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Autore: Alexandra_ph    26/12/2012    1 recensioni
Pubblico questa FF natalizia scritta nel 2007 sotto il mio nick, ma è firmata CATE e ALEX.
Abbiamo provato ad immaginarci cosa potessero desiderare Harm e Mac come regalo di Natale... e la risposta sta nel titolo della FF (o quasi...)
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Uffici del Jag – sala riunioni

 

“Ciao Sturgis”

“Mac…”

“Harm non è ancora arrivato?”

“Non ancora”

“Allora… “ disse Mac, posando il fascicolo del caso Grant sul tavolo “… se non ti dispiace nel frattempo faccio un salto in cucina a prendere del caffè… ne vuoi anche tu?”

“No, grazie”

“Ok, solo per me e per Harm, allora. Torno subito.”

“Da quando Harm beve il caffè?” domandò Sturgis, mentre usciva.

In effetti Harm raramente beveva caffè…

“Per lui del tè, se lo trovo…” rispose sulla porta, voltandosi verso il Comandante Turner.

“Grazie Mac, ma…”. La voce di Harm appena dietro di lei la colse alla sprovvista e per poco non gli finì addosso.

“Attenta…” disse Sturgis.

Harm stava entrando con due tazze in mano ed ebbe la prontezza di arretrare di un passo, altrimenti avrebbero combinato un disastro.

La guardò con un sorriso e le porse la tazza di caffè che le aveva portato.

“Grazie” disse imbarazzata. Era la prima volta che si trovava così vicino a lui, da quando aveva scoperto che aveva letto le sue fantasie.

Mentre prendeva la tazza, le loro dita  si sfiorarono. A quel contatto non riuscì ad evitare di tornare con la mente alle parole che aveva letto nel biglietto di Harm.

“Più la guardo, più la desidero…”.

Aveva trovato il suo biglietto la sera prima, nella stessa cartellina che gli aveva fatto consegnare lei da Tiner e che lui aveva lasciato sulla sua scrivania. Era passata un attimo in ufficio, prima di tornare a casa, impaziente di scoprire se lui aveva risposto. Harm aveva scritto sul foglio che lei gli aveva lasciato dentro per sfidarlo a continuare il “gioco”.

E, a quanto aveva letto, lui aveva accettato la sfida.

 

 

Lei è così bella… Più la guardo, più la desidero.

Eppure continua a rimanere soltanto una fantasia… un sogno proibito.

Chissà se ne ha uno anche lei…   

 

 

Si scambiarono uno sguardo, per pochi secondi, finché non sentirono un movimento provenire da dove si trovava Sturgis.

“Allora… possiamo iniziare?” disse Harm, prontamente ripresosi dal momento, mentre si sedeva con la sua tazza in mano.

Dovevano discutere con l’avvocato della difesa, Sturgis, che voleva un accordo per il suo assistito, il tenente Grant, al fine di evitare il processo.

Sarebbe stata una dura battaglia. Harm era fermamente convinto della colpevolezza dell’imputato e non aveva alcuna intenzione di cedere.

Mac si sedette a sua volta, sorseggiando il suo caffè.

Vide Harm avvicinare, con la mano libera, il fascicolo che lei aveva posato prima sul tavolo, mentre con l’altra si portava la tazza alle labbra.

Continuò a sorseggiare il suo caffè.

Lo vide aprire la cartelletta e deglutire un primo sorso di tè, mentre posava lo sguardo sui fogli.

Osservò di sottecchi la scena, mentre fingeva di sorseggiare ancora il caffè, che invece aveva appena terminato.

Per un attimo Harm sembrò concentrato a leggere; poi, improvvisamente, iniziò a tossire, come se il tè gli fosse andato di traverso.

“Harm… stai bene?” gli chiese Sturgis, sorpreso da quell’eccesso di tosse.

Non appena si riprese, fece cenno di sì con la testa, senza tuttavia riuscire a pronunciare una sola parola.

Si voltò verso di lei, con uno sguardo malizioso e le sorrise.

Poi, finalmente, riuscì a ritrovare la voce e disse:

“Sto bene, sto bene… Possiamo continuare…”

“Ma cosa ti è successo?” gli domandò Sturgis, osservandoli divertito.

“Niente… “

“Cos’è? Uno scherzo? Sembra che tu abbia visto un fantasma, in quei documenti!” aggiunse Sturgis, senza mollare la presa. Sembrava aver captato l’elettricità del momento.

“Oh, no, Sturgis… nessun fantasma… e nessuno scherzo…” rispose Harm, scrutando di nuovo i fogli.

 

 

Sogni... ad occhi aperti di giorno, nel mondo onirico di notte.

Dolci, passionali, romantici, erotici, proibiti... tutti con un unico comun denominatore: TU.

Tu e la tua perfetta divisa blu.

Ed ogni volta che ti vedo, un solo  pensiero si fa strada nella mia testa: afferrarti per la cravatta e attirarti a me per un bacio appassionato.

Slacciarne lentamente il nodo per farla scivolare dal tuo collo e poi, lascivamente, abbandonarla a terra dietro di noi...

 

 

Poi guardò di nuovo lei e aggiunse, sottovoce:

“Lo spero proprio che non si tratti di uno scherzo…”.

 

 

 

Uffici del Jag

 

Era stanca.

La giornata era stata faticosa e, in un certo modo, stressante. Dopo ciò che era accaduto in sala riunioni al mattino, lei e Harm non si erano più visti, lui dapprima impegnato con l’Ammiraglio e poi con Sturgis, lei alle prese con un noiosissimo lavoro di archiviazione assieme a Jennifer, che richiedeva la sua supervisione. Avevano sistemato cartelle di vecchi casi per quasi quattro ore e quando Jen era andata a casa perché quella sera aveva un appuntamento, si era offerta di terminare le ultime da sola, così il giorno dopo avrebbe potuto dedicarsi esclusivamente al caso Grant.

Alle 19 il sottufficiale Coats l’aveva salutata con un “non faccia tropo tardi, Colonnello!” e da quel momento erano trascorse altre due ore, ma era finalmente riuscita a terminare.

Uscì della saletta dove lei e Jennifer avevano trasportato tutto il materiale da visionare con una pila di cartelline e documenti tra le braccia e aveva appena chiuso la porta con una mano, trattenendo tutto quanto in equilibrio con l’altro braccio, quando fece per voltarsi e dirigersi nell’archivio per depositare i fascicoli che l’indomani Jennifer avrebbe sistemato, ma incontrò un ostacolo e gli finì addosso.

Si sentì trattenere da due braccia forti, altrimenti avrebbe perso l’equilibrio e sarebbe caduta. Fortunatamente, invece, a terra cadde solo il contenuto della cartellina in cima alla pila, che non era riuscita a trattenere. Sarebbe stato un guaio dover sistemare di nuovo tutto.

Stava cercando di capire contro chi era andata a sbattere, quando la voce divertita di Harm le giunse da troppo vicino all’orecchio.

“Era destino, oggi, che ti avessi tra le braccia…”.

“Harm… che ci fai ancora qui?” gli chiese, improvvisamente conscia di essere stretta a lui. Il cuore non le batteva forte solo per lo spavento.

Harm la lasciò andare con dolcezza, permettendole di ritrovare l’equilibrio.

“Potrei chiederti la stessa cosa” rispose lui, bello e imperturbabile come sempre.

Lei si sentiva uno straccio.

“Ho finito un lavoro che stavo facendo con Jennifer…”

“E io ti ho fatto finire tutto quanto a terra…” disse lui, mentre lei si stava piegando per raccogliere i fogli caduti.

“Non tutto quanto, fortunatamente…”

“Aspetta… ti aiuto…” e si abbassò anche lui.

“Mi sembra una scena già vista…” disse lei, per stemperare soprattutto dentro se stessa quella sensazione di intimità che l’aveva colta di sorpresa.

Si voltò verso di lui, mentre Harm le porgeva gli ultimi fogli che aveva raccolto, si alzava e poi le porgeva una mano per aiutarla ad alzarsi a sua volta.

Afferrò la sua mano, ma comprese subito di aver commesso un errore: lui la trattenne per qualche istante in più del dovuto, mentre la guardava intensamente.

Si sentì sciogliere sotto quello sguardo…

Lo scambio di fantasie con cui stavano “giocando” andava bene finché non si vedevano, ma non in momenti come quello, quando l’unica cosa che le passava per la mente era di afferrarlo per la cravatta e…

Harm non aveva la cravatta.

Lo osservò stupita, perché ricordava benissimo che quel mattino la indossava, come ovvio, con la divisa blu. Forse, a quell’ora, se l’era tolta e l’aveva infilata in tasca.

Ma cosa diavolo le importava di dove avesse messo la cravatta?

Non poteva andare avanti così! Doveva smetterla con quel “gioco”… non avrebbe portato da nessuna parte… o meglio, l’avrebbe condotta dritta al manicomio.

“Mi sembri stanca…” la voce dolce di Harm interruppe i suoi pensieri.

“Lo sono, infatti. Ora vado a casa.”.

“Ti aspetto, se vuoi”

Santo cielo, ci mancava quello!

“No, grazie Harm. Mi fermo ancora un attimo in ufficio… devo spegnere il computer e… Non voglio trattenerti.”.

“Non sarebbe un problema per me”.

Ma lo sarebbe stato per lei: non era in condizioni fisiche e psicologiche per stargli vicino come amici. Si trovava in un pietoso stato di frustrazione e mancanza di autocontrollo e…

No. Assolutamente no.

“Ti ringrazio, ma preferisco finire le poche cose che devo ancora fare senza sapere di far attendere qualcuno…”.

Lui la guardò con un sorriso dolce, poi annuì, come se avesse capito che non se la sentiva di averlo vicino.

“D’accordo, come vuoi. Ma… non fare troppo tardi…” aggiunse, sfiorandole una guancia con le nocche delle dita. Poi si diresse verso la porta per uscire.

Lei rimase lì, incapace di muoversi, finché non lo vide sparire oltre l’ingresso.

Con i polpastrelli della mano sinistra si toccò nello stesso punto dove le sue dita l’avevano sfiorata…

Cosa accidenti aveva quell’uomo da sconvolgerla sempre tanto?

Finalmente riuscì a muoversi: andò in archivio a depositare la pila di fascicoli che ancora teneva tra le braccia e poi entrò nel suo ufficio, per spegnere il pc e recuperare il cappotto.

Sulla scrivania una macchia scura attirò immediatamente la sua attenzione; aggirò il tavolo, sollevò con aria circospetta l’oggetto in questione e quando realizzò di cosa si trattava, rimase senza fiato: Harm aveva trovato un modo molto intrigante per rispondere al suo biglietto e proseguire nel “loro gioco”.

Tra le mani, in quel momento, aveva la sua cravatta.

 

 

  
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