šťźLeave to me źťš
Chap n. Ś‘
Via Nomentana 153.
Una ragazza
scende dalla propria auto, spengendo in silenzio il motore e le luci che le
illuminavano il viale.
Scende
scomposta, forse un po’ brilla per i vari cocktail che ha bevuto.
Ride,
richiudendosi alle spalle la portiera, che rimbomba fragorosamente nella notte
ormai addormentata. Questo, la diverte ancora di piů.
Fruga nella
borsa incamminandosi, cercando il mazzo di chiavi dell’appartamento della
sua migliore amica. Non ha voglia di tornare a casa e d’improvviso si
č ricordata di raccoglierle la posta.
Certe sere
vanno cosě. Sono cosě speciali, che vorresti non finissero mai.
Ed allora ti
cerchi da fare. Ma non dormire. Non chiudere gli
occhi. Non terminare.
Sta per aprire
il portone, quando vede un ombra sospetta avvicinarla
alla sua destra; č un attimo, si volta di scatto, piombandosi addosso al
malcapitato immobilizzandogli un braccio, poi senza troppi giri di valzer
chiude il tutto con un bel calcio nei gingilli.
Talmente
forte, che il tipo stramazza in terra, fra grida sorde.
“E allora?! Cosa sei?! Un ladruncolo di
serie b?! Un pervertito?! Un
barbone?!”
Saltella su se
stessa, pronta a colpirlo di nuovo, cosě, tanto per accettarsi che non
la segua.
Come se il
poveraccio ne avesse la forza.
Raggomitolato
su se stesso, riesce solo ad allungare il braccio in segno d’arresa; ed
č proprio in quel momento, che il ragazzo alza il viso, e il faro di un
motorino lontano, scoprono la sua identitŕ.
“Oddio!
Matteo!”
Si porta una
mano alla bocca, accasciandosi su di lui, tentando quanto meno, di aiutarlo a
rialzarsi.
“Oddio sei proprio
tu…”
“Sě, rambo, sono proprio io…”
Il ragazzo
č in piedi, ma resta piegato su se stesso
ancora un po’.
Pensa che non
avrŕ mai eredi.
“Certo che sei
proprio uno stronzo! Arrivare cosě alle spalle
della gente… co-come un ladro! Dě ma sei
fuori!”
“Ah, grazie se sono
piegato in due tumefatto dal dolore eh… magari anche impotente ci resto.”
“Ma tu sei tutto
matto! Vieni ti aiuto, appoggiati. Ce la fai a fare due passi?!”
Paola gli
prende il braccio e se lo porta sulle spalle.
E’
preoccupata, anche se trattiene a stento le risate.
Se restasse
davvero impotente, Silvia le farebbe una statua d’oro.
E giů
di risate, ma senza farsi beccare dallo sfortunato sterile.
“Ma poi, che cavolo
ci fai tu sotto casa di Silvia?!”
“Io eh?! Tu invece?!”
“Fatti i cazzi tuoi Mattč! Io sono
giustificata almeno! Tu no! E poi guardati, certo t’ha fatto male questa
Londra, sembri un barbone e per giunta ti insinui a casa della gente senza
precisi scopi… bah.”
“Volevo solo vedere
se rientrava. Sono giorni che passo, ma qui sembra disabitato. Persino la
pettegola della sua vicina, non sa niente.”
Matteo guarda
in basso, vagamente arrossito.
Si giustifica.
Almeno ci prova.
Paola scuote
energicamente la testa, prima di rispondergli.
“Silvia č
fuori per lavoro. Ricordi?! Ne avevamo parlato.”
“Tu ne dici tante
di stronzate.”
“Vuoi anche
l’occhio nero per caso?!” Paola gli si avvicina minacciosa, con
il pugno chiuso.
“No. Mi basta
l’impotenza.”
Paola ride,
apre definitivamente il portone, raccoglie la posta e raggiunge Matteo,
appoggiato malamente ai citofoni.
“Allora che si fa?! Dove alloggi?!”
“A piazza Indipendenza.”
“Non sei tornato
dai i tuoi?!”
“No, voglio stare
da solo per un po’.”
“Ho capito, ti
vergogni di tornare al nido a mani vuote. Ma dov’č che
precisamente stai ora?!”
“Dalle suore. E non ridere stronza!”
“Oh mio Dio! Ma non
andavi a Londra per fare carriera?!”
E stavolta non
riesce piů a trattenere le risate.
Non sa cosa
pagherebbe, per chiamare Silvia in video conferenza e fargli vedere la brutta
fine, che ha fatto questa specie di coniglio- ora anche sterile- da quando
l’ha lasciata.
Ed ora, ride
anche piů soddisfatta.
“Certo che mi
mancava la tua stronzaggine, davvero eh Paolč! Sě, sono partito per Londra per
sfondare, ma mi mancava troppo la mia Silvia. Lě č un casino. Non
si vive che di tram- tram, ed io solo non ci sto bene. Ho avuto modo di
riflettere ed ho deciso di tornare, ho deciso che me la sposo e la porto via con
me! E se lei non vorrŕ venire, rimarremo qui. Ricomincerň da
qui.”
Paola non ride
piů.
Lo fissa con occhi
piccoli.
Sembra seria.
Preoccupata. Anche e decisamente arrabbiata.
Lo ha fermo
dinnanzi a lei e tutto ciň che vorrebbe fare adesso, č prenderlo
a calci per tutta la notte, malmenarlo se possibile, ma non gli dice nulla.
Non puň
confezionare un destino non suo.
Sarŕ
Silvia con la sua testa a decidere. A fare le sue scelte.
A privarsi di
un verme, o sposarsi il grande amore della sua vita.
Sa solo che
lei ci sarŕ nelle sue scelte. Ma come spalla, come supporto.
Non come
mentore.
Cosě,
ostenta un sorriso e lo invita a casa sua per un drink.
“Perché non
parli?! Ha un altro vero?!”
“Sarŕ lei a
dirti tutto. Non voglio entrare nelle vostre cose.”
“E da quando in qua?! Lo so che non potevi soffrirmi…”
“E sbagliavo Matteo?! Non mi sembra.”
“Dai
Paola, la nostra č sempre stata una storia fuori dal
normale…”
“Normale o no, non
mi interessa piů. Conta solo la felicitŕ di silvia, capisci?! Lei ora č felice…”
“Ah.”
Matteo guarda fuori dal finestrino, attraversato da piccole lame che gli
fracassano il cuore.
“Pensavi
l’avessi lasciata da sola a suicidarsi?! Per te
poi…”
“Grazie, molto
gentile.” Matteo si
morde un labbro, sempre piů convinto di non avere mai piů
indietro la sua Silvia “Ho
sbagliato tutto con lei č vero. Non posso che ammetterlo. Ma non sono
tornato per giocare. Fra qualche giorno tornerň a lavorare con mio
padre. Ho anche dei soldi da parte. Io Silvia me la sposo. Sul serio.”
Paola č
rapita dalle sue parole.
Sembra
sincero, nonostante tutto.
Nonostante ce l’abbia a morte con lui, s’ammorbidisce un
po’.
“Sě, ma
stavolta firmate un accordo prematrimoniale…”
Matteo
distende il corpo lungo il sedile, ora, certo piů rilassato.
Paola lo osserva.
Si morde un labbro, ora pentita.
Ma torna a
guardare avanti a se.
Torna presto
silvia, torna presto.
E la serata
finisce quasi subito, fra chiacchiere mojito e marlboro rosse.
aawwaa
Una sveglia
suona impazzita.
Paola si
sveglia di soprassalto; qualcuno le impedisce di muovere le gambe.
E’ nuda,
in dosso solo una maglietta piů grande di almeno due taglie.
Scosta le
lenzuola dal fondo del divano, scorgendo ciocche di riccioli neri.
Tira di stizza
le gambe a se, urlando.
“Oddio no eh.. oddio! Oddio!”
Matteo ignaro,
apre gli occhi, turbato dal trambusto.
Alza il busto
e trova Paola in preda a una crisi isterica, che saltella come una pazza su se
stessa con il lenzuolo stretto al petto.
“Oh! Calmati! Che
cosa č successo!”
“Oddio Matteo!
Alzati!”
Non volendo,
gli pesta i piedi.
Il
poveraccio urla,
alzandosi come se avesse preso la scossa.
“Sono in piedi!
Sono in piedi! Adesso calmati! Non voglio altri pestaggi da te!”
“Rivestiti cretino!
Ti sei addormentato qui santo cielo!”
“Ehm… pare di
sě.” Matteo
si gratta il capo, guardandosi attorno divertito.
“Ma cosa ridi… oddio Matteo, con te no eh… proprio no!
Oddio dove ho la testa!”
“Oh, ma stai
tranquilla! Non č successo niente. Non sei il mio tipo…”
Paola si calma
un attimo. Poi ripensa al tutto.
Alla maglietta
che indossa- e Matteo allarga le braccia a mo di non chiederlo a me- i mojito che ha bevuto, una partita a carte non finita,
quattro chiacchiere e poi… il buio.
Poi squadra Matteo
dall’alto al basso, schifata.
“Magari tu, non sei
il mio tipo. Te la saresti fatta volentieri una come
eh… ma adesso togliti di mezzo! E’ tardi!
E schizza in
bagno, mentre Matteo va in cucina.
“C’č
qualcosa di commestibile qua dentro?!”
Non ottiene
risposta, cosě decide di fare da se.
Poco dopo la
ragazza torna in sala, vestita di tutto punto e con la cartella delle bozze
sotto braccio.
“Caffč?!”
“Oh, grazie Mattč!”
“Prego.”
“Perň non mi
copri eh… non basta un caffč bello mio!”
“Stupida. Sai, tra due
giorni č il compleanno di Silvia.”
“E con questo?!”
“Pensavo… di
farle una sorpresa.”
Paola appoggia
la tazzina sul tavolo. “Non mi
compri. E non ci siamo capiti: IO SONO FUORI DALLE VOSTRE COSE! CHIARO?! Ora ti
saluto. Ah, fatti una bella doccia Mattč, che
puzzi come una discarica! Poi quando hai fatto chiudi bene porte e finestre.” Da
un morso ad una fetta biscottata
“In bocca al lupo per tutto. Ciao!”
E lo lascia
solo nelle sue perplessitŕ.
Una cosa
č certa: la puzza c’č.
Cosě fa
per andare in bagno, ma il telefono di casa squilla; Paola č uscita da
un po’.
Lo ignora. Insiste,
e scatta la segreteria telefonica.
Bip. Bip.
“Paola sono Sandro!
Ti ricordi di me, o mi
hai giŕ scordato?!
Sě, sě lo
so Bambola č praticamente impossibile scordarsi di me, ma non fare
quella faccia pervertituccia…”
Matteo dal
bagno, se la ride.
Pensa che per
andare d’accordo con quella pazza isterica di Paola, bisogna essere
proprio come lei. E questo tipo non sembra poi cosě normale.
“Non parliamo di
questo adesso… ho sentito Claudio e dice che per lui va bene. Ci vediamo
tutti e quattro per una cenetta, ma dice di non dire nulla alla tua amica,
tanto per farle una sorpresa. Allora ci vediamo sabato sera all’Archetto,
in centro. Ti passerei a prendere ma stacco tardi. Ma
il regalo lo facciamo insieme?! Chiamami quando puoi.
Un bacio dove vuoi tu…”
Matteo poggia
la testa sul vetro.
Dovrebbe
capire molte cose. Vorrebbe. Ma si ripete che non č niente.
Questo Claudio
potrebbe essere un amico.
Potrebbe anche
non esserlo.
Ma tutto va
bene. Deve andare bene.
Poi per un
attimo ha quasi paura.
E pensa se
Silvia in questo momento č con Claudio.
Claudio.
Claudio. Claudio.
Che poi.. non sa proprio chi cazzo sia
questo Claudio…