“Alle ore
21 del 24 dicembre, la vostra radio preferita trasmetterà il concerto di
Natale.”
«Pensa che triste»
«Cosa?»
«Seguire il concerto di Natale»
«Perché? Invece è carino, se ci vai con la tua famiglia»
«Intendo sulla radio. Ascoltare la radio la notte di Natale»
«Non credo ci sentiremo soli a tal punto»
Harry annuì sorridendo, e le solite fossette andarono a scavargli le guance,
poi tirò su il capo e dedicò un altro sguardo contemplativo all’albero
addobbato, così pieno di palline da soffocare il verde della pianta. Raccolse
maggiormente le gambe al petto, e io feci lo stesso, ipnotizzato dai suoi
movimenti, dal suo profilo messo in ombra dalle luci gialle provenienti dalla
cucina. Poi aprii una mano e la tenni appena sollevata dal pavimento, lui la
guardò, sorrise un’altra volta e tenne le guance tirate nel sorriso per tutto
il tempo in cui mi strinse la mano, in quel tepore che sapeva di vacanza, di
Natale, di famiglia.
“Sono le 20 e 45 minuti del 24 dicembre e
tra non molto trasmetteremo il concerto di Natale!”
La radio è ormai accesa da un paio di ore, e solo in questo momento mi
accorgo che sto davvero aspettando di ascoltare il concerto di Natale. Così da
rendermi conto di essere “solo a tal punto”.
L’albero è pieno di palline, ne è stracarico, e mi dà fastidio, mi stanca gli
occhi. La voce di Harry è sottoforma di cantilena nella mia testa, e mi dice
“C’è posto per un’altra pallina”, “Mettine ancora una”, “Questa argentata mi
piace, mettila qui”, e allora ho finito per costruire il mio albero di Natale
seguendo le istruzioni dell’Harry esaltato nella mia testa.
Ho detto a tutti di lasciarmi in pace la notte del 24, di non farmi sorprese,
di non venirmi a portare regali o a fare gli auguri, né di Natale né per il
compleanno, perché ho ben altro da fare. Alla mia famiglia ho detto che Harry
mi ha promesso che avrebbe passato la giornata della vigilia con me, in casa,
quella che ci piace considerare ancora nostra, davanti a un film o al camino,
sotto a una coperta, davanti a dolci di ogni tipo. Io e lui. A baciarci un po’.
Perché un suo solo bacio è il più bel regalo di Natale.
Ed è così, me l’ha promesso. Ma so bene che è da un po’ che tutti e due non
riusciamo più a mantenere le nostre promesse. Non lo facciamo apposta, ed è
inevitabile. Questa è la quattordicesima volta che prometto ad Harry di sedermi
su una sedia con faccia risoluta, piazzare una telecamera davanti a me,
metterla in funzione e dire ad alta voce: “Sono
innamorato di Harry Styles” e poi postare il
video su Youtube. O molto più semplicemente
pronunciare la stessa identica frase durante un’intervista. Ma lui sa meglio di
me che non lo farò mai. Chi è codardo per davvero, sino alle ossa e alle
viscere, sa che non guarirà mai da questa opprimente malattia.
Forse Harry ha deciso che è ora di farmela pagare. Forse ha aspettato questo
giorno per recarmi più dolore possibile. E’ vero che dopo aver esortato i
ragazzi a farmi gli auguri su twitter ho proibito a
chiunque altro di mandarmi sms, di farmi telefonate o visite. Perché desideravo
quelle attenzioni da una sola persona, sempre la stessa, il motivo della mia
gioia, delle mie preoccupazioni, la fonte della mia felicità, della mia
sofferenza.
Non ho ancora ricevuto i suoi auguri. E tra poche ore la sua promessa andrà ad
accumularsi al centinaio di promesse che non sono mai state mantenute da
entrambe le parti.
Mi dico che non mi importa, che se ne stia lì, ovunque egli sia, perché ormai
la giornata se l’è bruciata, non mi accontenterò mai di passare solo la notte
con lui. Nel caso dovesse arrivare prima di mezzanotte.
So che non lo farà. E so che la colpa è mia.
“Sono le 23 e 45, e il magnifico concerto
di Natale di quest’anno sta per giungere al termine.”
Ho iniziato a strappare le palline dall’albero senza rendermene conto. Quella d’argento
è stata la prima a rotolare a terra, e in quel tintinnio mi è sembrato di
sentire la voce di Harry resa più acuta e stridula dalla tosse che gli diceva
al telefono che sarebbe tornato apposta per lui, che adesso era lontano, ma che
“Lo prometto, sarò lì con te a
festeggiare”. La palla argentata è la promessa mancata.
La seconda a cadere e a fare un rumore insopportabile è verde e brillante, lo
stesso colore degli occhi di Harry nel momento in cui mi dava gli auguri di
buon compleanno e di buon Natale, seguito da un “Ti amo” che sapeva di morbido
e soffice, forse perché lo associavo alle sue labbra che si posavano d’obbligo
sulle mie, ed erano così morbide che volentieri le avrei mangiate. Quella
pallina verde è rotolata sotto il divano, e rappresenta gli auguri non
arrivati, gli unici che ho aspettato con ansia, fissando per ore il cellulare,
aggrappandomi a speranze vane.
La terza pallina è blu, e la scaravento a terra con tanta forza che si crepa, e
fa lo stesso rumore che ho avvertito al cuore quando ho sentito la radio
annunciare la mezzanotte. Quel blu brillante è lo stesso colore del maglioncino
che lo scorso Natale ho strappato di dosso ad Harry, in un attacco improvviso.
Il modo in cui si sporcava la faccia coi dolci, mi aveva fatto venir voglia di
mangiarlo tutto, un’altra volta.
Sto male, mi sento morire, e non è così che qualcuno dovrebbe permettersi di
passare il Natale. Il concerto s’è concluso, e m’ha fatto schifo. Strappo via
con la rabbia che mi strazia il resto delle palline, rosso sangue, il sangue
che vien fuori quando un nuovo tatuaggio che richiama quelli di Harry si
imprime sulla mia pelle, il sangue che mi sale veloce alle orecchie quando
Harry mi dedica uno sguardo, un sorriso, il sangue che mi provoca un’erezione
quando Harry è a cavalcioni su di me e mi bacia sulla giugulare. Rosso, rosso
come l’amore che ogni giorno si fa più forte, a dispetto della fiducia che
sembra sbiadire, delle promesse infrante, di quelle ancora da fare e ancora da
deludere. Mentre mi allontano dall’albero ormai spoglio, brutto, nudo,
esattamente come mi sento io, mi chiedo se questo nostro amore non stia
diventando follia. Quelle palline rosse ora accumulate sul pavimento forse non
sono solo amore. Forse sto davvero diventando pazzo. L’ultima pallina ancora in
equilibrio su un ramo dell’albero mi cade sul piede nudo.
L’amore non può fare così male.
“E’ passata da poco la mezzanotte, Buon
Natale a tutti i nostri ascoltatori!”
Un’altra promessa infranta, complimenti, Styles.
Mi trascino contro la porta d’ingresso, quasi volessi aspettarlo ancora, e mi
metto a sedere lì, con la schiena a contatto con l’ebano della porta. E finisco
per piangere. Soffro come un cane, e non è così che dovrebbe andare. La pallina
argentata è l’unica a muoversi ancora, devo averla urtata mentre mi trascinavo
per casa. E’ strano che cadendo non si sia frantumata: è la più delicata di
tutte, ed è la promessa infranta di Harry. Perché è ancora integra? Perché rotola
piano verso di me?
Nascondo la testa tra le gambe sollevate, singhiozzo a tratti, e mi dico che l’amore
non può fare così male.
La mattina dopo, occhi gonfi e rossi di pianto, occhiaie larghe e profonde,
odore di Natale che mi infastidisce le narici, trovo dietro la porta un foglio
di carta. Mi tremano le mani mentre lo apro per leggere, e la pallina argentata
fa capolino fuori dalla porta. Segni evidenti di lacrime marcano ogni parola,
talvolta sbavata, talvolta tremolante.
“Dalle 18 di ieri sera alle sei di
stamattina sono rimasto seduto dietro la tua
porta. La mia promessa l’ho mantenuta, ma non c’è stata una volta che tu
abbia mantenuto una delle tue. Guardati allo specchio. Quello che vedi riflesso
sono io ogni volta che mi lasci solo.
Buon Natale.”
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Pure il Natale mi urla “Angst angst”, e mi sono accorta
che questa è la mia prima volta nel POV Louis. E lo so che Harry gli auguri
glieli ha fatti, e che in realtà i due stanotte coroneranno come sempre il loro
amore, ma l’idea di un Louis e un Harry straziati mi piace di più.
Un caldo abbraccio dalla sottoscritta, e Buon Natale!
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Mirokia