In
effetti qualcosa non andava. Cosa ci facevano quei quattro nell’era contemporanea?
L’incantesimo che li aveva riportati indietro era scaturito dalla bacchetta di
Neville. Ora, mi spieghi come può una persona riuscire in una tale impresa
sbagliando soltanto una magia di rallentamento? Si era messo sicuramente
d’impegno per raggiungere quel risultato, anche se appariva stupito a sua
volta. Nessuno diceva niente, tutti scrutavano i quattro e i quattro scrutavano
tutti. Entrambi parevano i visitatori di uno zoo di
fronte ad un animale appena scoperto. Ma,
naturalmente, il professor Vitius non poteva stare lì
senza far nulla e prese la situazione in mano.
“Salve, io sono il
professor Vitius” disse mentre scendeva dalla pila di
libri dietro la sua cattedra e si avvicinava ai fondatori porgendo la mano
“Credo che vorrete conoscere in nostro preside…”
“Si dice dirigente
scolastico, professore” disse con voce gracchiante Hermione.
Vitius la fulminò con lo sguardo e ritorno ai quattro
visitatori, che lo guardarono ancora un po’ storditi, ma non dissero niente. Il
professore puffo si guardò intorno, i suoi occhi si
posarono su tutta la scolaresca, ad uno ad uno, poi si fermarono sul rosso
della famiglia Weasley.
“Signor Weasley, può accompagnarli lei all’ufficio del direttore?”
Tutte a me! Perché proprio io? Non ne ho nessuna voglia, ma ci mandi
Neville che ha combinato tutto questo casino, io che c’entro? Ero sepolto sotto
una montagna di cuscini quando è successo. Questi pensieri non furono mai
espressi dalle labbra del ragazzo, che intanto si stava avvicinando con
riverenza ai fondatori della sua scuola.
“Se
volete seguirmi…”
I quattro gli sorrisero e
lo seguirono fuori dalla porta e, mentre passavano, si
alzò un forte brusio. Non ci fece caso e chiuse l’uscio dietro di sé. Bastò un
decimo di secondo e quei mascalzoni erano già spariti
dalla sua vista. Dove diavolo si erano cacciati? Ron fu preso dalla disperazione e per poco non iniziò a
prendere a testate il muro. Penso ad Hermione nuda e con la bocca tappata e riuscì a calmarsi,
anzi fu preso da una tale eccitazione che per poco non fu costretto a dirigersi
in bagno, ma riuscì a dominare quegli istinti animaleschi e si mise a correre
per i corridoi alla ricerca di quelle persone che gli erano state affidate.
Adesso possiamo tornare al
presente. Ron si passò una mano sulla nuca: era piena
di bernoccoli e una forte emicrania gli spaccava la testa a metà. Il corpo non
era sicuramente messo meglio, anch’esso era pieno di lividi e sgraffi. Gli ci
vollero diversi minuti per riuscire ad alzarsi e, anche quando lo fece, non
aveva la forza di correre per tutto il palazzo dietro a quei folli. Ed ecco che
la mente del ragazzo si illuminò. Harry
era di nuovo preso dall’aerosol art e si divertiva a disegnare su ogni muro
graffiti con su scritto: “Dio c’è?”. Che senso
avessero quelle schifezze il rosso non l’avrebbe mai
capito, ma quello non era il momento
di starci a pensare. Lo intercettò tra un’opera e un’altra e lo prese da parte.
“Harry!”
L’altro mugolò qualcosa
mentre guardava il muro davanti a sé, progettando dentro di sé il prossimo
graffito. Ma Ron sapeva come
attirare la sua attenzione.
“Ti andrebbe di fare uno
scherzo?!” Gettò là l’amo. Harry si voltò rapito da quell’ultima parola,
aveva abboccato. Ormai pendeva dalle sue labbra.
“Dimmi” lo invitò mentre
un rivolo di saliva gli scendeva lungo il mento.
“Lo scherzo degli
insaccati, lo conosci? Basta fare delle piccole trappole di corda legate al
soffitto e quando qualcuno ci mette un piede dentro viene
sbalzato in aria a testa in giù…”
Gli occhi del ragazzo con
la cicatrice più famosa del mondo furono attraversati da un fulmine. Ron esultò silenziosamente, il piano era
stato portato a termine con successo. Harry tirò
fuori il suo cellulare e fece il numero del suo rifornitore, poi riattaccò con
nervosismo.
“Merda,
cellulare del *bip*, non prende mai! Proprio della 3
dovevo comprarlo?!? Dovrò ricorrere ai vecchi metodi!” Ron
non l’aveva notato, ma il ragazzo indossava una
giacchetta di pelle sopra la tunica. Il ragazzino occhialuto schioccò le dite e
fu circondato da una massa di ragazze urlanti.
“Ehi!” il novello Fonzie si fece spazio fra la calca e ritornò accanto al
rosso “Ho sbagliato comando.” Schioccò le dita due
volte, la prima fece sparire le fan e la seconda richiamò
Edvige.
Tirò giù due righe su un
foglio e legò alla zampa della civetta.
“A tu
sai chi!”
L’uccello prese il volo,
il ragazzo lo osservò e poi ritornò a Ron.
“Presto ci sarà da ridere,
Ralph” E salì su una moto spuntata da chissà dove e
sparì dalla vista del nostro giovane amico.
Il rosso ruotò il medio
vicino alla tempia: questo è schizzato sodo. Fece ritorno alla sala comune
della sua casa e si accasciò su un divanetto. Dormì un paio d’ore per
riprendersi da quella turbolente mattinata. Quando fu sufficientemente riposato riprese il cammino e
uscì dalla stanza, attraversando il ritratto della signora grassa.
“Salve Weasley”
L’interessato trasalì non aspettandosi la cosa. Vi voltò di scatto e si trovò
di fronte Draco Malfoy, tutto
sorridente. Oh, no! Ci mancava soltanto San Draco!
Ron cercò di essere gentile e
sorrise a sua volta. Quel folle si era fatto installare una piccola aureola
sopra la testa e delle piccole alette da putto sulla tunica. Inoltre per
redimere tutti i peccati commessi aveva deciso di
deambulare sempre scalzo, lasciando dietro di sé scie di caciotte ammuffite e
gatti morti. Usava Tiger e Goyle
come apostoli, li inviava a professare alla gente alla loro fede, cosicché
capitava avvolte si sentirsi prendere per una spalla da un di
loro e sentirsi dire: “Fratello, conosci il mondo di Geova?”.
“Vuoi una caramella, Weasley?” disse il neo-pio, porgendogli un grosso cestello
di vimini pieno di caramelle di ogni tipo. Non c’era
niente di male nel mangiare uno di quei piccoli dolci, quindi Ron allungò la mano, ne prese una e la scartò, mettendosela
in bocca. Draco sorrise ancora e ne prese una a sua
volta.
“Bene, ora che siamo
entrambi addolciti da una simile pasticca, direi di addolcire ulteriormente la
giornata con una piccola discussione sulla nostra divinità…” E continuò così,
lanciandosi in sproloqui teologici per diversi minuti. Ogni volta che il rossino tentava la fuga veniva
afferrato per il braccio dall’altro. Nessuna scusa riusciva a convincerlo e il
ragazzo fu costretto a sopportare quella lunga parlantina. Quando il santo se ne andò, Ron si accasciò a terra
esausto. Era stato come sopportare ventiquattro ore no stop di catechismo,
anche se il rosso non l’aveva mai fatto, poteva immaginarselo. Cosa gli era toccato
sorbirsi per aver mangiato una caramelle. Sua madre
aveva ragione quando, da piccolo, lo avvertiva di non prendere dolci dagli
sconosciuti, avrebbe dovuto ascoltarla anche quella
volta.