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Autore: Akil    25/12/2012    2 recensioni
Prendete il finale di Inheritance e dimenticatelo. Tenete solo la partenza di Murtagh. Nessun addio strappa lacrime, nessuna nave, nessun viaggio verso est.
Mettete Eragon al fianco di suo fratello, aggiungete una promessa più importante di Alagaësia e un viaggio che sotto sotto è una fuga.
Un Eragon cambiato profondamente da segreti nascosti al mondo.
Una famiglia distrutta.
Due giovani promettenti cresciuti senza conoscere parte di ciò che li forma.
Nuovi e vecchi personaggi, travolti dall’amore e dall’amicizia, ma soprattutto dal rancore e dalla vendetta.
Perché ad Alagaësia sono i pregiudizi a essere sovrani e il nome di tuo padre potrebbe decidere il tuo futuro.
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«Be’, ti devo fare i miei più sinceri complimenti, Eragon», disse infine. «Credo tu sia l’unica persona al mondo che è riuscita a cambiare il Fato».
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«Sai cosa c’è di più pericoloso di un pazzo con molto potere, Murtagh?», chiese cambiando apparentemente discorso.
Era ovvio che Eragon non si aspettasse una risposta, perciò stette zitto.
«Un pazzo, con molto potere e un
obbiettivo», spiegò il Cavaliere. «Perché l’unica cosa che gli importa è realizzare quell’obbiettivo, a qualunque costo»
Genere: Azione, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi è stato chiesto di fare un riassunto dei capitoli, è un po' lungo perciò lo metto sotto spoiler.
Cliccate "Spoiler" per poterlo leggere, se non vi interessa, invece, il capitolo è subito dopo =)
SPOILER (clicca per visualizzare)
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Le urla della donna erano strazianti, piene di dolore, laceravano l’anima con la loro distruttiva potenza.
L’uomo correva senza freni, cercando di raggiungerla. Preso dall’agitazione non riusciva a trovare la stanza giusta, apriva le porte del castello senza pensare, dava uno sguardo all’interno e poi continuava a correre e correre e correre. Le grida sembravano provenire da ogni parte, mandandolo in confusione.
Ma lui non si arrendeva. Le gambe imploravano invano di fermarsi senza essere ascoltate e continuavano a correre e correre e correre.
«Papà!», una voce squillante e preoccupata lo richiamò, riuscendo a fermarlo. Un bambino biondo gli veniva in contro, gli occhi verdi scuri pieni di terrore. «Papà!», urlava. «Hanno preso la Mamma, Papà! Lei gridava, ma non si sono fermati». Si buttò addosso all’uomo, piangendo a dirotto.
Il padre lo guardò intensamente. «Hai visto dove l’hanno portata?», chiese impaziente. Ma il bambino continuava a piangere e ad urlare. Gli prese il volto fra le mani, incrociando i suoi occhi. «Dove l’hanno portata? L’hai visto?», ripeté.
Il bambino annuì. «Di là», indicò un corridoio alla loro destra. «Le faranno del male, Papà?», frignò.
L’uomo non rispose e ricominciò a correre. Il figlio si appese alla sua mano, spaventato, correndo a sua volta.
Arrivarono davanti ad una grande porta di massiccio legno nero, sentendo finalmente le urla nitide e forti. Un altro uomo attendeva lì davanti. Indossava dei suntuosi abiti rossi con uno stemma ricamato sopra. Appena si accorse della presenza di padre e figlio, abbracciò il primo sorridendo felice.
«Come sta andando?», chiese l’uomo sudato ed ansante.
«Non mi lasciano entrare e dubito accetteranno anche te, ma dicono che non ci sono problemi».
«Cosa succede, Papà? Dov’è la Mamma?», domandò il bambino confuso e piangente.
Il padre non lo ascoltò, troppo impegnato a fissare il nero legno della porta, l’uomo in rosso, invece, si abbassò verso di lui. Gli scompigliò dolcemente i capelli. «La Mamma sta bene, piccolo. Fra poco tornerà e avrà una sorpresa, vedrai».
Il bambino sorrise smettendo di piangere. Mamma aveva una sorpresa e a lui piacevano le sorprese.
Un urlo improvviso, più forte degli altri, riempì l’aria, spaventando i tre. Durò qualche attimo, poi il silenzio si protrasse a lungo.
Il padre non resse che un minuto prima di buttarsi contro la porta, aprendola di scatto.
Gridolini femminili di sorpresa si levarono al suo ingresso, ma sopra ogni altro suono, spiccava un lamentoso e sano pianto, tipico dei neonati.
Una donna castana scosse la testa divertita e gli porse un piccolo urlante fagotto insanguinato.
 «Congratulazioni, è una bellissima donnina».
Il volto dell’uomo, prima contratto dalla preoccupazione, si distese in un ampio sorriso e le guance gli si rigarono di lacrime di commozione.
La piccola socchiuse leggermente gli occhi per guardarlo, incontrò il suo sguardo dolce e a poco a poco si calmò. L’uomo sentì centinaia di emozioni pervaderlo, era ebbro di felicità e di gioia.
Un flebile e stanco sussurro lo distrasse dalla contemplazione di quel piccolo miracolo. «Capisco che lei possa essere bellissima, ma vorrei anche io le mie coccole annesse alle congratulazioni».
L’uomo si girò verso il grande letto della stanza su cui una donna con il volto madido di sudore lo guardava amorevolmente. Si avvicinò a lei velocemente, rendendosi conto che non era rimasto nessun’altro nella stanza tranne loro tre.
«Non è bellissima», sussurrò sedendosi al suo fianco e scostandole i capelli biondi sparsi sui cuscini. «È magnifica, come te».
La donna sorrise ancora di più e cercò di sporgersi verso il suo volto. L’altro si abbassò quel tanto che bastava per arrivare alle sue labbra. «Ti amo», disse depositandole un piccolo bacio a stampo.
«Ti amo anche io», rispose lei.
La bambina si dimenò tra le braccia del padre, allungandosi verso la madre, curiosa. La donna felice oltre ogni dire l’accolse sul suo petto.
«Non è vero».
La guardò interrogativo.
«Non è come me, è dieci, cento, mille volte meglio. E diventerà come te. Una tua copia al femminile, vedrai», rivelò al marito.
Lui sorrise baciando la fronte ad entrambe.
Un piccolo bussare interruppe quel piccolo idillio familiare. La donna castana di prima entrò piano. «Scusate l’interruzione», sussurrò, «ma dobbiamo lavare la piccola. Mezz’ora e ve la riportiamo».
Con riluttanza l’uomo le passò il piccolo miracolo ora addormentato, poi la donna corse fuori.
I due coniugi rimasero lì per diverso tempo, semplicemente contemplandosi, sussurrandosi frasi piene di emozioni e ricordi, e scambiandosi qualche carezza e qualche fuggevole bacio.
Solo quando la bambina fu di nuovo tra le loro braccia parlarono di nuovo.
«Come vuoi chiamarla?», chiese l’uomo.
«Myra», rispose sicura la donna. «Ha un espressione da Myra».
«E Myra sia, allora».
Si guardarono sorridenti, gli occhi colmi di lacrime di felicità. E risero. Risero sentendo che nulla avrebbe potuto spezzare la perfezione di quel momento.
Ma, lentamente, le risate della donna si trasformarono in urla disperate, le lacrime divennero di dolore e si fecero di sangue. La vita si ritrasse da quel perfetto corpo lasciando solo delle fredde spoglie.
La bambina non c’era più.
E, scritto sul cuscino con la scarlatta linfa vitale, solo due parole:
Ti aspetto.
 
Eragon si svegliò gridando. Aveva il respiro affannoso ed il corpo sudato nonostante avesse lanciato chissà dove le pesanti coperte scure del letto.
Si passò una mano sul volto stravolto dalla disperazione, accorgendosi solo allora delle lacrime che continuavano a solcargli le guance. In un attimo ricordò perfettamente tutto l’incubo e il peso di tutto il suo dolore si fece più pressante sulle spalle, togliendogli il fiato, lasciandolo completamente devastato.
Era per questo che odiava dormire: ogni sua più piccola debolezza si ingigantiva e gli si rivoltava contro nei modi più subdoli. I sogni erano solo quelli più distruttivi.
Si sentì soffocare dai ricordi e da quelle quattro pareti verdi che lo circondavano. Corse al piccolo terrazzo della stanza, spalancando le porte e uscendo nella gelida aria invernale, incurante di essere vestito solo con dei leggerissimi pantaloni di tela.
Lo sbalzo termico riportò lucidità alla sua mente, ma non placò il suo pianto a cui, a poco a poco, si aggiunsero dei forti singhiozzi. Si appoggiò al parapetto, stringendo il granito così forte da vedere le sue nocche diventare bianche. Alzò il viso al cielo urlando tutta la sua disperazione. Non si curò di poter svegliare qualcuno, né di essere visto in quel momento di totale debolezza. Continuò a gridare mentre la luna piena veniva coperta dalle nuvole nere, come se condividesse il suo dolore.
Il vento freddo soffiava leggero ricordandogli le delicate carezze del sogno, gli amati brividi che lo avevano attraversato durante quei brevi baci, e come questi gli fossero stati brutalmente strappati via. Cadde a terra, completamente sopraffatto dalla potenza distruttiva dei ricordi. Saphira e Light cercarono di consolarlo, ma lui li ignorò, concentrandosi esclusivamente sui suoi lamenti e sulla sua sofferenza.
E rimase lì per tutta la notte, rannicchiato su sé stesso, senza riuscire a trovare pace, fino a quando la luce del giorno lambì il suo corpo e le trombe suonarono festive un nuovo ingresso in città.

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Bene, allora, Buon Natale, innanzi tutto =)
Il capitolo era pronto da un bel po', ma io volevo aspettare Natale (con un certo disappunto di Edo XD)
Forse può sembrarvi un po' corto come capitolo, ma mettere l'incontro con Orik nello stesso capitolo sarebbe stato troppo "indelicato". E poi non dite che non voglio bene ai personaggi di cui scrivo! XD
Parlando di ciò che è successo... devo dire che all'inizio non credevo voler scrivere questa scena, in realtà neanche esisteva, ma poi ho visto il video di "Lullaby" dei Nickelback e mi è sembrata perfetta, soprattutto per introdurre la grande devastazione mentale di Eragon che però si comprenderà meglio tra due/tre capitoli.
Se avete domande, come al solito, potete chiedere e io vedrò se posso rispondere.

Infine ringrazio Edo, Kia e Puccia per aver recensito lo scorso capitolo.

Alla prossima (che non sarà fra un mese),
Akil

P.S.
Dato che a Natale puoi fare quello che non vuoi fare mai (è corretto, fate silenzio!), che ne dite di lasciarmi una piccola recensioncina? Anche solo per dirmi (in modo educato) nella frase X hai sbagliato a scrivere Y! Suvvia, anche solo una volta in tutto l'anno *faccia implorante*
P.P.S.
@Edo: mi dispiace, ma alla cava avevano finito sia il cristallo nero che il marmo bianco... Scolpita interamente nel diamante con il cavallo in oro, zaffiro e rubino non va bene, vero?
  
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