” dice Harry a un certo punto, come se fossero nel bel mezzo di una conversazione. “E una secondo cui devi chiudere gli occhi e ascoltare finché non senti suoni di cui non ti sei mai accorto prima.”

“Sono un mucchio di cazzate,” azzarda Draco, e non ha nulla a che fare con le 'tecniche' di Harry, ma con tutto lo spettro del mondo, e col posto di Harry in esso. Draco vuole chiarire le cose. Harry scrolla le spalle e si mette in bocca un'altra manciata dello strano snack.

Mastica.

“Hanno molto successo tra i maghi meno tradizionalisti,” risponde Harry.

Draco ha sentito parlare delle campagne del Ministro per promuovere una maggiore integrazione tra Nati Babbani e Maghi. Cose che passano dal mondo non–magico a quello magico. È un movimento nuovo con pochi seguaci, ma puzza come tutti gli altri piccoli movimenti che non si sono ancora ben stabilizzati. Prima o poi diventerà una corrente dominante; Draco, in qualche modo, già lo sa. Lo manda su tutte le furie; non hanno nessun problema con un po’ di non–magia, però ancora sogghignano e indietreggiano di fronte a un ex Mangiamorte in una banca affollata?

Draco aggrotta la fronte sopra la cacofonia del campo di Quidditch, curvando le spalle. Sa che riuscirà ad assistere alla partita senza incidenti; è raro che il suo corpo gli faccia attraversare due attacchi in un solo giorno, e ha già dato quella mattina. “Perché mi hai portato a casa tua, Potter?” chiede in tono secco, e Harry resta a lungo seduto e immobile.

Alla fine, “Mica lo so come è fatta casa tua.”

Draco sbuffa. Non fa una piega.

Potter mangia un’altra manciata di quel cibo strano. Draco vede che ha le mani unte, e l’olio è arrivato fino a oltre il polso.

“Allora, come funziona?” dice infine. “La respirazione. Perché io respiro tutti i giorni ma non cambia un cavolo di niente.”

Harry accenna un sorriso. La folla ruggisce, e Draco si guarda le mani, chiedendosi che cosa esattamente si aspetti di sentire.

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Nel corso dei due giorni seguenti, per Draco diventa chiaro che Potter trascorre davvero troppo tempo a far finta di essere Babbano e a parlare in quella sua scatoletta portatile. Anzi, inizia col parlare, ma poi finisce col ringhiare finché non trova una scusa buona per chiuderla. Qualsiasi scusa. Draco prova una certa soddisfazione nel vedere Potter respingere la ragazza Weasley così spesso, sebbene abbia difficoltà a interessarsene tanto quanto una volta.

Draco sta seduto, con le mani appoggiate a peso morto sulle ginocchia e la schiena contro un muretto freddo, cercando di far calmare il proprio corpo. È stata una brutta giornata, una di quelle in cui si sente sul filo del rasoio per tutta la mattina e tutto il pomeriggio, e poi l’attacco lo fa crollare a terra proprio all’inizio della serata. È come se avesse avuto attacchi tutto il giorno; Draco già pregusta quanto si sentirà indolenzito l’indomani.

All’inizio sente solo gli uccelli. Tanti, tantissimi uccelli. E cos’altro si aspettava Potter, dopo averlo trascinato in quel parco del cavolo con un laghetto in mezzo? C’è gente che chiacchiera e bambini che corrono in lungo e in largo. Non è certo un’atmosfera adatta a rilassarsi. Ma c’è un suono strano – quasi un ticchettio, come dei colpetti su una superficie di legno. Soprattutto alla sua destra ma anche a sinistra, a volte. Draco resiste alla prima tentazione – Però non aprire gli occhi, capito, Malfoy? Il punto è che devi ascoltare – e gira la testa lentamente in direzione del suono. Non ha idea di cosa stia ascoltando.

Ha già scoperto che nel laghetto ci sono delle onde piccolissime che leccano le sponde con spinte leggere. E l’erba ha un suono sciabordante che non avrebbe mai pensato di provare a sentire. Ma il ticchettio è nuovo. Discontinuo, senza alcuna regolarità.

Ma perché è venuto? Perché è venuto qui, con Harry Potter, il quale sembra avere tutta la pazienza del mondo e tutto l’apprezzamento per lo schioccare e l’ondeggiare dei rami degli alberi? Un’altra cosa che ha imparato ad ascoltare è il suono del respiro di Harry. A differenza del ticchettio, è regolare. Si potrebbe regolare un orologio Babbano prendendolo come modello.

Click. Click, click.

Sa che le persone lo stanno fissando. Forse non molte, ma alcune sì. La gente non può fare a meno di fissare ciò che si trova al di fuori della propria sfera di comprensione. Due uomini seduti in un parco, bagnandosi il sedere con la rugiada, apparentemente in meditazione, non possono non attirare l’attenzione. A Draco, però, non dispiace. È un sollievo essere fissato per qualcosa di diverso per una volta, invece che per cadere a terra sul pavimento o sul marciapiede, cercando di non creare scandalo e di non morire davanti a tutti. Non gliene può fregare di meno se la gente lo guarda perché sta praticando uno strano rituale di ascolto.

Nota, un po’ tardi per essere sorpreso, che anche il suo respiro è rallentato e va ora a tempo con quello di Potter. Non ricorda quando sia successo, sa solo che era troppo preso dallo strano ticchettio per provare consapevolmente a calmare il proprio corpo. Sembra che il suono abbia deciso di intervenire e farlo al posto suo. La conseguente euforia è accompagnata da stupore, ed è tanto improvvisa e completa che Draco non si fida. Così semplice. Come quando si prova a volare per la prima volta, prima di rendersi conto che è necessario un minimo di abilità. Il primo tentativo fortunato non è mai riprodotto in modo così fedele.

Però è una bella sensazione, sentire scivolare un po’ più lontano l’attacco che sa sta per arrivare. Per un po’ di tempo.

Click. Cli–

Il telefono di Potter si attiva con una musichetta irritante. Draco apre gli occhi e gli lancia uno sguardo truce, solo per dare fastidio a Harry, ma l’altro ha già portato l’aggeggio all’orecchio e sta aggrottando la fronte.

“No, Ginny, non posso parlare… Be’, se non te ne frega niente, perché – ok. Che vuoi?” Resta ad ascoltare per un lungo momento, durante il quale Draco lascia vagare lo sguardo verso i pochi altri visitatori del parco. Nessuno di loro se ne sta seduto col sedere per terra in mezzo all’erba. Nota una persona senza alcuna capacità di discrezione e lo guarda dritto negli occhi finché l’altro non arrossisce e distoglie lo sguardo.

“Sto bene. No, dico davvero, non c’è assolutamente bisogno che mi chiami per chiedermelo… Oh, per la grazia di Merlino, Gin. Sono sopravvissuto per ben tre anni all’estero senza che tu mi chiamassi per controllare che– che? Ti ho detto che va bene.” Harry ascolta per qualche altro secondo carico di tensione. Quando riprende a parlare, la voce è cambiata, forse solo in base al nuovo punto di vista uditivo di Draco, ma è certo che non si tratta più della semplice irritazione di prima. “Non ne voglio discutere con te. Non sono più affari tuoi– Ginny, non è più affar tuo da quando ci–”

I click risuonano cristallini nelle orecchie da poco allenate di Draco. Fissa la curva più vicina di un serpeggiante vialetto in pietra, dove un olmo si sta vestendo di gloriosi arancio–fuoco e rosso–tramonto. Un altro click; Draco si rende conto che sono le foglie che cadono quelle che sente, le punte irrigidite, imbrunite e arricciate che colpiscono il camminamento.

Sorride.

“Te l’ho già detto,” proclama la voce di Harry al cellulare. “Non sta a te dove scelgo di essere. Se decidessi di lanciarmi dal Tower Bridge per il mio bene, puoi stare certa che lo farò… Be’, io penso che non mi importa di quello che pensi tu. Hai delle serie difficoltà ad affrontare il fatto– sai una cosa? Basta. Finisco questa conversazione. Ti chiamo più tardi quando non sarai più così arrabbiata.”

Chiude la comunicazione e infila il telefono in tasca, digrignando rumorosamente i denti. Si passa una mano tra i capelli, e l’altra sull’erba, quasi come fosse un ripensamento, dove stringe le dita molto, molto forte. Non un pugno vero e proprio. Quasi un ricordo tremante di un pugno.

Draco osserva le dita tremolanti finché non si rilassano, poi alza lo sguardo.

“Potresti spegnerlo, quel dannato aggeggio.”

Harry stringe gli occhi. “Perché non hai gli occhi chiusi?”

Draco gli rivolge un sogghigno. Chiude gli occhi e ascolta Harry emettere un lungo sospiro purificatore. È stupefacente la velocità con cui il suo respiro ritorna al suo ritmo ipnotico. Draco sente un click. E un click–click. Espira.

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Non è tipo da saltare alle conclusioni impossibili, non più. Ma quella notte ha l’impressione che l’attacco prima di andare a letto, da solo nel suo appartamento, sia un po’ meno violento del solito.

Il mattino seguente, il corpo fa ancora male come al solito. Ma quel pensiero ribelle gli dà conforto.

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“Dovresti prenderti un gatto,” dice Harry, con la bocca piena di patate fritte. “Si dice che siano animali molto rassicuranti.”

Draco aggrotta le sopracciglia vedendo le dita di Harry esitare vicino alle sue patate fritte; con un gesto deciso allontana il contenitore e procede a versare aceto sul mucchio di patate finché la bocca di Harry non assume una smorfia di delusione. “Un gatto. Potter, non essere ridicolo. Non ho bisogno di un gatto. Un’altra creatura a cui provvedere?”

Harry scrolla le spalle e si rassegna a tirare la sedia indietro e alzarsi in piedi. “Non sono impegnativi. A meno che tu non sia riuscito a prenderti uno Kneazle.”

Draco borbotta un breve saluto e giocherella coi pezzi di pesce nel piatto mentre Harry va al bancone, facendosi strada tra alcuni avventori poco sobri, e ordina un’altra porzione di patate fritte. Un gatto sarebbe uno stress continuo, e non è una cosa su cui Draco è disposto a mercanteggiare, anche se col tempo potesse davvero finire col ‘rassicurarlo’. E poi, non è un tipo da gatti. Al momento è un tipo da Draco e basta. È l’unica cosa di cui riesce a occuparsi in questi giorni.

Ma Potter ha le sue teorie. E Draco è curioso di sapere dove le abbia apprese.

Harry non ha perso il suo tocco autoritario. Si destreggia, se non con finezza, almeno con disinvoltura, tra la folla che sgomita per cenare e bere birra; nel percorso dal bancone al loro tavolo vicino alla porta non perde neanche una patata. Non che, nei molti anni della loro conoscenza, Harry abbia sempre avuto quel tocco autoritario. Draco lo ricorda solo durante l’ultima battaglia, e prima e dopo non stava prestando molta attenzione. Solo Potter, e Voldemort, e poi la sua famiglia, abbandonata a se stessa. E quello lo aveva colto di sorpresa; si era aspettato di essere allontanato dalle braccia dei suoi genitori. Si era aspettato che sarebbero stati divisi per sempre.

Oh, le grazie ricevute da fonti inaspettate.

“Dove hai imparato tutta questa robaccia?” chiede Draco con tono stizzoso quando Harry si rimette a sedere. L’altro sbatte le ciglia una volta, da dietro gli occhiali, e si concentra sul versare sale sulle nuove patate.

“Ho degli amici,” dice in tono vago, ma alza subito lo sguardo, e in qualche modo Draco capisce che la vaghezza sta per finire. “Sono tecniche Babbane. Per lesioni gravi e depressione e roba così. Ai maghi non piacciono molto i trattamenti non magici.”

Draco solleva un sopracciglio, ed è contento di vedere un sorriso malcelato sul viso di Harry. Il suo ex compagno di scuola piega la testa di lato e si infila diverse patate in bocca. Mastica e ingoia. “Allora? Ti stanno aiutando o no?”

Stavolta Draco alza gli occhi al cielo. “Non hai mai sentito parlare di apprendimento empirico? È troppo presto per trarre conclusioni.”

“Be’, continua a trarre. E devi fare pratica. Alcuni di questi metodi, è difficile capire come funzionano. È una cosa molto mentale, capisci?”

Draco pensa che qualcuno, di mentale, abbia solo problemi, non tecniche riabilitative.

Ma di certo non lo dirà ad alta voce.

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Ce n’è uno che dice di fare dieci respiri profondi a occhi chiusi. E poi ce n’è un altro per cui bisogna immergere il viso in acqua calda appena prima di andare a letto e poi espirare. Quindici secondi. Quello sembra avere un certo effetto, in generale. Draco sente il cuore rallentare e il battito risuonargli con un ritmo regolare nelle orecchie, e in quelle notti i suoi sogni sembrano essere meno attivi. E poi, ovviamente, c’è l’esercizio di ascolto. Draco non è mai stato tanto consapevole dei minuscoli suoni del suo appartamento come lo è ora. Potrebbe giurare di avere qualche ratto nelle pareti del guardaroba, o qualche altra specie sgradita di grande roditore. O forse sono solo i suoi dannati vicini.

Ma è quando rimane un po’ a letto la mattina, in silenzio, che diventa completamente consapevole del proprio corpo, più che mai. Semplicemente standosene lì sdraiato, a studiare il soffitto e la luce proveniente da fuori. Gli ci vogliono quasi due settimane per accorgersene, ma si rende conto che nei giorni in cui gli viene un attacco a metà pomeriggio, ha un leggerissimo mal di testa appena dietro la fronte prima delle nove e mezza.

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L’appartamento di Harry è piuttosto diverso dal suo. Perlomeno è più grande, in qualche modo. C’è un piano superiore. Ma le stanze sono più piccole. Il salotto di Harry, ad esempio, sembra a malapena in grado di contenere il divano, sebbene lo stesso divano sia davvero comodo. Ci sono foto appese alle pareti, e non tutte si muovono, cosa tanto interessante da catturare l’attenzione di Draco. Non che non abbia mai visto una foto Babbana prima d’ora. Però alcune di queste foto Babbane sono di persone che sa essere dotate di poteri magici. Un’istantanea immobile della Weasley è appesa sulla parete vicino alla porta, e a meno che non ne possa più di muoversi, questa foto non è magica. Sta ridendo; una risata vera, non una di quelle finte solo per far accelerare la faccenda. Ce n’è un’altra lungo le scale, col profilo della Granger in una giornata ventosa con alle spalle un castello in rovina.

Ci sono anche persone che Draco non conosce, persone che potrebbero benissimo essere Babbane, persone con cappelli a tese larghe e grandi sorrisi, con le braccia abbronzate attorno alle spalle di Harry e occhiali da sole enormi e scuri. I sorrisi di Harry sono diversi da quelli a cui è abituato: sono rilassati e un po’ sghembi, scavano fossette nelle guance e mostrano i denti bianchi. Harry è spesso al sole, sotto palme e tettoie, a fianco di torri dall’aspetto esotico e giardini incontaminati. Quando Draco va di sopra per cercare il bagno, trova anche una foto di Harry a casa di qualcun altro: non sta guardando l’obiettivo, è solo disteso su un divano, con la testa all’indietro e i capelli in disordine. La foto è piena di luce calda e pomeridiana, che inonda il corpo di Harry e gli fa scintillare i capelli.

Draco resta a osservare la fotografia a lungo, poi torna di sotto.

Harry è di nuovo su un divano, come se fosse balzato fuori dalla foto che Draco si è lasciato alle spalle, e per un momento Draco deve sbattere le palpebre. È strano, quando Harry si raddrizza e si piega in avanti, per appoggiare le braccia sulle gambe piegate.

“Vuoi dell’acqua?” chiede.

“Tè,” risponde Draco rigidamente.

Harry annuisce. “Subito.” Si alza, e va in cucina. Draco ascolta per un secondo gli incantesimi mormorati e il tintinnio delle tazze, poi si siede sul bordo del divano.

“Allora,” la voce di Harry attraversa il corridoio, “stanno funzionando?”

Draco emette un debole sospiro. “Non lo so,” dice scandendo le parole, convinto che se lo avesse detto abbastanza lentamente e ripetutamente, prima o poi Harry Potter lo avrebbe capito. “Lo sai che hai un’impazienza ridicola riguardo a tutto questo? Chiudi la bocca e dammi il tempo di abituarmi a tutto.”

La testa di Harry spunta dalla soglia. Ha un sopracciglio sollevato. “Dai.”

Draco gli lancia uno sguardo truce, ma decide che un cambiamento di tattica è consigliabile, e forse anche giustificato. “Un po’. Forse.”

Il viso di Harry è passivo, difficile da interpretare. “Gli attacchi sono meno violenti? Oppure gli effetti stanno diminuendo d’intensità?”

Questo è davvero interessante. Quasi nessuno si premura di chiedere riguardo agli effetti collaterali, tranne i vari Guaritori al San Mungo. Loro sono curiosi, ovviamente. Ma le preoccupazioni di sua madre iniziano e finiscono con gli attacchi e basta. E Harry gli ha fatto la domanda da un milione di Galeoni.

Draco esita. “Gli effetti. Durano un po’ meno.” E poi, per frenare l’inevitabile soddisfazione di Harry, “Non c’è così tanta differenza, ok? Solo… un po’. Ed era da tanto tempo che non seguivo i sintomi così attentamente. Potrebbe essere un caso.”

Harry scrolla le spalle. “Potrebbe essere che stiano facendo effetto.” Scompare di nuovo in cucina. “Vuoi latte e zucchero? Ho l’Earl Grey e la camomilla, e ho un tè che sa un po’ di battistrada, ma c’è una comunità di gente fantastica nella Prefettura di Nara, convinta che–”

“Oh, per l’amor di Salazar, Potter,” dice Draco di scatto, alzandosi in piedi. “Chiudi la bocca e lascia fare a me.” Entra solennemente in cucina e trova Harry a qualche metro di distanza dal piano di lavoro che lo guarda con occhi pieni di aspettativa. Draco agita le mani finché Harry non gli fa posto, e poi si dedica unicamente a farsi una tazza di Earl Grey, e grazie tante, con un sacco di latte e zucchero. Sente Harry tornare in salotto, e solo a quel punto solleva il terzo sacchetto di foglie di tè dalla scatola. Draco lo avvicina al naso e lo annusa, esitante.

Sì. Sembra proprio gomma bruciata.

Sta rimettendo il coperchio sulla zuccheriera, quando sente un leggero brivido di magia lungo la spina dorsale. Draco si raddrizza e si gira verso la porta. “Sei stato tu, Potter?”

Harry si schiarisce la gola. “Le mie barriere. Senti, ti dispiace… C’è una dispensa dall’altro lato della cucina. Volevo riportarci lo zucchero. Quando hai finito, ovviamente.”

Draco alza gli occhi al cielo e prende la zuccheriera in mano. La porta della dispensa è socchiusa, e Draco la attraversa, entrando in una stanza minuscola, piena di piccole mensole piene di cracker e pasta, e succhi e scatole di qualcos’altro. Infila lo zucchero in uno spazio vuoto a forma di zuccheriera, ed è in quel momento che sente il secondo incantesimo. Sicuramente un incantesimo smorzante, o un qualche tipo di magia celante. Ma non è molto potente, oppure Harry è distratto. Draco si chiude silenziosamente la porta della dispensa alle spalle e attraversa la cucina. Con un gesto della bacchetta annulla la debole magia, e il silenzio viene subito riempito da voci.

“–tu a chiamare me. Se non mi volevi qui, non avresti dovuto farlo!”

Harry risponde, con un tono di voce molto, molto secco. “Sì, ti voglio qui. Ma sei arrivata in anticipo, e non ho avuto il tempo necessario per spiegare le cose.”

“Ma di cosa stai parlando?” La Lenticchietta, Draco ne è convinto. “Mi hai chiamato, e sono venuta.”

“Sì, ma quando pareva a te!” dice Harry bruscamente. Draco lo sente riacquistare velocemente il controllo con un respiro profondo. “Senti, non voglio litigare di nuovo.”

“Non sono stata io a iniziare, Harry,” dice la Lenticchietta con voce acida.

“E io di certo non volevo litigare di nuovo su quello! Per gli dèi, Ginny, perché non puoi accettare quello che è successo e basta?”

E la Lenticchietta esplode, così, in un attimo, e inizia una tirata incontrollata e furiosa. “Non sono stata io quella che ha preso e se n’è andata tutt’a un tratto, Harry! Avresti potuto dare un’altra possibilità alla nostra relazione!”

“Non. Ha. Senso,” dice Harry ringhiando. “Per l’ultima volta. Hai capito?”

“Harry… Sono passati diversi anni. E lo so che vuoi del tempo per te stesso. Per un po’. Ma non pensi che potresti sbagliarti riguardo… riguardo a tutto quello?” La sua voce era diventata carezzevole. “Prima non eri mai stato interessato a–”

“Adesso questo non c’entra niente, Gin! Non è questa la questione, e non ne voglio più parlare con te! Non oggi. Lui è la questione oggi. Ti ho chiesto di venire per avere il tuo aiuto, ricordi? Credi di poter mettere da parte i nostri litigi abbastanza a lungo da–”

“E cosa ti aspetti che faccia esattamente per aiutarlo? Neanche lo conosco! Non lo vedo da anni. E soprattutto non so neanche se mi interessa rivederlo.”

Draco aggrotta la fronte. Che cazzo, non è un imbecille; lo sa di chi stanno parlando. E neanche lui sa se gli interessa rivedere la Lenticchietta. Non si sente esattamente in forma, al momento – è dalla dannata guerra che non si sente in forma – e non gliene può fregare di meno delle tribolazioni di Potter né dei litigi tra innamorati. Draco non vuole essere ‘la questione’, né oggi né mai.

“Hai aiutato me. Gin? Ginny. Ascoltami.” La voce di Harry si abbassa, entra nel regno dei mormorii. Draco se lo immagina avvicinarsi a lei, e forse lei ha incrociato le braccia e sta cercando di mantenere qualunque vantaggio pensi di aver guadagnato. Ma non lo manterrà a lungo. C’è qualcosa nella voce di Harry.

“Ho bisogno che lo aiuti. Cerca tutte le ragioni di cui hai bisogno. Fallo per me se vuoi, o per i tuoi studi. Quello che vuoi. Però… ti prego di pensarci. Non posso farcela da solo, e di certo neanche lui.”

“Oh, per Merlino, Harry, che cos’è, il mese della filantropia? Delle storie strappalacrime? Lui non vorrà il mio aiuto, e poi non l’ha certo contratto da poco! È da mezzo decennio che ci combatte! Non credi che abbiano già esaurito tutte le loro opzioni ormai?”

“Ginny, se lo vedessi–”

“E perché dovrei? Adesso tutto gira di nuovo intorno a te, si è sempre parlato di te e di quello che vuoi tu. Non mi hai mai chiesto cosa volessi io, né allora né adesso!”

Harry sospira, ma il suono è di nuovo attutito. Draco aggrotta la fronte, si sporge in avanti, e poi capisce che il problema non è un incantesimo. Sono le sue orecchie. Le estremità del suo corpo hanno iniziato a formicolare.

Dèi. Deve trovare un posto per sedersi. O forse stendersi. Sta salendo, strisciando molto più velocemente della maggior parte degli altri. Draco si guarda intorno nella stanza, le due sedie vicino alla finestra, poi le mattonelle del pavimento. Ma – non può avere un attacco qui, farà rumore. Lo sentiranno.

Forse, se riuscisse a catturare l’attenzione di Harry–

“–male. Va bene? Per favore. Resta e guarda soltanto. Non hai idea di–”

“Harry, non sono una Guaritrice! Hai capito? Non sono una Guaritrice. Non sono una professionista, non sono un medico Babbano, e di certo non sono la tua Guaritrice o medico Babbano personale!”

“Ti chiedo solo di vedere! Tutto qua, Ginny! Guarda solo quello che gli succede, perché non hai idea di cosa significhi davvero quello che leggi nei giornali, te lo posso assicurare! Non ne hai la minima idea!”

Come un cristallo che si spacca in mille pezzi, Draco si rende conto a cosa Harry si stia riferendo esattamente. Di cosa stiano parlando. Cosa le stia chiedendo di guardare.

No!” Esce nel salone così in fretta che per poco non cade, ma lo sente arrivare, ancora più veloce perché la Lenticchietta è l’ultima persona al mondo che Draco vuole come testimone della sua debilitazione, e si lancia in avanti per mandarla via, fuori.

Ma è troppo tardi.

Tutto è color prugna, tanto scuro e opaco che Draco non sa cosa succederà adesso. Forse sta cadendo. Forse è in piedi. Forse si sta rompendo il naso sul pavimento in quest’istante, in quest’eternità, e sta coprendo di sangue le assi del pavimento di Harry

Che bastardo. Che completo bastardo–

È dentro un vuoto, un vuoto buio e profondo e schiacciante. Solo gli attacchi peggiori lo fanno finire lì. E non è mai sicuro che riuscirà a uscirne. Draco aspetta, sospeso, coi muscoli dolorosamente contratti. E aspetta.

Sono le ginocchia che sente prima di tutto, calde esplosioni di agonia. Lo stomaco gli si contorce, e minaccia di svuotarsi. Apre gli occhi – si aprono con uno scatto involontario – e vede un mondo offuscato pieno di colori confusi e sagome in movimento. È terrificante; non ha alcun controllo. Ma stavolta è troppo esausto per avere paura. Chiunque sia ancora lì, chiunque non sia scappato vedendo lo spettacolo, ci sarà ancora qualsiasi cosa accada.

Alla fine i colori si fondono abbastanza. Draco vede occhiali scintillanti circondati da peluria nera. Stranamente, è un sollievo ricordarsi a chi appartengono. Ma dietro le spalle di Harry vede muoversi del rosso, e lo stomaco di Draco si sente di nuovo male. Vorrebbe che gli occhi si offuschino di nuovo e vedano tutto nero, lo vorrebbe più di qualsiasi altra cosa, così non dovrebbe pensare, non dovrebbe fare. Potrebbe semplicemente rimanere lì disteso. Lasciare che Potter lo porti al San Mungo. Anche se lì non hanno nulla che lo possa aiutare.

Però, i suoi occhi insistono nel tornare a funzionare, invece di esaudire i suoi desideri. Draco riesce finalmente a vedere i dettagli degli occhi di Harry, verde torbido e pupille dilatate. Sta allargando le narici ed è sopra Draco, concentrato totalmente su di lui. Dietro le sue spalle, la Weasley lo fissa in silenzio. E stavolta c’è qualcosa sul suo viso che non c’era prima che il mondo diventasse viola. Draco non ci pensa, finché si rende conto che per una volta non c’è traccia di sospetto nei suoi occhi larghi e tristi.

“Per gli dèi,” mormora. La sua gola si muove a scatti. “Non avevo idea che fosse così… violento.”

Forse l’umore di Draco non peggiora perché non ha l’energia di lanciare sferzate maligne con la lingua. Non significa poi molto; la Lenticchietta resta dove sta. Che non è il posto dov’era originariamente. Ma Harry è quello più vicino, quello che ha preso Draco durante la caduta e l’ha steso tra le braccia accoglienti del divano.

“Io lo sapevo,” dice Harry a bassa voce, ma il suono scuote comunque le orecchie gonfie di Draco. La mano di Harry si contrae sui cuscini del divano. “Gin, sei una Guaritrice.”

“Ancora tirocinante,” si affretta a correggerlo, ma Harry continua.

“Potresti vedere. Le biblioteche, o le riviste. I tuoi colleghi Babbani.”

Draco si chiede se la Weasley stia lottando contro l’antico impulso di voltare le spalle a qualsiasi cosa sia collegata a lui. È normale. La capirebbe benissimo. Lo fissa con uno sguardo piuttosto diretto. I suoi occhi sembrano due mari di Calipso agitati.

“Gin.” Stavolta la voce di Harry è dolce, diversa da prima in un modo completamente nuovo. Un modo disperato. “Hai aiutato me.”

Lei lo fissa e la sua gola fatica per ingoiare. “Vedrò cosa riesco a trovare,” promette. E sembra davvero… una promessa.

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Non appena la porta si chiude con un click alle spalle della Weasley, Draco si alza a fatica dal divano e dà a Harry la spinta più forte che riesce a dare. È più forte di quanto avesse creduto. Harry barcolla, ma dallo sguardo non sembra essere sorpreso.

“Stronzo,” dice Draco ansimando. “L’hai detto a quella lì. Gliel’hai fatto vedere!”

“Mi dispiace,” risponde Harry a bassa voce. “Ma lei può aiutarti. Dopo la guerra, ero… Lei è una Guaritrice. Mi ha aiutato con la fisioterapia.”

“Non mi importa,” dice Draco duramente, anche se il mistero gli sta già stuzzicando la mente: Harry Potter, fisioterapia? Ma la speranza continua a brillare, nonostante le Lenticchiette e le umiliazioni e i tradimenti.

“Lei sa parecchie cose, Draco,” è la debole risposta di Harry. “Può aiutarti.”

Il problema, che Potter lo voglia ammettere o no, è se vorrà aiutarlo.

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La Weasley gli manda davvero qualcosa. O forse lo manda prima a Harry, ma Draco non trova nessuna prova che dimostri che siano stati cambiati i gufi o le lettere. È passata quasi una settimana dal suo arrivo inopportuno a casa di Harry, e la busta è modesta, con il suo nome scritto a chiare lettere sul davanti. Dentro non c’è molto.

Qualche rimedio/metodo preventivo Babbano. –GW

La lista è breve. Tenersi alla larga dall’alcol sembra attraversare il confine della magia tra i trattamenti per gli attacchi. Ci sono consigli di comune buon senso, come dormire abbastanza e bere molti liquidi. Ma ci sono altre cose strane di cui Draco non ha mai sentito parlare, come restare seduti al buio di mattino e di sera, evitare di leggere caratteri molto piccoli, e fare caso a strani odori prima o dopo gli attacchi.

La Weasley consiglia anche di annotare quando e dove avvengono gli attacchi, e dare loro una valutazione usando una specie di unità di misura.

Draco alza gli occhi al cielo; sono troppe le cose da assorbire, troppe da assimilare in così breve tempo, per la sua mente stanca. E poi non aveva avuto molti risultati la prima volta che l’aveva fatto, per il San Mungo. Ma decide di provare la tecnica del buio.

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A volte si chiede chi abbia scattato la foto di Harry su quel divano illuminato dalla luce pomeridiana. Il ricordo di quell’immagine rimane con lui, mentre dimentica decine di altre immagini; Draco vede ancora la curva delle braccia di Harry abbandonate lungo i fianchi, le pieghe e le ombre della maglietta sull’addome. Gli occhiali stretti in un palmo non completamente chiuso, con una stanghetta piegata, e la luce riflessa sulle lenti. È una foto sonnolenta, piena di sonno e fatta inaspettatamente. Chissà se è stata la Lenticchietta a scattare la foto? Sembra avere il tocco di un amante.

Forse Harry sta seduto sul divano di quell’amante.

Ma certo che glielo chiede. Non ci sono molte altre opzioni che vadano d’accordo con l’atteggiamento schietto di Draco.

E Harry solleva la testa e lo guarda dritto negli occhi. “Per qualche mese sono stato con un fotografo. È stato lui a scattare le foto.”

“Un fotografo Babbano?”

Harry fa di sì con la testa. Sta fissando Draco, con gli occhi stretti e la bocca serrata, quasi sfidandolo a continuare.

Draco non risponde alla provocazione. Crede che perderebbe la battaglia.

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“Pensi che sia il club a causarle?”

Draco, che aveva la testa tra le mani, la solleva e fissa Harry con occhi pigri. “Che?”

Harry aggrotta la fronte. È una cosa familiare. È lo stesso sguardo che anche Draco aveva prima di capire che la sua condizione non si poteva curare con ricerche e agitazione. “La discoteca. Le luci sono piuttosto epilettiche anche per quelli come me che non tendono ad avere crisi.”

Draco lo sa che le parole volevano far ridere. Ma adesso non gli importa. È tutto il giorno che non gli importa. Gli fa male la testa e sa cosa lo aspetta ora che il sole ha cominciato a tramontare. Forse succederà tra un’ora, forse tra quattro ore. È vagamente disturbato dal fatto che non gli interessa se accadrà prima o dopo che Harry se ne vada. In questi giorni per lui non fa differenza, e si sa che Harry proprio non sa togliersi dalle palle quando Draco inizia a contorcersi sul pavimento.

“Non è quello,” borbotta Draco, rimettendosi la testa tra le mani. Forse, se lo fa bene, può far uscire la crisi dalla testa con una bella grattata. E forse Potter potrebbe restare in silenzio una buona volta invece di cercare la causa dei dannati attacchi. Gliela potrebbe dire Draco, se solo la smettesse di essere così poco realistico. La causa aveva occhi di serpente e, si dà il caso, è molto, molto morta. Non che Harry non lo sappia.

“Potrebbero essere un fattore, Draco. Non–”

“Se fossero un fattore,” lo interrompe Draco, “allora non credi che mi prenderebbe una crisi due secondi dopo aver messo piede oltre la porta?”

Harry si appoggia allo schienale delle sedia e prende un sorso dal bicchiere d’acqua. La sua gola si muove diverse volte. Draco distoglie lo sguardo, è troppo irritato per mettersi ad analizzare qualsiasi cosa.

“E allora il diario? Potresti provare ad annotare quello che mangi. Alcuni alimenti possono provocare le crisi.”

Draco riesce appena a trattenere il ringhio. “Lo so, Potter. Lo vuoi capire che ho già provato alcune cose? Il San Mungo è pieno di sciocchi incompetenti, è vero, ma non sono totalmente inutili.”

Il volto di Harry si contrae leggermente. “Non sono incompetenti,” mormora, e torna a bere l’acqua. Draco ha iniziato a notare che Harry lo fa quando è nervoso o scosso. Ma adesso è difficile riuscire a interessarsene; preferirebbe che Harry se ne andasse finalmente a casa. Se è lui, Draco, la parte più stressante dell’equazione, allora Harry risolverebbe i problemi di tutti andandosene.

“Va bene,” ci riprova Harry. “Che cosa hai notato? Cos’è che scatena le crisi?”

Draco potrebbe raccontargli il fatto che non riesce ad avere un orgasmo senza farsi prendere da convulsioni del tipo sbagliato. Potrebbe riferirgli quante persone sono arrivate nel suo letto ma poi se ne sono andate prima della fine della serata. Prima della fine di qualsiasi cosa. Ma cazzo, non vuole dirglielo, per amor di Merlino. È come una cappa vecchia e lercia avvolta intorno al suo corpo, troppo spessa e pesante da scrollarsi di dosso. E non è neanche la sera giusta per provarci, Draco ne è sicuro.

“Non lo so,” dice infine Draco, portato all’esasperazione. Ha i muscoli tanto rigidi da fargli male, e sente anche il dolore dalla mascella serrata. Per la miseria, basterà quest’interrogatorio a fargli venire l’attacco stasera, e poi, finalmente, sarà passato, almeno. “Per gli dèi, ma che ti importa? Lascia stare.”

Harry resta un momento in silenzio. Poi si muove, avvicina una mano sul tavolo, come se volesse raggiungere Draco in qualche modo. “Lo so che non è per niente bello. Stai andando bene, però. È solo… tutto il processo, e poi supererai anche questa parte, Draco.”

Draco solleva la testa, fissandolo incredulo, un breve momento di vuoto emozionale nel petto, e trova gli occhi sinceri di Harry sul suo viso.

“Non ho bisogno della tua compassione, Potter!” sibila, non ancora furioso, ma la rabbia sta salendo così in fretta che ci arriverà nel giro di pochi secondi. O di poche parole.

Lo sguardo corrucciato di Harry è rapido e deluso. Si sporge sul tavolo, allunga una mano col palmo verso il basso. “Non è compassione, la mia, Malfoy,” dice con voce irritata. “È empatia.”

“Come cazzo potresti provare empatia per me?” Draco scoppia a ridere, una risata stridente, che ferisce, e vuole ferire perché non c’è stata ferita che abbia ricevuto che non sia stata profonda. E adesso è arrivato Harry ad aprirle tutte e a buttarci sale sopra con le sue stupide nozioni altruistiche. “Non sai nulla di quello che sto passando!”

La faccia di Harry sbianca. Le sue labbra si storcono tanto che Draco capisce di aver superato un qualche confine. Harry si alza di scatto, strattonando le maniche con mani tremanti finché non sono ben sopra i gomiti. “Sì, lo so.” La voce è dura, come pietra, ma tremante. Dalla rabbia, forse. O dal dolore, sebbene i suoi occhi attraversino la compassione e arrivino a qualcosa di molto più determinato. Si fruga le tasche per prendere la bacchetta e, per qualche ragione, Draco non cerca di prendere la sua finché Harry non ha già agitato il suo bastoncino a mezz’aria.

Una volta davanti a sé verso il basso, una volta verso l’alto. Due colpi secchi.

Le mani di Harry iniziano subito a tremare. È impressionante: la mano sinistra freme come una foglia agitata dal vento, ma la destra trema come se i muscoli si fossero arresi. Come se fosse il mondo stesso a scuoterla. Draco sente la sua bocca aprirsi, ma sta già assistendo all’indebolimento del corpo di Harry. Le spalle si abbassano; il suo lato sinistro si affloscia appena, e finalmente Draco capisce il senso grottesco della spettrale andatura zoppicante che aveva visto settimane prima.

Draco si alza dalla sedia, la sua stanchezza svanisce vedendo tutte le cose finora nascoste. Harry resta lì in piedi, con le mani tremolanti e le dita strette intorno alla bacchetta, e appassisce come un fiore morente. I suoi respiri stanno diventando più marcati, eppure non fa altro che fissare Draco, lo fissa… e basta.

“Basta,” sussurra Draco. Viene fuori in modo disperato, quasi silenzioso. Harry sbatte le palpebre una, due volte, poi agita la bacchetta con un gesto deciso lungo il torso e sopra la testa. Sussurra due parole quasi mute. L’incantesimo ricade sulle spalle, argento scintillante, poi svanisce. Le scosse gocciolano via dalle braccia come se fossero acqua. Harry si raddrizza, poi fa un passo in avanti e crolla sulla sedia da cui si era alzato poco prima.

Il silenzio della stanza preme contro le orecchie di Draco. Riesce a sentire i respiri di Harry, ancora affrettati e deboli. Irregolari. Gli scombussola qualcosa nel petto; si è abituato alla regolarità, alla forza delle inspirazioni ed espirazioni di Harry, senza neanche accorgersene. Attraversa un momento di disagio estremo: non ha idea di cosa sia accaduto.

Draco si rimette lentamente a sedere, cercando di ricomporsi. Harry non lo guarda. I suoi occhi, pesanti e noncuranti, sono rivolti alla superficie del tavolo, ma è uno sguardo che Draco conosce: sta riacquistando le forze, sta lottando contro un punto debole sotto una facciata di normalità. Harry sbatte più volte un dito sul tavolo.

“Cos’era?” mormora Draco, osservando Harry.

Harry si muove. Le spalle, di nuovo forti, si alzano e si abbassano, una scrollata disinvolta. Ruota leggermente la testa sulle spalle. “Effetti collaterali.”

“Di cosa?” dice Draco, ma crede di sapere. Forse non esattamente, ma non ha bisogno di essere preciso. Era una guerra. C’era sofferenza dappertutto, e non sempre è finita dopo la matura dipartita di Voldemort.

“Sono morto,” dice Harry semplicemente. Gli occhi verdi si alzano e incontrano il suo sguardo. “Voldemort mi ha ucciso.”

“Io…” Draco sa tutto questo. Ha ascoltato i racconti, e sa degli Horcrux. Sa della cicatrice di Harry, ma non da Harry. Sa cosa ha visto sua madre quella notte nel bosco, e sa che il colpo accusato dalla parte della Luce è stato viscerale, e molto reale, se non permanente. Sa che giravano magie strane a Hogwarts, quella notte. Ma non è mai venuto a sapere di dirette conseguenze fisiche finora.

“Non sanno bene cosa fare alle persone che sono morte e poi tornate,” dice Harry a bassa voce. “I maghi. Non capita spesso.”

Draco lo fissa, perché lo sa tutto questo. Sa tutto dei fallimenti della medicina magica.

“I Babbani hanno un approccio diverso. Hanno… Be’, le persone muoiono. E le riportano in vita. E poi le riabilitano.” Harry si passa una mano, ora normale, sulla fronte. “È una cosa a cui i maghi non sono abituati. La magia dovrebbe curare tutto.”

“Queste tecniche le hai usate tu stesso,” sussurra Draco, e sa che Harry non ha dato alcun suggerimento a riguardo, ma gli sembra abbastanza chiaro. Tutti quegli esercizi di ascolto all’esterno, così difficili da padroneggiare. I respiri profondi, che prende per scontati. Le tabelle e le note sui pasti e tutto il resto.

Harry scrolla le spalle. “Uso un incantesimo. Lo lancio tutte la mattine. Svanisce non appena mi sveglio il giorno dopo, e nessuno sa niente. I metodi Babbani sono per le altre cose che la magia non può curare. Solo coprire.”

Draco stringe le labbra. È scoraggiante, anche se non ci sono incantesimi per coprire quello che accade con le sue crisi, anche se non c’è metodo magico per nascondere il suo male. L’idea di usare lo stesso incantesimo ogni giorno della vita solo per apparire normale, per evitare che le altre persone lo fissino e gli facciano domande e ficchino il naso – a Draco lo fissano solo una volta al giorno. Senza l’incantesimo, Harry sarebbe osservato ogni secondo di ogni minuto di ogni ora, finché non si fosse definitivamente rinchiuso in casa.

“La Weasley lo sa?” chiede invece, sentendo il vuoto che circonda le parole e il peso di tutto quello che non ha detto.

Harry annuisce. “È stata lei ad aiutarmi. Non con l’incantesimo, ma con tutto il resto. Capisci, no? Non posso portarlo sempre. Lo… sento.” Fa un gesto vago, e Draco si immagina un ronzio costante, o forse un formicolio. Un mantello di magia, che ricorda sempre della sua esistenza.

“Lei conosce la medicina Babbana.”

“Fa parte del movimento a favore dei rapporti tra maghi e Babbani.” Harry sospira e si appoggia allo schienale. “Shacklebolt voleva essere certo che Voldemort fosse completamente rimosso dal sistema. Il Ministero ha agito in questa direzione. Ha teso una mano ai Babbani in segno di amicizia, ha promosso scambi di conoscenze. La parte riguardante la medicina è un enorme passo avanti, malgrado quello che pensano le persone ignoranti.”

Draco osserva Harry. “È successo in fretta?”

“In modo graduale,” dice Harry. “Neanche sapevo che avesse a che fare con– Be’. All’inizio credevo che fossero solo fitte. Poi una malattia. Finché al San Mungo non hanno finalmente capito che era collegato col fatto di essere tornato dai morti.”

Un’anima che cercava disperatamente di riconnettersi col suo corpo esausto, un corpo che era, a tutti gli effetti, deceduto. La fina era decisa, poi era stata strattonata di nuovo indietro da quella fine, di nuovo verso l’inizio, o il più vicino possibile all’inizio. Il corpo di Harry deve aver lottato. E alla fine aveva ceduto ed era caduto.

Draco si chiede a chi Harry l’abbia raccontato. Chi sa e chi invece crede che Harry sia un ragazzo normale come tanti, un salvatore che supera qualsiasi cosa gli accada e continua a camminare.

“Non è semplice conviverci. Sono convinto che un sacco di persone mi abbiano creduto in punto di morte per diversi mesi.” Harry si porta una mano alla fronte e sfrega debolmente. “Quindi lo so cosa stai passando. Almeno un po’. E una volta ho perso una persona cara a causa di tutto questo.”

“Era il tuo fotografo?” chiede Draco a bassa voce.

Le labbra di Harry si torcono e formano un sorriso leggero e amaro. “No,” risponde. “Non era lui.”

Draco esita, poi annuisce. “Era Ginny Weasley?”

Gli occhi di Harry si aprono e per un istante il suo corpo resta immobile. Sospira debolmente. “Va bene. Allora ne ho perse due. Per vie traverse.”

Per qualche ragione, Draco dubita che Ginny Weasley sia fuggita dai tremori. Le vie traverse hanno talmente tante curve e svolte inaspettate.

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Uno o due giorni più tardi arriva un’altra lettera della Weasley, e dice che studi recenti non consigliano l’uso dei trattamenti Babbani per le crisi indotte magicamente. Troppi rischi… troppi cattivi risultati durante i test. Draco decide di chiamare le cure ‘magia Babbana’, solo per farsi qualche risata nei momenti in cui si sente particolarmente irritato. È ovvio che non avrebbero reagito bene alla magia del maghi. Sono secoli che i Babbani non reagiscono bene ai maghi.

Anche se si potrebbe dire benissimo l’opposto.

Weasley, però, gli consiglia alcune diete, e di evitare alimenti preparati con la magia cinque giorni su sette. Subito dopo Harry gli manda una tintura di erbe via Gufo, e Draco ha la sensazione che la Weasley sapesse che non l’avrebbe mai presa direttamente da lei. Ovviamente, ha ragione.

Usa la tintura nel tè, la sera. Rende il sapore un po’ aspro, e la sensazione gli resta sulla lingua per tutta la notte fino al mattino, al risveglio. È abbastanza sicuro di non stare solo immaginando quando i mal di testa si indeboliscono durante la settimana. Anche le crisi vanno e vengono con un po’ meno pompa e cerimonia.

Appena un po’ meno.

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Qualche notte abbassa le barriere della casa a livelli meno severi, per essere sicuro che sua madre non impazzisca dalla preoccupazione. Molto spesso, la mano calda della madre nella sua, nel cuore della notte, mentre si riprende dal caos tremante, ansimante e traballante, gli dà conforto.

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Harry bussa alla porta con un sacchetto pieno di pane e una specie di sugo per pasta preriscaldato. “Non è niente,” dice. “L’ho fatto io. Be’, l’ho riscaldato, a dire il vero. Meglio così, probabilmente.”

Draco apre il contenitore con gli spaghetti ancora fumanti e annuisce. “Grazie.”

Harry scrolla le spalle. “Te l’ho detto, non è niente.” Si tira su i guanti, oltre i polsi. “Okay. Buon appetito, allora.”

C’è parecchia pasta. La bocca di Draco rimane chiusa finché Harry non è quasi arrivato nel corridoio d’ingresso. Poi– “Puoi restare. Ne hai fatta talmente tanta.”

Harry fa capolino da dietro l’angolo, con le mani già occupate a tirare su il colletto del cappotto. “Okay,” dice in un tono incerto.

Draco si gira a prendere dei piatti.

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La pioggia sbatte sulle finestre e forma rivoletti spessi che scendono lungo il vetro. Draco mescola il tè, osserva la tintura unirsi al liquido e pensa ai calzini pesanti nella cassettiera della camera da letto. Forse una coperta. Se ascolta molto attentamente, riesce anche a sentire la pioggia cadere sul marciapiede di fuori. È diventato molto più semplice distinguere gli strati di suono.

“Esercizio, esercizio, esercizio,” mormora Draco, prendendo cautamente un sorso e uscendo a piedi nudi dalla cucina. Ancora troppo caldo per bere. Decide di andare a prendere quella coperta, e poi forse tornare giù, accendere un fuoco con un incantesimo e stare per un po’ a sedere. Probabilmente ci sono anche strati di vista, oltre che di suono. Le fiamme sembrano essere il luogo perfetto per–

Lo coglie completamente alla sprovvista.

Draco fa cadere la tazza, ma non la sente colpire il pavimento. La sua mente è già piena di spuntoni, punti aguzzi dappertutto, lo pugnalano, lo tagliano e – e–

E–

Lo–

Vuoto. Profondo… vuoto. Dolore. Basso. Aria in– in– inspira –acuto oh oh fa male bianco lilla bianco lilla scuro espira–

Brutte forme. Dimensioni e colore e cambiamento, oh. Non c’è controllo. Si muovono e cambiano per conto loro. Fa male guardare, gli occhi gli fanno male. A quanto pare ha degli occhi. Non riesce a respirare. Non sa se dovrebbe respirare.

E poi respira, ed è assolutamente certo che è una necessità. Il petto si espande – sente qualcuno inspirare, riempire il vuoto con aria fresca. Ingoia, prova a ragionare nell’oscurità, ha un sapore strano sulla lingua, come se avesse bevuto qualcosa di amaro, o come se si fosse morso il labbro.

All’improvviso le forme si immobilizzano… e svaniscono. Lentamente, Draco ricorda il proprio nome. Prova a dirlo, a impiantarlo disperatamente lì dove dovrebbe essere, ma non riesce a far funzionare la lingua. Le palpebre sembrano sigillate, o sc… schiacciate dalla pietra.

Qualsiasi tipo di agitazione è troppo difficile da controllare.

Per prima cosa sente la pioggia, un mormorio basso di rumore attutito nelle orecchie. Draco gira la testa, la ruota, e scopre di essere appoggiato su qualcosa. Non capisce cosa sia; non riesce neanche a capire se sia morbido o duro. La lingua gli sembra gonfia, come se gli riempisse tutta la bocca, e formicola come se il muscolo si fosse addormentato. Gli fa male la mano, la mascella, e a poco a poco giunge alla conclusione che sta serrando entrambe, ma non riesce a capire come fare a fermarsi.

Respiri profondi. Ascolta.

Sente un respiro.

Ora in bocca sente il sapore del sangue, intenso e metallico, come ferro che gli ricopre la lingua. Prova a parlare e sente uno strano lamento. Le orecchie risuonano. Lungo un lato della gamba sente umidità. Dovrebbe essere… sul pavimento. Con–

Tè versato…

C’è qualcun altro nella stanza, e respira.

Draco si contorce, ma il suo corpo non lo segue. Ricade pesantemente su qualsiasi superficie si trovi. Costringe la sua bocca ad aprirsi. “…Chi…?”

Sente un fruscio. Qualcosa gli tocca il braccio e si allontana subito dopo. “Draco, non ti muovere.”

Il viso di Harry guizza nel campo visivo offuscato di Draco e scompare di nuovo. Harry è in casa sua. Forse. Non ne è sicuro. Non è neanche sicuro di dove si trovi lui stesso in quel momento. Le dita, ancora contratte, affondano nella superficie sottostante. Draco flette la mano più che può; è rigida, come se intrappolata nella melassa secca. Tessuto. Morbido. Ha un odore familiare, un posto che conosce intimamente. Eppure, non riesce a vedere.

Vuole chiedere dove si trovi. Cosa sia successo alla tazza e al tè versato. Ha paura di cosa potrebbe succedere se riuscisse a fare la domanda e non ricevesse alcuna risposta. Forse non c’è nessuno tranne lui.

La pioggia continua a tamburellare pesantemente.

Finalmente i suoi occhi gli obbediscono e si aprono. La stanza è un miscuglio di blu e nero, ombre e pareti coi riflessi della pioggia. Le pareti sembrano strisciare, vive. Draco gira la testa dall’altra parte. C’è una forma più scura sotto il rigonfiamento della sua vista confusa. La mia camera, pensa all’improvviso. La sedia dovrebbe essere lì, quindi…

Un cuscino, ecco cosa c’è sotto la testa. È abbastanza sicuro. “A letto?” chiede, con la lingua completamente fuori controllo. Le parole non sembrano parole. Come sono arrivato f–fino a qui–uuui…?

Harry si alza dalla sedia, sfocato e perso nella nebbia, si inginocchia sul pavimento e si avvicina al letto a quattro zampe. “Sì,” dice piano.

“Llla tazza,” dice Draco a fatica, solo una parte di quanto sta cercando di dire, ma comunque una domanda necessaria.

La voce di Harry sembra provenire da sotto un mucchio di neve. Le parole fluttuano dentro e fuori. “…fatta cadere… casino sul… cucina… a posto ora.”

Dovrebbe dormire. O forse Harry gli sta dicendo che dovrebbe dormire, ed è la verità, qualsiasi cosa sia. Forse Harry non è neanche lì. Draco rilassa la mascella e sente svanire la pressione in testa. Ora riesce a vedere più chiaramente; Harry indossa dei pantaloni grigi, come di felpa, e una maglia larga e ampia. Draco lo fissa, senza energia, notando i capelli ribelli e gli occhiali familiari. Le finestre alle spalle di Harry sono scure come la tempesta fuori. La pioggia si muove e forma spirali lungo il vetro.

Draco si sente molto solo.

Che ci fa Potter lì? La domanda giunge in ritardo, ma giusto in tempo per il cervello confuso di Draco. Si ricorda delle barriere, e degli incantesimi per tenere fuori sua madre. A rigor di logica, non dovrebbe esserci nessuno tranne lui. È il suo appartamento. No?

“Perché?” prova.

Non capisce la risposta. Le orecchie la trasformano in suoni senza senso. Sente rumori storpiati, gutturali, come se dovessero essere parole. Sembrano versi di animali, o tuoni. Probabilmente sono tuoni. Draco vorrebbe poter scuotere la testa, schiarire le orecchie dalla foschia, ma solo l’idea gli fa venire male allo stomaco.

Harry è di nuovo seduto, con le mani appoggiate sui braccioli e le ginocchia piegate davanti a sé. Una posa da re. Draco muove la gola, finché non riesce a ingoiare. Nella bocca ha ancora un sapore strano, e la stanza ha lo stesso odore del tè che stava bevendo. Sa che dovrebbe stare nel salotto, sul pavimento, illuminato dalla luce della lampada, ma invece è a letto. Di sicuro Harry l’ha portato lì. Di sicuro non sta avendo un’allucinazione…?

Non è sicuro di stare parlando davvero ad alta voce.

Sbatte le palpebre, e all’improvviso Harry è in ginocchio di fianco a lui, come se non si fosse mai mosso. Il cuore di Draco batte all’impazzata, poi rallenta di nuovo. Una cosa calda gli tocca la mano. “Draco, stai bene? Chiamo il San Mungo?”

Perché dovrebbe aiutarti? sibila il suo cervello, come un serpente che è riuscito a strisciare dentro, ora che i cancelli sono rimasti spalancati. Il malessere cambia in modo decisivo, e tutto il resto prende piede, un’ondata fangosa che gli avvolge le caviglie e sale su. Gli attacchi peggiori abbassano sempre le barriere. Non riesce a combattere contro quello che lasciano entrare. Non ne ha la forza.

Non è sicuro che Harry sia davvero lì.

“N… no,” dice a fatica. Sembra che la mascella non voglia proprio funzionare a modo. Che voglia rinchiudere le parole per tenerlo lontano dal soccorso. Lontano da Harry. “Succede. A vvvvvolte.”

Harry annuisce. Gli stringe la mano. Draco allunga lentamente il collo, cercando di vedere l’unione delle loro mani, e alla fine ci riesce. È strano vedere la mano di Harry intorno alle sue dita pallide. Ora non riesce a muoverle, mentre cinque secondi fa si contraevano e rilassavano senza la sua volontà. Draco maledice il suo corpo, urla dentro la testa, ma nella stanza c’è solo il rumore di due persone che respirano. Vuole spiegare che questa non è la norma, che sono almeno due mesi che non aveva una crisi che lo lasciava in questo stato. Che tra un’ora o due starà bene. Ma non può spiegarlo.

C’è un motivo se sei così, dice Harry, eppure la bocca di Harry non si muove, ma è la sua voce, Draco ne è sicuro. O forse… Forse è la sua stessa voce. Forse è la voce di Voldemort, dall’altro lato del muro di ghiaccio che separa quelli che sono vivi e quelli che sono morti.

Ricorda il fuoco, un castello in fiamme. Ha ucciso. O no? Non era la sua bacchetta, ma avrebbe potuto benissimo esserlo. Se non fosse stato per lui, alcune persone avrebbero potuto essere incolumi. Vive. Sane.

Se lo merita, qualsiasi cosa gli sia successa. Non è abbastanza per tutto il dolore che ha causato.

“Me l… Me lo merito. Questo.” È una lotta dirlo, ma gli sembra di non essere lui a parlare. Le dita di Harry lo pungono come artigli; Draco prova disperatamente a liberarsi la mano con uno strattone, ma la pelle di Harry è di nuovo morbida, le dita normali, e lo stringono, gli tengono la mano ferma.

“Non è vero.” La voce di Harry spira intorno a lui, va e viene. Draco si sforza di sentire le parole che seguono, ma la bocca di Harry si muove e lui non sente niente. Harry gli tocca la fronte e Draco lo sente a malapena.

Ha ucciso Silente. Praticamente l’ha fatto lui. Ha derubato il mondo magico del suo più forte protettore, nel bel mezzo dell’ascesa di Voldemort al potere. Per gli dèi, lui ha…

“Quanto mi odi?” dice in modo confuso, fissando ottusamente Harry, il protetto di Silente.

La pioggia risuona nella stanza, un ticchettio scrosciante lungo la finestra. Riempie la stanza di suoni, eppure nella camera regna un silenzio mortale. Brutto.

“Non ti odio,” sussurra Harry.

Draco rivolge il viso verso l’alto, poi inizia a scuotere la testa, da un lato all’altro. Gli occhi bruciano, l’umidità crea una distorsione che si frappone tra lui e il mondo esterno. È così esausto. Sente che sta piangendo, il petto gli si sta spaccando in due, la fossa malvagia nello stomaco spinge inesorabilmente per riempire tutto il suo corpo. Solo un involucro pieno di veleno.

Non è sicuro di nulla.

Prova a dirlo ad alta voce. Odiami.

Qualcuno deve farlo. Qualcuno oltre a lui, così può finalmente riposare.

::

Alla cruda luce del giorno, Draco si chiede quando Harry abbia lanciato gli incantesimi su di lui. Soprattutto senza farglielo notare.

Quelli sono incantesimi piuttosto impegnativi. Quello di sua madre freme come una brezza leggera quando non lo maschera. Lo sente scompigliargli i capelli, col più debole dei tremori. Ma c’è. L’equilibrio per gli incantesimi deve essere perfetto.

Harry non solo è riuscito a ottenerlo, ma ha anche lanciato gli incantesimi giusti per fare un piccolo foro nelle barriere della casa di Draco.

È già passato parecchio tempo da quando Harry si è alzato dal divano, dove Draco l’ha trovato a riposare quando è riuscito a far alzare il suo corpo esausto dal letto e procedere a fatica fino alla cucina per mangiare e bere. Harry ha versato a Draco un bicchiere d’acqua e gli ha cucinato una semplice frittata. Ha aspettato che finisse, poi ha offerto di andarsene per lasciarlo riposare. Non ha detto nulla della notte precedente.

Draco è tentato di rinforzare le barriere. Ora che sa che c’è, non è difficile scovare il foro. Il suo appartamento potrebbe di nuovo essere impenetrabile già dalla sera successiva.

Alla fine non la cerca più, la crepa nelle barriere. In qualche modo, la possibilità della presenza di Harry non lo irrita. Non sa bene quale effetto abbia su di lui, ma quello che sente non ha nulla a che fare con l’irritazione.

::

Draco non mette piede in un club da quasi un mese. Non è stata una decisione cosciente, quanto più un caso; le luci non sono mai state un fattore scatenante. Solo che è più difficile prepararsi per la notte quando c’è da vedersela con un club.

Verso le sette e mezza, quando il cielo è diventato scuro già da tempo, Draco si prepara una tazza di camomilla con lavanda. Dieci gocce di tintura la rendono un po’ aspra, come al solito. Il vapore gli riempie le narici. Se la beve dopo una crisi, i suoi muscoli si rilassano istantaneamente. Quando accade prima di un attacco, gli schiarisce la mente, e poi Draco pensa addirittura di riuscire a calcolare i minuti precisi che lo separano dalla prossima crisi.

Quella sera il corpo gli fa male perché non ha ancora avuto l’attacco, e Draco è seduto al tavolo della cucina di Harry di fianco al proprietario, che beve caffè senza zucchero, ma con molto latte. La visita non era programmata; Harry ha bussato alla sua porta quasi un’ora fa. Tornando dal parco più vicino, che frequenta perché è appartato e si può meditare o avere un attacco sul prato senza essere disturbati, Draco lo ha trovato davanti a casa. Gli occhi di Harry lo hanno seguito lungo il marciapiede fino alla porta d’ingresso, poi lo ha invitato al suo appartamento per cena.

E ora sono seduti, bevendo tè o caffè, e aspettando l’inevitabile. Draco si chiede se gli lascerà di nuovo la vista offuscata, o le orecchie tappate. Harry si schiarisce la gola.

“È da un po’ che non ti vedo fuori tardi,” dice subito dopo, e Draco alza gli occhi dal tè. Harry fa un gesto con la mano destra. “Io sono uscito un paio di volte a bere qualcosa.”

“Già.” Scrolla le spalle e abbassa gli occhi, perché si sente più calmo del solito e non sa bene quale sia il suo aspetto. “Sto provando i tuoi consigli del cavolo.”

“Sì?”

“Tè. Quella roba alle erbe. Weasley ha detto di mantenere ore di sonno regolari.”

Harry annuisce. Prende un sorso di caffè.

Draco mescola il tè, cercando di rilassare i nodi alle spalle, solo un po’. “Quindi. È qualche settimana che non vado al club.”

“Bene,” dice Harry seccamente, ma c’è qualcos’altro nella sua voce che fa alzare di nuovo gli occhi a Draco.

Gli occhi di Harry sono intenti. Sono stati intenti tutta la serata, intenti sul suo viso, intenti sulla sua gola e le sue mani. Intenti sui suoi occhi. Harry appoggia la tazza sul tavolo e si sporge in avanti. Draco sente il ticchettio debole dell’orologio Babbano nella cucina di Harry. Osserva le dita abbronzate farsi strada verso le sue, risolute, si muovono e basta. E lo toccano.

“Sto per baciarti,” dice Harry. Sono parole pratiche, una dichiarazione di verità. Gli occhi di Harry sono più larghi del solito, ma il resto di lui è come sempre, e Draco ricambia lo sguardo in silenzio. Harry continua. “Credevo che dovessi saperlo.”

Si sporge in avanti, attraversa lo spazio che li separa, attraversa il tavolo con le tovagliette, e piega la testa fino a toccare delicatamente la bocca di Draco con la sua. Le sue labbra sono calde e socchiuse, ma non si muovono. Non premono a fondo, né si spostano per chiedere di più. Il bacio termina qualche secondo prima che Harry si tiri indietro, e Draco riesce a sentire il sapore delle labbra di Harry sulle sue, e il suo respiro. Non è più un bacio, solo la bocca di Harry che tocca la sua.

È la cosa più stimolante che Draco abbia provato da molto, molto tempo.

Harry indietreggia lentamente, separando le loro bocche. Draco lo osserva leccarsi le labbra, e sa che Harry lo sta facendo inconsapevolmente.

“Stai cercando di iniziare qualcosa?” chiede Draco con voce stridula, pensando alle crisi indotte e ai motivi di Harry. La testa di Harry si muove impercettibilmente, come se non sapesse quale sia la risposta giusta. Draco prende un respiro profondo e tremante, e annuisce.

“Allora fallo come si deve”, dice a fatica, e si allunga, e mette una mano dietro la nuca di Harry e lo avvicina a sé e lo bacia di nuovo. E stavolta ci sono anche le lingue, e Draco decide che il sapore di Harry gli piace proprio tanto.

Alla fine, c’è solo un bacio. Però è un bacio lungo, pieno di respiri cercati e di mani sul volto, e di nasi che si scontrano. A Draco piace sentire i capelli di Harry tra le dita, e la pelle morbida della nuca. Gli piace la pressione della lingua di Harry sulla sua, e il fatto che può fargli risucchiare un respiro tremante.

Soprattutto, gli piace il fatto che conosce la persona che guarderà quando aprirà le palpebre, e quella è la cosa più sorprendente.

::

Dopo quella sera, cambia tutto.

Le due sere seguenti, Draco non ha più l’appartamento per sé. E non gli dispiace quando Harry colpisce la porta d’ingresso con le nocche. Il bacio è immediato, profondo, ma mai troppo lungo, mai abbastanza da mandarlo su terreno incerto. Per quello è grato.

Sembra tutto lento e veloce al tempo stesso. Ci sono dei pasti: quella prima cena, pranzo il giorno dopo e la cena seguente. Colazione, e poi di nuovo cena il terzo giorno. Draco conosce l’odore dell’appartamento di Harry come conosce quello del suo. Gli resta nei sensi, e ormai è una pietra fondante piuttosto che un nuovo punto di interesse; si sente a suo agio nell’appartamento di Harry, circondato dall’odore di Harry e da Harry stesso. L’unico posto che desidera di più è casa sua.

L’aria è fredda e ventosa, e la morsa del gelo sfreccia sulle loro teste. Draco si chiude la porta alle spalle e segue Harry nel suo stesso appartamento. Vuole tè bollente, vuole mettere il cibo da asporto sotto un incantesimo refrigerante. Vuole… altre cose. Hanno da poco lasciato un minuscolo ristorante spagnolo – consigliato da Harry – e si sono avventurati nel vento gelido per diversi isolati finché Draco non ha intravisto casa sua.

Appoggia il cibo sul piano della cucina e, con un guizzo della bacchetta, lancia l’incantesimo. Quando Draco alza gli occhi, Harry si sta togliendo il cappotto e i guanti, appoggiandoli sul divano nel salotto.

“L’appartamento è freddo,” dice Harry. Draco si sente un po’ stordito, un po’ fuori controllo, stasera. Ci pensa per un solo secondo prima di impegnarsi.

“Ho dei maglioni. In camera.”

Harry annuisce e abbandona la sua posizione dietro il divano per seguire Draco lungo il corridoio. La porta è aperta, nel corridoio entra una luce più fioca proveniente dalla finestra nella camera. Draco si gira di scatto appena prima di uscire dall’ultima ombra e si trova faccia a faccia con Harry.

Ci vuole un solo istante per iniziare. Ma dopotutto, non c’è mai voluto altro.

Harry lo spinge immediatamente contro la porta, gli stringe i polsi, fa scorrere le dita verso l’alto per afferrare quelle di Drco. La bocca di Harry è sul collo, poi sulle labbra. Draco spinge verso un lato, si inclina d’istinto, e i due barcollano attraverso la porta, entrano in camera e si buttano sul materasso in un mucchio confuso. Harry inarca la schiena e si toglie la camicia, bottone dopo bottone e manica dopo manica, in fretta, e inizia a lavorare su quella di Draco. È bravissimo; il pensiero che Harry sappia quello che sta facendo in questa situazione come in tutte le altre è stimolante, sorprendente e deliziosamente eccitante. Draco morde il labbro inferiore di Harry e si guadagna un bacio intenso, appassionato e pieno di lingua.

“Oddio, Draco,” dice Harry, affannato, “non farlo, se vuoi… se vuoi che…”

Oh, durerà eccome. Draco è ben determinato, arrossato e accaldato e mezzo vestito, e sta pomiciando con l’uomo che non avrebbe mai creduto sarebbe riuscito a baciare in questo modo, che non avrebbe mai creduto gli sarebbe piaciuto baciare. Non avrebbe mai creduto che sarebbe stato sul punto di scoparlo, nella sua camera, nel suo appartamento, con nulla di cui preoccuparsi tranne loro due.

Harry scorre una mano lungo il petto appena scoperto di Draco, poi inizia a muovere la bocca verso il basso, scarta di lato per baciare una spalla o un gomito. Draco intreccia le dita nella massa disordinata dei capelli folti di Harry e li spinge via, gli solleva la testa finché quella bocca non si allontana dalla sua pelle e riesce a vedere gli occhi verdi offuscati dal desiderio che lo guardano intentamente.

E il primo tremore cigola attraverso il corpo di Draco.

No. Oh – no. No. Che sta facendo? Non finisce mai bene, non riesce mai ad arrivare dove vorrebbe, ma stavolta gli fa male lo stomaco, come una ferita grave. Stavolta, c’è Harry sopra di lui. Stanno per scopare, ed è Harry, e a Draco si chiude la gola. Deglutisce a fatica, sente la pelle d’oca punteggiargli la carne – i primi segnali.

Oh dèi. Sta per avere un attacco.

Non sopporta il pensiero che Harry lo possa vedere in quelle condizioni. Nella Gringott, nel club, è una cosa, ma mezzo nudo nel suo letto col corpo di Harry così vicino al suo, non va bene. Non gli è mai, mai importato prima d’ora, non gli è mai importato di cosa pensasse la gente, salvo il disgusto sui loro volti per qualsiasi cosa finiscano col vedere. Ma quello che vede Harry gli importa.

È più istintivo che pensato: Draco afferra le spalle di Harry e spinge verso l’alto.

“Che c’è?” chiede Harry senza fiato. Ha il petto ansimante per lo sforzo, le braccia contratte e forti e muscolose ai lati della testa di Draco. Sulla lingua e sulle labbra sente il sapore del suo sudore, come quello di sale marino. Harry solleva la mano destra e tocca dolcemente la fronte di Draco, accarezzando la curva della guancia, fino al mento, e i muscoli di Draco si contraggono, non solo per la crisi imminente.

“Lèvati.”

Harry si muove immediatamente. La velocità con cui si muove è sorprendente, inarcandosi finché non tocca più Draco, finché Draco non sente più il contatto con la sua pelle. Ma Harry non si sposta. Si trova ancora sopra Draco, ha ancora gli occhi aperti, e sta comunque per vedere.

Draco spinge contro una spalla, forte, riesce a far perdere l’equilibrio a Harry, e si mette a sedere. “Stasera non succederà niente. Ho cambiato idea.”

Gli occhi verdi sbattono una volta. La bocca di Harry è gonfia, rossa e allettante, ma lo stomaco in rivolta di Draco non ha problemi a metterla da parte. Ogni cosa che vuole va sempre a finire così.

“Stai bene?” La voce di Harry è calma e nervosa. Forse si sta chiedendo cosa abbia fatto di male. Draco non ha il tempo di preoccuparsene. Sente le vibrazioni attraversargli braccia e gambe.

“Sto bene,” dice in tono secco. “Più che bene. A te che te ne importa?”

Un secondo di silenzio. E poi–

“Stai per avere una crisi,” sussurra Harry. Il suo petto è ancora ansimante e sudato per l’attività fisica. “Non è così?”

“Vaffanculo!” dice Draco di scatto, e si alza in piedi, si avvicina alla porta a grandi passi e la apre. “Vattene.”

Lo sa che Harry sta per dire no. Harry Potter non si è mai arreso a Voldemort, e questo non è niente in confronto, solo Draco e sesso. Non dà a Harry il tempo di parlare. “Non ho più voglia di stare a sentire le tue scemenze terapeutiche. Ti ho detto di andartene, Potter. Adesso.”

Harry si alza lentamente dal letto, senza esitare. Ha gli occhi fissi su Draco, e Draco deve costringersi a non guardare altrove. “Non ti lascio qui da solo.”

“Oh, per amor di Merlino,” sibila Draco. “Sono sopravvissuto a molte notti senza te che mi tenevi la mano.”

“Hai paura che ti odierò?” chiede Harry bruscamente, avanzando, facendo indietreggiare Draco di un passo. “Che darò un’occhiata e deciderò che non ne vali la pena?”

“No, Potter, sono io che decido che non ti voglio nel mio letto!” replica Draco, lasciando che la furia faccia delle parole quello che vuole. Lo sa che è praticamente nudo, che il suo corpo è visibile in tutta la sua orribile, imperfetta gloria. “Non voglio scoparti, né baciarti. È incredibile che ti abbia anche solo fatto entrare.”

Il viso di Harry vibra per qualcosa che sta cercando di trattenere. È difficile guardarlo negli occhi. “Che cazzo stai cercando di fare?” scatta Harry. “Pensi davvero che io creda a queste stronzate?”

“Credici, Potter. È tutto quello che ti resta.” Draco dà uno strattone così forte alla porta che quella colpisce la parete e rimbalza. Le gambe iniziano a tremare in modo regolare; non ha più tempo, e ce l’ha ancora duro perché fino a poco fa Harry era così vicino, dopo così tanto tempo. “Adesso vattene. Lasciami in pace.”

“Draco, a volte sei proprio stronzo,” ringhia Harry.

“Non me ne frega un cazzo di quello che pensi,” scatta Draco, e le parole lo lacerano e rischiano presto di diventare singhiozzi. Per un attimo non sa decidere quale sconfitta sia peggiore, la sconfitta dello sbattere Harry Potter fuori della sua vita, o la sconfitta di Harry che lo guarda cadere.

Poi la decisione è presa, e tira fuori l’ultima arma che ha a disposizione: la bacchetta. La magia precipita nella stanza, tira le barriere, spinge fuori l’aura invadente. Potter fa una smorfia, ma resta concentrato, e in piedi.

“Draco,” sussurra. “Fermati.”

“Solo dopo che te ne sarai andato,” risponde in tono sconsiderato, però non è una risposta sconsiderata. È incontrollabile, è tremante e sibilante. Forse è solo nella sua immaginazione. Forse la sua mente è già in preda all’attacco. Gli occhi di Harry si allargano. Si lancia in avanti, allungando la mano verso Draco.

“Fermati, basta. Finirai col farti mal–” Sentendo le sue stesse parole, il volto di Harry cambia. Gli occhi si allargano. Si irrigidisce e allunga la mano di scatto; i suoi vestiti volano nel palmo esteso. Senza dire altro, senza provare a vestirsi o a chiedere clemenza un’ultima volta, Harry si Smaterializza, girando con un rumoroso crack e svanendo davanti agli occhi di Draco.

Nell’appartamento cade il silenzio, come un sudario.

E poi le orecchie di Draco iniziano a ronzare, e indietreggia verso il letto e ci crolla sopra, tremando, risucchiando le ultime boccate d’aria, e aspetta. La pelle è bagnaticcia e fredda, nuda e umida del sudore suo e di Harry.

Che non è più nella camera.

Prova a fare i respiri profondi, e gli esercizi di ascolto. Ma non ne ha la volontà; tutta la sua energia è stata risucchiata nel vuoto di quella porta chiusa, e alla fine l’attacco lo fa crollare, come sempre.

::

Il mal di testa con cui si sveglia è martellante e immenso. Draco trascorre venti minuti sdraiato pigramente sul letto con le braccia distese, pregando che svanisca.

Lo sa che non se ne andrà. Non prima di qualche ora.

Il letto è altrimenti vuoto, esattamente come quando aveva perso conoscenza, ancora nella morsa della spossatezza dell’attacco. Ricorda che la stanza era buia, e ricorda le strattonate alle coperte con mani tremanti. Ricorda che il letto sembrava enorme.

Alla fine si solleva, afferrando le lenzuola e usandole per mettersi a sedere. Si siede sul bordo del letto. Fissa le gambe pallide e i piedi sottili, che non gli sono serviti a niente dalla fine della guerra. L’eleganza non può competere con la mostruosità.

Quella mattina, però, la perdita è quasi impossibile da sopportare.

L’ha già sentita prima. Ogni volta che si sveglia da solo e si ricorda del motivo per cui si ritrova senza un compagno di letto, la sente. Ma questa… sembra come se si fosse amputato un arto. O forse come se si fosse affettato il suo stesso petto, dove risiedono tutti i respiri e i battiti e i sentimenti. Come se si fosse rimosso qualcosa senza cauterizzare la ferita.

Non si è mai sentito tanto esausto. Mai in cinque anni.

Non vuole caffè. Non vuole alzarsi e prendere un po’ d’acqua per placare la gola. Non vuole alzarsi. Sembra troppo difficile, come se il suo corpo pesasse il doppio del solito. Come se il mondo lo schiaccerebbe se si muovesse dal letto, da quel posto di riposo e di torpore.

Lo colpisce con un brivido tanto intenso da sentirlo anche nelle dita dei piedi… che ormai tutto quello che gli resta sono gli attacchi.

“Hai vinto,” gracchia, e poi non sa più perché. Nella camera silenziosa, anche la sua stessa voce lo coglie di sorpresa. Di sicuro qualcuno dovrebbe sentirla, la sua ultima concessione. È importante, eppure nessuno saprà mai che Draco ha pronunciato quelle parole. Che si è arreso. Draco ha voglia di singhiozzare, di dare sfogo al dolore del suo corpo con lacrime lungo le guance. La voglia lo fa tremare, con deboli scosse disperate delle spalle.

Quello che è stato finalmente scacciato via non dovrebbe essere diverso dagli altri. Ma lo è. Oh dèi, lo è.

Harry è sempre diverso.

::

I colpi alla porta non sono forti, ma sono decisi. “Draco, apri la porta.”

Draco è in piedi al buio nel corridoio d’ingresso, stringe e apre i pugni lungo i fianchi. “No,” dice, ma viene fuori come un sussurro.

Ti prego apri la porta,” supplica Harry. “Ascolta solo quello che ho da dire. Me lo devi.”

Cos’è esattamente che deve a Harry? Eppure tutto il suo corpo sente di essere davvero in debito con lui, insiste per lasciarlo entrare. Almeno nell’appartamento, se non altrove. Ma la verità è che Harry è già dentro, profondamente e irreparabilmente. Qualsiasi cosa faccia ora, se dovesse buttare Harry Potter fuori della sua vita, Draco ne soffrirebbe per sempre.

I colpi risuonano di nuovo. È passato un solo giorno da quando Draco ha preteso che Harry uscisse dalla sua camera da letto. La giornata è stata tranquilla, come quasi tutte le giornate. Però Draco ha la sensazione di essere stato picchiato, buttato per aria da un pungo infuriato. È esausto; è sul punto di spaccarsi. Non vuole far altro che dormire finché il dolore non se ne sia andato, o non l’abbia fatto Harry, lasciandolo senza voce in capitolo. Solo a quel punto la decisione non sarà difficile.

Draco ritrova la voce. “Sono stanco morto, Potter,” dice con voce stridente. Non riceve una risposta immediata, e per Draco è difficile continuare, ma ce la fa. “Levati dalle palle, se non ti dispiace.”

Se Harry davvero volesse entrare, lo potrebbe fare. Il pensiero gli si presenta, e Draco stringe le labbra, aspettando di vedere se succederà. Quando qualcosa accade, non è una spinta energica attraverso le barriere già incrinate.

“Non c’è bisogno che ti metta a insultarmi. Non me ne vado da nessuna parte.”

Merlino. Draco sa che Harry resterà seduto là fuori finché non lo farà entrare, o finché la gente comincerà a porsi domande. Finché non avrà un attacco e non potrà fare niente, e allora Harry non avrà più alcun motivo di restare fuori, ed entrerà di nuovo in casa di Draco, nelle sue stanze e nei suoi occhi, a distanza di pochi centimetri. Draco geme e si copre gli occhi con le mani, sfregando furiosamente. Niente lacrime; non ne vuole sapere più niente di lacrime, e questa situazione proprio non le richiede, eppure è a tanto così dal piangere. È tutto il giorno che è a tanto così.

Forse può costringere Harry ad andarsene. Draco allontana i capelli dal volto e fissa ostinatamente la porta. Ci sono cose che neanche Potter farebbe mai, non in un corridoio pubblico, almeno. Si avvicina alla porta, la tocca con la punta delle dita. “A che servirebbe, Potter?” dice di scatto. È più facile di quanto pensasse; il suo corpo è in preda all’agitazione che aggiunge sfumature taglienti al suo tono di voce. “A che serve entrare se non ti ci voglio qui?”

Riesce quasi a sentire Harry prendere un respiro. “Perché non credo che sia la verità.”

Draco resiste all’impulso di dare un pugno alla porta. “È per il sesso?” chiede attraverso il legno, provando un’euforia selvaggia alla possibilità di essere sentito da altri, costringendo Harry a farsi notare in modo così personale. “Perché se è per quello, ne rimarrai profondamente deluso. Non succederà mai, Potter, te lo prometto, e non avrà nulla a che fare con me!”

“È per questo che vai nei club?”

La mano di Draco scivola e riesce a malapena a riprendere l’equilibrio sulla porta. All’improvviso è difficile respirare; sembra che i polmoni non siano sincronizzati col resto del corpo. “Che cazzo te ne frega?” dice con tono rabbioso. Harry resta in silenzio. E dannazione, Draco conosce già i suoi silenzi. Questo qua è un silenzio di attesa, e non sarà rotto finché qualunque cosa stia aspettando non apparirà.

Be’, se quello che serve è gettare un pezzo di se stesso ai lupi, lo farà. “Sì, Potter, ci vado per il sesso. E di sicuro non ho bisogno di una visita speciale da parte tua per prendermi quello che voglio da quel punto di vista, quindi se non ti dispiace, vattene.”

“Draco, fammi entrare,” dice Harry debolmente. “Non è quello il punto e lo sai. Io lo so. E resterò seduto qui fuori tutta la notte a sbandierare i nostri problemi a tutti i tuoi vicini, se servirà a farti aprire la porta.”

Veloci come erano arrivate, le risposte di Draco svaniscono. L’impotenza della situazione scava un buco dentro di lui come l’aria calda dell’appartamento, lo stringe e lo avvolge. E non lo aiuta il fatto che una parte di lui vuole che Harry sia dentro, vuole essere di nuovo a distanza di un respiro da lui, vuole così tanto lasciarsi andare per un minuto e permettere che qualsiasi cosa debba accadere, accada.

“So già degli attacchi, Draco,” dice Harry. La sua voce è così vicina; deve essere attaccato alla porta, con la bocca quasi a contatto col legno. “Lo so già. Non mi farai vedere niente che non abbia già visto.”

Oh, Salazar. Non c’è risposta, né rigetto né rifiuto. Draco rimane a fissare la porta in modo assente. Ricorda il sapore della bocca e della lingua di Harry, e il tocco delle sue dita sulla sua pelle la notte prima. Ricorda i primi tremiti del suo corpo schiacciato dalla creatura dentro di lui, e come si avvicinava a quel tocco per soffocarla.

“Non hai idea,” sussurra.

Harry non risponde.

Passa un altro minuto prima che Draco cominci a muoversi lentamente, allungando la mano verso l’alto per toccare con le dita la fredda maniglia di metallo. Non è lui che si muove, è qualcos’altro, perché se fosse lui, non si allungherebbe così, non schiaverebbe la serratura, non girerebbe la maniglia. Il suo respiro crea fugaci macchie di condensa sul legno della porta. Draco chiude gli occhi e la apre. Fa un passo indietro.

Sente Harry entrare con passi silenziosi oltre la soglia. Una mano copre la sua, rilassa la sua stretta sulla maniglia e la solleva. La porta si chiude, e Draco si trova nell’oscurità della non–vista con la mano di Harry nella sua, perso e senza parole.

“Draco,” mormora Harry. “Va tutto bene.”

“Col cavolo che va tutto bene,” sussurra.

Una mano gli tocca il viso, facendolo sobbalzare, si infila tra i capelli e scivola giù lungo la testa per fermarsi sulla sua nuca. “Smettila,” gli sussurra in risposta Harry. “Ascoltami, solo per un minuto. Ok?”

Quel tocco è orribilmente perfetto, è come vedere la luce dopo anni di oscurità. Draco si avvicina al tocco, tutto il suo corpo lo agogna, perché è maschio, perché è Harry, perché il tocco sa e non se n’è andato. No, insiste Draco testardamente, no. Ma l’unica cosa che riesce a fare e starsene lì, rigido.

“Non me ne andrò.” Harry parla con voce bassa e ferma, la sua bocca a pochi centimetri di distanza. “Non mi spaventerò o mi impressionerò quando avrai un attacco, e non sarò sorpreso quando succederà. L’ho già visto.”

“Non hai idea di cosa stai parlando,” prova a dire Draco, con voce instabile.

“Non sempre hai ragione.” Draco sente il fiato delle parole di Harry sul viso. “Draco? Avere ragione non è sempre un bene.”

“Harry–” Gli scappa con un’espirazione disperata. Il calore di Harry è così vicino, lo accarezza, gli ricorda quanto poco lo separi da quello che aveva la sera prima, prima dell’attacco, prima che tutto andasse a puttane.

“Non sei menomato,” dice Harry, “e non sei difettoso. Se lo sei tu, allora lo sono anch’io, ricordi? Sei disgustato da me? Ti disgusto?”

“Va’ a farti fottere, Harry,” dice Draco debolmente. Romperebbe il braccio alla prima persona che provasse a dire che Harry è disgustoso, o inutile, o brutto. Ma con se stesso non lo può fare. La sua mente sembra essersi rotta da qualche parte.

“Ti prego, fammi restare,” gli sussurra Harry, dritto nell’orecchio. Le sue labbra gli sfiorano i capelli, delicate come una piuma. La vera domanda fa rabbrividire il corpo di Draco, e non nel modo in cui è abituato a rabbrividire. Harry gli sta chiedendo di restare con lui, tra le sue braccia e nel suo letto, tutta la notte, se Draco glielo permetterà. Non sta solo chiedendo sesso, sta chiedendo qualcos’altro insieme al sesso. Sta chiedendo di vedere. Di avere il permesso di vedere. Draco glielo vuole dare. Così tanto.

“Vuoi che me ne vada?” chiede Harry, con voce quasi impercettibile. È molto vicino, proprio di fronte al corpo di Draco. Ha l’odore del legno di sandalo, leggero e terroso, avvolto attorno a Draco come se lo stesse già stringendo fisicamente.

“No.” Draco apre gli occhi, sentendosi come se un peso leggero ma necessario lo avesse abbandonato. Espira in modo incerto. L’ammonimento nella sua testa è stridulo e fragoroso, ma non gli fa cambiare risposta. Non si metteranno d’accordo, non stasera. Forse mai. Ma è così stanco di lottare.

Harry annuisce. Accarezza con le dita la nuca di Draco, solleva il pollice per sfiorargli la guancia. “Grazie,” sussurra.

Anche Draco annuisce, sentendosi un po’ stordito. Cammina lentamente all’indietro e Harry glielo lascia fare, senza togliergli gli occhi di dosso. Draco stringe le labbra per evitare che l’espressione sul suo viso crolli e si mette a cercare la bacchetta. È nella tasca posteriore, spunta fuori come se lo stesse aspettando. Tremante, lancia gli incantesimi, mormorando le parole che bloccheranno la magia di sua madre, per tenerla lontana durante la notte.

E guarda Harry negli occhi.

Harry esala un lungo respiro. “Dove?”

È una parola pesante. Draco deglutisce. “Camera mia. Va bene?”

L’altro uomo annuisce. Non si muove, resta fermo e osserva. “Piano. Andremo piano.”

“No,” dice Draco. Allunga una mano e chiude le dita attorno al polso di Harry. “No.”

È strano passare da tanta esitazione a un tale movimento. Draco tira Harry verso di sé, fa un passo in avanti per incontrarlo, e piega la testa dell’altro verso il basso. Sta spingendo troppo, le mani gli tremano troppo. Ma ha bisogno di baciare Harry. Ne ha bisogno. Harry si abbandona completamente a lui, il suo corpo si rilassa e la sua bocca diventa arrendevole, muovendosi timidamente, ma lasciando che sia Draco a controllare il bacio. Draco piega la testa, spinge per baciarlo più profondamente, più intensamente. Non vuole aspettare che l’attacco li trovi; ne è terrorizzato.

Velocemente com’è arrivata, l’ondata di energia svanisce. Draco rompe il bacio, tocca la fronte di Harry con la sua e respira affannosamente. Harry non dice niente. Anche il suo respiro è irregolare, il suo corpo è vicino, si espande e si contrae con ogni inspirazione. Draco annuisce di nuovo, stringe gli occhi per un solo momento, e tira delicatamente Harry in avanti, mentre lui indietreggia.

Attraversano il corridoio in quel modo, quasi insieme, quasi divisi. Non si guardano. Per lo meno, Draco non guarda Harry. Non può fare tutto in una volta, e già si sente come se non fosse lui a controllare il suo corpo, come se stesse osservando la scena da fuori. Osservando se stesso guidare Harry fino in camera, camminando al loro fianco e vedendo se stesso stringere le spalle di Harry e mettersi a sedere sul bordo del letto. Harry lo segue, appoggiandosi su un braccio, mentre con l’altro accarezza il viso di Draco.

Conosce già l’odore di Harry, lo sente. È una sensazione che ha già avuto nei club, respirando il sudore e l’odore di chiunque gli sia più vicino, di chiunque stia baciando. Stavolta è molto peggio; il presentimento è schiacciante, quasi impossibile da combattere. Ha già desiderato qualcuno così tanto prima d’ora, ma la posta in gioco non era mai stata tanto alta. Non ha mai avuto così tanto bisogno che le cose andassero a finire bene. Ha bisogno che Harry lo voglia così, perché se fosse solo a senso unico, se il desiderio fosse solo suo, non sarà in grado di farlo. Non sarà in grado di aprirsi davanti a un’altra persona, come sta per fare. Draco trattiene un respiro ansimante e trova la bocca di Harry, separa le labbra e con un bacio apre anche quelle di Harry, finché non sente di nuovo il suo sapore. La mano libera di Harry sale ad accarezzargli l’altra guancia, poi le dita gli attraversano i capelli. Una delle mani di Harry scorre verso il basso, sulle spalle, fino alla vita, poi si ferma lì. Stringe dolcemente e fa il giro fino ad accarezzargli la schiena.

Draco afferra la propria maglia e strattona il tessuto per liberarlo dalla presa di Harry, poi la solleva finché c’è solo pelle nuda da toccare. Solleva la bocca da quella di Harry e si sfila la maglia, goffamente, con una mano sola, ma poi la maglia non c’è più e Harry gli sta guardando il petto intensamente. Lo sguardo cambia quando si sposta sul viso di Draco, e Draco si lascia sfuggire un suono esplosivo, a tanto così da crollare e lasciarsi spezzare.

“Non cominciare,” dice con voce tremante. “Non voglio essere trattato come un invalido. Non–“

Harry lo coglie di sorpresa baciandolo di nuovo, spingendo la lingua in profondità e stringendo la pelle nuda di Draco. Draco rabbrividisce al contatto, alle vertigini causate dal bacio. Dopo meno di un secondo inizia a tirare la giacca di Harry, la spinge via dalle spalle e trova l’orlo della maglietta. Harry gli lascia togliere tutto senza dire una parola. I pantaloni richiedono un momento troppo lungo e macchinoso, ma alla fine anche quelli vengono tolti e buttati da parte, e Draco aderisce a Harry e respira affannosamente e lo bacia, e inizia a rendersi conto di quello che sta facendo.

Il guizzo di luce sugli occhiali di Harry quando li mette da parte, senza guardare dove atterrano, schizza come un folletto della Cornovaglia. Harry fa stendere Draco supino sul letto, un movimento lento in contrasto con la fretta di Draco, e in quel momento la realtà cala su di lui. Draco non riesce a controllare le sue mani. Vanno ad afferrare gli avambracci di Harry e li stringono. Si immobilizza, tremando.

“Andrà tutto bene,” mormora Harry, accarezzandogli il viso con una mano e toccandogli la frangia bionda con la bocca. “Basta che non ci pensi.”

Draco ci prova. Ci prova sul serio.

Le mani di Harry sono come fantasmi delicati, guizzano e accarezzano la sua pelle, lisciano e massaggiano. Gli stringono la vita. Harry bacia il collo di Draco e la vista di Draco comincia a ondeggiare. È già stato baciato così prima d’ora, ma da nessuno che sapesse cosa sarebbe seguito. Harry gli separa le gambe con una pressione leggera e si infila in mezzo, e Draco si solleva per incontrare il petto nudo, i fianchi nudi, la bocca aperta e i respiri deboli. Dèi, Draco è – Vuole Harry. Vuole questo, e vuole… oh, stavolta vuole arrivare alla fine. Lui, loro, ci sono quasi, sta per lasciare che Harry entri in tutti i modi possibili.

Ma già sente che sta arrivando.

“Oh dèi.” Spinge via Harry, lo spinge via quasi del tutto, se non fosse per le sue braccia che tremano come pioppi morti, e sente il corpo di Harry premuto sul suo, sente cose con cui non è mai stato a contatto, ma il corpo lo sta tradendo un’altra volta, sta mostrando all’intruso gli artigli affilati come rasoi.

“Guardami,” dice Harry. Sembra un’eco distorta; le orecchie non lo abbandonano spesso durante un attacco, ma Draco sa che stavolta si spegneranno del tutto. Non riesce neanche a iniziare a vedere qualcosa; non ha più controllo su nulla.

Ha troppo caldo; i loro corpi sono roventi, non vorrebbe altro che trovarsi lontano, senza toccare niente, ma gambe e braccia non funzionano, e–

Trema–

Dèi. Non riesce a vedere. La lingua ha il sapore della pietra, è bloccata in gola e scivola all’indietro. Si muove di scatto, sente un colpo sordo quando la sua testa tocca qualcosa – cuscino, testata – ed è l’ultima cosa.

La stanza sanguina porpora, il colore delle vesti regali. Il colore cupo del sangue senza ossigeno. Draco ci si contorce dentro, una mistura densa che non riesce ad attraversare a nuoto. Non c’è nulla all’orizzonte tranne una scossa tremante, schiacciante, gutturale. Da qualche parte, il suo stomaco si contorce. Vomita, o lo farà tra poco.

Aveva Harry. E adesso sta fluttuando. Sta affondando e gorgogliando, circondato da un’oscurità porpora. Spalanca gli occhi e fissa verso l’alto mentre l’oceano si rigira intorno a lui, e aspetta i primi luccichii di qualsiasi cosa.

Finalmente, la foschia porpora si stacca lentamente e dolorosamente dagli occhi, e gli arti di Draco tornano a esistere: braccia rigide e dita serrate in pugni immobili, le gambe sono masse roventi di muscoli contratti. I polmoni rimangono piatti, non si vogliono riempire, e Draco fissa ottusamente il buio. Il materasso riprende forma sotto di lui. Sente il sudore rinfrescante sul collo, sulla pancia, sulle cavità dei polsi e dei gomiti. Alla fine, il petto si solleva ed è… sì, finita. L’oscurità preme e Draco chiude gli occhi, non vuole guardare.

Una mano gli tocca il volto, quattro dita calde gli accarezzano il mento. Gli girano la testa. Draco guarda – non riesce a trattenersi – e aspetta di vedere i soliti sospetti: repulsione e paura.

Gli occhi di Harry sono verde scuro e completamente aperti. La sua bocca è una linea sottile e morbida, e la fioca luce non-porpora crea giochi d’ombre sui punti ancora umidi del suo collo e sui capelli scuri e arricciati lungo le tempie.

“È finita?” mormora piano Harry. Non c’è alcuna sfumatura nel suo sguardo, nessun tentennamento nel suo tono. Draco non riesce a trattenere la sorpresa, lo shock che gli immobilizza di nuovo il corpo. Il braccio vacilla, la mano si muove di scatto per avvolgere quella di Harry. Lo sa che sta stringendo troppo forte. Il volto di Harry non cambia.

“Resti?” gracchia. L’espressione di Harry si contorce in qualcosa che fa male, e nel giro di un istante scambia la presa, e adesso sono le sue dita avvolte intorno a quelle di Draco.

“Scherzi?”

Draco non riesce a rispondere. Chiude gli occhi e aspetta che il suo corpo si riprenda. La sensazione del peso di un’altra persona sul letto vicino a lui è strana e affollata. Non ricordava quanto fosse brutto essere soli fino a ora, ora che non lo è più.

Passa diversi minuti a ricomporsi, e per tutto il tempo una parte di lui si aspetta che Harry se ne vada. Eppure non ci sono movimenti alla sua sinistra, solo i respiri calmi di un’altra persona e il massaggio dolce delle dita sul dorso della sua mano. Draco respira lentamente… dentro… fuori… dentro… e riunisce i pensieri al meglio che può. Ci sono domande, naturalmente. Ma non quelle con cui è a suo agio.

“Perché l’hai fatto?” riesce finalmente a dire. E non sa neanche lui cosa voglia dire. Probabilmente neanche Harry lo saprà. Ma forse non importa; la domanda è la domanda, qualsiasi cosa voglia dire.

“Non mi facevi avvicinare, e io… avevo bisogno di essere vicino,” mormora Harry, a pochi centimetri dal suo orecchio. È una sensazione nuova. Draco non ha mai sentito una voce con un tono del genere solo pochi minuti dopo aver avuto una crisi. Ha sentito preoccupazione, ha sentito rabbia e paura e irritazione. Questa è la voce di un amante, ne è sicuro. E loro di solito se ne sono già andati, a questo punto. Harry si muove, ruota leggermente e cambia la pendenza del letto. “Volevo essere qui.”

“Con l’invalido?” insiste Draco, incapace di trattenersi. La mano di Harry gli tocca il petto, con tutto il palmo nudo e piatto, il calore che irradia. Draco apre gli occhi e guarda il verde offuscato. Harry scuote lentamente la testa.

“No,” dice semplicemente. C’è una sfumatura di piattezza nella sua voce, di finalità assoluta. Draco guarda verso l’alto e si chiede quando la sua vita si sia ribaltata completamente.

Alla fine distoglie lo sguardo e sospira. Deglutisce. “È stata peggio del solito. Non so perché.”

Harry annuisce. Draco non lo vede, ma percepisce il movimento. Si morde il labbro inferiore per trattenere la domanda, ma viene fuori comunque perché l’ha sempre voluto sapere. È sempre stato curioso.

“Com’è?”

Gli occhi di Harry si allargano. Il suo petto si espande, e Draco si chiede per la prima volta se Harry sia ancora duro, o se sia diventato flaccido… Se sia deluso.

“Ti agiti. Violentemente. A volte penso che stai per tagliarti con le unghie. Il collo… si irrigidisce. Gli occhi cambiano colore, leggermente.”

Draco aspetta, ma non viene fuori altro. Guarda Harry con la fronte aggrottata. Se qualcuno li avesse visti, avrebbe avuto l’impressione che stessero parlando, i discorsi tranquilli che si fanno prima o dopo il sesso. Così normale. E non lo è, affatto. “E lo sopporterai tutte le volte? Perché è questo che succederà.”

“È il tuo fattore scatenante,” dichiara Harry, e ancora una volta sembra tutto così semplice, tutta l’anormalità risucchiata via. “O uno dei fattori.”

Draco sbuffa, di nuovo disgustato da se stesso, dal suo corpo, dal suo ruolo nella guerra che gli ha lasciato questo regalo sbalorditivo. “E adesso vedi quanto sono incasinato.”

“Hai mai fatto sesso con qualcuno?” chiede piano Harry. Draco gli lancia uno sguardo torvo, si sente arrossire, e detesta la luce della lampada che lo rende evidente.

“Che cazzo c’entra?” dice di scatto.

Di nuovo, Harry scrolla le spalle. “Volevo saperlo.”

Harry ha fatto sesso, decine di volte, forse. E più volte con la stessa persona; Draco è pronto a scommetterci. Probabilmente era innamorato del suo fotografo, forse vivevano insieme, terminavano le loro serate avvinghiati l’uno all’altro. Probabilmente Harry sussurrava il nome del suo amante ogni volta, lo chiamava ansimando, stringendo, e venendo. Draco si sente più triste che mai, là nel suo letto a pochi centimetri da Harry. Harry è stato innamorato, e non solo mentalmente, ma anche fisicamente. Con tutto il suo corpo. Ed è una cosa che Draco non ha potuto fare.

“Fantastico,” borbotta, e chiude gli occhi. Sente labbra sui capelli, una lieve pressione e poi un bacio.

“Come va?”

È una domanda molto più grande di quella che gli fa quotidianamente la gente, quella che nessuno fa mai sul serio. Con loro è un saluto. Ora Draco sente la domanda intera e apre gli occhi, formulando una risposta.

“Non era un attacco grave. È stato brutto, ma non il peggiore. Tu l’hai visto il peggiore.”

Harry annuisce. La sua mano accarezza il petto di Draco con un tocco leggero. I muscoli di Draco provano a rilassarsi sotto quel tocco, e stavolta Draco glielo lascia fare. Ormai è già entrato e uscito dall’oscurità, contorcendosi. Non ha più importanza se Harry lo vede di nuovo.

“Gli occhi funzionano bene?”

“Sì,” sospira Draco. “Sì, Harry, gli occhi funzionano. E le orecchie e le mani e la lingua e la bocca. Sono un po’ stanco. Ma sto bene.”

“Bene,” è la risposta. Le dita di Harry scivolano verso il basso e disegnano dei cerchi sul suo stomaco, toccando la pelle morbida della pancia. Draco guarda il soffitto e la sente, l’incertezza e l’esplorazione di un’altra mano sulla sua pelle. Ha un po’ più freddo di quanto gli piacerebbe, ma è una sensazione talmente nuova sul suo corpo sensibilizzato dall’attacco che non gliene frega niente.

“Quanto stanco?” torna la voce di Harry, da qualche parte vicino al suo orecchio. Draco è attraversato da un brivido, poi alza gli occhi al cielo.

“Stai facendo uno studio?”

“Non proprio.”

La mano di Harry scivola verso il basso e di lato, gli afferra la vita e lo stringe a sé. Draco prende un respiro profondo e istintivo. La spossatezza scivola via come un’onda d’oceano, lasciandosi dietro una sensazione febbrile e formicolante.

“Allora cosa stai facendo esattamente?” prova a dire.

“Ti è mai successo due volte di seguito?” mormora Harry contro il suo collo, il suo odore che invade le narici di Draco. Draco deglutisce e gli stringe la nuca.

“No,” dice in un sussurro.

Harry solleva la testa e lo guarda senza parlare. Quando si abbassa e cattura la bocca di Draco per un bacio profondo, non c’è più niente da dire. Draco fa scorrere le braccia intorno a Harry e avvicina i loro corpi.

Stavolta Harry non si solleva sopra di lui, non si mette in ginocchio né si separa da lui in alcun modo. La pelle a contatto con quella di Draco è calda e sudata, i loro corpi stretti assieme. Ma questa volta non c’è la sensazione di essere la preda di una caccia, non c’è il diluvio che imperversa sotto di lui, in attesa di irrompere e trascinarlo via. Draco si sente sciolto, quasi ubriaco. Eppure tutto gli sembra più netto, come se riuscisse a vedere tutti i contorni. Come se tutto avesse contorni. Definizione. La lingua di Harry tocca la sua e si ritira, e Draco piega la testa senza pensare e lo ritrova, si solleva dentro il bacio e si riabbassa con un respiro affannato. Harry ha gli occhi fissi nei suoi. Draco non è più irritato dalla luce della lampada; getta un bagliore su parte del viso di Harry, dorato e pieno di calore. Può vedere il contorno delle labbra di Harry, la cicatrice quasi indefinibile. Ogni ciglio.

Un pensiero fugace gli attraversa la mente: ora capisce l’attrazione delle fotografie Babbane, l’istante immobile, eterno.

“Che c’è?” mormora Harry. Draco si limita a scuotere la testa.

Dèi… è di nuovo eccitato, così velocemente e completamente che gli mette paura. E non ha idea di cosà farà nei prossimi minuti. Non sente aleggiare il suo fedele compagno, in attesa di impedire le cose che seguiranno, e per la prima volta da quando ha le crisi, si sente perso. Nervoso. Passa le mani attraverso i capelli di Harry, gli afferra la testa, incoraggia baci più profondi e più frenetici, e il suo corpo lo segue, e poi Harry rompe il bacio, accarezza il viso di Draco con una mano, e piega la testa verso il basso.

Harry bacia la cavità dove mascella e collo si incontrano, con un succhiotto tenero e duraturo. La sua mano abbandona il viso di Draco, scorre lungo il collo e prosegue verso la spalla e il fianco, le costole e l’anca, e alla fine…

Draco sente tutto. Trema, come se avesse freddo, tutto gli scorre sopra e dentro con ogni carezza delle labbra di Harry e ogni sfioramento delle dita. Harry prende respiri profondi e irregolari, lo sguardo in continuo movimento, sul viso di Draco e sul suo corpo. Draco sente l’aria della camera sul collo sudato e sul petto. Sente il calore di Harry, stretto a lui, sopra di lui. Le labbra di Harry sono morbide, la mano è ferma, accarezza in mezzo alle gambe di Draco, e lo sguardo è intento. Bacia come se avesse trovato una fonte perenne, e c’è sempre movimento, sempre. Harry non sembra mai restare fermo.

Draco si inarca verso il movimento, ansima, e non vuole che Harry si fermi. Sotto tutto quanto, come una creatura imboscata, c’è la paura che l’attacco torni e laceri tutto. Che glielo porti via.

Draco chiude gli occhi e sente la differenza che gli stringe le viscere, le carezze di Harry, regolari e decise che lo fanno salire, sempre più in alto. È un semplice tocco, ma gli sta facendo perdere la testa più in fretta di qualunque cosa abbia mai fatto prima. Draco risucchia altra aria, sente che il controllo comincia a svanire, ma stavolta non c’è nessun brivido causato dall’attacco. Solo Harry, e quello che sta liberando nel corpo di Draco. Lo trafigge all’improvviso, gli blocca i polmoni e gli apre gli occhi, e i muscoli di Draco si stringono tutti insieme, e viene. La mano di Harry continua a muoversi, straziante e implacabile, finché Draco non può far altro che lasciarsi trasportare e singhiozzare il nome di Harry, e sperare che sia coerente.

E poi, esausto e ancora in preda ai tremori, lo aspetta un’altra sorpresa, quando sente il respiro di Harry diventare irregolare, quando la mano di Harry se ne va, quando Harry gli dà un bacio confuso sulla bocca e dice chiaramente il suo nome, e poi anche lui viene. Sono i brividi disperati che glielo fanno fare, che guidano le braccia di Draco intorno alla schiena di Harry, che gli fanno premere il viso di Harry al suo collo, avvolgendolo in un abbraccio mentre i brividi scompaiono.

Harry si muove, e un suono debole raggiunge l’orecchio di Draco. Non è un movimento causato dall’irrequietezza, ma dal bisogno di muoversi, di controllare il proprio corpo. Le gambe di Harry si stringono intorno alla vita di Draco e lo attirano più vicino, finché non sono di nuovo avvinghiati, ansimanti sulle lenzuola stropicciate.

::

Draco si sveglia alla luce fioca dietro le palpebre chiuse. È disteso su un fianco, meravigliosamente infossato in un materasso e avvolto da strati di lenzuola e di piumoni. La stanza è fredda; l’aria ha l’odore di casa sua.

Apre gli occhi e si accorge del calore intenso attorno alla sua mano. Anzi, avvolto lungo tutto il fianco. Un braccio, una mano, con la pelle più scura della sua.

La sua mente già gli offre un ricordo sensoriale per il sospiro che gli giunge all’orecchio. Un viso e un odore.

Draco scopre che la sua mente è schiarita, spolverata del regolare e familiare dolore del dopo attacco. Si accorge che altre parti del corpo sono indolenzite. Trova Harry – braccia, mani, e gambe – avviluppato intorno a lui. I respiri profondi alle sue spalle indicano che Harry è ancora addormentato. Draco solleva la mano libera e tocca con la punta delle dita il polso di Harry, le fa scorrere lungo la pelle e il contorno definito delle ossa.

Harry emette un altro sospiro agitato, e Draco sente i primi segnali di deboli tremori sotto la sua mano, contro il suo corpo. Regolari, e in aumento. Si ricorda. Sa, come se lo sapesse da sempre, che Harry si sta svegliando. Che si sveglia sempre così.

I tremori diventano più pronunciati. La mano di Harry vibra, abbandona la posizione sopra quella di Draco. Un ansito nervoso risuona nella stanza. Draco sente tutto il corpo di Harry tremare contro la sua schiena. Vede le sue dita contrarsi, poi il respiro cambia, un’inalazione rapida. Harry è sveglio.

La mano stretta in quella di Draco prova a ritrarsi, ma Draco chiude le dita e stringe. Harry si immobilizza, evidenziando il tremore costante.

“Va tutto bene,” mormora Draco, senza averci pensato. Harry respira silenziosamente contro la nuca di Draco per quasi un minuto, e Draco si mette a sentire le strane vibrazioni, i fremiti di quello che è sempre stato così fermo. Ricorda Harry, traballante, cadere sulla sedia dopo avergli rivelato la realtà della sua vita, ricorda quanto lo stanca attraversare gli spasmi. È un regalo, questo momento unico e silenzioso, e Draco lo sa. Sa che è una cosa a cui Harry non è abituato. Alla fine espira e rilascia la mano di Harry. Harry la tira via e fruga per cercare qualcosa.

Vale Sanare.”

L’incantesimo argenteo vola nel campo visivo di Draco, scintillante come neve. Lo vede svanire sulla sua pelle, sulle lenzuola e le coperte. I fremiti di Harry si interrompono. La mano torna, scivola di nuovo oltre il fianco di Draco e ritorna al suo posto sotto le sue dita.

“Non mi importa, Harry,” mormora. Per un secondo, Harry resta fermo. Poi le sue dita stringono quelle di Draco.

“Come ti senti?” chiede Harry con voce roca e instabile per l’incertezza. Draco si gira, quasi timoroso di percepire anche il suo compagno Altro, appiccicoso e incorporeo, nella camera insieme a loro. Ma c’è solo Harry.

“Sto bene,” sussurra Draco lievemente, toccando il viso di Harry con la punta delle dita.

Non riesce a smettere di guardare in quegli occhi profondi e caldi.

::

Venti anni dopo

Il mattino è agli sgoccioli. Draco si sveglia in modo graduale, un secondo alla volta, e trova le pareti della camera illuminate da una rassicurante luce gialla. Allunga le braccia sopra le lenzuola verde chiaro e sente i muscoli rilassarsi, ognuno con un leggero fremito. Il letto è deliziosamente caldo; il piumone imbottito, pesante sulle spalle, tiene il calore intrappolato. Draco emette un grugnito, rendendosi conto che ci vorrà del tempo per alzarsi questa mattina.

Ma ce la fa.

L’odore della casa gli rivela che le portefinestre sono aperte, e che fuori c’è vento. Riesce a vedere le increspature acquose delle nubi che scorrono velocemente nel cielo. Guizzano sul pavimento e lungo le pareti del corridoio, lasciandosi alle spalle ombre blu.

Draco ha un leggero mal di testa, appena dietro la fronte. Oggi avrà una crisi, e sarà moderata. Durerà meno di quindici secondi, e gli renderà difficile vedere per il resto della giornata. Ma non accadrà prima di metà pomeriggio.

Le spalle gli fanno un po’ male, e solleva i gomiti sopra la testa uno dopo l’altro per allungare i tendini. Harry è di fuori, che lavora all’aiuola fiorita nell’angolo est del cortile. Nell’aria si avverte l’odore di terra fresca; stamattina ha già attraversato il corridoio, a piedi nudi e silenziosi, per una breve fermata al bagno o per prendere un maglione dal guardaroba. Draco è pronto a scommettere che è quello coi buchi sul lato destro, vicino all’orlo.

Draco scende le scale con passi lunghi e tranquilli, e calcia da una parte le scarpe da ginnastica lasciate sul pavimento, un po’ troppo lontano dalla porta d’ingresso. Dovrà dire a Harry di raccoglierle più tardi. Ora, sente l’odore di camomilla, e sa che Harry gli ha preparato il tè.

Attraversa le portefinestre, che sono aperte e cigolano al vento, e si dirige in cucina. Sul tavolo, vicino alla sua tazza, c’è la teiera fumante color terracotta coi disegni consumati. Draco si versa il tè e si siede su una sedia con un sospiro, massaggiandosi la fronte e allungando la mano per prendere la bottiglietta di vetro in mezzo al tavolo vicino alla saliera e allo spargipepe. Cinque gocce. Draco prende la tazza con tutte e due le mani e soffia via il vapore.

Stranamente, la scorsa notte ha dormito bene. Solo una o due notti al mese non riesce a prendere sonno. Harry gli ha abbassato le luci alle sei e mezza; Draco si è immerso nella vasca ed è rimasto a lungo avvolto nell’acqua calda prima di andare a letto presto. Ha percepito l’arrivo di Harry attraverso un sogno nebbioso – il tremore rivela sempre la sua presenza – e si è girato verso di lui, come fa sempre. E ha dormito.

Harry ormai dissolve l’incantesimo la maggior parte delle notti. Il tremore è diventato tanto debole che Draco lo sente a malapena. Sa di esserci abituato, e sa che Harry si è abituato al suo essersi abituato. Ma il sistema nervoso di Harry, nonostante si sia invecchiato, ha dimostrato un’ammirevole capacità di ripresa. Il sacrificio a cui sottopone il suo corpo neanche si avvicina a quello di una volta, l’incantesimo è sempre meno necessario, tranne in pubblico. Trema solo quel tanto da ricordare a entrambi che è Harry Potter.

Le erbe nel cortile sfumano di odori dolci l’aria nella cucina. Draco ha bottiglie in bagno, fiale nei mobiletti della cucina, fiaschette nella dispensa. Sono stati due lunghi decenni. Harry è diventato esperto delle abitudini di Draco: il calendario è segnato, gli fa ingerire le tinture più adatte, e Draco ha avuto Harry in ogni modo possibile e in ogni stanza della casa, tutte le volte che ne hanno voglia.

Il sesso non è più un fattore scatenante. Ora è Draco a decidere i suoi fattori scatenanti, le determina lui le date degli attacchi e la loro severità, e si attiene rigorosamente alla routine e alla dieta che gli concedono quel lusso.

È semplice, più facile di quanto si possa pensare. È una bella vita.

Draco sbadiglia, beve il tè, e posa lo sguardo fuori della finestra della cucina. Harry è accovacciato vicino alle foglie di menta, con la schiena riscaldata dal sole e i capelli scuri argentati sulle punte. Le sue mani tremano – un fremito che si nota a malapena, mentre tocca le foglie e ne tira via qualcuna per schiacciarla tra le dita.

Draco pensa candidamente di poter indurre prima l’attacco, oggi pomeriggio,. Appena dopo pranzo, forse, quando il mal di testa raggiunge l’apice e inizia a diminuire. La notte sarà ventosa, e gli piacerebbe sentire la brezza sulla pelle nuda, sul divano con le portefinestre aperte e Harry steso sopra di lui e intorno a lui e dentro di lui. La vista sfocata non avrà importanza; prima di iniziare toglierà a Harry gli occhiali, e allora saranno pari.

~ fin ~

  
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