Uffici
del Jag
Scrollandosi
dalle spalle la neve che non si era ancora
sciolta durante il tragitto in ascensore, il Comandante Rabb entrò
negli uffici
del Jag allegro e sorridente.
“Comandante!
Ben rientrato” si sentì apostrofare dalla
voce divertita e al tempo stesso lievemente ironica dell’Ammiraglio
Chegwidden.
“Signore…”
rispose Harm, salutandolo.
“Tutto bene
il viaggio?”
“Certo
Signore! Ho raccolto tutte le informazioni che ci
servivano e sono pronto a formulare i capi d’accusa.”.
“Bene.
Comandante, la trovo particolarmente allegro, oggi.
Qualche motivo speciale?”
“Nossignore… “
“La neve,
allora? O è l’avvicinarsi del Natale? So che il
23 e il 24 dicembre lei sarà sulla Coral Sea ad accompagnare
l’Ammiraglio
Boone… potrà provare a farsi un volo…”
“Non ne
sapevo niente, Signore”.
“Glielo sto
dicendo ora”.
“Sissignore,
grazie Signore”.
“Aspetti a
ringraziarmi, Comandante. Se non dovesse
tornare in tempo per la cena dai Roberts, Harriett potrebbe
sbranarla…”. E
detto questo l’Ammiraglio scomparve nel suo ufficio, lasciandolo senza
parole.
Scosse la
testa con un sorriso divertito e stava per
dirigersi a sua volta verso il proprio ufficio quando fu fermato da
Sturgis.
“Harm, hai
già saputo?”
“Sì, me lo ha
appena detto l’Ammiraglio”
“Ci sarai,
allora?”
“Ovvio che
sì… perché, vieni anche tu? L’Ammiraglio non me
lo ha detto”.
“Beh, certo…
Bud e Harriett hanno invitato anche me…”
“Oh, ti
riferivi alla cena di Natale a casa Roberts?”.
“Sì, perché?
Tu a cosa pensavi?”
“Ah, lascia
stare… ero soprappensiero. Comunque sì, ci
sarò… sempre che riesca a tornare in tempo…”
“In tempo?”
“Sì… sarò
sulla Coral Sea ad accompagnare l’Ammiraglio
Boone che deve tenere una
conferenza…
dovrò discutere anch’io di qualcosa…“.
“Sai che se
non arriverai in tempo…” lo interruppe il Comandante
Turner.
“… Harriett
potrebbe sbranarmi. Sì, me lo ha già ricordato
l’Ammiraglio.”.
“Mhm… a dire
il vero io stavo pensando ad altro”.
“Ah… e a
cosa?”
“Lascia
stare… pensavo ad alta voce. Ci vediamo…” e con
quella frase sibillina, chiuse la conversazione e girò sui tacchi.
“Sturgis…” si
ritrovò a dire Harm, ma senza ottenere
risposta. Il suo amico se n’era andato.
A quanto
pareva quella mattina non era l’unico strano.
Allegro, forse. Ma non certamente l’unico strano!
Allontanò il
pensiero di Sturgis e tornò a concentrarsi
sull’unica cosa che gli importava di quella giornata: rivedere Mac.
Decise di
passare prima in ufficio per lasciare il
cappotto e la cartella, ma quella mattina il suo ufficio sembrava
essere
diventato una destinazione irraggiungibile.
Fu fermato da
Tiner che gli disse che Mac era dovuta
uscire per interrogare dei testimoni e quasi certamente sarebbe rimasta
fuori
per tutta la giornata; il Colonnello lo aveva pregato di consegnargli
un
fascicolo, dicendo che lui sapeva di cosa si trattava.
“Sì, Tiner…
il dossier del caso a cui stiamo lavorando io
e il Colonnello. Grazie”.
Prese dalle
mani del sottufficiale Tiner il plico che gli
stava porgendo e, con un aria decisamente meno allegra di qualche
minuto prima,
finalmente riuscì a varcare la soglia del suo ufficio.
Posò sulla
scrivania il fascicolo e la cartella da lavoro;
dopodiché si levò il cappotto e chiuse la porta.
Tutto il
buonumore se n’era andato quando aveva saputo che
non avrebbe rivisto Mac per un altro giorno ancora: voleva guardarla
negli
occhi per capire se aveva letto il suo biglietto.
Pazienza,
avrebbe dovuto attendere l’indomani.
Decise di
mettersi al lavoro e per prima cosa preparò il
documento con la formulazione delle imputazioni a carico del tenente
Grant,
l’accusato del nuovo caso che stava seguendo con Mac.
Quando ebbe
terminato ne fece due copie, una da consegnare
all’Ammiraglio, l’altra da conservare nel dossier. Trascrisse e stampò
infine
una relazione sull’esito del suo colloquio con i testimoni che aveva
ascoltato
mentre era via, per aggiungere anche quella al fascicolo che gli aveva
fatto
avere Mac.
Aprì la
cartelletta per sistemare i documenti e ciò che
vide in cima ai fogli lo fece sorridere e gli fece ritrovare
immediatamente il
buon umore che aveva perso prima.
Un altro
foglio azzurro, con la calligrafia di Mac.
Sentire
le tue mani su di me, possessive e al tempo stesso dolcissime. Le mani
di un
uomo non sono mai state tanto calde sul mio corpo, ma nessun altro uomo
può
essere paragonato a te. E capisco che non sono le tue mani ad essere
calde, ma
è il tuo tocco ad incendiarmi.
Assaporare
l’attesa di ogni centimetro percorso dalle tue dita e tremare quando le
tue
mani si posano sui miei seni, chiudendo gli occhi per godere di
quell’appagante
sensazione.
Riaprire
gli occhi e incrociare il tuo sguardo cupo, bramoso, eccitato e
innamorarsi
ancora di più del tuo sorriso fiero e sicuro.
Attirarti
a me prepotentemente, per impossessarmi delle tue labbra in un bacio
quasi
violento che nasce dalla rabbia nel sentirmi tanto impotente e
arrendevole tra
le tue braccia.
Esplorare
il tuo corpo e sorridere a mia volta sulle tue labbra nel sentirti
trattenere
il fiato ad ogni mio tocco…
Fino a quel
momento, nonostante non rimpiangesse l’idea
che aveva avuto, temeva un po’ la reazione di Mac: avrebbe potuto
prendersela
nello scoprire che lui aveva letto le sue fantasie e perdere così la
sua
amicizia.
Ma le parole
scritte su quel foglio stavano ad indicare
che aveva capito il suo intento e questo, da una donna come Mac, poteva
significare una cosa sola: era pronta, finalmente, a portare il loro
rapporto
ad un nuovo livello.
Ed era anche
decisa a proseguire con lui in quel “gioco”.
Sollevò il
foglietto scritto da lei e quando vide cosa
c’era sotto, sorrise.
Oh sì! Eccome
se aveva voglia di continuare con lui
quell’avventura!
Sotto il
foglio azzurro vergato con la sua calligrafia,
Harm ne trovò un altro, intonso.
Lasciato lì
apposta per lui.