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Autore: Blue Fruit    26/12/2012    2 recensioni
"Papà, perchè dovrei andarci?"
"E' solo per tuo bene Kurt, ma non ti costringerò a farlo"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Kurt non aveva voglia di guidare quel pomeriggio, si sentiva particolarmente stanco.
Gli venne spontaneo chiedersi se questo suo stato fosse da attribuire alla fine di una lunga settimana scolastica, o se invece fosse solo creato dal poco interesse e dalla poca fiducia che attribuiva a questa seduta.
Chiese a suo padre di accompagnarlo.
 
Lo studio si trovava una via tranquilla vicino al centro di Lima.
La facciata della casa era di color pesca, e sul balcone vi erano alcuni vasi completamente gelati a causa del freddo inverno di quel periodo.
Da questo e da altri piccoli dettagli Kurt ipotizzò che quell’edificio non fosse solo lo studio, ma anche la casa della dottoressa Renth.
Suo padre si avvicinò al campanello per suonare, e subito il portone in legno verde aprendosi fece uno scatto.
Kurt bloccò suo padre sulla soglia, subito prima che potesse appoggiare un piede dentro al cortile:
“La seduta durerà solo un’ora, vero?” Il ragazzo cominciava a sentirsi a disagio, e ad essere sincero cominciò ad avvertire anche un po’ di ansia.
Non parlava mai molto volentieri di sua madre, e neanche dei maltrattamenti che doveva subire a scuola.
Il primo argomento gli infondeva sempre una grande tristezza e malinconia, riusciva ad affrontarlo solo in presenza di persone dotate di una grande sensibilità e con cui si sentiva davvero al sicuro, in sintonia e in confidenza. Non era solito elargire la sua fiducia a chiunque.
Il secondo lo rendeva nervoso e feriva il suo orgoglio, perché Kurt cercava sempre e comunque di mostrarsi forte agli occhi degli altri, capace di sopportare questo ed altro.
“Certo. Anche di meno, se lo riterrai opportuno.” Burt gli regalò un sorriso davvero confortante.
 
Entrarono nel cortile e salirono le scale, senza indugiare oltre.
Alla fine della scalinata la porta era aperta su una piccola stanza tinta di un vivace giallo, al cui interno si trovava una signora seduta ad una grande scrivania nera.
“Buona sera signori, benvenuti nello studio della dottoressa Renth. Avete un appuntamento?” La donna era circa sulla cinquantina, aveva i capelli tinti di una chiara sfumatura nocciola, colore che riempiva anche i suoi occhi. Era molto sorridente, tanto che pareva realmente felice di vederli.
Kurt rivolse un sorrisetto alla donna e poi la lasciò conversare con suo padre. Era molto incuriosito dall’ambiente in cui si trovava, non era mai stato nello studio di una psicoterapeuta. Cominciò a guardarsi intorno.
C’era un insolito odore di fiori freschi nell’aria, probabilmente era l’effetto dato da qualche costoso profumo per ambienti.
Le pareti erano tappezzate di quadri astratti dai colori tenui e dalle forme morbide, curvilinee e tondeggianti. Tutti erano rigorosamente senza cornice, e questo insignificante dettaglio stranamente attirò l’attenzione di Kurt.
All’improvviso la porta si aprì, e dietro di essa apparve una figura femminile di altezza media, dai capelli corvini né lunghi né corti e gli occhi nocciola.
“Ciao Burt!” Disse, alzando la mano in segno di saluto.
“Ciao Mary!” Rispose sorridendo l’uomo.
Kurt guardò suo padre con aria interrogativa.
“E’ la figlia di un mio caro cliente figliolo, ti ricordi di Joseph? Ecco, lei è sua figlia.” Rispose Burt, alla domanda letta negli occhi del figlio.
“Buona sera Kurt, ti stavo aspettando. Prego, entra.” La dottoressa non smise un secondo di sorridere.
Kurt deglutì, e rigidamente cominciò a dirigersi verso la porta.
Nel chiuderla si girò un ultima volta verso suo padre per cercare un po’ di appoggio, e trovò uno sguardo molto sereno di Burt che, raccolta una rivista automobilistica, si era già accomodato su una poltrona.
 
Kurt cominciò a guardarsi intorno con aria imbarazzata, senza sapere bene cosa dire o cosa fare.
C’è forse un protocollo da seguire in queste situazioni?
La nuova stanza di per sé era carina: le pareti erano tinte di un forte blu che però non rendeva scuro l‘ambiente, grazie anche alle ampie finestre che riempivano di luce la stanza.
C’erano molte piccole mensole traboccanti di libri di ogni genere, una scrivania con un computer e tutto l’occorrente per scrivere, delle rose bianche fresche appoggiate ad un tavolino (ecco spiegato il profumo di prima), e alcune poltrone all’apparenza molto comode.
“Prego Kurt, accomodati pure.”
Si sedettero l’uno di fronte all’altro.
“Prima di iniziare vorrei chiarire un paio di cose, se non ti dispiace.” Il suo tono era molto tranquillo e gentile.
“Questo primo incontro è una prova, per entrambi. Non sarai costretto a tornare, come io non sarò obbligata ad accettarti come paziente.
Allo stesso modo, non sarai mai costretto a rispondere alle varie domande che io ti porrò, se non lo riterrai opportuno.”
“Come ultima cosa devi sapere che io collaboro con un altro giovane che sta concludendo la sua specializzazione, sta svolgendo qui nel mio studio una specie di tirocinio. Potrà essere presente ad alcuni dei nostri incontri, se in futuro ce ne saranno. E’ una cosa che per te potrebbe andare bene?”
“S-sì, credo di sì.” Rispose un po’ spaurito Kurt. Non si aspettava tanta franchezza da quella donna, ma era una caratteristica che comunque apprezzava molto.
“Ho dovuto chiedere un paio di informazioni su di te a tuo padre, spero non ti dispiaccia.”
“No, si figuri.”
“Bene. Ciò che più mi ha colpito è che hai perso tua madre quando eri piccolo. Posso toccare questo argomento?” La donna non usò un tono distaccato, ma neanche pieno di pietà o cose di questo genere.
A Kurt piacque anche questo, ma non si sentiva ancora pronto.
“Preferirei di no, mi scusi tanto.” Kurt abbassò lo sguardo, cose se avesse fatto un torto alla dottoressa.
“Non ti preoccupare, nessun problema.” Lei gli rivolse un sorriso come per tranquillizzarlo.
 
TOC, TOC, TOC!
Questo rumore fece trasalire entrambi, ma la dottoressa si ricompose subito:
“Avanti.”
“Permesso. Scusami Mary se ho tardato tanto, ho avuto un paio di faccende da sistemare in università.”
“Non ti preoccupare, abbiamo appena iniziato.” Rispose la dottoressa.
Il ragazzo si tolse il cappotto e la sciarpa, prese un blocco appunti
con una penna dalla sua borsa, e prese posto vicino a Mary.
“Piacere, mi chiamo Blaine Anderson. Sono il tirocinante della dottoressa Renth.”
 
 
 
 
 
   
 
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