Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: tonksnape    13/07/2007    6 recensioni
Tonks deve obbedire alle richieste dell'Ordine. Snape deve essere coerente con se stesso. E sono costretti a condividere per pochi giorni la stessa casa. Siamo in un qualche momento del settimo libro. Propongo una coppia un po' diversa dal solito. I personaggi non sono miei, ma di JKR. Buona lettura.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1.     SHOPPING

Al mattino furono i rumori fuori della casa a svegliarla. Un cigolio incessante che penetrava la casa e si faceva sentire persino nella sua camera. Snape doveva essere sveglio da parecchio, dato che la sua dava direttamente sulla strada.

Con un sospiro di rassegnata irritazione, Tonks uscì dal guscio piacevole delle coperte e si infilò velocemente un maglione sopra il pigiama, per ripararsi dal freddo. Con le pantofole ai piedi scese le scale, seguendo il profumo di bacon che saliva dal pianterreno. Aveva visto la porta della camera di Snape aperta e l’aveva collegata alla presenza di quel meraviglioso odore in cucina, dato che l’uomo si era dimostrato un buon cuoco.

Lo vide subito, di spalle, impegnato a trafficare con degli attrezzi di cucina.

“Se questo è il ritmo degli Auror, speriamo di non avere attacchi di prima mattina…” lo sentì commentare.

“Solo dopo colazione,” rispose pronta Tonks. “Esiste un regolamento in proposito!”

“Allora sei in grado di svegliarti da sola,” le disse girandosi a guardarla. “Credevo che i bambini avessero bisogno degli adulti anche alla tua età.”

Incerta se rispondere o meno, si ricordò d’un tratto perché erano lì, cosa li aveva condotti in quella situazione. Si fermò e decise di procedere con la preparazione della colazione. Nel silenzio mise in tavola due tazze con relativi piattini, cucchiaini, tovaglioli e posate. Sentiva lo sguardo di Snape sulla sua schiena.

“Cosa desideri mangiare per colazione?” le chiese Snape, secco e quasi irritato dalla situazione.

“Di solito bevo del the con biscotti, oppure una brioche. Ma se mi offre qualcosa di pronto, non disdegno nulla.”

Senza parlare portò in tavola un piatto di bacon, con burro e piccoli panini.

“Da dove arrivano queste cose?” gli chiese incredula.

“Sono della casa,” gli disse. “Forniture base…”

“Allora Molly a sistemato anche la cucina, oltre al bagno…” dedusse, correttamente, Tonks.

Mangiarono nel silenzio. Tonks cercò di osservare Snape senza farsi notare, cosa che era impossibile, come aveva imparato in anni di scuola, ma decise che dopo tanto tempo poteva mandare a quel paese la sua soggezione per quell’uomo.

Era decisamente magro, scarno. I capelli erano sempre i suoi, lunghi, senza forma e troppo lisci. Il naso sembrava raccogliere tutto il resto del volto. Anche gli occhi scomparivano, tranne quando li puntava contro gli altri. Allora diventavano dei punti luminosi. Non potevi non sentirti presa da quello sguardo. Il collo lungo e magro, il segno delle spalle aguzze sotto il maglione, le mani ossute e curate. Solo allora Tonsk notò qualcosa che non quadrava in tutto quello e si diede della stupida. Come poteva pensare di essere un buon Auror se non era in grado di riconoscere un cambiamento come quello?

Snape era vestito come un babbano. E non era vestito di nero. Aveva un maglione di lana marrone scuro, che sembrava tanto una creazione di Molly. E un paio di pantaloni, sempre marroni, di velluto.

Orrido.

Facendo cadere il tovagliolo, Tonks si chinò e gli guardò i piedi. Gli scarponi.

Terrificante.

Terminò velocemente il panino che aveva in mano.

“Dobbiamo cercare qualcosa da vestire per lei che non la faccia sembrare un barbone…” gli disse alzandosi e portando tazza e piattino all’acquaio.

“Ho solo quello che mi ha dato Remus,” disse lui. “E non ho certo soldi babbani,” le rispose irrigidendosi sulla sedia. “Qualcosa da ridire anche sulla mia faccia?”

Tonks rimase in silenzio. Fissandolo.

“Devo cominciare a pensare cosa fare per l’Ordine, Miss Tonks. Questa cosa degli acquisti prevede anche la mia presenza?” le chiese alzandosi a sua volta e avvicinandosi a lei. Subito spostò lo sguardo verso l’estero della casa.

La strada era deserta.

“Non penserà di mandarmi a comprarle maglioni e pantaloni da sola?” le chiese con derisione, senza guardarlo. “Non è certo mio padre! E anch’io devo lavorare per l’Ordine!”

Snape strinse gli occhi, irritato. “Allora cerchiamo di fare in fretta,” concluse attirando a sé le stoviglie e sbattendo tutto nell’acquaio Mormorò un veloce incantesimo che fece sollevare le stoviglie, aprire il rubinetto dell’acqua e apparire una spugna e una schiuma bianca. “Dove sono i soldi e dove si comprano i vestiti?” E dicendolo se ne andò dalla cucina e Tonks lo sentì salire le scale. Fece un gran sospiro. Era l’uomo peggiore con il quale avesse mai condiviso qualcosa.

Rassegnata a trascorrere dei giorni di tormento e di frustrazione si alzò e prese dal cassetto del mobile in corridoio, un piccolo comodino di legno intarsiato, dei soldi babbani. Aveva fatto qualche allentamento nell’usarli e sperò di ricordarsi il corretto valore. Snape stava scendendo le scale. Aveva indossato il giaccone di lana, asciutto.

Lei prese semplicemente il proprio dall’appendiabiti nell’ingresso e appoggiò la mano sulla maniglia della porta. Subito sentì la mano calda e decisa di Snape sopra la propria. Si girò con un’espressione interrogativa. Gli era addosso, vicinissimo. Si sentiva un profumo di muschio, quasi impalpabile. E Snape si sentì colpito dal profumo di arance e limoni. Si scostò all’indietro, anche se di poco.

“Almeno sai dove andare e cosa comprare, Miss Tonks?” Aveva ripreso il suo solito tono di derisione.

“So cosa comprare per non farla sembrare un pazzo trai babbani!” gli rispose piccata. “So come si dovrebbe vestire un uomo della sua età…” disse, sottolineando con enfasi l’ultima parola.

Snape rimase in silenzio per un attimo. “Conosci i soldi babbani?”

“Fa parte dell’addestramento,” disse come per rassicurarlo.

Si aspettava un rimprovero o un giudizio, ma Snape fece un piccolo sorriso di scherno. E aprì la porta.

“Negozio di abbigliamento alla sua sinistra,” gli disse uscendo dietro di lui e chiudendo la porta.

“Non posso rivedere le mie donne?” le chiese, alzando il bavero della giacca e stringendoselo attorno al collo. Le mani erano nude, notò Tonks.

“La lascerò giocare questa sera, se proprio non riesce a farne a meno,” sbottò lei, irritata.

Il silenzio le fece immaginare una smorfia ironica da meritare un pugno in faccia. E allora rimase in silenzio.

Arrivarono velocemente al negozio di abbigliamento. Si trovava a poco più di un centinaio di metri, sempre sulla strada principale. Guardandosi attorno Tonks dedusse che non ci fosse poi molto altro, a parte quella strada principale. Vide due negozi di abbigliamento femminile, un panificio e un negozio di frutta e verdura. Poi, passate due case, arrivarono al negozio di abbigliamento.

C’era un’unica vetrina, a fianco della porta d’ingresso e mostrava una serie di maglioni colorati e di pantaloni in velluto o lana. Sembrava molto rigoroso e formale. Tonks si chiese se mai Snape avesse indossato abiti diversi da quelli che vedeva a scuola. Era un mistero anche nelle piccole cose, quell’uomo.

Entrarono e si sentirono entrambi felici di ritrovarsi al caldo.

“Buongiorno,” disse loro un commesso. “In cosa posso aiutarvi?”

Prima che Tonks proferisse parola, Snape prese l’iniziativa.

“Sto cercando dei vestiti per me. Sono dimagrito e devo cambiare parecchio nel mio guardaroba. A partire dai pantaloni. Sportivi.”

Il commesso, un uomo di almeno un decennio più vecchio di lui, lo squadrò da cima a fondo, senza lasciar trapelare nessuna considerazione sul suo attuale abbigliamento. Gli fece cenno di seguirlo e lo portò vicino ai camerini.

“Colori preferiti?” gli chiese, cortese e professionale.

“Scuri. Nero, blu, grigio…” disse sbrigativamente Snape. “Delle camicie altrettanto scure, niente di bianco.”

Il commesso fece un cenno di approvazione e andò a zonzo.

Solo allora Snape si girò a guardare Tonks. Era in piedi poco distante, le braccia incrociate e lo guardava sorridendo. Indossava quel suo strano giaccone senza forma, degli stivali azzurri sotto ad un paio di jeans sformati e tagliati. Guanti e sciarpa erano di uno strano miscuglio di verde e giallo. Almeno i capelli erano di un comune color castano.

“Le mancava qualcuno da comandare, eh, Professore?” gli disse sottovoce. “Adesso può sfogarsi.”

Snape distolse lo sguardo, irritato, e cercò un camerino libero. In realtà erano gli unici clienti nel negozio, dato l’orario. Avevano aperto da meno di mezz’ora. Erano entrambi così stanchi che si erano svegliati ben oltre l’orario previsto.

Il commesso ritornò con tre diversi tipi di pantaloni.

“Sono diversi per colore e modello. Li provi e mi dica quale preferisce,” gli disse porgendoglieli. Snape li prese e si chiuse dentro uno dei camerini.

Mentre si toglieva quell’odiosa cosa di velluto che Molly gli aveva infilato nella borsa, come pantaloni, sobbalzò sentendo la voce di Tonks, poco distante.

“Devo rimare per dare il mio parere?” chiese pacata.

“Mi vesto da solo da parecchi anni, Miss Tonks!” le rispose a mezza voce, irato.

“Ecco, appunto. Allora rimango qui per darle un occhio, visti i risultati…” ridacchiò la ragazza.

Snape si sfilò scarpe e pantaloni e infilò dei pantaloni lana, grigio scuro. Il commesso ci sapeva fare. La taglia era perfetta. Erano comodi.

“Se non le spiace le passo anche una camicia e un maglione, così può già provarli…” sentì dire dall’uomo. Aprendo leggermente la porta, Severus allungò un braccio e prese gli indumenti, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo di quella odiosa ragazzetta che Remus gli aveva propinato come custode. Odiosa, divertente e anche dannatamente attraente. Doveva prendersela con Remus, maledetto Griffondoro!

Finì di spogliarsi e si provò tutti gli indumenti. Il maglione era forse troppo largo, ma le maniche erano perfette. Era dimagrito ancora… pensò. Poi chiuse gli occhi e si domandò perché stava acquistando vestiti, se il suo destino era solo quello di morire. Per mano di un Mangiamorte, probabilmente. Ma il suo destino era morire. Prima di farlo doveva indagare ancora e stanare quanti più luoghi di incontro dei seguaci dell’Oscuro Signore. O qualsiasi altro elemento utile all’Ordine. Riaprì gli occhi e uscì dal camerino per controllare come gli stavano quei vestiti.

Alacremente il commesso si inginocchiò per prendere la misura della lunghezza dei pantaloni.

“Glieli sistemiamo in due giorni, signore, se serve…” gli propose prendendo uno spillo. Ma si accorse che non erano esageratamente lunghi. “Che scarpe desidera, signore? Così troviamo la lunghezza esatta.”

“Dei semplici mocassini, pratici. Delle scarpe da ginnastica, nere.” disse guardando verso Tonks. Che si lasciò quasi sfuggire di mano il maglione che stava osservando.

“Scusate,” disse tirandosi un sorriso sulle labbra e raccogliendo il maglione. Cercò lo sguardo di derisione di Snape, ma il maledetto stava osservandosi allo specchio. E stava dannatamente bene, vestito in quel modo. Anche se le rughe sul volto dimostravano tutta la sua tensione.

Poco meno di dieci minuti dopo aveva anche provato dei jeans, un paio di scarpe e un altro maglione. Due o tre camicie.

Altri dieci minuti ed erano alla cassa per pagare. Snape ascoltò senza battere ciglio l’elenco di quello che aveva acquistato (tre pantaloni, tre maglioni, cinque camicie, due paia di scarpe) fino a quando la signora che era alla cassa non aggiunse sciarpa e guanti grigi e un giaccone imbottito corto. Si girò a guardare verso Tonks che gli sorrise.

“Ho pensato che potevi averne bisogno. Il giaccone è molto usato, oramai, non credi?” gli chiese con voce dolce.

Snape la fissò per alcuni secondi, poi fece un minimo cenno di assenso.

Sentendo il conto finale, Severus di rivolse nuovamente a Tonks, che prese da una qualche tasca del suo giaccone, tasca invisibile a chiunque, le banconote babbane. Severus allungò una mano e gliele sfilò, sfiorandola leggermente sul palmo.

Tonks sentì i brividi risalire fino alla spalla. Ma per fortuna lui si era già rivolto alla cassiera per pagare e non la guardava.

Si diede della stupida. Non era certamente la prima volta che un uomo la sfiorava e del tutto casualmente. Neppure un uomo dell’età di Snape. E soprattutto non poteva assolutamente provare dell’attrazione proprio per quell’uomo. Che era sempre più umano, aggiunse. Lo guardò pagare con disinvoltura, prendere il resto e infilarlo in tasca, prendere i sacchetti e girarsi verso di lei.

“Andiamo?” le chiese.

Lei annuì e salutò. Il negozio aveva già altri clienti.

Uscirono in silenzio e tornarono a casa, uno dietro l’altra, lasciando al commesso l’immagine di una coppia apparentemente unita, ma molto in crisi.

 

Camminando lungo la strada Tonks gli si avvicinò. Trattenendo una risata.

“Scusi la domanda, Professore. Ma come stiamo a slip e magliette?”

Severus si bloccò sul marciapiede, costringendo qualche persona a scendere per superarli. La guardò con gli occhi furiosi.

“Come ti permetti, Miss Tonks?” le chiese a mezza voce, con un sibilo. “Verresti con me a prendere la tua biancheria intima?” la sfidò.

“Beh, serve anche quella, no?” commentò con il cuore in gola e l’espressione tranquilla, la ragazza. “Se non vuole farlo da solo, io adoro fare acquisti.”

E si incamminò verso casa, incerta se scoppiare a ridere o controllare che non la Schiantasse contro qualche muro.

Appena rientrati, Severus si tolse il giaccone e lo appese all’ingresso. Senza girarsi a guardare la ragazza che lo seguiva, salì le scale e si chiuse in camera.

Tonks pensò che volesse sistemare i nuovi acquisti. Non intendeva seguirlo o fargli da balia e se ne andò in salotto, con una mappa del territorio per ripassare gli indizi lasciati dai gemelli.

Cercò di non focalizzare la sua attenzione sulla linea dei pantaloni di Snape oppure sulle sue spalle. Né sul ricordo del suo petto nudo la sera precedente.

Tonks decise che aveva proprio bisogno di un uomo. Non c’erano altre spiegazioni. Un bisogno impellente, visto a chi si stava rivolgendo il suo pensiero.

Il resto della mattina lo passarono separati. Al momento del pranzo Severus scese dal piano delle camere. Tonks era in cucina, intenta a tagliare della verdura.

“Ti occupi tu del pranzo, Miss Tonks?” le chiese.

“Sto facendo le cose un po’ a caso…” ammise Tonks con una smorfia. “Non ho la più pallida idea di cosa preparare…”

Lo disse guardandolo e rimase a fissarlo. Allora ci vuole veramente poco per lasciarsi affascinare da un uomo, si disse Tonks.

Aveva indossato i vestiti nuovi. Dei jeans scuri e un maglione grigio. Le scarpe sportive, quasi da ginnastica, nere. Una camicia blu. I capelli raccolti in una coda sottile. La barba ancora lunga.

Era brutto, si disse Tonks. Non aveva fascino. Almeno per lei. Eppure le dava i brividi.

Di paura, si disse. Di irritazione. Di rabbia.

Ma questo come poteva spiegare l’immagine che le saliva alla mente di un uomo con un asciugamano avvolto ai fianchi? Anche nei momenti meno indicati.

“Cucino io,” disse Snape, un po’ irritato da quello sguardo fisso su di lui.

Senza nessuna cortesia cominciò a lavorare.

 

Il pomeriggio fu lungo e denso di impegni per entrambi. Severus si chiuse nella sua camera con pile di pergamene e non si fece vedere per almeno quattro ore.

Tonks, anche se curiosa, non osò avvicinarsi alla stanza con una scusa. Rimase in salotto, completò l’analisi delle mappe e preparò un resoconto dei primi due giorni che inviò a Remus e ad Arthur, i suoi due riferimenti. La risposta di entrambi, arrivò con i relativi Patronus, dopo un’oretta, durante la quale lei aveva fatto esercizi di ginnastica in camera. Era abituata a correre quasi ogni giorno o a fare palestra, in qualche modo. Non amava l’inattività. Neppure forzata. Muoversi voleva dire sfogarsi e scaricare la tensione. L’arrivo dei messaggi la trovò in cucina, incerta se preparare un po’ di te, fuori orario, solo per sé o anche per il suo prigioniero in libertà.

Prese le due pergamene. La risposta di Arthur era per rassicurarla che tutto procedeva secondo quello che avevano definito. Harry, Ron, Hermione e Ginny stavano bene. Anche Ginny si era fermata con loro. Stranamente Harry si era dimostrato d’accordo con la richiesta della ragazza.

Remus invece le sottolineava il fatto che Severus non poteva essere costretto a fare quello che l’Ordine gli chiedeva e inoltre non erano questi gli accordi. Era sempre stato uno spirito libero, per volontà e necessità. Non aveva mai avuto nessuno con cui condividere la sua vita. Né amici, né una compagna. E quindi doveva essere difficile, anche per lui, passare del tempo a stretto contatto con una donna. Tonks si ripromise di chiedergli se la scelta di mandarla con Snape era dovuta alla fiducia che aveva nei suoi confronti o nel tentativo di creare un’intesa tra lei e il Professore. Gli accordi tra Severus, Arthur e lui erano chiari a tutti e tre.  E comunque sarebbe arrivato domani per condurlo da Harry. Le chiedeva di avvisare Snape.

Ripiegando la pergamena, Tonks decise di andare a chiamare il Professore per il te. Aveva un motivo, adesso.

Salì le scale ascoltando il silenzio. Da quando si era rinchiuso nella camera non aveva sentito nessun rumore, neppure la sua voce. Appoggiò l’orecchio alla porta, ma sentì solo lo sfregare di una penna sulla pergamena. Bussò. Il rumore si interruppe.

“Cosa vuoi, Miss Tonks?” La voce aveva un tono stanco.

“Sto preparando il te e ho una comunicazione da Remus.”

“Scendo tra qualche minuto.”

Tonks rimase indecisa per alcuni secondi tra la scelta di scendere le scale e rispettare la privacy del professore o entrare “per caso” chiedendo quale tipo di te preferiva. Poi, con un sospiro, girò su se stessa e scese le scale. Avrebbe cercato in un altro momento di trovare soddisfazione alla sua curiosità.

Quando ormai stava per versare il te, pronto e caldo, nella sua tazza, la raggiunse il Professore.

“Grazie,” le disse, vedendola versare il te. Lei gli porse la tazzina.

“Manca il latte e lo zucchero,” precisò.

“Ho imparato a berlo senza nulla, così nero,” le rispose con l’accenno di un sorriso.

Tonks notò che gli occhi erano di nuovo lucidi, come se avesse la febbre. Istintivamente gli mise una mano sulla fronte, per capire se stava male. Lui si irrigidì e spalancò gli occhi per la sorpresa.

“Lei ha la febbre,” gli disse, togliendo la mano. Sembrava sorpresa dall’idea che un uomo come il Professor Snape potesse ammalarsi. Lo guardò con meraviglia.

“Lo so,” le disse allontanandosi da lei e mettendosi seduto dall’altra parte del tavolo. “Ho già preso la pozione, questo pomeriggio. Tra qualche ora se ne va.” E si mise a bere il te.

“Avrebbe bisogno di riposare un po’,” suggerì pacatamente. Non sembrava il momento di insistere, neppure per il suo benessere.

“Non ho tempo, Miss Tonks, non ho tempo,” e bevve ancora un po’ della bevanda calda. Ne sentiva un estremo bisogno. La febbre gli faceva salire dei brividi di freddo improvvisi già dall’inizio del pomeriggio.

Aveva dato la sua parola ad Arthur e Remus. Doveva scrivere tutto quello di cui era venuto a conoscenza in quegli anni lavorando per Silente, tutte le informazioni che aveva raccolto sui Mangiamorte, la loro organizzazione, la loro gerarchia, i loro obiettivi. Erano informazioni che aveva passato a Silente sempre verbalmente e di cui non c’era traccia, adesso. Era necessario che l’Ordine potesse averle presto a disposizione. Sicuramente tutto era stato annotato da Silente da qualche parte, ma Minerva era ancora alla ricerca dei suoi diari o dei suoi ricordi. Non era riuscita a trovare neppure il suo Pensatoio. Se Silente non si era preoccupato di far avere all’Ordine quegli appunti era perché sapeva che Snape poteva farlo direttamente. Molto del suo lavoro in quei giorni era proprio quello di ricostruire i ricordi dei suoi ultimi vent’anni, selezionando quello che poteva essere utile.

“Remus passa domani per accompagnarla da Harry. Pensa di poter riprendersi per allora?” gli chiese Tonks, distogliendolo dai suoi pensieri.

“Ci andrei comunque,” le rispose. La testa aveva smesso di pulsare. Chiuse un attimo gli occhi per eliminare la luce che gli dava fastidio. Li riaprì dopo qualche secondo e tutte le luci della casa erano state spente. Guardò Tonks che gli sorrise, dolce.

“A me da sempre fastidio la luce, quando ho la febbre,” e si bevve un po’ del suo te.

Severus non le rispose, ma accennò ad un altro sorriso. Prese la tazza con entrambe le mani per scaldarsi ancora di più.

“Ha acceso il fuoco in camera?” gli chiese. Lui annuì.

“Forse, se si fa una doccia calda…” gli suggerì.

“Dopo…” si limitò a rispondere, quasi casualmente. Sentiva la testa pesante e gli si chiudevano gli occhi. Mentre lavorava almeno non pensava a come il suo corpo lo stava tradendo. Con fatica si alzò dalla sedia, ma barcollò.

“Ehi!” esclamò Tonks raggiungendolo e mettendogli un braccio attorno alla vita. “Adesso lei si sdraia in salotto e si riposa fino a quando la pozione fa effetto. Quando l’ha presa?”

“Prima di scendere, non mi ero accorto dell’orario prima che tu mi chiamassi…” le sussurrò appoggiandosi a lei e al tavolo. Era veramente difficile stare in piedi. E pensare. E quelle braccia che lo toccavano gli riempivano la testa.

“Senta, spostiamoci in salotto. Ce la fa?”

“Lascia che mi appoggi alle pareti…” le disse con fatica.

Lentamente Tonks gli fece fare i pochi passi che dalla cucina lo portarono al divano davanti al camino del salotto. Lo fece sdraiare e gli mise addosso il plaid che era appoggiato su una delle poltrone. Poi accese il fuoco.

“Quanto tempo deve aspettare per la pozione?” Gli stava rimboccando il plaid e, arrivata alle spalle, si era accovacciata vicino a lui.

“Non molto. Ne ho dell’altra di sopra, vicino al letto.”

“Gliela porto qui. Arieggio la stanza, intanto.”

“Le pergamene!” esclamò Severus con forza, afferrandole un braccio. “Non perderle!”

“D’accordo,” gli disse, appoggiando la mano sopra quella che le stava artigliando il polso. “Le porto qui, così sono al sicuro.”

Salì di sopra, preoccupata per la salute di Snape. Si stava esaurendo, concluse. Stava spremendosi oltre il possibile.

Nella stanza regnava il silenzio e il buio. Le luci erano spente e dall’esterno, a quell’ora della sera, arrivava solo il bagliore di un lampione. Anche il camino era stato spento. Vide le pergamene sparse sul letto. Da un lato c’erano quelle ancora vuote e dall’altro tre diverse pile di fogli scritti fittamente. Era la stessa scrittura che lei aveva visto per anni nei suoi compiti di Pozioni. Stretta e angolosa. Prese i fogli mantenendo l’ordine. Per ultimi quelli bianchi. Li appoggiò al comodino con la penna. Andò alla finestra e aprì i vetri e leggermente le imposte per far entrare un po’ d’aria. La stanza sapeva di chiuso. Guardandosi attorno vide che oltre alle pergamene non c’era altro che lasciasse capire chi fosse il proprietario della camera. Nessun indumento, nessun accessorio per il bagno. Ricordandosi della mattinata Tonks aprì l’armadio e vide gli abiti nuovi appesi con cura. In basso c’era la biancheria. Si chiese dove l’aveva comprata. O se l’aveva con sé. Nera e grigia. Odiava il bianco quell’uomo, pensò. Ma aveva degli slip carini, aggiunse ridendo e chiudendo il mobile.

Prese le pergamene, la penna e la pozione e scese al pianterreno. Intenzionata a far vedere al Professore che non aveva rovinato il suo lavoro, gli si avvicinò. Stava dormendo. Profondamente. Era sdraiato sulla schiena, la faccia rivolta leggermente verso il camino. La coda si era disfatta e i capelli erano sparsi sul cuscino. Appariva molto più giovane e molto meno tormentato con gli occhi chiusi e l’espressione rilassata. Il respiro era regolare. Con delicatezza gli scostò dei capelli dalla faccia. Poi Tonks si raddrizzò ripentendosi per l’ennesima volta in quella giornata, che doveva trovarsi un uomo. Assolutamente. Appoggiò i fogli sul tavolino a fianco del divano. Si rannicchiò in poltrona, con un libro, in attesa che si svegliasse. Avrebbe preparato qualcosa di caldo per cena.

 

Severus sapeva dove si trovava. Ricordava di essere passato dalla cucina al salotto e di essere crollato sul divano. Poi più nulla. Doveva essersi addormentato. La testa non gli faceva male, anzi si sentiva meglio. Con attenzione aprì gli occhi e riuscì a guardare il camino, acceso, senza alcun fastidio. Provò a spostare lo sguardo e vide i piedi di Tonks che spuntavano dalla poltrona. Alzò leggermente la testa per osservarla e vide che era sveglia, anche se il volto era rivolto alla finestra. Indossava ancora quegli strani jeans rovinati e un maglione bianco tutto traforato. Su era rannicchiata sulla poltrona, con un libro appoggiato sulle gambe. Era bella. Era bella già quando frequentava Hogwarts. Durante il suo sesto e settimo anno era stato difficile anche per lui non accorgersene. Aveva un volto così espressivo, un sorriso ironico e la battuta pronta. Sapeva essere attraente anche con lui, ma non se ne rendeva conto. Era stata forse l’unica alunna alla quale aveva concesso qualche voto in più solo per il modo in cui riusciva a tenergli testa con le battute e le domande, senza farsi intimidire. Per quanto si dimostrava acuta e capace di gestire il suo metamorfismo con allegria. Lei lo aveva sempre trattato come tutti gli allievi: un Professore odioso e parziale, pronto a difendere solo la parte cattiva delle persone.

“Ciao, Miss Tonks,” sussurrò per non farla trasalire.

Ci riuscì in parte. Lei girò di scatto la testa, sorpresa.

“Sono passate meno di due ore… Credevo avrebbe dormito molto di più!” gli disse, quasi imbronciata.

Lui sorrise. E Tonks lo vide, per la prima volta, come avrebbe potuto essere con una vita diversa. Non sarebbe mai stato bello con quei lineamenti, ma poteva essere interessante. Affascinante. Attraente.

“Sono Professore di Pozioni per qualcosa, no?” le disse togliendosi la coperta e mettendosi seduto. I capelli gli scivolarono sulla faccia e lui li spostò dietro le orecchie, con un gesto lento e gentile. La guardò. No, si disse Tonks, poteva essere anche bello, quando lasciava uscire la sua dolcezza. Rimasero a fissarsi in silenzio per qualche secondo. Severus non capiva quella tensione improvvisa, Tonks non riusciva a liberarsene.

Poi Tonks si tolse da polso una fascetta elastica bianca e gliela porse.

“Credo che la sua sia finita tra i cuscini del divano.”

Severus la prese sfiorandole nuovamente la mano quel giorno, ma intenzionalmente.

Pettinò i capelli con le mani e si rifece la coda.

“Come mai ha sempre portato i capelli lunghi?”

“Perché una ragazza mi ha detto che stavo meglio così,” rispose sbrigativamente.

“Chi?” gli chiese, aspettandosi una risposta caustica.

“Tua zia Bellatrix,” le disse guardandola. Tonks aprì la bocca per la sorpresa. “Vado a preparare la cena. Immagino che tu non sia in grado di usare una pentola,” e la lasciò seduta in poltrona, sorpresa per quella risposta e senza difesa di fronte all’idea che quell’uomo, quell’uomo così scontroso e intrigante, potesse aver avuto una storia con sua zia.

 

Tonks lo raggiunse in cucina dopo qualche minuto. Aveva risistemato il salotto, cercando di abituarsi all’idea di Snape e Bellatrix.

“In che occasione mia zia le ha fatto quella puntualizzazione? Sui capelli, voglio dire…” gli chiese entrando.

“Eravamo molto giovani, Miss Tonks.” Severus stava sistemando della verdura tagliata in una padella e si era già pienamente pentito dell’osservazione fatta, ma era così bella seduta in quella poltrona… Cercò un modo per sviare il discorso da quel suo errore.

“Ma Bellatrix è più vecchia di lei!” esclamò Tonks. “Non potete esservi trovati ad Hogwarts!”

“A casa Malfoy, in effetti. Eravamo tutti più o meno lì,” raccontò laconico. Non era esattamente così, ma nessuno poteva smentirlo.  E soprattutto desiderava chiudere lì con quell’argomento. “Prepara la tavola, Miss Tonks.”

“Immagino che questo voglia dire che non se ne parla più di Bellatrix…” sospirò Tonks, afferrando canovacci e tovaglioli per cominciare ad apparecchiare.

“Limitati a fare quello che ti ho chiesto, Miss Tonks,” commentò acido Snape.

“Non siamo a scuola, Professore. E lei sa essere molto meno antipatico, se vuole!”

Snape scelse il silenzio. Si mise a mescolare le verdure nella padella e a controllare la carne che bolliva vicino. Non voleva farsi coinvolgere in altre discussioni con quella ragazza. Tonks sembrò accettare e riprese ad apparecchiare, senza magia, per far passare del tempo. Snape rimase per tutto il tempo con lo sguardo rivolto verso le pentole, ascoltando il suono di Tonks che sistemava i piatti e i bicchieri, che riempiva una caraffa di acqua, che cercava dei panini da scaldare nel frigo, che prendeva una carota, la puliva e cominciava a morderla.

“Ma,” ricominciò masticando la verdura, “come ha fatto ad imparare a cucinare babbano se sua madre era una strega?” gli chiese. Aveva deciso che era necessario approfittare di quel momento di grazia, prima che sparisse del tutto.

Errore. Snape si girò con uno sguardo di fuoco.

“Cosa sai tu della mia famiglia?” le chiese, guardingo.

“Oh, beh…” disse Tonks quasi intimorita. “Quello che sanno tutti gli studenti di Hogwwarts. Sua madre era una strega e suo padre babbano. Ne sa più lei di Arti Oscure di ogni altro insegnante di Hogwarts. E forse anche di Pozioni. Crede fermamente in Silente. È stato tra i Mangiamorte, ma poi ne è uscito. È stato il solo?” gli chiese infine.

Snape era sbiancato ascoltando quell’elenco. Era la conferma della sua profonda convinzione che non esistesse nulla di più deleterio di un gruppo di alunni adolescenti per rovinarti la vita. Odiosi mocciosi. Ritornò a guardare i fornelli senza rispondere.

“Sa,” continuò imperterrita Tonks, “ a casa mia non era vietato parlare di quel lato della famiglia che aveva scelto di stare con Tu-Sai-Chi. Mia madre aveva delle precise opinioni sulle sorelle. E sui Malfoy. Credo di aver odiato Lucius molto prima di conoscerlo. Ma non ho mai sentito parlare di lei. Mia madre non l’ha conosciuta?”

Ancora silenzio.

“Oh, beh… poco importa,” concluse con uno sbuffo. “Ha avuto una storia con mia zia Bellatrix?”

“Hai avuto una storia con Charlie Weasley? O ti sei limitata a sognarlo di notte?” le chiese immediatamente lui, sbattendo il mestolo sul piano di marmo della cucina e girandosi a guardarla, pronto a incenerirla. Il tono della voce era glaciale.

Tonks rischiò di soffocarsi con un pezzo di carota. Cominciò a tossire e si versò da bere.

“Oppure era Bill a tenerti compagnia nei sogni?” proseguì imperterrito Snape. “Perché era chiaro dove finivano i tuoi sguardi durante pranzi e cene ad Hogwarts!”

“Impiccione!” bofonchiò Tonks, continuando a tossire.

“Cosa hai detto, Miss Tonks?” le chiese lui avvicinandosi e mettendosi davanti a lei, le mani appoggiate sul tavolo e la faccia a pochi centimetri dalla sua.

“Ok, ok… cambiamo argomento!” sussurrò lei. Quello sguardo e quel tono cominciavano a ricordarle più di qualche episodio del suo periodo ad Hogwarts.

“Limitati a fare il tuo lavoro e non intrometterti nella mia vita, Miss Tonks!” la minacciò Snape puntandole un dito direttamente sulla punta del naso. “Chiaro?”

“Cristallino,” disse lentamente Tonks guardandolo negli occhi.

“Bene…” E Snape si girò verso i fornelli per controllare la preparazione della cena.

“E comunque non ho avuto nessuna storia con nessun Weasley…” gli disse all’improvviso, dopo qualche minuto di assoluto silenzio. “E lei dovrebbe limitarsi ad insegnare senza occuparsi degli affari di cuore dei suoi alunni!” concluse, sostenuta.

“Il tuo primo bacio credo sia stato Davidson, Tassorosso. Un anno avanti a te. Quidditch. Hai fatto degli errori enormi in quel match del tuo quinto anno… guardavi sempre dalla parte sbagliata…” Snape stava sorridendo a se stesso mentre ricordava quell’episodio. Tonks era arrossita vistosamente e boccheggiava per la sorpresa e l’imbarazzo.

“Accidenti a lei!” gli urlò, balzando in piedi. Fece il gesto di volerlo strangolare, mentre lui si era girato a guardarla e cominciava a riderle in faccia, divertito dalla reazione di rabbia e stupore.

“Ohhhhh!” urlò poi Tonks risedendosi e cominciando a ridere con lui. Era tutto vero, naturalmente. Aveva giocato in modo terrificante. Il suo capitano l’aveva insultata per ore, a fine partita. “Lei è un essere odioso,” concluse con un piagnucolio. Decisamente troppo esagerato per essere vero.

Snape rideva come mai da anni. Aveva quasi le lacrime agli occhi. Era troppo bello vederla arrabbiarsi in quel modo. Aveva completamente fallito il suo tentativo di irritarlo e rovinargli la serata. Veramente ci era andata molto vicino, ma poi a lui era venuta l’idea di ripagarla con la stessa moneta. E doveva ammettere, mentre lentamente riprendeva il suo autocontrollo, che non si divertiva così tanto da decenni. Sbattendo gli occhi per ricacciare indietro le lacrime, si girò a prendere le pentole e distribuire il cibo nei piatti.

“È bello quando ride, lo sa?” gli disse Tonks, evitando di guardarlo, mentre lui la serviva.

Severus si bloccò con la pentola in mano. Lentamente, cercando di non pensare troppo, lasciò cadere le verdure nel suo piatto e si girò per riappoggiare la padella sul mobile.

Tonks si morse il labbro inferiore. Aveva esagerato. Adesso aveva decisamente esagerato.

Ma poi Severus si limitò a sedersi a tavola, iniziando a mangiare. Lei aspettò un momento e poi lo imitò.

“Cosa ti ha detto Remus?” le chiese Snape con il suo solito tono direttivo e insofferente.

“Harry ha chiesto di vederla. Arriva domani per accompagnarla da lui.” Sapevano entrambi di esserselo già detti, ma non era importante ricordalo in quel momento.

“Bene, credo che sia necessario incontrare quello smorfiosetto,” commentò pensieroso. “Tu verrai con noi?” le chiese, guardandola per la prima volta dopo il suo commento.

“No,” gli rispose. “Lavoro con Molly e Arthur domani mattina.”

Snape si limitò ad un cenno di assenso e poi terminò quello che aveva nel piatto.

“Vado a dormire, allora. Lascio a te da sistemare qui, mentre faccio la doccia.”

Tonks fece un piccolo cenno di assenso, ripromettendosi di salire solo quando lui fosse stato ben chiuso nella sua stanza. Non era la giornata adatta per vederlo nuovamente avvolto solo nell’asciugamano.

Merlino! Avrebbe accettato persino di avere Charlie Weasley vicino a lei quella sera. Anche se probabilmente lui avrebbe poco cortesemente rifiutato la sua proposta, invitandola ad approfittare della situazione.

 

 

 

Ringraziamenti lunghi.... che bello!

Mi hanno fatto molto piacere tutti i commenti che avete fatto e spero che vi piacerà anche questo capitolo.

Grazie ad Arabesque, Morgan Snape, marygenoana (ne ho scritta un'altra con questa coppia, se vuoi leggerla...), Hotaru_Tomoe (decisamente innocentista...), Mikhy90, Ellinor, VallyBeffy (non riesco ad apprezzare Remus quanto Severus...), Piccola Vero e Kokkina (non entro nei desideri altrui...!).

Aspetto i vostri commenti per questo capitolo.

Grazie a tutti quelli che hanno letto senza commentare.

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: tonksnape