LA SINFONIA DEI PENDRAGON – PARTE 2
“C’era
una volta un giovine condottiero che in testa aveva spighe di grano non ancora
mature e una dolina malfatta a sostituire il naso. Nonostante le sue
nobilissime origini – e di certo non mi è permesso negarlo – nulla aveva di
cavalleresco: il suo aspetto deformato, cortese solo ad una prima occhiata,
atterriva persino il più malformato degli esseri viventi; che non avrebbe mai
potuto desiderare d’essere al suo posto, aggiungo.
Peccava
d’abominevole stupidità, davanti alla sua incompetenza morale e soprattutto
fisica sbiancavano persino le candide stoffe della sua biancheria. E v’assicuro,
non v’è posto peggiore in cui alloggiare sul suo corpo. Tessuti senza utilità,
quelli, tant’è che non v’era nulla da nascondere o ricoprire. Nemmeno un
barbaglio di mascolinità.
Ma
nessuno sospettava. Nessuno sospettava chi avrebbe seduto sul trono già
sufficientemente riscaldato dalle regali e flaccide membra del padre. Un figlio
tanto coccolato, Artù, e viziato allo sfinimento a spese della nostra Camelot,
ahimè, povera nelle fondamenta ma sfarzosa nel lusso dei pochi.
Torniamo
dunque a narrare le discutibilissime gesta del nostro attuale re.
Fin
da giovincello provò a destreggiarsi in passatempi tipici dell’essere maschile...
troppo tipici, direi. Utensili inanimati come spade e balestre si prendevano
solo gioco del piccolo Artù, che trovò conforto nella pratica della poesia, nel
gozzovigliare senza misura e nel tormentare il vecchio e consumato padre
nullafacente. Uno scansafatiche, lo chiameremmo noi semplici sudditi.
Quale
madre vorrebbe avere un figlio del genere? Un figlio nato per essere
condottiero ma dedito solo a distrazioni femminili! Eh, quanta melma si
nasconde nelle fondamenta del palazzo reale!
Ma
riallacciamoci al filo del racconto.
Uther,
disperato, non riuscì mai a capire per quale ragione il suo seme diede alla
luce un figlio così malandrino e poco propense ad impieghi cavallereschi. Diede
sempre la colpa all’altro ramo – e da qui nacque la discordia tra lui e Agravaine
de Bois – senza mai riconoscersi come unico colpevole della sventurata vicenda.
Affidò perciò il figlio a una ristretta cerchia di uomini di fiducia, uomini
che, a mio avviso, meriterebbero di salire al trono al posto di Artù.
Quando
il principino fu abbastanza grande da incominciare a capire il mondo intorno a
sé – e ce ne volle molto di tempo, ve l’assicuro – Uther lo affiancò al
capitano delle guardie, il benvoluto Leon... il quale, naturalmente, piantò
nella sua immatura coscienza il seme del dovere senza tanta pietà.
Dobbiamo
a lui la maturazione, seppur ancora incompleta, del nostro re! Nulla Leon poté
nell’aggiustare la sua estetica, ma grazie al suo indiscutibile fascino riuscì almeno
a renderlo presentabile al popolo.
Da
qui derivano le sue prime prodezze militari che possono essere considerate
degne di un discreto cavaliere di Camelot. Perché la verità è un’altra, signori
e signore! Chi mai ha guidato Artù al comando della nostra bandiera? L’esercito,
naturalmente. Chi mai è riuscito a condurlo sulla buona strada? La sua stretta
cerchia di soldati di fiducia, certo che sì.
Artù
non ha alcun merito se non quello d’essersi lasciato guidare dagli uomini
giusti.
Ricordiamo
che il nostro re è piuttosto giovane. Agli occhi degli altri sovrani è solo un
bambino spaventato, un comandante che deve ancora comprendere il vero motivo della
sua esistenza, ammesso che ne abbia uno. E dobbiamo vivamente sperare che lo
comprenda velocemente, se non vogliamo ritrovarci ad avere un altro tipico
Pendragon al potere.
Da
Pendragon deriva altro Pendragon. Non v’è una realtà più triste di questa,
sappiate.
La
mia è solo una timida preghiera, una debole speranza: non abbiamo certo un re
intelligente, saggio e coscienzioso come ogni altro popolo, ma almeno ci
riconosciamo sotto una stessa bandiera.”
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La fiammella tremò al
suo ennesimo sospiro. Aveva raggiunto la stanzetta adibita ai suoi incontri
privati con Gaius e con grande sorpresa trovo che il medico di corte era già
lì.
Si sedette. «Gaius.»
«Mio signore.»
«Hai completato la
lista degli indiziati? Tutti?»
«Sì, sire.»
«Allora?»
Gaius aveva l’aria
più stanca del solito. Profonde occhiaie erano scavate nelle rughe e nulla in
lui faceva presagire ad un buon responso. «Molte anime sono tormentate, non vi
sono parole per descrivere quanta tristezza arieggi questo palazzo.»
Artù si ritrasse un
poco. «Come, scusa?»
«Vi sono troppi
indiziati, mio signore.»
«Ti ho dato una lista
di dieci persone, dieci, e non sei
riuscito a cavarne fuori nulla?»
«La mia
psicoanalisi...»
«È passata una
settimana!»
«...si è rivelata uno
strumento troppo potente per suggerire qualche indizio in questa faccenda.»
«La tua psico-che?»
Le narici di Artù si dilatarono mostruosamente per accogliere nei polmoni un
sospiro terrificante. «Gaius, io devo sapere chi scrive il Corriere! Devo
saperlo, così da poterlo fare a pezzettini!»
«Vi dirò, l’ideatore
deve essere un uomo molto vicino a voi, Artù...»
«Bell’indizio, certo!
Potresti essere anche tu, Gaius!»
«Un uomo disturbato,
deluso dal vostro operato. Come da vostra richiesta ho interrogato le colonne
portanti della vostra vita.» Il medico estrasse un piccolo quaderno e, con la
punta della lingua a penzolargli tra le labbra, ricominciò a parlare: «Merlino
non credo possa essere il colpevole. Che resti tra noi... è troppo stupido.»
«Confermo. Poi?»
«Sir Percival invece
non ha nessun disturbo, credo sia troppo tenero di cuore.»
«E non credo sappia
scrivere un qualcosa di simile. Giusto, Gaius.»
«Sir Galvano ha una
mente troppo squilibrata. Povero ragazzo, avrà vissuto molte esperienze
negative da giovincello. Non può essere lui, assolutamente no.»
«Nonostante la
faccenda lo diverta molto» commentò un apatico Artù, e con un cenno sbrigativo
della mano invitò Gaius a proseguire.
«Leon ha una mente
molto equilibrata, è davvero un esempio eccellente di rettitudine. Ha un animo onesto.»
«Non avevo dubbi.» Il
re stirò un sorrisetto dal retrogusto amaro. «E gli altri interrogati?»
«Tutto nella norma.
Se accettate un consiglio, sire» si affrettò il medico richiudendo il piccolo
quaderno, «non ci resta che aspettare una mossa falsa da parte dell’ideatore
del Corriere. Scrive per farsi notare, è logico che a furia di esporsi troppo
cadrà in qualche nostra trappola.»
Artù annuì. Non v’era
nulla di sbagliato nell’attendere, in effetti. Quell’uomo si stava scavando la
tomba da solo, ancora un altro passo e ci sarebbe inciampato dentro.
Il redattore del
corriere intinse ancora la penna nel calamaio prima di calarla su un altro
foglio. Avrebbe fatto centinai di copie, un’intera notte in bianco per
preparare il grande evento.
“Diamo
dunque avvio ad una grande occorrenza, signori!
Non
distribuirò il poemetto di Artù a tutti voi, no, almeno non subito.
Una
grande caccia al tesoro incomincerà al tramonto di domani.
I
partecipanti verranno decisi da me medesimo.
Lunga
vita ai Pendragon! (si fa per dire, naturalmente)”
Ed eccomi, anche se con molto ritardo!! Impegni, sempre impegni... dovete scusarmi xD
Pronti per la caccia al tesoro? :'3
Un grazie ancora a tutti voi, e buon Nataleeeee!! (anche se un poco in ritardo xD)