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Autore: SusanTheGentle    24/12/2012    12 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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9. Arrivo a Portostretto
 

 

La notte era silenziosa e il mare calmo cullava dolcemente sulle sue onde il Veliero dell’Alba.
Caspian si destò di soprassalto e si guardò attorno. Nella cabina buia, sentì solo il lieve russare di Eustace; Edmund era disteso tranquillo sulla sua amaca e gli dava le spalle.
Non erano stati loro…eppure qualcuno l’aveva chiamato per nome. Una voce che aveva riconosciuto, ma la cui proprietaria era lontana nel tempo e nello spazio.
Si era immaginato tutto, come tante altre volte quando dormiva nella grande stanza del castello di Telmar, la stessa dove lui e Susan avevano condiviso la loro meravigliosa e unica notte d’amore.
Tante erano state le sere in cui si era svegliato in quel modo, quasi che lei fosse lì vicina a lui. Tanti i giorni in cui aveva versato lacrime nel constatare che si trattava sempre di un sogno.
Quante volte l’aveva vista tornare, in quei sogni? In quanti modi diversi? Troppi.
Quando si era poi trasferito con tutta la corte a Cair Paravel, lontano da quella stanza che racchiudeva il loro segreto, aveva creduto che il pensiero di lei si attenuasse.
Tutto sbagliato. Tutto il contrario.
Susan era sempre lì, nel suo cuore, nella sua anima. Il ricordo di averla amata vivo e reale, tanto che se chiudeva gli occhi poteva sentire ancora il suo profumo, la sua pelle liscia e delicata…E la sua voce. La stessa che quella notte di ormai tre anni prima, gli aveva sussurrato tante e tante volte quelle due parole che Caspian desiderava sentirsi dire ancora: ti amo.
L’amava anche lui, ora più che mai.
Le memorie, come tutti i momenti trascorsi in sua compagnia, e più di tutto il dolore, gli avevano fatto capire che mai nessuna avrebbe preso il suo posto. L’amore era cresciuto anziché affievolirsi.
Susan era unica, qualsiasi cosa dicessero.
Non poteva sposarsi e mai lo avrebbe fatto. Non poteva scegliere un’altra donna. Anche se lei non c’era, sarebbe ugualmente stato un tradimento.
Il giovane si alzò, infilò gli stivali e il mantello per ripararsi dall’aria notturna, talvolta troppo fredda, e salì in coperta.
Quando giunse sul ponte, si appoggiò al parapetto e si passò una mano nei lunghi capelli scuri, massaggiandosi gli occhi assonnati e leggermente umidi.
Il cielo era come un manto di velluto nero tempestato di gioielli d’argento che erano la luna e le stelle.
Tutto era immobile sul veliero, tranne una figurina più bassa di Caspian, avvolta anch’essa in un mantello.
Il Re di Narnia trasalì.
“Susan!” chiamò a mezza voce.
Non seppe se la figura l’avesse sentito o no, ma si voltò verso di lui.
Il cuore cominciò a battergli all’impazzata. Fece un paio di passi incerti verso di lei e quando fu sotto il fascio di luce lunare che illuminava in pieno quel tratto di ponte, vide i capelli lunghi e rossi sciolti sulle spalle della ragazza.
“Lucy…”
“Ciao” sussurrò lei, per paura di poter svegliare qualcuno. “Credevo di essere l’unica ad essere sveglia”.
“Perché sei qui?” chiese Caspian con una punta di delusione.
Lucy…era lei, per questo l’aveva scambiata per Susan. Le due sorelle erano venute a somigliarsi molto, eccetto appunto per il colore dei capelli.
“Sono troppo emozionata. Non riesco a prendere sonno” gli sorrise la ragazzina. “Continuo a pensare a domani, a quando saremo finalmente sulle Isole Solitarie. E poi alle avventure che sicuramente vivremo, ai nuovi amici che incontreremo. Tu non provi la stessa cosa?”
Caspian le sorrise lievemente. “Sì, certo”
Lucy lo guardò attentamente. “Che cosa c’è?”
Lui scosse il capo. “Nulla. Scusami, io torno di sotto”
Lucy lo guardò voltarsi, indecisa se parlare ancora o no.
“Senti, Caspian, posso chiederti una cosa?” disse infine, e lui si fermò rivoltandosi verso di lei.
“Certo, tutto quello che vuoi”
“E’ piuttosto personale”
Lui la guardò curioso.
“Vuoi ancora bene a Susan?”
Caspian abbassò gli occhi scuri, poi si volse e li puntò in un punto imprecisato della nera distesa che era il mare.
“Non sai quanto”
“Vorrei tanto che anche lei potesse essere qui. Purtroppo però…”
“Tornerà, un giorno. Lo so”
Lucy lo guardò fisso, stupita e ammirata da quelle parole.
“Per questo hai rifiutato tutte le proposte di matrimonio, vero?”
Anche Caspian tornò a guardarla.
“Sì. Non posso sposare qualcuno che non amerò”
Lucy non poteva saperlo, ma sua sorella aveva detto la stessa frase a Caspian, tre anni prima, in una notte stellata come quella.
“Perdonami. Non volevo farti diventare triste” si scusò la ragazza.
“Non fa niente” sorrise lui.
“Possiamo non parlarne più se non vuoi, però volevo fartelo sapere: anche Susan è innamorata di te”
“Lo so”
Lucy parve sorpresa. “Lo sai? Ma quando…insomma, quando avete avuto modo di…”
“Troppo tardi, purtroppo. Ma non potevamo più tenerlo nascosto, nessuno dei due. Anche se tua sorella ha tentato in tutti i modi”
“Sono certa che se chiederai ad Aslan di fartela rincontrare, lui ti ascolterà”
“Grazie, Lucy. Grazie davvero” Caspian la guardò con affetto e le sorrise. “Torniamo a dormire, ora?”
Lei annuì, e insieme si avviarono di nuovo sottocoperta.
Non poté fare a meno di pensare, però, a come avrebbe reagito lei se le fosse capitata una cosa simile.
Se mai avesse incontrato qualcuno lì a Narnia e se ne fosse innamorata, avrebbe avuto la forza di lasciare tutto per tornare nel suo mondo?
 
 
Susan fu trascinata praticamente di peso fuori dalla stiva. Tentò di gridare, di chiamare Peter, ma Pug le mise una mano sulla bocca e con l’altra le torse un braccio dietro la schiena.
Salirono una breve scaletta, poi il mercante di schiavi aprì un’altra porta che conduceva in a un altro deposito, uguale nell’aspetto ma di dimensioni più piccole rispetto al primo.
Pug la spinse dentro e quando la lasciò andare, la porta si era già richiusa.
Ebbe paura. Fino a quel momento, con Peter vicino, non ne aveva avuta, perché la sola presenza di suo fratello le dava la certezza che niente e nessuno avessero potuto farle del male.
Ma adesso era sola, in balìa di un criminale.
Cosa voleva quell’uomo da lei? Sapere del corno d’avorio? O qualcos’altro?
Rabbrividì al pensiero e il terrore l’avvolse, soffocante.
D’improvviso, la sua nuova cella (perché di quella si trattava) fu rischiarata un poco da una lanterna che Pug teneva in mano, e che avvicinò al viso di lei.
La studiò per alcuni istanti, con le sopracciglia aggrottate come se fosse concentrato a pensare a qualcosa di molto serio.
“Sì, direi che la somiglianza è notevole, per quel che ne so” mormorò, ma non sembrava del tutto convinto.
Allungò il braccio con cui reggeva la lanterna, puntandola verso il fondo della stanza.
Susan ne seguì la traiettoria, e vide sei o sette tra donne e bambine, le stesse che erano state rinchiuse con lei, Peter e gli altri uomini nella stiva più grande.
“Tu! Vieni qui” disse Pug, muovendosi verso il gruppetto di prigioniere.
Trasse in piedi una bambina e la portò vicino a Susan.
Gli occhi delle due s’incontrarono per un istante appena, perché la piccola distolse subito lo sguardo, impaurita.
“Dimmi, piccina, è questa la signorina di cui hai parlato prima?” chiese il mercante con tono mellifluo.
La bambina non si mosse.
“Su, cara, non aver paura. E’ lei? Guardala bene. A chi hai detto che somigliava?”
“Alla…alla Regina”
Susan provò una sensazione di vuoto allo stomaco.
“Mi hanno scoperto”pensò “Questa bambina mi ha riconosciuto, e presto capiranno anche chi è Peter”.
“La regina di quale paese?” continuò Pug, fissando ora la piccola, ora Susan.
“D-di Narnia. Sembra la Regina di Narnia”
“Sembra o lo è?”
La bambina mugolò qualcosa d’incomprensibile, cercando di indietreggiare, ma Pug le mise una mano sulla schiena costringendola a restare dov’era.
“Come? Non ho capito bene?”
“Ho detto c-che n-non sono sicura”
“Non sei sicura? Mmm…che peccato”
Pug s’inginocchiò a terra e scostò una ciocca di capelli dal viso della bambina.
“Non toccarla!” esclamò quella che doveva essere sua madre.
Il mercante puntò un dito ammonitore contro di lei. La sua voce, da affettata, tornò a essere brusca.
“Resta al tuo posto, donna! Se tua figlia risponderà bene, non avete nulla di cui preoccuparvi”
Tornò poi a rivolgersi alla bambina.
“Allora carina, sei sicura o no di quel che dici? Perché se lo fossi, dovrei portarti dal mio padrone che…no, no, non piangere, non ce n’è motivo. Il mio signore è un uomo molto generoso, e sono sicuro che farebbe volentieri uno scambio con te e tua madre al posto di questa regale fanciulla”
Scoccò un’occhiata a Susan, che lo guardava con disprezzo crescente.
“Allora?”
“Io…io…” balbettò la piccola.
“Lasciala in pace” esclamò Susan, con un timbro di voce chiaro e sicuro.
Se ne stava con la schiena dritta, le braccia lungo i fianchi, il mento alzato. Benché vestita di un abito stropicciato, i capelli in disordine, aveva un aspetto così nobile che i dubbi di Pug scomparvero all’istante, anche senza le conferme della bambina.
Si alzò e le prese il viso in una mano. Lei non reagì in alcun modo e continuò a fissarlo dritto negli occhi.
“Domattina, con la luce del sole, guarderemo meglio questo tuo bel faccino”.
Dopo quella frase, Pug si allontanò e uscì dal deposito.
Quando la porta si fu richiusa, Susan fece un sospiro e rilassò le spalle.
La bambina scoppiò il lacrime. La madre corse ad abbracciarla e si rivolse a Susan. “Perdonatemi maestà”
La giovane s’inginocchiò accanto alla piccola e le parlò dolcemente.
“Dove hai visto il mio viso?”
“Su un libro. Un vecchio volume che parlava dell’Età d’Oro di Narnia, di quando i Re e le Regine venivano spesso a far visita alle Isole Solitarie. Lì c’era anche un vostro ritratto”
“Mia figlia ama Narnia” la giustificò la madre. “Quando vi ha vista non ci ha pensato, non si è trattenuta e ha pronunciato il vostro nome. Qualcuno l‘ha sentita. Vi abbiamo messo in pericolo. Perdonateci”
Susan scosse il capo. “Non è colpa vostra”
“Siete davvero la Regina Susan?” chiese la bambina, che ora non piangeva più e fissava la ragazza con curiosità.
Susan le guardò una per una alla luce della lanterna che Pug aveva lasciato.
Cosa dire? Forse valeva la pena rischiare. Non le pareva che quelle donne fossero ostili nei suoi confronti, e poi, ormai, l’avrebbero scoperto comunque e mentire non le piaceva.
Annuì. “Sì, sono io”
“La Regina!” esclamarono le altre, piene di emozione.
“Maestà, siete qui per salvarci, vero?” disse una seconda donna.
“Quando i Re e le Regine appaiono dall’altro mondo, è sempre così” disse una terza. “Quindi, il giovane che era con voi è vostro fratello, il Re Peter, vero?”
“Sì, e sono sicura che avrà sicuramente un piano per salvarci tutti, non dubitate”.
Le donne sembrarono in qualche modo tranquillizzate, anche se in realtà, Susan non poteva avere la certezza di quel che aveva detto.
Comunque, non se l’era sentita di rispondere negativamente, non dopo che aveva visto nei loro volti la speranza rinascere quando avevano scoperto chi era.
Doveva solo pregare che Peter avesse effettivamente un piano per tirarli fuori dai guai.
 
 
L'alba era giunta. Peter si destò al brusio crescente di voci concitate.
“Sue, svegliati” farfugliò ancora mezzo addormentato. “Susan?”
Si volse rapido intorno. Sua sorella non c’era.
“Susan!”
Balzò in piedi, accorgendosi che il bisbiglio era divenuto un’accesa discussione.
Peter non era l’unico ad essere agitato. Tutti gli uomini nella stiva erano furiosi e preoccupati.
 “Che cosa è accaduto?” chiese il giovane alzandosi e rivolgendo per la prima volta la parola a quelle persone.
Un uomo grande e grosso, che sembrava quello a cui tutti davano la maggior autorità, prese parola.
“Questa notte le nostre mogli e le nostre figlie ci sono state sottratte. Nessuno di noi si è accorto di niente”
“E’ impossibile”
“Eppure è così”
“Magia!” esclamò il più anziano, con una  nota di paura nella voce. “Probabilmente qualcuno su questa nave sa fare qualche incantesimo e ha fatto in modo che non ci svegliassimo. Non c’è altra spiegazione”
“Quindi, nessuno ha visto niente? Com’è successo o chi è stato?”
“No, niente”
“Ma perché le hanno portate via?”
“Non ne abbiamo idea. Forse le hanno fatte sbracare stanotte su qualche altra isoletta, forse le hanno rinchiuse da un’altra parte. Il cielo sa cos’hanno in mente questi maledetti”
Ricominciarono a parlare, Peter ascoltò, e cominciò a credere che quella nave trasportasse più che semplici schiavi. Quei calormeniani avevano un altro scopo, ne era più che certo, e voleva sapere quale.
“Dobbiamo assolutamente ritrovarle”
“Abbiamo già tentato di uscire di qui, ma la porta è troppo spessa, il chiavistello bloccato, e inoltre c’è sempre qualcuno di guardia. Purtroppo non c’è modo di andarcene se non attendendo lo sbarco sulle Isole”
“Ma non possiamo aspettare!”
L’anziano del gruppo si avvicinò loro.
“Sei nuovo, giovanotto? Sì, devi esserlo, sei troppo ottimista”
“Non si tratta di essere ottimisti o meno, si tratta di dover fare qualcosa e subito!”
Peter parò con autorità tale da lasciare di stucco tutti quanti.
“Dove credete abbiano portato le donne?”
L’uomo grande e grosso diede in una risatina che mal celava la sua rabbia.
“Probabilmente il principe le vuole per il suo harem”
“La morte sarebbe preferibile piuttosto che portare una vergogna simile” disse un altro.
“Per te forse, ma io non ho intenzione di lasciare mia moglie nelle mani di quei cani di Calormen!”
“A Narnia” disse ancora Peter, “nessuno oserebbe mai fare una cosa simile a una donna. Pena la morte”
Il tipo grande e grosso gli scoccò un’occhiata infuocata. “Che ne sanno quelli di Narnia di cosa accade sulle Isole? Sono centinaia d’anni che ci hanno lasciato perdere”
“Io sono di Narnia, e sono sicuro…”
“Se sei di Narnia, perché non vai a dire al suo sovrano di venire qui di persona ad aiutarci? Non lo chiamano il Liberatore? Che ci liberi, allora!”
Ci fu un coro di assensi.
“Aspettate, aspettate” disse l’anziano intimando il silenzio. “Il nuovo Re è molto giovane, ho sentito dire, e sono solo tre anni che è sul trono.”
“Inoltre” intervenne Peter, lieto che qualcuno fosse dalla parte di Narnia, “sono secoli che la stirpe dei Caspian non si interessa alle Isole. Caspian I conquistò il regno più di mille anni fa, cancellò la sua storia, costrinse le creature magiche e gli animali parlanti a fuggire e nascondersi. Negli anni, nessuno si è più interessato alle sorti dei regni confinanti, ma Aslan ha dato l’autorità e la fiducia al nuovo Re: Caspian X”
“E nel frattempo che lui impara a regnare, che dobbiamo fare noi? Subire le angherie di Calormen e venire trattati come bestie mentre il Re fa i suoi comodi a Cair Paravel?”
“No, ma dovete avere pazienza: non si può restituire la libertà a un mondo intero in un giorno!”
Accidenti, ora gli toccava anche prendere le difese di Caspian…
Un conto era accettare che sua sorella lo amasse, un’altra era diventare suo amico. Inoltre, ora che ci pensava, il fatto che Caspian avesse…con Susan…Quasi quasi gli sarebbe piaciuto strangolarlo alla prima occasione.
Ma bisognava mettere da parte le antipatie e simpatie personali. Caspian era davvero un buon sovrano, aveva dimostrato in più d’un occasione di tenere davvero alla terra di Narnia.
Erano passati tre anni dal suo insediamento sul trono. Non erano molti.
Peter lo sapeva bene quant’era difficile rimettere le cose a posto dopo una guerra. A lui c’erano voluti più di tre anni.
“Chi sei per sapere tante cose su Narnia?” chiese l’anziano, guardando Peter con fare curioso.
Di nuovo tutti gli puntarono addosso quello sguardo che al ragazzo non piaceva affatto: ostile oltre che indagatorio.
Ma il giovane si sentiva pienamente reintegrato nel suo ruolo.
“Sono Peter il Magnifico, Primo Cavaliere dell’Ordine del Leone, Re Supremo di Narnia”. scandì con voce forte e chiara
Il gruppo di uomini emise espressioni di incredulità.
“Tu il re?!” fece l’uomo grande e grosso, scoppiando poi in una fragorosa risata. “Ragazzo, tu devi aver preso una bella insolazione!”
“Taci, Kal e guardalo bene” intervenne l’anziano.
Si avvicinò a Peter e lo guardò attentamente in viso.
“Gli stessi occhi color del mare, gli stessi capelli color del sole. Una volta andai a Narnia e vidi un vostro ritratto. La vostra regalità mi rimase impressa” l’anziano annuì e gli occhi brillarono. “Sì, non c’è dubbio. Voi siete Re Peter”
Sotto gli occhi sbalorditi dei suoi compagni, l’uomo si inchinò.
Peter lo aiutò poi ad alzarsi e gli strinse la mano.
“Raccontatemi che cosa è accaduto, signore”
“Ah, è una lunga storia, ma immagino che nessuno di noi abbia impegni oggi” il viso rugoso si dispiegò in un sorriso.
“Siamo tutti originari delle Sette Isole. Qualche giorno fa arrivò una nave al nostro porto: era l’Occhio di Falco, la stessa su cui ci troviamo ora.
“Non avevamo mai visto una nave tanto grande fermarsi presso di noi. Le Isole commerciano e fanno scambi svariate volte l’anno con l’Impero di Calormen, ma di solito conosciamo coloro con cui trattiamo.
“Il nostro villaggio sorge sulle rive dell’Isola di Brenn, siamo una piccola comunità che non ha nulla se non i propri raccolti, gli animali e la fede in Aslan. Per questo rimanemmo sconcertati quando l’equipaggio ci attaccò. Bruciarono e saccheggiarono, poi presero a caso una ventina tra uomini e donne di tutte le età e ci portarono sulla nave. A quanto sembra, lo scopo a cui siamo destinati è quello di lavorare come schiavi al grande Tempio di Tash che l’Imperatore Tisroc sta facendo costruire sulle Isole Solitarie”
“Un Tempio di Tash sulle Isole Solitarie?” fece eco Peter incredulo. “E’ una cosa inaudita. Le Sette Isole non appartengono a nessuno, lo so per certo. Non rientrate nei confini di nessun regno del continente, avete un vostro feudo”
“E’ così, infatti, ma a quanto pare, Calormen sta approfittando dell’assenza del Re di Narnia per andare a piantare la sua bandiera in terre straniere e imporvi la propria supremazia”
“Il Re di Narnia non è a Cair Paravel?”
“No, mio signore, a quanto pare no. Noi siamo lontani da Narnia, non sappiamo cosa abbia spinto Caspian X ad allontanarsi, ma c’è chi dice che il regno sia in pace, quindi non si è assentato per cause belliche”
Peter rifletté. Se Caspian non aveva lasciato il paese per scendere in battaglia contro qualche altro popolo, allora perché non era al palazzo?
“Va bene, di questo parleremo più tardi. Andate avanti, signore”
“Non c’è molto altro da dire, sire, se non che temiamo per le nostre consorti. I pensieri a loro riguardo non sono dei più rosei, come avete sentito. In uno scavo di certo non possono lavorare, per cui, o saranno vendute come schiave e dame di compagnia, o come concubine”
“Sapete dirmi chi c’è dietro questa storia?”
“L’Imperatore Tisroc, ovviamente, e suo figlio: il principe Rabadash”
 
 
Bussarono alla porta.
Rabadash, chino sulla scrivania, staccò gli occhi dalle carte sulle quali si era dedicato quella mattina. Era lo schizzo del progetto del Tempio di Tash, al quale stava apportando le ultime modifiche.
“Sì?”
Un soldato, nella sua tenuta bianca e rossa, aprì e fece un inchino prima di parlare.
“Altezza reale, il mercante Pug chiede di vedervi”
Rabadash inarcò un sopracciglio. “Che cosa vuole?” chiese svogliatamente il principe.
“Non saprei, altezza”. Dice che è molto urgente e che vuole parlarne solo con voi”
“Riferisci a Pug che non ho tempo per lui, e che se vuole ritrattare il pagamento non c’è nulla da fare. Gli ho già dato denaro in abbondanza per comprarsi tutte le Isole Solitarie”
Il soldato si inchinò di nuovo e uscì dalla cabina indietreggiando.
Pug era in impaziente attesa fuori nel corridoio. Appena vide la guardia gli si avvicinò sfregandosi le mani.
“Spiacente, signore, il principe non è interessato alla vostra proposta”
“Co-come? Impossibile, gli avete riferito per bene quel che vi ho detto io?”
“Non mi permetterei mai di disturbare sua altezza in un momento tanto delicato e impegnativo come questo”
“No, no, no, non capite, è importante che il principe sappia una cosa. Devo parlare con lui a quattr’occhi. Bussate di nuovo, per favore”
Il soldato sembrava alquanto scocciato, ma lo fece ugualmente.
“Avanti”
“Vostra altezza…”
“Mio signore, permettete?”
Il mercante superò il soldato, sgusciando nella cabina del principe, il quale lo guardò stupito.
“Perdonate l’invadenza, altezza, ma ho proprio bisogno di parlarvi adesso a proposito di una faccenda che riguarda Narnia”
Il soldato tentò di fermarlo, ma a un cenno di Rabadash arretrò.
“Lasciateci” disse il principe e per la seconda volta, il soldato fece dietrofront.
Pug si sentiva in soggezione davanti a quell’uomo, benché fosse molto più giovane di lui. Se Tisroc aveva la fama di essere freddo, distaccato e calcolatore, il suo primogenito lo era dieci volte di più.
“Avete detto proprio Narnia?”
“Sì, altezza serenissima”
“Saltate i cerimoniali Pug, non ho tutta la mattina”
Pug spostò il peso del corpo da un piede all’altro, ansioso.
Se quello che credeva era vero…se quello che aveva visto quella notte quand’era sceso nella stiva più piccola, dov’erano rinchiuse le donne delle Isole fosse stata effettivamente la verità…
Era l’occasione della sua vita, doveva giocare il tutto per tutto.
“Voi conoscerete senza ombra di dubbio la storia di Narnia, intelligente e colto come siete. Ebbene, ricorderete che c’erano, più di mille anni fa, due Re e due Regine che regnarono al tempo del vostro grandissimo antenato Rabadash I, figlio di Tisroc (possa egli vivere in eterno)”
“E questo cos’ha che fare con me?”
“Vostra altezza è sospettosa, vedo, e ne avete tutte le ragioni, amatissimo principe. Io non sono un uomo di cultura, ma so dalle vecchie favole che si raccontano nelle Isole che i quattro sovrani erano i salvatori di Narnia, e che provenivano da un altro mondo”
“Venite al dunque”
Pug represse un sorrisino soddisfatto. Aveva ottenuto la piena attenzione del principe.
“Ecco mio signore, c’è giù una prigioniera che, altre affermano, si tratti proprio di una dei quattro Re della leggenda. Io non credo a certe favolette, ma se così fosse, principe, non credete che sia meglio verificare? Io so che quando un abitante di un altro mondo giunge nel nostro, è sempre per sopperire a un qualche pericolo che aleggia sul regno di Narnia. E se fosse vero quel che dicono le prigioniere, potrebbe darsi che tutti i piani di vostra altezza e del suo grande padre Tisroc (possa egli vivere in eterno), rischiano di andare all’aria”
Gli occhi scuri di Rabadash brillarono di una luce allarmante. La preoccupazione si dipinse sul suo viso, all’apparenza impassibile.
Aveva studiato, da bambino, le storie riguardanti i paesi del nord. All’epoca, come ora, credeva- come quasi tutti a Calormen- che i demoni travestiti da creature fatate di Narnia avessero sempre costituito un pericolo per le terre del sud.
E se il mercante avesse avuto ragione? Se qualche salvatore fosse giunto, com’era avvenuto nel passato, a impedire a Calormen di prendere Narnia?
“Pug, se avete torto, l’errore vi costerà caro”
“Lo so bene, altezza, ma credo di non sbagliare. Vuole il mio principe constatare la cosa coi suoi occhi?”
Rabadash ci pensò ancora un po’, poi decise che non aveva nulla da perdere a verificare le parole del mercante, se non qualche minuto del suo tempo.
“E sia. Vediamo questa presunta Regina”
Scesero sottocoperta. Pug guidò il principe e un paio di guardie nella stiva più piccola.
Il mercante trafficò con il chiavistello e poi spalancò la porta.
“Venite, mio signore” disse Pug, facendo passare Rabadash.
Il principe fece una smorfia. Non erano ambienti a cui era abituato e lo disgustavano.
Osservò Pug avvicinarsi alle prigioniere e costringere ad alzarsi in piedi una ragazza molto giovane, vestita di un bizzarro abito azzurro. La riconobbe come una dei due naufraghi che avevano raccolto il giorno prima in mezzo all’Oceano.
“Eccola, altezza, è lei”
“Tenete aperta la porta” ordinò Rabadash alle guardie, le quali obbedirono immediatamente.
Si misero ai due lati di essa, pronte a sventare qualunque tentativo di fuga da parte delle poverette, anche se nessuna aveva la benché minima intenzione di tentare, erano troppo impaurite.
La luce del sole penetrò nella stiva e Rabadash guardò in viso la giovane che Pug aveva portato al suo cospetto.
Gli restituiva uno sguardo fermo, non terrorizzato, con i suoi occhi più azzurri del cielo e del mare. Non indietreggiò, non si mosse, non lo supplicò di lasciarla andare. Stava lì di fronte a lui, i lunghi capelli castani in disordine, l’abito stropicciato, ma anche così, Rabadash non poté non provare un’immediata attrazione per quella ragazza. Era la donna più bella che avesse mai visto. In quell’istante non faticò nemmeno a credere che fosse sul serio una regina, tanto la sua grazia e regalità trasparivano anche senza che muovesse un muscolo.
Susan, dal canto suo, provò immediata antipatia per quell’uomo. Pug l’aveva chiamato altezza e lei capì -dai racconti delle sue compagne di cella- che si trattava del principe di Calormen, colui che aveva la colpa della situazione in cui si erano trovati lei, Peter e tutta quella povera gente.
Spregevole e arrogante, che trattava le persone come bestie, o peggio.
Non la intimidì con il suo sguardo duro e l’aspetto impeccabile, avvolto nella veste nera e argento; non sentì la minima paura, solo repulsione.
“A-allora, mio signore? Cosa ne dite?” balbettò Pug più impaziente che mai. “A mio modesto parere, le somiglia, no?”
“Devo accertarmi della cosa, Pug”
Il mercante sembrò alquanto deluso. “Ma, mio signore…”
“Mio signore” intervenne un marinaio, arrivando alle spalle delle due guardie. “Abbiamo avvistato or ora le Isole Solitarie”
“Molto bene” disse Rabadash distogliendo finalmente lo sguardo da Susan. “Guardie!”
Quelle scattarono sull’attenti.
“La prigioniera rimarrà qui dentro, per il momento. Sorvegliatela. Quando sbarcheremo deciderò sul da farsi”
Rabadash se ne andò turbato. Quella ragazza suscitava in lui emozioni mai provate prima.
 
 
“Terra!” annunciò a gran voce l’uomo di vedetta sul Veliero dell’Alba.
Edmund, Lucy e Eustace alzarono gli occhi dai piatti della colazione, si guardarono e poi, gettando letteralmente le posate sul tavolo, uscirono di corsa sul ponte, dove Caspian era già accanto a Drinian, binocolo alla mano.
“Oh, che bello!” esclamò Lucy battendo le mani. “Eccole là! Si vedono a occhio nudo! Le Isole Solitarie!”
Era una splendida giornata di sole. L’aria fresca, il mare azzurro increspato dolcemente da piccole punte di schiuma bianca. Non avrebbero potuto sbarcare in una mattinata migliore.
Le Isole Solitarie erano tre: Felimath, una collina bassa ed erbosa dove vivevano solo animali; Doorn, una distesa grigia più rocciosa della sua gemella, abitata solo da qualche piccola comunità di pescatori; infine Avra, la cui città portuale Portostretto era la capitale. La maggior parte degli uomini risiedeva lì. Non c’erano creature magiche nelle Isole.
Decisero di scendere a Felimath. L’idea fu di Lucy, ma tutti la trovarono ottima. Anche Edmund era ansioso di tornarci. Caspian e Ripicì andarono con loro e- strano ma vero- anche Eustace, ansioso di scendere da ‘quella bagnarola’.
Drinian rimase d’accordo con i sovrani che il Veliero dell’Alba avrebbe doppiato il capo e raggiunto Doorn per fare provviste, dopodiché, la nave li avrebbe recuperati dall’altra parte di Felimath, che i ragazzi volevano attraversare a piedi.
Fu una mattinata meravigliosa.
Camminarono a piedi scalzi sull’erba fresca, giocarono sulla spiaggia, si sdraiarono al sole, si concessero un bagno in mare ridendo e scherzando. Si incamminarono verso l’interno, arrampicandosi poi su per un pendio che li portò in cima al colle dell’isola. Si voltarono ad osservare il panorama e il Veliero dell’Alba, che da quella distanza sembrava piccolissimo.
Doorn si stendeva ai loro piedi, separata da Felimath da una stretta striscia di mare. Sulla sinistra si scorgeva Avra e i tetti bianchi di Portostretto.
Tornarono sulla nave che era già tardo pomeriggio. Il sole calava in fretta, tingendo il mare e il cielo di riflessi arancioni.
“Vostra maestà, osservate” disse Drinian, non appena Caspian fu al suo fianco accanto al timone.
Il Re prese il binocolo e vi guardò dentro per un tempo alquanto lungo.
“Che succede?” chiese Edmund, apparendo accanto a loro.
“C’è una nave ancorata nella baia. Direi che si tratta di una nave del sud”
“Calormen?” domandò Edmund, prendendo il binocolo che Caspian gli porgeva.
“Pare di sì”
“L’Occhio di Falco, maestà” disse Drinian inquieto.
“Come?” fece Edmund, voltandosi verso di lui.
“La nave del principe Rabadash XVIII”
Edmund osservò di nuovo e riconobbe la bandiera con le due scimitarre incrociate, simbolo dell’Impero di Calormen.
“Che cosa sono venuti a fare sin qui?”
“E’ quello che intendo scoprire” disse Caspian. “Inoltre, non si vede neanche una bandiera di Narnia e la cosa mi insospettisce”
“Ehi, e quello che cos’è?” esclamò ancora Ed.
“Cosa?”
“Guarda là, sulla destra”
Caspian rimise occhio al cannocchiale e vide delle alte torri che non aveva notato in precedenza.
“E’ una qualche sorta di costruzione ancora incompleta, pare. Ma non ha la stessa struttura delle altre abitazioni. Sembra quasi…un tempio”
“Io dico di prepararsi a sbarcare. Drinian?” fece Edmund risoluto.
 “Perdonatemi vostra maestà, Re Edmund, ma la catena del comando inizia da Re Caspian su questa nave”
Il capitano si scambiò un’occhiata con il suo sovrano.
Edmund guardò dall’uno all’altro, quasi stupito da quell’affermazione.
Era la prima volta, da quando era arrivato sul Veliero dell’Alba, che si sentiva messo da parte. A pensarci bene però era del tutto logico, che stupido era stato. Gli ordini li dava Caspian, adesso.
“Useremo le scialuppe” disse quest’ultimo. “Drinian, prendi alcuni uomini e vieni a riva”
“Sì, signore”.
“Tavros, ordina di ammainare la vela e gettare l’ancora”
“Si, maestà”
Doveva ammetterlo, Edmund: Caspian era diventato un vero e proprio condottiero.
Provò una punta di gelosia, perché lui non aveva mai potuto essere re in prima persona, c’era sempre qualcun altro davanti a lui.
No, si disse, non era giusto pensare quelle cose. Caspian era suo amico, gli voleva bene; avevano lottato insieme per la pace, Edmund l’aveva aiutato a salire sul trono perché gli spettava di diritto. Non poteva essere invidioso.
Sbarcarono con due scialuppe. Sulla prima i due Pevensie, Eustace, Ripicì e Caspian; sull’altra Drinian, il suo secondo Rynelf, e altri tre.
“Avanti! Il brivido dell’ignoto ci attende!” esclamò Rip saltando giù dalla barca, l’unico a quanto pare ad avere il sorriso sulle labbra.
“Non potevate aspettare domattina? Farà presto buio e io…”balbettò Eustace.
“Hai paura” affermò Ripicì”
“Questo non è vero!”
“Ascoltate” disse Lucy, mentre Rynelf l’aiutava a scendere dall’imbarcazione. “Che silenzio…dov’è tutta la gente?”
“E’ meglio stare all’erta” disse Caspian caricando la balestra. “Lucy, hai la spada che ti ho dato?”
“Sì, è qui. E ho anche il pugnale e il cordiale”
Avanzarono guardinghi con solo il canto dei gabbiani e altri uccelli di mare a spezzare il silenzio. Sembrava una città fantasma.
Eustace inciampò un paio di volte, nessuno lo aiutò.
“Sicuri che appartenga alla vostra famiglia?” chiese Caspian scettico.
“Purtroppo…” fu il commento di Edmund.
Improvvisamente, un solo rintocco di campana rimbombò nell’aria immobile del crepuscolo.
Tutti si voltarono spaventati verso la fonte del suono. Proveniva da un alto campanile, dietro il quale scorsero di nuovo le strane torri che Edmund aveva notato prima.
“Ripicì, con gli uomini di Drinian, resta a difendere questo posto” ordinò Caspian. “Noi proseguiamo. Se all’alba non siamo tornati, manda degli uomini”
“Sì vostra maestà”
Eustace non era molto propenso ad inoltrarsi in quel luogo disabitato. Caspian gli porse allora il suo pugnale in modo che potesse difendersi.
“Lo sai usare?”
“Ah! Che domande!”
“Vedi di non perderlo, per favore. Ci tengo molto”
“Perché?”
“Era di mio padre”
Ormai il sole era definitivamente scomparso dietro l’orizzonte e le ombre prendevano il sopravvento.
“Venite” sussurrò Caspian, guidando il gruppetto dentro una porticina sul retro della chiesa. “Cominciamo da qui”.
“Eustace, tu preferisci stare di guardia, immagino” chiese Edmund, scuotendo la testa perché il cugino era inciampato un’altra volta.
“Ahia! Eh? Oh, sì, sì, io me ne resto qua fuori”
Il Re e i due Pevensie varcarono la soglia di un grosso stanzone semi vuoto, eccezion fatta per un tavolo al centro esatto di esso, sul quale erano aperti alcuni grossi registri pieni di nomi vergati in inchiostro, alcuni ancora fresco.
Edmund prese la sua torcia dalla cintura e l’accese, puntandola sui fogli.
“Chi sono tutte queste persone?” chiese Lucy, forse a voce un po’ troppo alta.
“E perché alcune di loro sono state cancellate?” le fece eco Edmund.
“Sembra quasi una sorta di…tariffario”
“Mercanti di schiavi” confermò Caspian a basa voce.
In quel mentre, dall’alto vennero srotolate delle corde. Da esse si calarono dei soldati in tenuta bianca e rossa, altri sembravano semplici marinai, ma tutti si avventarono sui ragazzi una volta toccato terra.
Caspian sparò una freccia con la balestra atterrando il nemico più vicino, ma presto altri gli furono addosso armati di scimitarre. Il Re sguainò Rhasador, la sua nuova spada, e si preparò a dar battaglia.
Edmund e Lucy lo imitarono.
La ragazza se la cavò piuttosto bene, La sua istruzione nella scherma era un po’ lacunosa, ma parò diversi colpi con maestria.
Edmund invece era sempre stato il più grande spadaccino di Narnia,  e in quell’occasione, con Rhindon in pugno, ebbe modo di esibire la sua eccellente destrezza schermando gli attacchi di tutti i nemici e contrattaccando a sua volta, velocissimo.
Caspian fece roteare per l’ennesima volta l’arma in un lampo d’argento, quando un urlo strozzato li costrinse tutti a fermarsi.
Era stato Eustace a gridare. Era sulla porta, il coltello di Caspian gli era stato portato via dall’uomo che ora glielo puntava alla gola
“Se non volete sentire strillare come una femminuccia questo qui un’altra volta, vi consiglio di buttare le armi. Subito”
“Femminuccia?!” esclamò il ragazzo indignato.
“Eustace!” fece Edmund, guardando furioso il cugino che si era fatto prendere nel sacco.
“Sarebbe stato meglio portarcelo dietro”pensò.
Poi gettò a terra la spada, lo stesso gli altri.
“Metteteli i ferri” ordinò il carceriere di Eustace.
“Sì, signor Pug”
“Levami le mani di dosso!” esclamò Lucy appena l’afferrarono.
“Lei lasciatela stare!” tuonò Edmund, ma venne zittito da un pugno di un soldato che gli fece sentire il sapore del sangue in bocca.
“Questi due li portiamo al mercato” disse Pug facendo un cenno verso Lucy e Eustace. “Gli altri rinchiudeteli nella prigione”
“Ascoltami insolente buffone! Io sono il tuo re!” gridò Caspian con collera crescente.
“Oh, ma davvero? Bene, un altro sovrano di Narnia” Pug si inchinò prendendosi gioco del giovane, al quale ovviamente non credeva. Alcuni soldati risero.
“Se è così” continuò il mercante, “vi sistemerò con qualcuno di vostra conoscenza, vostra altezza…Portateli via!” ordinò infine.
“No, Edmund! Edmund!” strillò Lucy spaventata, mentre veniva separata dai compagni.
La stessa sorte toccò al cugino, troppo scioccato per poter proferire parola o protestare.
“Tranquilla, andrà tutto bene!” assicurò Ed, mentre trascinavano lui e Caspian lontano.
Li condussero fuori dalla chiesa e giù per le vie buie diretti alle galere di Portostretto.
“Dentro! E vedete di stare buoni!”
Il padrone del carcere (che Pug aveva pagato profumatamente) li chiuse nella gattabuia più nascosta dell’edificio.
“Anche se urlerete, non vi sentirà nessuno” e ridendo se ne andò.
Edmund corse alle sbarre e cominciò a strattonarle con forza.
“Pagherete per questo!”
Caspian, furibondo, diede un calcio alle sbarre della cella, che produssero un clangore assordante.
Poi, una voce provenne dal fondo della prigione, dalla parte più buia.
“Edmund? Sei proprio tu?”
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata e si voltarono.
Dalle ombre apparve una figura femminile. Avanzò verso di loro e quando fu al centro esatto della stanza, la luce della luna che entrava dalla finestrella in alto sulla destra, la illuminò completamente.
“Susan!” esclamò Edmund sbalordito.
“Ed!” fece lei correndo ad abbracciarlo. “Oh, Ed, come sono felice di vederti! Stai bene? E Lucy?”
“Ma…Susan, che cosa ci fai qui?!” le chiese Edmund, ma lei non gli rispose.
Susan stava guardando alle spalle del fratello- dal quale si staccò piano- l’altro ragazzo ancora accanto all’entrata della cella.
Un ragazzo alto, con i capelli castani e lunghi fino alle spalle, un accenno di barba sul viso che rendevano il suo aspetto più adulto e virile, gli occhi scuri fissi nei suoi.
Un nome uscì dalle labbra di Susan, lieve ma chiaro nell’immobilità della notte.
“Caspian”

 
Oh oh oh! Buon Natale! :D
Allora allora allora, dopo un piccolo inghippo che non mi ha permesso di pubblicare sabato pomeriggio, è con orgoglio che vi presento il nono capitolo! E stavolta, ragassuole mie, voglio gasarmi e dirvi che ho superato me stessa: zi, zi! XD Undici pagine word! Waaaaaaaaaaaaa!!!!! Non riuscivo più a fermarmi, e infatti il decimo è praticamente già scritto e lo metterò per capodanno!
Tiriamo le somme:
Caspian e Susan si sono ritrovati anche se solo alla fine.
Ed e Caspian sono con  lei, Lucy e Eustace invece verranno venduti poveretti…e Peter? Ce l’avrà fatta a fare un piano per fuggire?
E ora cosa succederà? Eh? Eeeeehhhhh? Orsù, dite la vostra! (ma come parlo? Va bè…)
Voi siete state ancora fantasmagoricamente super mitiche, no di più, non c’è parola per dirlo. Siete uniche, grandiose, insuperabili! Vi ringrazio dal profondo del cuore!
Thaks to:

 
Per le seguite: Babylady, FedeMalik97, FrancyNike93GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, SerenaVdW, Smurff_LT e SweetSmile
 

Per le preferite: Charlotte Atherton, LittleWitch_, piumetta, e tinny
 
Per le ricordate: Angie_V
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Angie_V, Babylady, Charlotte Atherton, GossipGirl88_, IwillN3v3rbEam3moRy, LittleWitch_, piumetta, SerenaVdW e tinny
 
Ancora tantissimi auguri! Più uno speciale a IwillN3v3rbEam3moRy che compie gli anni il 25 dicembre!
Un bacio dalla vostra Susan<3
   
 
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