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Autore: Bloody Alice    27/12/2012    10 recensioni
[Storia sospesa in fase di riscrizione]  [fanfic con OC]
Dal capitolo 07
[...]
Entrarono. Non tentarono nemmeno di farlo silenziosamente, non ce n’era bisogno. Buttarono la stanza a soqquadro e buttarono giù la porta che portava all’appartamento con un calcio.
Trovarono qualcuno ad aspettarli, seduto su una poltrona « Ci avete messo un sacco di tempo » mormorò.
« Però siamo arrivati. » ribatté l’altro « Dov’è? ».
Indicò il divano accanto alla piccola lampada accesa. La persona distesa su di esso stava dormendo profondamente.
Fudou si avvicinò e le puntò contro una pistola, stando attendo a non svegliarla.
Sorrise, anzi, ghignò, e poi premette il grilletto.
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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“Dio non gioca a dadi con l’universo.”
“Non solo Dio gioca a dadi, ma bara pure.”
[Albert Einstein e Niels Bohr]
 




Chapter 07 Faith .
Do you believe in God ?

 


20 May 2011.
Unknown place in Langley, Virginia.
10.07 hours.

 
Salì i gradini lentamente, attraversò il portone in legno massiccio e si fermò poco oltre l’ingresso. Si guardò intorno, osservando prima le colonne e poi i raggi della luce del sole, che colpendo le finestre dipinte divenivano variopinti.
Camminò lungo il corridoio tra la fila di panche e il rumore dei suoi tacchi che colpivano il pavimento in marmo risuonò sino a quando lei si fermò nuovamente.
I suoi occhi rossi indugiarono alcuni istanti sul crocefisso davanti a lei.
« Vi siete tinta i capelli » mormorò qualcuno con un certo disappunto nella voce.
« È la prima persona che dice così. Tutti pensano che porti lenti a contatto dal colore strano »
« Non vi piaceva avere i capelli bianchi? »
« Non tanto. » rispose, senza distogliere lo sguardo dal crocefisso. La chiesa era vuota.
Il prete si mise davanti a lei e si osservarono alcuni istanti prima che l’uomo –circa di sessant’anni- parlasse « Come mai siete qui? »
« Volevo parlarle ».
« Volete confessarvi? » domandò il prete, mentre il suo abito nero ondeggiava ad ogni suo movimento.
« No. Solo parlare. » replicò Mary, poi volse un’altra volta lo sguardo al crocefisso « Fuori di qui, se possibile ».
« Certo, certo » acconsentì l’altro e i loro passi risuonarono per la chiesa fino all’uscita.
« Dio esiste davvero? »
« Credevo avessimo già affrontato questo discorso. Quando avevi nove anni, la notte prima di andartene, tre anni fa quando tentasti di uccidere quel ladro che si nascondeva nella chiesa ed un anno fa, quando la CIA ti ha preso e sono riuscito a convertirvi. » disse il prete « Come hanno fatto a prendervi? » domandò poi curioso, con il tono leggermente deluso.
« La mia è una crisi di fede » mormorò Mary, anche se di fatto non aveva mai creduto davvero nella presenza di qualcuno lassù, oltre la coltre di nubi che oscuravano il cielo, quella mattina.
Ignorò poi la domanda del prete. Non gli andava di raccontargli che l’unico motivo per cui l’avevano catturata era che si era fermata un attimo in più solo per guardare Kazemaru. No, sarebbe stato troppo imbarazzante. Decisamente troppo.
« Dio esiste. » affermò convinto il chierico.
« Su quale base può affermarlo? »
L’uomo non si scompose e sorrise tranquillo « La Bibbia e le testimonianze degli apostoli dicono così. Noi abbiamo fede ».
« Fede in qualcosa di astratto. » sbottò Mary, mentre cercava di schivare i bambini che correvano per la piazza.
« Perché siete qui? »
« Perché mio padre è stato ucciso in nome di un Dio. Anche mia madre. Questo Dio –non mi importa chi sia- ha mandato più anime alla perdizione che tutte le guerre, le carestie e le epidemie avvenute in tutti questi anni. » sibilò la O’Connel, cercando di mantenere comunque l’autocontrollo.
Avrebbe voluto gridare e chiedersi perché era accaduto tutto quello, perché stava accadendo, ma urlando non sarebbe arrivata ad una soluzione, lo sapeva più che bene. Di fatto poi non voleva nemmeno affrontare quell'argomento. 
« Dio non vuole che gli uomini si uccidano. » rispose il prete.
« E allora perché non lo impedisce ».
Il chierico si fermò « È una questione che riguarda gli uomini » spiegò.
« Don Alfidi » sussurrò Mary, voltandosi a guardare l’uomo accanto a lei « Gli uomini li ha creati Dio, no? Con tutti i pregi e i difetti che li caratterizzano. Non so se questo Dio se n’è accorto, ma pare che gli uomini amino trovare modi sempre più creativi per ammazzarsi a vicenda. »
« Discorsi degni di un’atea. Vedi, tu non cerchi di capire, cerchi solo di trovare una conferma per ciò che ritieni sia l’unica verità, ovvero che Dio non esiste. » continuò Don Alfidi riprendendo a camminare « Dio ci ha lasciati il libero arbitrio. »
Questa volta fu Mary a fermarsi « Dio ha fatto male i suoi calcoli »
« Perché siete qui, signorina O’Connel? » domandò il chierico per la terza volta.
« Si risparmi quest’aulico “voi”, padre » borbottò la donna « Ha visto il file che le ho inviato? »
« Certamente. »
« Crede che ci possa essere un collegamento? »
L’uomo si passò una mano nella folta barba bianca, che lo rendevano un vecchio simile a Babbo Natale
« Temo che potrebbe » disse infine.
La mora sorrise in modo strano « Teme. Se ha fede, vedrà che il suo Dio risolverà tutto. In fondo, funziona così, no? Quando capita qualcosa di stupendo è merito suo, ma se il mondo cade in disgrazia è solo colpa degli uomini. » pronunciò piano, con un certo risentimento nella voce « Dio ci ha dato il libero arbitrio, non può sempre portare gli uomini sulla retta via, no? »
« Guardati da chi sai » la avvertì all’improvviso, ignorando il resto della conversazione.
Mary annuì « Sempre ».
« La soglia tra il giusto e lo sbagliato è sottile ».
« È scomparsa da tempo » sussurrò flebile la mora.
« E … Lilith ? » chiese  poi il chierico.
« È morta. Già da tempo, ormai. » rispose piatta.
Don Alfidi parve rattristato dalla notizia « Io … io credo che Lilith non ti abbandonerà mai, Mary »
La O’Connel fece una smorfia « Arrivederci, padre ».
« Sì, arrivederci. » rispose il prete, osservando Mary mentre scompariva tra la folla.

 
20 May 2011
Langley, Virginia.
Central Intelligence Agency.
10.10 hours.

 
« Sono lettere e numeri, ma sembrano essere posti a caso. In tutti i file ». Kidou controllò la serie alfanumerica una seconda volta, poi una terza e una quarta. « Completamente a caso ».
« Lo so. » borbottò Stella, frustata, misurando la stanza con grandi passi per l’ennesima volta.
Mary quella mattina si era svegliata, era entrata nella stanza della Mandini e con molta poca grazia l’aveva buttata con un calcio giù dal letto. Un calcio ben assestato nella schiena con un tacco a spillo di dieci centimetri. Stupendo.
Sbuffò, poi si fermò dietro Yuuto. « Ho questi file dalla scomparsa di mio padre e no ho mai trovato un senso. Mai, nemmeno una volta ».
La porta si aprì cigolando. Stella si voltò e sulla soglia vide un ragazzo della sua età, i capelli verde erba raccolti in una coda di cavallo e gli occhi color petrolio.
« Ryuuji Midorikawa, molto piacere » si presentò lui quando arrivò davanti a Stella, porgendole la mano.
Lei ricambiò la stretta e poi lo guardò « Sei il partner d Kidou? »
« No » si intromise il rasta mentre smanettava ancora con la tastiera del computer « È il compagno di Kiyama. Come mai sei qui, Ryuuji? » chiese senza nemmeno voltarsi. « Per questi » rispose Midorikawa appoggiando dei fascicoli vicino a Yuuto « Come va? » domandò poi rivolgendo uno sguardo allo schermo.
« Non hanno senso » brontolarono Stella e Kidou all’unisono.
Ryuuji gettò un’occhiata l’altro cd appoggiato sulla scrivania e nuovamente verso lo schermo « Non sono un esperto di informatica, ma … hai mai provato, che so … a sovrapporre i file? Insomma, potrebbe uscire qualcosa, magari … » mormorò.
Stella si voltò « Non ci ho mai provato » e a quelle parole Kidou prese l’altro cd e ne aprì il contenuto.
Usò un programma per sovrapporre i documenti e … nulla.
« Beh, sarebbe stato troppo bello per essere vero » sussurrò la Mandini delusa.
Yuuto però scosse la testa « No, guarda » fece, indicando un punto dello schermo « Non sembrano … coordinate? O vedo così perché questa notte non ho chiuso occhio? »
« Effettivamente » disse Ryuuji « un po’ lo sembrano. Ma sono incomplete ».
« A parte la prima. » osservò Stella e per un attimo il suo cuore accelerò i battiti, anche se di fatto non poteva essere certa di fare centro con una misera coordinata.
« Questi sono tutti i file che possiedi? » chiese Yuuto togliendo i dischi uno ad uno.
« Sì » disse la ragazza « mio padre mi ha lasciato solo due cartelle di file, copiate in diverse chiavette e dischetti, ma solo questi due cd contengono i file corretti. » spiegò.
« Quindi ha copiato dei falsi per evitare che quelli originali finissero nelle mani sbagliate. » disse Midorikawa incrociando le braccia al petto.
Stella annuì « Esatto ».
« Non ci sono altri cd? »
« Non so, io … non credo. Però, ora che ci penso … »
« Ora che ci pensi? » ripeté Kidou impaziente. Non aveva dormito né tanto meno fatto colazione.
Quella mattina Leyla Prince era entrata nella sua stanza e l’aveva buttato giù dal letto con un calcio ben assestato nel fianco destro. E la Prince amava le scarpe con il tacco alto. Si lasciò scappare una smorfia di dolore ripensandoci.
« Ricordo che mia madre, nel suo portagioielli, teneva sempre una chiavetta usb e non voleva che la toccassi. » rifletté Stella « Sembrava continuamente terrorizzata all’idea che qualcuno oltre a lei venisse a conoscenza del contenuto ».
« Dove abita tua madre? » chiese Yuuto.
« A Nizza. » rispose subito.
Kidou spense il computer « Puoi chiamarla? »
« Sì, posso ».
Yuuto si voltò verso Stella. « Fallo ».
#Qui risponde la segreteria telefonica di Margherita Mandini. Spiacente, ma mi sono presa una lunga vacanza ad Atlantic City, perciò non cercatemi sino alla fine di giugno.#
Stella mise giù la cornetta. « Oh, mamma … » mormorò frustata. Ma almeno un lato positivo c’era: non dovevano ritornare in Europa, troppo lontano dall’Intelligence.
« Beh, direi che è giunto il momento di fare una gita ad Atlantic City. » disse calmo Ryuuji.
Una voce giunse da dietro di loro « Forte, io non ci sono mai stato ». Stella, voltandosi, vide Hiroto, che se ne stava appoggiato allo stipite della porta, e vicino a lui Nina Kᴓhler.
 

20 May 2011
Loretto (Essex County), Virginia.
10.36 hours.

 
Samantha sistemò le pieghe dell’abito rosa che indossava « Papà, dove andiamo? ».
« Ti porto da un’amica » rispose l’uomo « Dovrai restare lì per un po’ ».
« Lì c’è anche Kurai? »
« No, Kurai è rimasto a Langley. » disse Frank e intanto pensò che di fatto dopo quello doveva a Kurai Shion un totale di ventisette favori. Uno più uno meno.
Una caratteristica di Kurai, fortunatamente, era comprensivo, quando voleva. Strafottente, menefreghista e anche bugiardo, ma di certo non esitava mai ad aiutare gli amici. E Frank in quel momento aveva bisogno di una mano. Doveva portare sua figlia al sicuro, ma il problema vero era trovare il tempo per farlo.
« Dov’è questa amica? » chiese la bambina.
Frank si fermò in mezzo alla via che stavano percorrendo, poi strinse di più la mano della figlia e si voltò verso un piccolo negozio « Qui ».
Quando la porta si aprì la piccola campanella legata ad essa fece un rumore acuto e quasi fastidioso. La libreria di Soledad Torricelli era stretta, con il soffitto alto e grandi e lunghi scaffali colmi di libri dalle copertine consumate, ordinati a seconda dei colori, e altri strani oggetti.
Le poche pareti che si intravedevano erano di un blu slavato e il pavimento era in legno scuro. Il bancone era in granito ed era pieno di macchie di pittura di vari colori. Un posto …particolare. Quella fu la prima impressione di Samantha, mentre cercava di farsi strada insieme al padre tra gli innumerevoli libri impilati sul pavimento, dal momento che sugli scaffali viola non c’era più lo spazio.
Da un’altra porta di un tenue verde, più bassa di quella d’entrata, comparve una ragazza di circa ventiquattro anni, Samantha la squadrò per qualche attimo: i capelli erano neri e raccolti in uno chignon spettinato, aveva due grandi occhi marroni e un abito dai colori caldi più grande di lei di almeno due taglie.
Insieme a Soledad, pensava la bambina, quel negozio era più simile ad un arcobaleno che ad una vecchia libreria.
« Oh, Frank! » esclamò la ragazza « Da quanto tempo » si avvicinò un attimo a Samantha « Questa quindi è la tua bambina? Quanti anni hai? » chiese. Aveva la voce bassa e dolce e lo sguardo gentile, anche se sembrava un po’ svampita.
« Ho sette anni » rispose la bambina sistemandosi meglio sul naso gli occhiali dall’ingombrante montatura circolare. Soledad le rivolse un sorriso luminoso e poi si volse in direzione di Frank.
« Sei sicuro? » domandò e parve piuttosto seria.
« Certo » rispose l’altro deciso « Mi fido di te, Sole. Non so per quanto tempo io e Touko saremo impegnati in questo caso, ma la faccenda potrebbe essere pericolosa –anzi, temo lo sia già- e voglio che Sam sia al sicuro. » disse tutto d’un fiato.
Soledad annuì « Bene. Puoi stare tranquillo, mi prenderò cura io di tua figlia mentre tu e tua moglie non ci siete. » sorrise di nuovo « Porta i miei saluti agli altri, d'accordo? Chissà se mi ricordano ».
Frank sorrise a sua volta, strinse la mano all’amica, diede un bacio sulla fronte di Samantha e poi uscì da negozio. Si guardò un attimo intorno, prima di andarsene.
« Come fai a conoscere mio padre? » chiese la bambina alla donna.
« Ho lavorato come psicologa nella CIA per alcuni anni » spiegò, poi andò verso il bancone « Ti va di aiutarmi a sistemare questi libri? » propose con aria quasi sognante e indicò una pila di volumi con copertine di versi colori sparso accanto a lei.
« E su quali scaffali? » chiese la bambina, guardandosi intorno.
 

20 May 2011
Langley, Virginia.
13.56 hours.

 
Frank entrò all’improvviso nell’ufficio e finì anche per far sbattere la porta contro il muro, ammaccandolo. Si fermò davanti alla scrivania del partner e chiese se avesse trovato qualcosa di interessante.
Kurai fissò per un attimo il partner, si lasciò scappare una risata e dopo parlò « Robert Mandini è andato negli Stati Uniti per lavoro, secondo alcuni schedari, ed è scomparso in seguito ad un incidente stradale. » spiegò Shion facendo scorrere la pagina aperta sul pc con il mouse. « L’auto in cui viaggiava è caduta in un fiume ed il corpo è stato ritrovato su una sponda del fiume dopo una settimana di ricerche. » Kurai chiuse quella finestra e ne aprì un’altra. « Però? » lo anticipò Frank, prima che il diciottenne potesse parlare.
« In altri schedari c’è scritto il corpo non è mai stato ritrovato. Ci sono altri tre documenti riguardo la morte di Robert Mandini, ma ogni volta la versione è diversa ».
Il maggiore si passò una mano tra i capelli. « Non capisco davvero perché ci sono così tante versioni della morte della stessa persona ».
« Non ne ho davvero idea » rispose il moro « e sinceramente ora non ci voglio più pensare. Devo andare a … fare una cosa » disse sbrigativo.
Frank sorrise « Vai a provarci con quella poliziotta, dì la verità. » scherzò « Non credo che farai molto colpo su di lei. Nemmeno questa volta. E poi, non le hai nemmeno detto che lavori nella CIA. Perché no? »
Kurai fece spallucce, si mise le mani in tasca ed uscì dall’ufficio. Prima però Frank poté udire un chiaro e tutt’altro che velato « Fatti gli affari tuoi ».
 

20 May 2011
Langley, Virginia.
13.56 hours.

 
Kirino appoggiò la testa sulle braccia e guardò fuori dalla finestra. Se ne stava seduto a quel tavolo della mensa a rimuginare sull’incontro con Shindou da circa mezz’ora. Quando il volto del suo (ex-)ragazzo gli attraversò la mente sentì una fitta di dolore all’altezza dello stomaco, così iniziò a sbattere le testa contro il tavolo nel tentativo si smettere di pensare a Takuto.
« Cosa stai facendo? » chiese una voce calma vicino a lui.
Ranmaru si fermò giusto per rispondere « Cerco di … “svegliarmi” ».
Shirou sorrise « A me sembra più che tu voglia piombare nel sonno eterno, ma come preferisci » disse e fece per andarsene, ma Kirino lo trattenne afferrandogli la camicia.
« Il fatto è che … » iniziò « … non riesco davvero a smettere di pensarci. » scosse la testa « Nel senso, prima ci pensavo, ma non mi faceva questo effetto. Rivederlo è stato … strano. O almeno penso ».
« Sbattere la testa contro il tavolo ti ha fatto più male che rivedere Takuto » commentò l’albino e Kirino rise.
Shirou sapeva essere confortante. Quando voleva. Di solito ci provava e si impegnava quando si trattava di amici a cui teneva, ma non gli riusciva molto bene soprattutto quando era stanco o semplicemente non aveva voglia di aiutare qualcuno. L’idea di vivere come costante spalla su cui piangere per tutti non lo allettava molto, quindi tanto più si rendeva strafottente agli occhi di certe persone e meno problemi altrui avrebbe dovuto risolvere in futuro.
« Comunque … cambiando discorso … » mormorò Ranmaru « Quando dovremo …? »
Shirou rimase a pensarci alcuni attimi « Credo che ormai non manchi poco. Dobbiamo avere pazienza, e nessuno deve … »
« Ah, siete qui! » la Himekawa entrò nella stanza saltellando, con pacchetto in mano.
« Haruhi, ciao » disse Kirino guardando la ragazza, che si fermò a pochi passi da lui e allungò la mano con cui teneva il sacchetto « Sembri ancora triste Kii-chan. » disse piano « Prova a mangiare una caramella ~  » consigliò, iniziando a dondolare.
Haruhi continuava a fare di tutto per attirare su di sé l’attenzione di Kirino dalla prima volta in cui l’aveva visto.
Shirou si lasciò scappare una risata, poi quando il suo cellulare squillò tornò improvvisamente serio e lasciò la stanza senza fiatare.

 
22 May 2011
Unknown place in USA.
21.43 hours.

 
« Hai fatto? »
« Sì »
Il ragazzo più altro sbuffò « Non c’è più gusto. Queste serrature sono troppo facili da scassinare ».
« Ed è tutto più noioso se deve essere solo una messa in scena ».
« Messa in scena o no, facciamo il lavoro come si deve ».   
Entrarono. Non tentarono nemmeno di farlo silenziosamente, non ce n’era bisogno. Buttarono la stanza a soqquadro e buttarono giù la porta che portava all’appartamento con un calcio.
Trovarono qualcuno ad aspettarli, seduto su una poltrona « Ci avete messo un sacco di tempo » mormorò.
« Però siamo arrivati. » ribatté l’altro « Dov’è? ».
Indicò il divano accanto alla piccola lampada accesa. La persona distesa su di esso stava dormendo profondamente.
Fudou si avvicinò e le puntò contro una pistola, stando attendo a non svegliarla.
Sorrise, anzi, ghignò, e poi premette il grilletto.




 


 


 
*Angolo del Girallo Lallo che mangia le caramelle*
Tipo che qualche giorno fa ho iniziato a scrivere il capitolo convinta che fosse il 6.
Sto fondendo di brutto.
Aehm.

Soledad Torricelli è l’OC di Rrawr.
Frank Rossi e Samantha Rossi sono gli OC di Flock.
Kurai Shion è l'OC di Lore (Ice Reflections).
Mentre scrivevo avevo l’impressione di mandare tutto troppo per le lunghe.
Come il film “Lo Hobbit” (insomma, tre ore di film per raccontare 1/3 del libro? Ma che oh). Però vi prometto che più andremo avanti e meno capirete
*la fucilano* 
Sinceramente non ho molto da dire. Solo, penso che aggiornerò più o meno ogni mese. Non so ancora quanti capitoli avrà questa fic, ma voglio finire prima questa e poi concentrarmi su un’altra e credo quindi che sparirò dalla sezione per qualche tempo, perché la long che voglio terminare dopo Bloody Mary non è in questa sezione .u.
Comunque qui si parla di un futuro molto lontano, quindi mi pare inutile pensarci troppo ora x°°
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi auguro un buon proseguimento delle vacanze.
A presto,
Alicchan ~

   
 
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