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Autore: Ciribiricoccola    27/12/2012    1 recensioni
Scrivo di donne. Senza troppi luoghi comuni, senza censure, con un pò d'ironia, una punta di romanticismo e anche una stilla di dramma, che nei giorni più malinconici non guasta mai.
Sono tutte diverse tra di loro, ma hanno una cosa in comune: saranno sincere con chi leggerà, perciò non spaventatevi, non vi offendete.
Sono fatte così e non c'è verso di cambiarle.
Tutte noi ne sappiamo qualcosa, no?
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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donne

COME UNDONE

 

 

Seduti in casa sua.

Lei finisce il suo lungo discorso, si alza, va vicino alla vetrata che dà sul vuoto e sulla città, scuote il capo, allarga le braccia e ha finito le parole.
Vorrebbe piangere, ma non le riesce. Si limita a piegare le labbra in giù, in una smorfia dubbiosa e disorientata.
Neanche guardare fuori serve a qualcosa.
“Io… non lo so…”

Lui la fissa dal divano e le domanda ingenuamente: “È successo qualcosa? Al lavoro, non lo so, o con le tue amiche…”
“Non è questo il punto!”  lo interrompe l’altra, cercando di mantenere la calma almeno nella propria voce, senza però girarsi a guardarlo.
“Una volta avrei… tirato su un casino per cambiare le cose. Mi sarei persa anima e corpo in una roba come questa! Adesso… non lo so, non ti so spiegare, è come se non volessi più sentire.”
“Ma hai sempre detto di non essere il tipo per queste paranoie, che la tua personalità era troppo forte…”
“Dio, e tu mi sei anche stato ad ascoltare…”
Si mette una mano davanti alla bocca con un gesto stanco e si sente in colpa.

“Non avrei mai voluto farlo anche con te. Mi sa che neanche me ne sono accorta. È peggio di quanto credessi…”
“Ci ragioni troppo sopra, dovresti darci un taglio e pensare positivo!”
Nauseata, si accascia su una sedia vicino al tavolo della sala da pranzo, a pochi passi da lui e dal divano.


“La questione è questa. Per favore, ascoltami bene, perché non ho più voglia di ripeterlo.
Mi sto accorgendo di un cambiamento che non mi piace.
Non ci metto più il cuore. In niente.
Mi sono come stancata. Mi sono chiusa.
Ne avevo abbastanza di soffrire, perciò ho preso e ho fatto una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato da me.
E mi va bene così. È questa la cosa brutta.
Ti rendi conto?”

Lui annuisce lentamente, ma si capisce che è spiazzato.
Lei rincara la dose, animandosi.

“Se io ora uscissi e m’imbattessi in una sparatoria o in una rapina, non avrei paura.
Se qualcuno m’invitasse a cena, non sentirei il sapore di un singolo piatto che ingurgiterei, e risponderei a chi mi parla senza stare veramente ad ascoltarlo, in automatico, mettendo su la faccia più adatta alle circostanze.
Se mi telefonassero per aiutarmi, per parlare di questa merda, io direi di no, rifiuterei, perché non vedo la merda, dove sta il problema? Io non lo vedo. Non lo vedo più.”

Alzando la voce si è fatta rossa in viso, ha contorto le mani e afferrato l’aria con scatti rabbiosi, e senza accorgersene ha iniziato a piangere.
È furiosa.
Lui non dice niente.

 
“Ho paura, ho paura per me” affermò, quasi a voler giustificare il suo pianto “Non me ne frega nulla degli altri, mi importa solo di me. Perché non lo avevo mai fatto prima, e ora non voglio più saperne di nessuno. A parte te. Non voglio più che nessuno si azzardi a prendermi e accartocciarmi. Come se fossi un pezzo di carta. Non voglio più.”

 
Non era così quando l’aveva conosciuta, ma una cosa era rimasta: tutto quello che faceva, lo faceva con il cuore.
L’aveva vista affrontare situazioni e persone, ogni volta con un esito diverso.
L’aveva vista gonfiarsi per la gioia, ma anche avvilirsi per la tristezza, e procedere sicura verso una serena stabilità, per poi cadere, farsi male e raccattare i cocci, suoi e di altri.
Di chi fosse la colpa non lo aveva mai saputo con esattezza, ma di una cosa era certo: i suoi tentativi erano sempre appassionati e sinceri, e finivano sempre per evolversi in una sentenza definitiva e irremovibile.
Avrebbe per sempre amato o odiato con tutte le sue forze, senza mai rendersene pienamente conto.

 
Si alza e l’abbraccia senza dire una parola, perché non ce n’è bisogno, è tutto chiaro.
Sta andando in pezzi, un po’ più in fretta e un po’ più forte delle altre volte, non riesce a rincollarsi da sola.
Lei non ricambia la sua stretta ma ci si rifugia dentro singhiozzando debolmente, irrigidita per la tensione e la rabbia.
Le sembra che piangere sia roba da vittime.

Lei non è una vittima, perché una vittima è sconfitta, è inerme ed è indifesa.
Non è come lei.
Lei è solo molto arrabbiata e frustrata, vorrebbe stare in cima al mondo per dare una bella lezione a chi di dovere, altro che vittima indifesa.

“Non ho voglia di uscire” dichiara guardandolo, scossa ma determinata “Non sono dell’umore adatto e credo che non lo sarò per un po’. Scusami.”
“Se non vuoi uscire, restiamo a casa e facciamo quello che vuoi, stai tranquilla…”
“Scusami se faccio così. Ti giuro che non sono io a volerlo…”
“Lo so…”
“No, non lo sai…”
“Mi fido.”

La cosa più bella di stare con lui – lui il ragazzo, lui il fidanzato, lui la persona – è che non gliene importa niente di avere di fronte una come lei, una che non è quella che sembra, una imprevedibile, una complicata.
L’ha accettata da subito, e amarla è venuto naturale.

Lei prova a sorridergli, si sente un po’ meglio, ha solo bisogno di mangiare e di stare con lui sul divano.
Al resto penserà dopo, con più calma, con il suo aiuto.
Riattaccherà ancora una volta quello che si è rotto e si rialzerà senza sapere cosa fare, a parte che lo farà senza compromessi.

 

 

THE END

 

 

Il titolo del racconto è tratto dal brano “Come undone” di Robbie Williams. No scopo di lucro.

Questo capitolo è dedicato a Mattia. Nessuno sa riattaccare insieme i miei pezzi così bene come lui.

   
 
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