Buon Natale a Tutti! :)
E dato che a Natale siamo tutti più buoni, spero che abbiate
voglia di lasciarmi una recensione! Intanto ringrazio le 5 persone che mi
seguono e quelle che mi hanno inserita tra le ricordate e le seguite!
Thank you a lot! <3
E come avevo promesso ecco un altro capitolo, spero che vi
piaccia!
Mi raccomando, recensite!!! :D
Lazysoul
2.
Passavo
la maggior parte del mio tempo libero con i miei due migliori amici: Harry e
Ron.
Erano
cambiati molto dopo la guerra, come chiunque d’altronde, ma in loro – per
un’osservatrice come me – la differenza era abissale.
Ron era
diventato più serio e a volte si impegnava davvero quando doveva studiare, cosa
che mi aveva colta alla sprovvista quando lo avevo notato la prima volta. Quel
lato di lui mi affascinava, ma era troppo presto per parlare d’amore, certo,
durante la guerra ci eravamo baciati, ma poi mi aveva detto che era stata una
cosa troppo strana per lui, dato che si era sentito come se avesse baciato sua
sorella, Ginny.
All’inizio
quel suo commento mi aveva dato fastidio e profondamente ferita, ma poi avevo
capito che aveva ragione e avevamo deciso di comune accordo di dimenticare quel
bacio.
Harry
invece sembrava sempre tra le nuvole, anche lui aveva deciso di studiare e di
dare il massimo, ma il suo metodo era diverso da quello di Ron. Entrambi
riuscivano a fare i compiti da soli, ma sapevo che – come accadeva anche a me –
i ricordi e i sogni li tormentavano.
Quasi
tutta Hogwarts aveva deciso di comune accordo di smettere con le rivalità tra
le Case e le uniche persone che ancora si ostinavano a provare astio erano i
Serpeverde, soprattutto Malfoy. Anche se quella sera, nel Bagno dei Prefetti,
mi aveva mostrato il suo lato vulnerabile, il suo comportamento superiore e
snob era rimasto come una maschera sul suo volto.
Più
volte avevo desiderato avvicinarlo per parlargli, ma poi il coraggio mi era
sempre mancato, sapevo che se avessi detto a qualcuno di ciò che era successo la
notizia si sarebbe sparsa in un secondo e che quindi, a quel punto, lui non si
sarebbe mai più fidato di me.
Certo,
può sembrare strano, ma ero gelosa del nostro piccolo segreto, era bello
pensare di averlo reso libero dal senso di colpa ed era bello ricordare il suo
complimento.
A volte
mi ritrovavo a sognare le sue lacrime, il suo volto contratto in un smorfia di
disgusto per ciò che sua zia mi aveva scritto sul braccio e la sua bocca che
sussurrava quella supplica a fior di labbra: “Perdonami”.
«Hermione?
Secondo te dovrei chiederglielo io?», chiese Ginny, mentre si torturava con le
mani l’orlo della gonna, totalmente dimentica del compito di Erbologia sul
tavolo davanti a lei, che non aveva ancora concluso.
«Come
scusa?», domandai, scacciando simili pensieri dalla testa e concentrando
l’attenzione sulla mia amica.
«Harry
non mi ha ancora invitato per la festa di Lumacorno e ho tanta paura che non lo
faccia, quindi stavo pensando che magari potrei prendere io l’iniziativa, tu
che dici?», sussurrò, mentre si guardava attorno, alla ricerca di orecchie
vicine che avessero potuto udire le sue parole.
«Certo
Ginny, tanto Harry non rifiuterebbe mai un tuo invito ad andarci insieme, lo
sai che ti vuole bene, che ti ama tanto e che farebbe di tutto pur di vederti
felice», mormorai, prima di fissare intensamente il foglio ancora bianco che
avevo di fronte.
La
Biblioteca era silenziosa, proprio come piaceva a me, ma non ero riuscita a
trovare ancora le parole adatte per iniziare il compito di Trasfigurazione.
«Si,
hai ragione!», esclamò raccogliendo tutti i suoi libri e sorridendo: «Meglio
che glielo chieda subito, prima che mi manchi il coraggio. Ci vediamo, Herm».
Appena
Ginny scomparve, mi sentii istantaneamente abbandonata.
Provai
una sorta di panico e il cuore iniziò a battermi all’impazzata, ma la
sensazione durò un istante prima che la sedia di fronte alla mia si muovesse,
facendomi alzare di scatto lo sguardo.
«Granger»,
salutò cortesemente, anche se con un tono affilato, Malfoy, prima di sedersi e
tirare fuori dalla borsa alcuni libri.
Non
riuscivo a levargli gli occhi di dosso, chiedendomi come mi sarei dovuta
comportare con lui.
«Malfoy»,
ricambiai il saluto e per un istante incontrai i suoi occhi freddi.
Quello
sguardo mi fece capire che tra di noi non era cambiato nulla.
Tornai
a fissare il foglio davanti a me e, miracolosamente, trovai le parole da
utilizzare per l’inizio del compito. Dettavo distrattamente, con un filo di
voce, alla penna ciò che doveva scrivere, mentre sfogliavo il libro di
Trasfigurazioni, dove avrei di certo trovato spunto per la parte più teorica
del compito.
Mi ero
quasi totalmente dimenticata del ragazzo che sedeva di fronte a me, quando lo
udii borbottare qualcosa e sfogliare con rabbia il libro di Incantesimi.
Lo
guardai di sottecchi per qualche secondo, chiedendomi che cosa gli fosse preso,
prima di notare un livido bluastro sulla sua mandibola.
Aprii
bocca per chiedergli chi gli avesse fatto male, ma poi mi bloccai, sentendo la
gola improvvisamente secca.
Non
erano affari miei e di sicuro non avrebbe gradito la mia curiosità, così tornai
a dettare alla penna ciò che doveva scrivere.
Rimanemmo
in silenzio per un’altra mezz’ora, si sentivano solo i nostri sussurri e il
rumore della piuma sulla carta, la Biblioteca sembrava totalmente vuota. Un
tempo forse avrei provato un leggero timore a rimanere sola con Malfoy, ma in
quel momento continuavano a spuntarmi in mente i ricordi delle sue lacrime e della
sua vulnerabilità e non potevo fare a meno di sentirmi triste e malinconica.
Ad un
tratto lo sentii sbuffare sonoramente e non potei impedirmi di alzare il capo a
quel rumore inaspettato.
Incontrai
i suoi occhi chiari e impassibili, mi chiesi cosa stesse pensando in quel
momento e se un giorno o l’altro sarei riuscita di nuovo a vedere dei
sentimenti trapelare dal suo viso.
«Cos’hai
da guardare?», chiese con un tono d’astio nella voce: «Vuoi una foto?»
Io
scossi la testa, prima di tornare a fissare la pergamena e di dettare alla
piuma ciò che doveva scrivere.
«Mezzosangue,
ti ho fatto una domanda. Rispondimi», sibilò tra i denti, poggiando le mani coi
palmi aperti sul tavolo e alzandosi in piedi.
«Non
volevo disturbarti, ti ho sentito sbuffare e istintivamente ho alzato lo
sguardo», ammisi, prima di prendere il compito finito e di riporlo nella mia
borsa.
Ritirai
tutti i libri e feci per andarmene, quando lo sentii chiedere in un sussurro: «Dove
stai andando?»
Per un
istante mi tornò alla mente il suo volto rigato di lacrime e sentii il cuore
sussultare.
Tornai
a fissarlo e vidi sul suo viso l’unico sentimento che non mi sarei mai
aspettato di vedere: pentimento.
Era
pentito per le parole dure e piene d’astio che mi aveva detto, pentito per non
esser stato in grado di parlarmi normalmente, senza lasciar trapelare il suo
nervosismo per qualcosa di cui io ero all’oscuro.
Non
risposi alla sua domanda, ma gliene posi un’altra: «Vuoi che rimanga?»
Vidi i
suoi occhi sbarrarsi, sorpresi dalle mie parole, prima che il suo sguardo
gelido tornasse sul mio volto e lo sentissi dire: «Certo che no! Hai infettato
abbastanza l’aria con la tua semplice presenza Mezzosangue»
«Avevi solo
da sederti da un’altra parte», ribattei sorridendo appena, zittendolo, prima di
allontanarmi e uscire dalla Biblioteca.