1.
WANTED
Nella notte
era difficile distinguere anche solo le sagome dei cespugli che intralciavano il
cammino. L’uomo davanti a lei sembrava procedere come se avesse un radar, come
se potesse conoscere in anticipo quello che la natura intendeva mettergli
davanti. Neppure la costante punzecchiatura della sua bacchetta tra le scapole
rappresentava un segnale di pericolo, per
lui.
Tonks si
scostò velocemente una ciocca di capelli dal volto, utilizzando la mano libera.
Non era un problema mantenere l’andatura di Snape. Era allentata e forte. Anche
se non dormiva da quasi 24 ore, la tensione che le attraversava il corpo e la
mente la aiutavano a non sentire alcuna
sonnolenza.
Forse, se
si fossero fermati, avrebbe ceduto. Si sarebbe seduta e avrebbe chinato la testa
tra le ginocchia, chiudendo gli occhi per un attimo, senza accorgersi che si
stava addormentando. Ma Snape non si sarebbe fermato. La loro meta era quasi
raggiunta, il paese era vicino.
Tonks
continuò a fissare la schiena di Severus
Snape.
Feroce
assassino e libero prigioniero dell’Ordine della
Fenice.
Feroce
assassino e latitante per il Ministero della
Magia.
Nessuno
all’interno dell’Ordine si era opposto alla proposta fatta da Remus Lupin di
tenere nascosta la cattura di Snape alle autorità del Ministero. Da quasi tre
mesi operavano tutti nella completa clandestinità. Lavoravano e vivevano tra la
gente, agivano nel silenzio e al buio. Neppure Minerva McGrannit era al corrente
di tutte le loro azioni. Adesso avevano un unico obiettivo: proteggere Harry
Potter. Il resto, tutto il resto, era in mano di quel ragazzino di 17 anni,
chiuso a Godric’s Hollow con i suoi due amici.
I motivi
che li avevano portati a scegliere di tenere Snape in vita e in silenzio erano
tanti, ma soprattutto era stato il testamento lasciato, in mano a Lupin, dallo
stesso Silente. Un testamento scritto a mano e autenticato da un sigillo
impresso dalla spada di Godrick Griffondoro, spada che adesso riposava a fianco
di Harry Potter.
Quel
testamento conteneva solo poche indicazioni. La prima richiesta di Silente era
di passare a Remus Lupin il comando dell’Ordine, se così ritenevano i suoi
membri, o in alternativa a Minerva
McGrannit.
“L’alternativa,” aveva sogghignato Remus leggendolo, “credo fosse la mia
morte. Ma per ora sono qui e mi rendo disponibile a farlo, se siete d’accordo.”
Anche Minerva sorrise, dato che aveva pensato esattamente la stessa cosa.
Silente sapeva come descrivere la realtà in un modo tutto
suo.
Pochi
avrebbero dubitato della capacità di Remus di far fronte alle difficoltà e di
usare con velocità e astuzia il suo cervello. Non c’erano sentimenti di
competitività o di voglia di primeggiare nel gruppo. Avrebbe tolto il tempo e le
energie che erano necessarie ad affrontare quel periodo di battaglie. Era una
responsabilità enorme quella che Remus si era reso disponibile a prendere sulle
sue gracili spalle e gli venne riconosciuta
all’unanimità.
La seconda
richiesta era quella di proteggere Harry Potter, ma nessun membro dell’Ordine
avrebbe mai pensato il contrario. E Molly Weasley lo aveva ben sottolineato
esclamando, “Vorrei proprio vedere se non venisse fatto!” lasciando così
presagire a tutti i presenti quale sarebbe stata la loro sorte se solo avessero
provato a dubitare di quella priorità.
La terza
richiesta era proprio quella di scegliere la clandestinità. Questa opzione era
stata proposta e votata ancor prima di leggere il testamento di Silente. Nessuno
dei partecipanti sentiva di avere ancora dei legami di lealtà o di fiducia verso
i responsabili del Ministero della Magia, mentre sentivano tutti una forte
responsabilità e lealtà verso tutto il mondo magico. Anche Arthur Weasley aveva
votato a favore, sostenuto dai figli cinque figli presenti in quel momento e
dalla moglie.
C’erano poi
alcune sottolineature di Silente rispetto all’uso di alcuni sistemi di sicurezza
magici da lui creati e che dovevano essere modificati o eliminati. Compresa la
sede di casa Black, ritenuta poco sicura.
Silente
aveva anche indicato quali dovevano essere gli obiettivi dell’Ordine per stanare
i Mangiamorte e aiutare Harry con Voldemort. In base alle informazioni che era
riuscito a raccogliere proponeva loro anche un possibile scenario per i prossimi
mesi.
L’ultima
richiesta aveva sollevato invece molte perplessità, anche se nessuno aveva osato
dissentire con troppa decisione.
Erano
riuniti a casa di Remus Lupin, un tugurio perso nella periferia di Londra. Era
composto da una camera e un salotto con cucina, un piccolo bagno e un ingresso
con ripostiglio. Ci si muoveva a stento tutti insieme, ma per una riunione
poteva anche essere sufficiente.
Tranne nel momento in cui qualcuno avesse avuto bisogno del bagno e
quindi di spostarsi da un lato all’altro del salotto, costringendo i presenti a
forzati contorsionismi per dargli lo spazio sufficiente per mettersi in piedi e
camminare. Aprire e chiudere la porta del bagno era legato alla bontà d’animo di
Malocchio che si alzava e si spostava per lasciare al malcapitato lo spazio
sufficiente per entrare e uscire. In realtà ci aveva provato solo Fred Weasley,
ma nessuno aveva osato imitarlo. Aspettavano la fine della riunione e la
possibilità di tornarsene a casa propria.
Del resto
un lupo mannaro non aveva la possibilità di aspirare a qualcosa di più
accogliente, con un misero sussidio di disoccupazione. E Remus non traeva nessun
piacere dall’usare la magia per arredare uno spazio che usava solo per dormire
e, quando capitava, mangiare.
Erano
seduti in quella claustrofobica casa da quasi due ore, quando Remus aveva letto
quella parte del testamento. Per quanto avesse controllato il tono della voce
era chiaro che ne era rimasto sorpreso anche
lui.
Molto
semplicemente e molto spietatamente, Silente descriveva quello che era successo
la sera della sua morte, specificando chi avrebbe agito e in che
modo.
Il
testamento era stato scritto più di un mese prima della morte del Preside,
chiuso e sigillato e consegnato personalmente da Silente a Fanny, con precise e
rigide regole per la consegna. Fanny l’aveva lasciato nelle mani di Remus il
giorno del funerale. Erano tre semplici fogli di pergamena, protetti da un
incantesimo di Invisibilità che rendeva il testo leggibile solo a chi era in
possesso della parola d’ordine. E Silente aveva provveduto ad inviarla a Remus
quasi un anno prima, chiedendogli di imparare a memoria una stupida frase perché
gli sarebbe stata necessaria in futuro. Tutti questi elementi avevano fatto
comprendere al gruppo che la morte di Silente non era stata accidentale, ma un
evento programmato. I motivi di questa scelta non erano stati spiegati nel
testamento, mentre era stata indicata loro la strada per raggiungere anche
quell’obiettivo.
Nel suo
testamento Silente chiedeva loro di “prendere in consegna” Severus Snape prima
che lo facesse il Ministero della Magia. Di “proteggerlo perché aveva agito per
espressa sua richiesta”. Di “ascoltare il suo racconto e i motivi del suo gesto,
ma anche gli elementi di conferma che avrebbe fornito”. Di “condurlo con le
dovute precauzioni e la necessaria protezione” in un luogo sicuro, lontano dai
Mangiamorte e dal Ministero della Magia, e di “lasciar decidere a lui il proprio
destino, una volta condiviso con loro le informazioni in suo
possesso.”
Ascoltare
Severus Snape che spiegava cosa l’aveva portato ad uccidere Silente era
doloroso, ma anche necessario. Tutti desideravano conoscere i piani di Albus
Silente, i motivi della sua decisione, ma doverlo fare attraverso la voce di
Severus Snape rendeva la situazione penosamente
assurda.
Ne avevano
discusso a lungo, lasciando a tutti lo spazio di esprimersi, commentare,
proporre, anche utilizzando un linguaggio poco cortese. E descrivendo Severus in
modo decisamente insultante.
Ancora una
volta Remus, sostenuto da Arthur, si era dimostrato all’altezza del suo nuovo
ruolo.
“Credo che
nessuno di noi desideri ascoltare Severus. Nessuno di noi ha motivo di
condividere quello che Severus ha fatto. Nessuno di noi approva la scelta di
Silente di proteggerlo e renderlo, a quanto dice questo testamento, l’esecutore
materiale della volontà dello stesso Silente. Avremmo preferito che lo stesso
Albus Silente fosse stato qui a spiegarci quello che è successo. Ma non possiamo
farlo. Dobbiamo affidarci alla voce di Severus per ascoltare quella di
Silente.”
Remus aveva
lasciato che il silenzio facesse penetrare del tutto le sue parole. Aveva
guardato tutti negli occhi, comprendendo le schegge di rabbia e di delusione che
vedeva in molti dei suoi compagni. Poi si era soffermato su Arthur, sollecitando
il suo parere con un cenno della testa. Il signor Wealsey era molto apprezzato
dal resto del gruppo per la pacatezza e la lucidità delle sue
osservazioni.
“Immagino
che sarà difficile ascoltare Severus e accettare che le sue parole siano quelle
di Albus. Vorrei che tutti noi facessimo molta attenzione non solo alle
informazioni che possiede, ma anche agli elementi di conferma che ci darà. Posso
dire solo, con certezza, che a fronte di questa richiesta di Silente, adesso più
che mai, desidero avere Severus qui con noi e potergli parlare direttamente.”
Molti annuirono decisi.
“Inoltre,”
aggiunse quasi immediatamente Arthur, “noi abbiamo le capacità per usare al
meglio le informazioni che ci darà. E Severus ha tutto da guadagnare dal parlare
con noi piuttosto che con il Ministero della Magia. E non credo che gli stessi
Mangiamorte lo accoglierebbero a braccia aperte dopo anni di servizio a
Silente.”
“Tu parti
dall’ipotesi, come Remus, che Severus abbia agito per decisione di Silente e non
di Tu-Sai-Chi…” sottolineò Malocchio. “Neppure un dubbio?” gli chiese
ironico.
“Non dopo
aver sentito da Silente che era stato programmato da lui stesso,” gli rispose
Arthur, accennando al fogli o di pergamenato in cui c’era il testamento.
“Silente ha voluto arrivare alla Torre quella sera. Chiedendo l’aiuto di
Severus. L’unico disposto a farlo, sottolinerei… Questa scelta deve avere un
motivo.”
Tutti
accolsero quest’ultima affermazione come
insindacabile.
“Bene,”
sospirò Remus. “Chi si rende disponibile alla caccia a Severus
Snape?”
Ancor prima
che avesse terminato la frase, i cinque fratelli Weasley alzarono la mano senza
indugio. Con minor velocità, ma altrettanta determinazione, si aggiunsero le
mani di tutti gli altri.
Remus
sorrise. “Credo di dover essere io a guidare il gruppo, per evitare spiacevoli
incidenti particolarmente dolorosi per Severus… Kingsley, Charlie, Arthur ed
io,” elencò lentamente. “Minerva mi sostituirai?” le chiese. Lei si limitò ad
annuire.
“Fred,
George e Molly vi occuperete di preparare, con Malocchio, una base sicura nella
quale mandare Severus una volta che avrà parlato con noi. Non voglio nulla di
mortale!” sottolineò. “Proprio per questo l’ultima parola sulle vostre decisioni
l’avrà sempre Molly.” I gemelli Weasley accennarono ad una protesta, accolta con
uno sguardo determinato dalla madre, sguardo che li ridusse al
silenzio.
“Ginny,” le
disse Remus, sorridendo, “andrai da Harry, Ron e Hermione ad avvisarli di quello
che stiamo per fare e ti accerterai che Harry non si muova. Ascolta solo te, in
questo periodo.” Ginny annuì, decisa come
sempre.
“Tutti gli
altri si riorganizzeranno per mantenere i compiti già stabiliti. Deciderà
Minerva. Sarà un peso non indifferente, ma spero per poco tempo. Grazie a
tutti,” concluse.
Lentamente
il gruppo si disperse. Si vedevano così spesso ultimamente che non era neppure
necessario fermarsi a chiacchierare per chiedere notizie gli uni degli
altri. Uscirono tutti mesti e
silenziosi. Non era stato piacevole capire che la morte di Silente non aveva in
realtà nessun colpevole, nessuno con il quale arrabbiarsi.
Ripensando
a quella sera, Tonks si chiede perché aveva accettato di scortare Snape nella
sua nuova dimora e di essere testimone delle sue decisioni, adesso che tutto
l’Ordine della Fenice era a conoscenza di quello che Silente aveva
organizzato.
Era una
notte stellata, grazie ad un cielo invernale terso e privo di luci artificiali.
Si trovavano in piena campagna inglese, tra colline coperte di brina e corsi
d’acqua ghiacciati. Il fiato di entrambi si perdeva, bianco e vaporoso,
nell’aria. Non parlavano da quando erano partiti. Nessuno dei due aveva
interesse per intrecciare una conversazione e non avevano nulla da raccontare
l’uno all’altro.
All’improvviso Tonks pensò che forse Snape non aveva neppure più la forza
di parlare, dato che lo aveva fatto per almeno quattro ore, davanti all’Ordine.
Era stato
catturato tre giorni dopo la loro riunione. Si era fatto catturare tre giorni
dopo la loro riunione. Non era possibile parlare di tentativo di fuga o di
nascondiglio organizzato. Snape era ritornato nella sua casa di Spinner’s End,
la stessa in cui si rifugiava da anni. Quando Remus aveva bussato alla porta,
aveva aperto dopo pochi secondi, come se si aspettasse il loro arrivo. Era, se
possibile, ancora più magro e scavato in volto. La barba lunga, i vestiti logori
e rattoppati. Non s’era traccia del professore di Hogwarts. Era un
fuggiasco.
Remus si
era trattenuto dal dare voce alle considerazioni che gli erano salite
immediatamente alla bocca. C’era una tale somiglianza tra quel Severus Snape e
Sirius Black, fuggito da Azkaban, da pensare che potessero essere fratelli. Non
solo per l’aspetto dimesso, i capelli lunghi e rovinati o l’espressione
diffidente, ma soprattutto per quel lampo di follia che pervadeva lo
sguardo.
Snape aveva
osservato Remus, Arthur e Charlie con attenzione, in silenzio, senza chiedere il
motivo di quella visita. Aveva cercato il loro sguardo, sfidandoli a
ricambiarlo, come se volesse misurare la loro forza, la loro tempra. Erano in
grado di guardare negli occhi l’assassino di Albus Silente? Remus le aveva
descritto in questo modo la scena. Durante la cena di quella stessa sera, a casa
Weasley, aveva tentato di descrivere il momento in cui la porta della casa si
era aperta e Severus Snape era comparso sulla
soglia.
“Nero come
la notte,” aveva detto Charlie. “E sicuro di sé. Pronto a seguirci, come se
sapesse di poter fare solo questa scelta.”
“Folle,”
aveva aggiunto Remus. “Follia per la quale non riesco a trovare una ragione, per
ora. Sirius aveva lo stesso sguardo, ma la sua follia era legata al desiderio di
vendicare James e uccidere Peter. Quella di Severus…” e si era limitato a
scuotere la testa, perplesso.
“La follia
di un uomo morto…” aveva concluso Arthur, quasi
sottovoce.
Tonks aveva
sentito i brividi correre lungo la schiena, il gelo penetrarle nelle braccia e
nelle gambe. Si era guardata attorno e aveva visto lo sgomento anche negli
altri. Molly con un piatto in mano guardava il marito, incredula che potesse
aver detto qualcosa di così crudele. Remus scuoteva leggermente la testa in
segno di assenso con quanto era stato detto. Charlie osservava suo padre come se
avesse compreso solo in quel momento quale era la situazione. Anche i gemelli e
Bill aveva la stessa identica espressione in
volto.
Severus era
un uomo morto, ormai. Lo era diventato la notte in cui Silente era morto.
Nessuno aveva più motivo di volerlo in vita. Per i Mangiamorte aveva raggiunto
il suo obiettivo. Harry Potter non era più alla sua portata, fuori Hogwarts. E
quindi lui era inutile. Un uomo braccato non poteva neppure aiutare in
battaglia. Per il resto del mondo della Magia era colpevole di un omicidio per
il quale non era prevista alcuna scusante.
Il giorno
dopo la cattura Snape era stato ascoltato dall’Ordine. Remus lo aveva ospitato a
casa sua e gli aveva anche fornito il necessario per pulirsi e
cambiarsi.
Quando era
arrivato per l’interrogatorio, aveva i capelli puliti e raccolti con un laccio
sulla nuca. La faccia appariva ancora più magra, il naso ancora più adunco. Solo
gli occhi brillavano, tanto lucidi da pensare che fosse preda di febbre alta.
Non si era rasato e questo gli conferiva un aspetto secco e pungente. Qualcuno
gli aveva procurato un maglione blu scuro, di lana grossa, anche un po’ troppo
aderente alla sua figura, facendone così risaltare l’eccessiva magrezza, come
pure i jeans scoloriti e rovinati che sicuramente appartenevano a Remus. Uno dei
due doveva aver fatto un incantesimo per allungarli, rendendoli adatti a
Severus. Come scarpe erano stati procurati degli scarponi pesanti. Per la prima
volta Tonks si accorse di quando era giovane. E riuscì a vedere l’uomo e non più
solo il Professore. Un giovane uomo chiamato a spiegare i motivi delle sue
azioni ad un gruppo di altri uomini e donne che avevano perso il loro punto di
riferimento proprio per mano sua. Tonks si chiese cosa potesse provare Snape in
quel momento. Al suo posto lei sarebbe stata terrorizzata per quello che doveva
e poteva dire. Non c’era modo di giustificare la sua azione, non c’era modo di
motivare la sua azione. Anche affermare, come oramai avevano accettato tutti,
che era stato Silente a decidere il tutto, non avrebbe diminuito l’odio che
tutti i presenti sentivano per lui.
E invece,
ancora una volta, fu un Weasley a modificare le cose. Molly sbucò dalla cucina
con un piatto sul quale era posato un sandwich di verdura e carne e lo posò sul
tavolo nel posto accanto a quello di Remus.
“Severus…”
lo chiamò con fermezza.
Lui si girò
di scatto, catturando subito lo sguardo della donna. Si muoveva come una bestia
braccata, pensò Tonks. Pronta ad attaccare pur di
vivere.
“Te lo
lascio qui, con la birra…” e appoggiò il boccale accanto al
piatto.
Tonks non
riuscì a vedere l’espressione di Snape, che continuò a girarle le spalle. Ma
qualsiasi risposta avesse dato, ottenne un piccolo sorriso da
Molly.
Persa in
questi ricordi, Tonks inciampò su un radice di un albero che spuntava dal
terreno. Diede un piccolo grido, ma riuscì a mantenersi in piedi. Davanti a lei
Snape si girò di scatto, bloccandosi. Per non cadere a terra, Tonks allungò le
mani alla ricerca di un sostegno e trovò solo lo sterno di Snape. Le mani si
appoggiarono, aperte, sulla lana umida del giaccone dell’uomo. E Tonks sentì la
forza di quello scheletro d’uomo. Anche se lei gli era piombata addosso senza
alcuna possibilità di controllarsi, lui aveva resistito alla sua involontaria
spinta ed era rimasto immobile.
“Posso
suggerire,” le disse, con voce roca, “di guardare dove appoggia i piedi, Miss
Tonks?”
Lei
arrossì. Odiava quel tono ironico e saccente. Odiava quell’espressione di
derisione e di superiorità che ancora Snape riusciva a trovare in se stesso.
Accidenti! pensò Tonks, era lei a dover scortare e controllare lui, non
viceversa. Che mostrasse un po’ di rispetto, vecchio
gufo!
Probabilmente qualche parte del suo ragionamento trasparì dalla sua
espressione perché Snape ebbe il guizzo di un sorriso. Poi le prese i polsi tra
le mani e la allontanò da sé, si girò e riprese a camminare. Tonks, irritata
oltre ogni limite, per quel gesto così irrispettoso del suo ruolo, si avviò
dietro di lui con maggiore vigore, piazzando nuovamente la sua bacchetta tra le
scapole dell’uomo.
Il resto
del viaggio proseguì in silenzio e Tonks cercò di evitare ogni ricordo o
fantasticheria che potessero distoglierla dal mettere i piedi al posto giusto,
sul sentiero. Si vedevano già le luci del paesetto dove i gemelli e Molly
avevano trovato per lui un nascondiglio.
Remus era
stato categorico nel costringere Severus a prendere con sé un Auror come
guardiano e come protezione. Era necessario che rimanesse in vita, mentre
venivano controllati i particolari che aveva fornito sui motivi della scelta di
Silente. Remus era partito il giorno dopo l’incontro per comunicare ad Harry
quello che era emerso e aveva lasciato precise istruzioni affinché
quell’incarico venisse affidato a Tonks.
Tonks aveva
chiarito a Arthur quale fosse la sua opinione su Remus, sulle sue abilità
intellettuali, sulle sue competenze di uomo, sul suo futuro e in generale sulla
sua persona. Le aveva urlare per la precisione. Poi le aveva scarabocchiate su
una pergamena e le aveva inviate al suo capo. Arthur si era limitato ad
ascoltare le sue osservazioni, seduto al tavolo di casa di Remus, mentre Molly
finiva di preparare la cena per coloro che sarebbero passati di là in serata.
Anni di esercizio con sette figli lo rendevano immune dalla maggior parte delle
invettive. Semplicemente le ascoltava, migliorando la sua abilità nel non
reagire.
Tonks non
si era posto il problema, allora, di quello che Snape poteva aver sentito, dato
che si trovava nella camera da letto, oltre la porta alle sue spalle. Ma se lo
pose adesso. Stava dormendo in quel momento? Sempre che fosse stato possibile
dormire mentre lei urlava. Oppure aveva ascoltato tutto? Comprese le sue
osservazioni sulla possibilità che il Professore di Pozioni non fosse un uomo,
ma un discendente diretto di un’unione tra un drago e una scimmia. Oppure le sue
ipotesi sulla sua capacità di procreare. Facendo attenzione a non staccare la
punta della sua bacchetta dalle scapole dell’uomo, cercò di immaginare come
Non appena
scorsero la prima casa del paese, entrambi si
fermarono.
“Adesso mi
seguirete, Professore, fino al rifugio. Restate al mio fianco,” gli disse Tonks,
guardando la strada davanti a sé per individuare i riferimenti che le erano
stati dati e limitandosi ad un’occhiatina veloce
all’uomo.
“Immagino
che tu sappia dove siamo diretti, ragazzina,” osservò
Snape.
“Preferisco
quando mi chiamate Miss Tonks!” disse
seccamente.
“Oh, mi
scusi, dolce Miss. Sa dove siamo diretti?” le chiese guardandosi attorno. Aveva
sussurrato il suo nome come fosse il suono di un
serpente.
“Certamente!”
“Allora
perché siamo fermi? Problemi di orientamento?” Le lanciò
un’occhiatina.
“È stato in
silenzio per tutto il viaggio. Deve proprio parlare ora?” chiese Tonks,
individuando finalmente il lampione che indicava la strada per raggiungere la
casa dove rinchiudere quell’uomo.
“Mi
sembrava molto concentrata nel tentare di trovare dei motivi per essere qui. Non
voleva disturbarla, dolce Miss.” Snape seguì il suo sguardo e vide la
strada.
“La smetta
di chiamarmi dolce Miss. Sono Tonks!” disse seccamente puntandogli la bacchetta
contro una spalla, con sguardo inferocito.
“Oh,
davvero?” le chiese, sorpreso.
Tonks
chiuse per un attimo gli occhi e prese un profondo respiro. Poi, senza più
degnarlo di uno sguardo, partì a passo spedito verso il lampione. Snape le si
mise a fianco.
Entrarono
nel paesino seguendo la strada principale, costeggiata in entrambi i lati da
piccole casette di uno o due piani, costruite in mattoni. Erano apparentemente
tutte uguali. Ogni tanto si notava la presenza di un negozio o di un ufficio.
Camminarono per alcuni minuti, superarono una piazza, con un palazzo adornato
con una bandiera e una chiesa e passata una curva, Tonks vide il secondo segnale
che le era stato dato. Un portone rosso. Doveva solo contare altri tre ingressi
e il quarto sarebbe stato il loro.
Mentre
camminavano Tonks si rese conto che c’erano alcune donne in piedi, davanti al
portone di una casa. Era dall’altro lato della strada, rispetto a dove erano
diretti, quasi di fronte. Erano le uniche persone che osavano rimanere
all’aperto a quell’ora della sera. Stavano chiacchierando, ma c’era qualcosa di
sbagliato in quell’immagine. Qualcosa che le fece scattare un segnale di
allarme. Quattro donne. Sole. In una serata gelida. Davanti ad una casa. Vestite
anche pochino, secondo lei. Il suo mantello di lana le era appena sufficiente,
con berretto, guanti e sciarpa, per ripararla dal freddo pungente. Quelle donne
indossavano solo gonna e maglioncino. Gonne corte, inoltre. A qualcuna
s’intravedeva anche il bordo della calza, e il gancio della
giarrettiera.
Nel preciso
istante in cui quel particolare le balzò alla vista, un unico pensiero arrivò al
suo cervello.
Fred e
George Weasley.
Quasi si
bloccò sulla strada, proprio davanti al gruppo di donne. Respirando
profondamente, tentò di distogliere lo sguardo, preparandosi mentalmente ad
uccidere i due ragazzi. Doveva solo capire il ruolo di Molly in tutto
quello.
“Ehi,
tesoro!” chiamò una delle donne. Tonks si girò, ma non stava parlando con
lei.
“Perché non
lasci tua figlia per questa sera e ti dedichi a noi?” continuò la
donna.
Tonks
guardò in alto, verso il volto di Snape e lo vide con gli occhi socchiusi, lo
sguardo rivolto al gruppetto di donne. Ma rimase in
silenzio.
“Andiamo,
tesoro!” aggiunse un’altra del gruppo. “Non lasciarti distrarre dai tuoi doveri
con quella bambina…” e allungò una gamba verso di loro, lasciando che la gonna
risalisse leggermente.
Tonks si
sentì arrossire. E accelerò il passo.
“Vedi,
tesoro,” continuò la donna, “ti lascerebbe con
noi…”
Tonks si
fermò e si girò a guardare Snape. Era ancora fermo a due metri da lei. Guardava
il gruppetto di donne. All’improvviso, spostò lo sguardo su di lei. Sembrava
proprio intento a valutare la situazione. Ma poi le si
avvicinò.
“Noi siamo
qui, se cambi idea dopo averla messa a letto…” gli disse la prima donna,
vedendolo allontanarsi.
Tonks
velocemente prese le chiavi della casa e aprì il portone
d’ingresso.
“Lumus!”
sussurrò. E tutte le candele di casa si accesero. Alle sue spalle sentì Snape
chiudere la porta.
“Immagino
che la scelta del posto abbia coinvolto i gemelli Weasley,” commentò l’uomo,
pacatamente.
“Già…”
assentì Tonks. Poi si avviò lungo il corridoio d’ingresso, osservando la
casa.
“Siamo in
zona babbana…” osservò Snape. “Come mai questa
scelta?”
“Non mi
hanno dato spiegazioni. Lo chieda a Molly, se vuole,” rispose brusca Tonks. In
fondo al corridoio si apriva il salotto e a fianco una cucina. Erano collegati,
anche se avevano due ingressi indipendenti. Uscendo dalla cucina, vide che Snape
era ancora fermo vicino all’ingresso e la guardava. Dopo un breve sguardo,
ricambiato, salì al piano di sopra, lasciandolo da solo. C’erano due stanze dal
letto e il bagno.
“C’è un
solo bagno! Spero che non ci saranno problemi nell’averlo in comune!” disse
scendendo le scale e osservando il soffitto. Era stata pulita molto bene, quella
casa. Percepì l’ombra di Snape in fondo alle scale solo all’ultimo momento e si
fermò, assicurandosi di rimanere più in alto di lui. La fissava negli occhi con
tranquillità. Per un attimo le sembrò un sogno surreale nel quale stava cercando
casa con quell’uomo. Strinse leggermente gli occhi per il fastidio che le
provocava quell’idea.
“Cercherò
di usarlo in meno possibile…” le disse,
placido.
“Preferirei
che si lavasse spesso!” ribatté lei.
“Qualcosa
da dire sul mio periodo da fuggiasco?” le chiese. Severus sapeva bene che non
c’era stata occasione per lui di lavarsi e lavare i suoi vestiti troppo spesso
in quei mesi e questo era stato chiaro a chiunque lo avesse avvicinato prima
dell’arrivo a casa di Remus. Tonks era lì, intenta a guardare delle mappe su un
tavolo quando lui era entrato nell’appartamento, quando Remus lo aveva portato
con sé, e doveva aver colto quel lato dell’esperienza. Dal suo aspetto e dal suo
odore.
Non l’aveva
certamente resa partecipe del suo profondo disgusto per quella situazione di
sporcizia forzata. A volte aveva preferito barattare qualche misero soldo con la
possibilità di un bagno piuttosto che con un po’ di cibo. Era insopportabile
doversene stare senza lavarsi per intere giornate, se non aveva l’occasione di
fare qualche incantesimo e approfittare di qualche ignaro babbano. Facendo
attenzione a non farsi individuare da una squadra di controllo del Ministero
della Magia. Aveva sempre fatto affidamento sulla presenza di Arthur nel caso in
cui qualcuno avesse segnalato un uso improprio della magia nel bagno e nella
cucina di un babbano.
“Hanno già
trasfigurato i bagagli?” gli chiese, facendo un cenno al
corridoio.
Snape la
guardò per un attimo e poi sembrò accogliere la sua richiesta. Si spostò e la
lasciò scendere. Tonks gli passò accanto, sfiorandogli il petto con una spalla,
camminando impettita. Davanti alla porta era comparso il suo baule e una piccola
sacca di pelle usata.
“Tutto
qui?” gli chiese, senza girarsi.
“Meglio
viaggiare leggeri se si scappa,” si limitò a commentare
Severus.
“Domani
andremo a compare qualcosa,” aggiunse lei sollevando il baule con un colpo di
bacchetta e facendolo volteggiare verso le scale. Snape si appoggiò alla parete
del corridoio per non esserne travolto e la guardò con un sorriso
ironico.
“Hai il
compito di sorvegliarmi o di uccidermi, Miss
Tonks?”
“Il dovere
e il piacere non sempre coincidono!” gli
rispose.
“Lo so.
L’ho imparato a mie spese,” disse distogliendo lo sguardo da lei, con
espressione dura, quasi cattiva.
Per la
prima volta da quell’estate, Tonks sentì un lampo di pietà per Snape. Lei lo
odiava per quello che aveva fatto e lo riteneva colpevole della sua scelta di
assecondare Silente. Ma adesso si rese conto che Snape era a conoscenza da mesi
delle richieste del Preside. E da mesi aveva accettato. Doveva sentirsi
colpevole e odiarsi da molto tempo. E non poteva ribellarsi o rifiutare.
Rifiutare non lo avrebbe portato solo alla morte, ma anche a tradire un uomo che
si fidava di lui e della sua lealtà.
Un po’
della pietà passò dai pensieri al volto di Tonks e Snape la vide.
Immediatamente, prese l’espressione feroce di sempre. Quella del
Professore.
“Non
permetterti di provare pietà, Miss Tonks!” sputò con rabbia. “Mai. Odiami, ma
non provare pietà, quando sei con me!”
Tonks
rimase in silenzio, offesa per quella richiesta e gli passò davanti, seguendo il
baule. Ancora una volta la spalla si appoggiò per un attimo allo sterno
dell’uomo. Quella casa era sempre più piccola. E Snape sempre più
presente.
Tonks salì
le scale senza programmare dove stava andando. Cercava solamente di sottrarsi
alla puntigliosa presenza di Snape. Si infilò nella prima camera del piano
superiore, quella più lontana dal bagno. Lasciò cadere il baule in centro alla
stanza e con un aria annoiata lanciò un incantesimo silenzioso, lasciando che
gli indumenti si riponessero nell’armadio, i libri negli scaffali, le scarpe nel
terrazzino e il necessario per il bagno… si
fermò.
Non poteva
permettersi di lasciare tutto quello che lei usava in bagno, alla portata delle
mani e degli occhi di Snape. Non intendeva commentare con lui la scelta della
crema da viso o del fondotinta. Per non parlare di altri accessori più intimi.
Lo appoggiò sul comodino vicino al letto.
Attorno a
lei c’era il silenzio. Cercò di ascoltare i rumori della camera accanto, ma non
si sentiva muovere nulla. Poi il tintinnio di un oggetto in metallo sbattuto
contro un altro, le fece capire dove si trovasse il suo
prigioniero.
Scese le
scale e lo raggiunse in cucina. Stava preparando dell’insalata e, in una
padella, sfrigolavano delle salsicce. Tonks rimase a guardarlo con sorpresa e
ammirazione. Si stava muovendo in cucina come se fosse il suo ambiente naturale.
Tagliava, mescolava, controllava la cottura senza usare la magia,
destreggiandosi come un babbano.
“La
carriera di fuggiasco prevede anche lezioni di cucina babbana?” gli chiese,
appoggiandosi con un fianco e una spalla allo stipite della
porta.
“No,” le
rispose Snape senza alcun segno di sorpresa al suono della sua voce, “ma mi
piace farlo.”
“Chi ti ha
insegnato?” gli chiese sorpresa.
“Mia
madre,” le rispose facendo sfrigolare un pezzo di pane in un’altra padella per
qualche secondo. Poi lo prese con una spatola e lo porse a
Tonks.
Tonks lo
prese e lo addentò immediatamente, gustando il sapore del burro fuso. Aveva
decisamente fame. E probabilmente anche lui. La fatica si dileguò un
poco.
“Ho preso
la prima camera da letto,” gli annunciò.
“D’accordo…” commento laconico. “Ho messo il mio borsone nella seconda.
Apparecchia la tavola, Miss Tonks,” le disse con il solito tono
dittatoriale.
Troppo
affamata e troppo stanca per ribattere, Tonks cercò il necessario nella cucina.
Trovò piatti, bicchiere e posate, un po’ di tovaglioli bianchi, ma nessuna
tovaglia, né qualcosa che potesse assomigliarvi. Allora cercò due canovacci
della cucina, i più colorati e li usò come sottopiatti. Piton, terminato il suo
compito di cuoco, la guardò, le mani appoggiate sul mobile vicino ai fornelli,
il corpo inclinato all’indietro e rilassato, gli occhi affaticati quanto quelli
di Tonks. Non sarebbe riuscito a fare un altro centinaio di metri, quella sera.
Si sentiva sfinito, anche se non avrebbe mai dato la soddisfazione di scoprirlo
a quella ragazzina. La prospettiva di un vero letto, con un materasso e delle
lenzuola e di una doccia calda… anche mangiare gli sembrava una perdita di
tempo. Riscuotendosi dal torpore della sonnolenza, afferrò la padella con le
salsicce e ne mise due a testa nei piatti. Poi prese la terrina con l’insalata
e, sedendosi, la porse a Tonks, che nel frattempo si era già infilata in bocca
un pezzo di carne e masticava soddisfatta. Senza degnarlo di uno sguardo prese
anche l’insalata e si riempì il piatto. Continuò a mangiare con tenacia,
gustando ogni singolo boccone. Non sembrava particolarmente ingorda, ma
apprezzava quello che aveva nel piatto. Lui invece sbocconcellò la salsiccia,
arrivando a mangiarne una e qualche boccone di insalata. Era decisamente troppo
stanco.
“Scusami,
Miss Tonks,” le disse alzandosi, mentre lei terminava di mangiare l’insalata
direttamente dalla terrina. “Se non hai nulla da obiettare, andrei a farmi una
doccia e poi a dormire.”
Tonks ebbe
la precisa sensazione che se anche lei avesse avuto un’opinione diversa, lui
avrebbe fatto esattamente quello che le aveva detto. Nulla di diverso. Quindi si
limitò a dargli le informazioni basilari.
“Mi piace
trovare il bagno pulito. La casa è stata sistemata da Remus per quello che
riguarda le misure di sicurezza, anche se lui mi ha detto di dirle che sa
benissimo che non servono a nulla dato che il prigioniero era solito ottenere
voti migliori dei suoi in Difesa Contro le Arti Oscure. Quindi mi ha
raccomandato di non dirgliele per avere almeno la soddisfazione che possa
scoprirle da solo.” Si fermò per riprendere fiato. Si accorse con Piton la
guardava, ma non la ascoltava. “È chiaro?” gli
chiese.
Snape
annuì, lentamente. “Abbiamo una sveglia,
domani?”
“Io mi
sveglio comunque verso le sette,” gli rispose. “La chiamo verso le sette e
mezzo, così il bagno è già libero.”
“Mi piace
trovare il bagno pulito…” si limitò a ribattere lui, scimmiottandola. E senza
dirle altro se ne uscì dalla cucina, diretto alla camera da
letto.
Tonks
scosse la testa, sconsolata. Una settimana con un uomo così loquace poteva farti
dimenticare ogni lato positivo del genere maschile. Terminò di mangiare tutta
l’insalata e poi lavò i piatti e sistemò le
stoviglie.
Dopo poco
più di 30 minuti anche Tonks era pronta per andare a letto. Si avviò sulle scale
che conducevano al piano superiore, cercando di capire dai rumori della casa,
dove si potesse trovare Snape. Sentì aprire e chiedere lo sportello di un’anta
del bagno e poi il rumore dell’acqua.
Si fermò quasi in cima alla scala per osservare meglio la situazione.
L’unica luce del corridoio arrivava dal bagno, anche se la porta era socchiusa.
Il rumore dello spazzolino che si muove sui
denti.
Poi si aprì
la porta. Snape ne uscì con un asciugamano stretto ai fianchi e lungo quasi fino
a terra, arrossato dal calore dell’acqua. Si era lasciato la barba, fu il primo
pensiero. E dovrebbe decisamente tenere i capelli legati dietro il collo.
Appariva vulnerabile. Ancora più giovane.
Snape si fermò, sorpreso di vederla
lì.
“Ho
sistemato il bagno, Miss Tonks. Puoi controllare, se vuoi.” E nel dirlo si avviò
alla sua camera, chiudendosi la porta alle spalle prima che Tonks potesse anche
solo formulare un pensiero.
Lentamente
Tonks raggiunse la propria camera. Non riusciva a togliersi dalla mente
l’immagine di Snape che aveva appena visto. Non era certamente l’uomo più bello
o sensuale o anche solo attraente che avesse visto a petto nudo. Le era sembrato
ancora più magro e debilitato, in verità. Prese il necessario per andare a farsi
la doccia. Vedere un Professore seminudo non era mai stato un suo desiderio.
Camminando, ancora soprapensiero, ritornò verso il bagno e appena entrata capì
che quando Snape parlava di sistemare qualcosa sapeva bene di cosa parlava. Il
bagno era perfettamente lucido e profumava di qualche fiore, anche se Tonks non
riusciva a riconoscere di quale fiore, in particolare, si trattasse. Tutto era
perfettamente allineato, perfettamente asciutto e perfettamente impersonale.
Tonks si chiese perché una persona trovava importante perdere il suo tempo per
ripulire così a fondo un bagno. Certo anche a lei piaceva trovarsi in un
ambiente pulito per fare la doccia, ma non così asettico. Sistemò il beauty con
quello che le serviva vicino alla doccia e si tolse i vestiti. Li appoggiò
disordinatamente sul lavandino, certa che non vi fosse neppure una goccia
d’acqua e si lasciò coprire dal getto dell’acqua che aveva già aperto per
poterla scaldare. Si concesse una lunga doccia bollente, si asciugò e si lavò i
denti. Poi si avvolse nell’asciugamano, raccolse le sue cose e uscì dal bagno,
rifugiandosi in camera. Doveva
ricordarsi di ringraziare Molly per averle fatto trovare tutto il
necessario.
Qualche
minuto dopo, coperta da un rassicurante pigiama, decise di controllare che la
casa fosse chiusa e tutti gli allarmi in funzione. Ritornò al pianoterra e
controllò porte e imposte. Dalla finestra del salotto si vedeva ancora la luce
accesa in strada e si sentivano le voci attutite delle donne che chiacchieravano
lì davanti. Una volta rientrata a Londra avrebbe trasformato i capelli dei
gemelli in viscide bisce verdi, possibilmente davanti a qualche ragazza. Salendo di nuovo verso la camera, si
ricordò di non aver parlato per l’intera serata con Snape delle regole di quella
prigionia. Rimase incerta sul pianerottolo, chiedendosi se poteva o meno entrare
nella camera del Professore, oppure se aspettare il mattino
successivo.
Snape non
aveva nessun motivo per allontanarsi da lì. Era ricercato dal Ministero e dai
Mangiamorte. Solo l’Ordine lo cercava per collaborare e non per accusarlo di
essere il braccio destro di Voldemort o di Silente. Dai brevi accenni fatti da
Snape, Tonks aveva capito che la prospettiva di una doccia, di un letto e di un
pasto caldo, era la catena più solida per tenerlo ancorato ad un luogo. Snape
doveva aver patito parecchia fame e parecchio freddo in quei mesi. Paura e
incertezza. Decise di lasciarlo riposare e di definire il giorno successivo le
regole di sicurezza.
Se ne andò
in camera, a riflettere a letto. Il mandato dell’Ordine era di custodire
quell’uomo in attesa che decidesse come aiutarli, quale missione compiere a loro
vantaggio. Remus era andato da Harry per raccontargli quello che Snape aveva
raccontato loro. Si girò su un fianco e si sistemò ben bene sotto le coperte.
Avrebbe fatto tutto domani. Gli elementi di rischio erano minimi. E si
addormentò.