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Autore: Lilith Lancaster    28/12/2012    0 recensioni
Elena Atwood è una giovane sedicenne. Sua madre è morta quando lei aveva cinque anni e suo padre è perennemente assente per lavoro. Elena sembra una ragazza normale, una sedicenne normale. In realtà è l’ultima discendente di una gerarchia di custodi. Le custodi della notte. La dinastia antichissima ha un solo compito. Vegliare sulle vite delle persone….proteggerli dai “Mutati” uomini in grado di cambiare il loro aspetto umano in quello dell’animale spirito che li rappresenta. Uomini senza controllo, in grado di compiere le più terribili atrocità. Da secoli le custodi combattono contro i mutati, li eliminano o da loro vengono eliminate. Elena fin da giovane ha iniziato a combattere per ciò che crede giusto. ma un incontro cambia tutta la sua vita
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La giornata a scuola si rivelò una vera tortura. Michael non si presentò a lezione e quando provai a chiamarlo attaccò la segreteria telefonica.
Un misto di rabbia e frustrazione si impadronì di me con una velocità impressionante. Io e Angeline mantenemmo le distanze in mensa e questo fu un bene. Rosa da una rabbia esasperat dagli eventi della mattina preferii evitare anche la compagnia di quelli che erano senza dubbio i miei unici amici. Lasciai Athena e Savannah al solito tavolo con la mia piccola corte di lecchini. Improvvisamente essere la regina del liceo non mi interessava. Volevo solo vedere Michael. Lo sguardo smarrito che Rachel mi rivolse mentre mi alzavo da tavolo senza una parola e li abbandonavo senza fornire spiegazioni mi fece sentire un po’ in colpa ma io ero fatta così. I
mpulsiva e indipendente, mi piaceva starmene per conto mio. La solitudine mi indusse a riflettere su quanto poco gli altri mi conoscessero. Persino Athena e Savannah sapevano di me ciò che io volevo fare sapere loro. E tra l’altro non ero stata molto aperta con loro negli ultimi tempi. Non avevo detto niente della mia storia con Michael, ne della mia intenzione di dare la caccia al Mutato che aveva ucciso Juliet. Dei miei sentimenti sapevano ancora meno. Eppure loro mi erano rimaste accanto senza lamentarsi del mio distacco, cosa che mi fece arrossire di imbarazzo. Che pessima amica ero!
Anche con Michael non ero del tutto sincera. Lui conosceva una parte soltanto della mia vita, per lui esisteva soltanto Elena Atwood, la regina di Bremerton. Elena Ismene non esisteva per Michael, non conosceva la ragazza che maneggiava spada e pistola e che uccideva mostri. Del mio carattere però era riuscito a capirne più di chiunque altro e con lui stranamente mi sentivo…completa. Quasi fosse la parte mancante della mia personalità.
Rimasi in quello stato d’animo pensieroso e indolente per tutta la mattinata e quasi mi sorpresi nel constatare che la gente non sembrava notare in me alcun cambiamento. Possibile che io fossi sempre così distaccata? Si era possibilissimo. Quello che mi sorprese invece fu trovare una Ferrari nera e scintillante nel parcheggio quando la giornata scolastica finì. Il misto di emozioni che mi assalì fu talmente forte da lasciarmi stordita. Sollievo, gioia, sospetto, rabbia, gelosia, desiderio…
Tentando di apparire impassibile e congelando la mia faccia in un’espressione neutra mi avvicinai alla ferrari e aprii lo sportello. Michael sedeva con il viso rivolto vero di me, le mani e le braccia parzialmente nascoste dal giubbotto di pelle nera che aveva poggiato sulle gambe. Mi guardava con quel sorriso sornione e sghembo, accattivante e seducente, che non mancava mai di farmi perdere un paio di battiti del cuore.
Entrai in macchina e mi sedetti, ma rifiutai di incrociare il suo sguardo. Avrei voluto chiedergli dove era stato e perché non mi aveva avvisato della sua assenza ma avrei rischiato di passare per una fidanzata gelosa, ossessiva. una stalker pazza che già dopo un paio di giorni inizia a monitorare ogni passo del suo fidanzato. Così fissai il parcheggio fuori dal finestrino. Non lo uii muoversi ma improvvisamente le sue labbra calde trovarono la pelle fredda del mio collo. La lenta carezza sulla mia pelle sembrava seta. Chiusi gli occhi con un sospiro, consapevole che tutto il mio corpo mi urlava di girarmi e incontrare quella morbidezza con le mie labbra. Mi trattenni. Sentii un sorriso contro la mia pelle mentre lui continuava a carezzarmi il collo con le labbra, pigramente. Con una mano scostò il mio maglioncino, librando la mia spalla sinistra. Anche quel nuovo lembo di pelle fu sfiorato dalle sue labbra lievi come farfalle che però lasciavano sulla mia pelle marchi di fuoco. Sapevo di essere arrabbiata con lui, lo sapevo con ogni fibra del mio essere ma il mio corpo rifiutava di allontanarsi dal suo, quasi lui fosse padrone stesso della mia volontà.
Fu uno sforzo titanico scostarlo da me, ma quando la sua pelle smise di sfiorare la mia potei riconquistare parte di lucidità e con la lucidità ritorno l’irritazione.
“dannazione non puoi uscirtene sempre così facilmente. Michael pensavo avessi capito che non sono una stupida. Non pretendo di avere un resoconto di ogni tuo spostamento ma qualche vaga informazione me la devi…se stiamo insieme…” faticai a pronunciare quell’ultima frase perché per la prima volta mi resi conto che consideravo la mia relazione con Michael diversa da qualsiasi altra avessi mai avuto. Per la prima volta avevo desideri, pretese e aspettative.
“se stiamo insieme devo potermi fidare” borbottai alla fine. Michael si allontanò da me seccato e innervosito. Probabilmente come me non era abituato ad un rapporto paritario, a far parte di una coppia. Michael agiva d’impulso, ascoltando soltanto se stesso. Ma se voleva condividere la sua vita con me intendevo davvero farne parte. Non sarei stata solo un marginale elemento di contorno, io volevo farne parte.
“Michael non capisci? non è una scenata di gelosia, assolutamente! Cioè, si sono gelosa ma non è questo il punto. Il punto è che io voglio che tu mi renda partecipe delle tue idee, delle tue decisioni. Non voglio essere una delle tante ragazze ininfluenti. Voglio che tu possa parlare con me, confrontarti. “ cercai di spiegare. Ero sicura che Michael non cercasse neanche di capire quello che stavo dicendo. Era testardo e orgoglioso ma proprio questo mi affascinava. A parte la sua incredibile bellezza. Il suo fascino magnetico, i suoi occhi profondi e blu….ok stavo divagando!
“voglio essere una tua compagna ok? Se non sei disposto a questo tipo di relazione dillo subito, non c’è problema. Guarda anche per me è complicato, non ho mai provato per qualcuno cose simili, ne ho mai desiderato fare parte della vita di qualcuno…non crede di essere il solo ad essere confuso…dio solo sa il casino che ho nella mente in questo momento” terminai con un sospiro.
“quindi adesso ti comporterai come una madre iperprotettiva? Dannazione ho soltanto marinato la scuola mica sono sparito per un paio di mesi” protestò arrogante e seccato.
“si sei mancato a scuola e mi hai lasciato da sola ad affrontare il casino che tu hai scatenato. Quelle persone sono amiche mie e adesso la maggior parte pensa che io sia una puttana. Avrei voluto che fossi al mio fianco oggi ma non c’eri. E non ti sei neanche preoccupato di avvisarmi. E adesso non pensi neanche a chiedermi come diamine sia andata la mia giornata. Beh te lo dico lo stesso. Uno schifo! Mi mancavi, ed è una cosa che detesto, dipendere così tanto dalla presenza di qualcuno. E ho fatto a botte con Angeline. E qualcuno ha devastato la mia camera e quella camera era la camera di mia madre…e si, magari è sciocco è infantile ma per me quel luogo rappresentava qualcosa. L’unico legame che avevo con lei. Ma adesso è tutto distrutto. Tutto! e non so neanche perché! Ho litigato con mia nonna, l’ho delusa e ho fatto un casino…quindi scusami, Michael, se sono un po’ nervosa” la mia arringa era iniziata con un tono di voce furioso e non era certo stata mia intenzione raccontargli tutta la mia disastrosa giornata, in particolare l’incidente della camera. Eppure durante il mio discorso l’argine si era rotto e gli avevo riversato addosso parte dei miei problemi nella speranza inconscia che alleggerisse il peso che gravava sulle mie spalle. Non mi sorpresi quando passandomi una mano sulla guancia la trovai umida. Ultimamente stava diventando una costante per me, lasciarmi travolgere dalle emozioni.
Michael restò in silenzio per qualche istante considerando il mio stato d’animo decisamente altalenante. Alla fine optò per una resa. Sorridendo mi sfiorò la guancia con il dorso della mano. Era il massimo che potessi aspettarmi da lui quindi mi arresi e mi lasciai pervadere dalle sensazioni del suo tocco. Non che avessi accettato quel suo comportamento leggermente egoistico…stavo semplicemente rimandando la conversazione ad un momento in cui sarei stata più lucida e meno emotiva. Dio, quanto odiavo essere sopraffatta dalle emozioni!
Michael tornò ad allontanarsi da me con un sorriso sornione e rilassato. Sembrava non aver dato peso al mio discorso e in quel momento lo stomaco mi si contorse dalla rabbia. Per la prima volta ebbi veramente la percezione di quanto poco ci conoscessimo io e lui. Entrambi ci eravamo buttati in quella relazione senza pensarci troppo, seguendo l’istinto e quella potente attrazione che c’era tra noi. Il problema era che quando eravamo vicini sentivamo una corrente elettrica percorrerci la pelle. O almeno così era per me. Scuotendo la testa mi rifiutai di incrociare il suo sguardo e reclinai il capo all’indietro, abbandonandomi contro il sedile e chiudendo gli occhi.
“beh se può servire a migliorare il tuo umore ti comunico che ti ho portato un regalo” continuò divertito e per niente preoccupato. Detestavo sinceramente quel suo modo di prendere tutto alla leggera. Era snervante. Apr un occhio e lo fissai con un sopracciglio inarcato, per tornare subito dopo alla mia espressione impassibile. Qualunque cosa stesse per piombarmi addosso l’avrei affrontata con calma stoica, decisi. Anche se la calma non era esattamente la mia virtù.
Michael non lasciò che la mia freddezza rovinasse il suo buon umore e lo sentì frugare sotto al giubbotto. Il mio orecchio ben allenato percepiva i più lievi fruscii che accompagnavano i suoi movimenti e rimasi in ascolto, ancora ad occhi chiusi, immaginando il lieve contrarsi dei suoi muscoli perfetti. Poi qualcosa di caldo e soffice mi premette contro una guancia. Spalancai gli occhi e mi voltai. E improvvisamente mi ritrovai a fissare due occhi rotondi, color ambra. I lunghi bassi di un gatto mi solleticarono il naso e l’animale piegò il muso di lato, osservandomi con qualcosa di simile alla perplessità. Incantata da quel musino delicato e da quegli occhi bellissimi allungai una mano per sfiorare la sommità del capo del gatto. Aveva il pelo folto, morbidissimo, di un grigio perla, screziato di un denso color fumo. Incantata continuai ad accarezzare quella creaturina incantevole e sospirai di piacere quando Michael me la depose in grembo. Era la cosa più bella che avessi mai visto. A parte Michael s’intende!
“si chiama Kitty. L’ho vista e ho subito pensato che avreste fatto amicizia” spiegò sfiorandomi il collo con il suo respiro. Mi girai verso di lui e premetti le mie labbra sule sue, completamente dimentica delle mie frustrazioni.
“è stupenda.” Mormorai incantata mentre accarezzavo quel manto soffice. La gattina si stiracchiò, cominciando a fare le fusa. Con una mano sulla sua pancia di un grigio che tendeva quasi al bianco, ascoltai incantata quel sommesso ronron. Michael nel frattempo prese a baciarmi il collo, baci caldi e esigenti, lievi eppure intensi. La combinazione tra la meraviglia per il piccolo animale che tenevo in braccio e l’emozione per i baci di Michael si combinarono a tradirmi e lentamente dimenticai di essere arrabbiata con lui, di avere un casino di problemi ad aspettarmi a casa e di essere tremendamente insicura sulla nostra relazione. Lo allontanai con dolcezza, sorridendogli con un calore che sorprese persino me. La gatta si stiracchiò, accoccolandosi meglio sulle mie gambe.
“vedo che ti piace” mormorò compiaciuto, osservando divertito l’espressione estatica dipinta sul mio viso. Non mi ero mai accorta di quanto i gatti mi affascinassero. Forse perché avevo sempre amato ciò che era elegante ed aggraziato e i gatti ne erano l’emblema stesso. O forse avevo iniziato ad amarli nell’istante in cui avevo visto Kitty, per il semplice fatto che quella meravigliosa gattina fosse un dono di Michael. In quel momento le motivazioni che mi spingevano ad apprezzare così tanto quel cucciolo tra le mie braccia non mi interessavano.
“già la adoro” risposi incapace di concentrarmi su una conversazione, troppo assorbita dai movimenti lievi della piccola creatura. Scoppiando a ridere Michael mise in moto, allontanandosi in fretta dal parcheggio degli studenti. Quasi non mi accorsi che ci stavamo muovendo e rimasi perplessa quando sollevando lo sguardo mi ritrovai davanti la facciata di villa Temple. Michael venne ad aprirmi lo sportello e scesi dalla macchina senza neanche incrociare il suo sguardo, la mia attenzione completamente concentrata sulla piccola Kitty. Era semplicemente adorabile il modo in cui poggiava il suo musino nel palmo della mia mano. Michael rideva mentre poggiava una mano nell’incavo della mia schiena e mi guidava fino al portone d’ingresso.
“le chiavi sono nella tasca dei jeans” borbottai rifiutando di allontanare lo sguardo dalla mia piccola incantatrice. Quegli occhi profondi color ambra mi avevano stregato. Non avevo mai visto niente di più bello e perfetto di quel cucciolo accoccolato tra le mie braccia. Abbassai il viso, affondandolo nel grigio pelo morbido e annusando il profumo di sole che sembrava emanare. Un lieve ansito di sorpresa mi sfuggì dalle labbra quando la mano di Michael mi scivolò nella tasca posteriore dei jeans, soffermandosi nella ricerca delle chiavi abbastanza a lungo da darmi la netta impressione che avesse apprezzato appieno la manovra. Non che io ne fosse dispiaciuta ad essere sincera. Mi voltai a guardarlo con un sopracciglio inarcato a cui fece eco con un sorrisetto malizioso.
Ecco, quel sorriso era assolutamente irresistibile. Nella mia mente iniziò a formarsi l’idea di trascinarlo in camera mia a baciarlo per un’ora o due. “Elena!” rimproverai me stessa quasi sconvolta “queste cose non sono da te” ero davvero sbalordita dai miei stessi pensieri. Avevano quasi bisogno di essere sottoposti a censura! Decisamente Michael aveva una cattiva influenza su di me. Strano, dal momento che io non ero mai stata una persona facilmente influenzabile.
Scuotendo la testa diedi un calcio al portone, entrando nella mia adorata seconda casa. Mi venne subito incontro Will, con aria impassibile ed elegante cortesia.
“signorina, la signora Temple mi ha raccomandato di ricordarle che la sua stanza è tutt’ora inagibile. La signora la prega di considerare la stanza rossa come la sua stanza a tempo indeterminato. Inoltre la signorina Rachel è arrivata poco fa e si è sistemata nella sua camera, ha chiesto di vederla. Cosa le devo dire signorina?” nonostante Will mi avesse più o meno cresciuta, in presenza di estranei si ostinava a fare sfoggio di elegante riserbo, quasi che dandomi del tuo potesse mettere in discussione la mia rispettabilità. Con un sorriso presi la mano di Michael e lo guidai su per le scale, verso la stanza rossa, non prima di aver detto a Will che poteva invitare Rachel a raggiungermi nella mia camera. Appena mi chiusi la porta alle spalle Michael mi strinse le braccia intorno alla vita e mi schiacciò contro il legno scuro della porta. Le sue labbra furono sulle mie in meno di un secondo. Quel ragazzo era un vero artista della pomiciata! Riusciva a rubarmi un bacio con la stessa velocità con cui respirava. Non che fossi contraria alla piega che stavano prendendo gli avvenimenti. Allentai le braccia, lasciando che Kitty scivolasse a terra. La sentì strofinarsi contro le mie gambe e mi sarei chinata ad accarezzarne la testa triangolare se Michael non avesse richiesto tutta la mia attenzione con un bacio più esigente degli altri. sentì la sua mano calda scivolare sotto il mio maglioncino, giocherellare con l’elastico del reggiseno. Immediatamente portai la mia mano sulle sue, fermandolo. Ok, lui era estremamente attraente, ma da quanto tempo ci conoscevamo? Due settimane o poco più? Si, potevo anche essere una cacciatrice spietata, una combattente dal sangue freddo, ma avevo delle regole morali. Che comprendevano il non fare sesso con un tizio quasi sconosciuto. La mia prima volta sarebbe stata speciale, sarebbe stata con qualcuno che conoscevo affondo, di cui avevo totale e incondizionata fiducia. Non mi sarei lasciata guidare dal semplice desiderio fisico. In me la voce della ragione era più forte del richiamo degli ormoni. O almeno così speravo, perché se avessi ascoltato i miei ormoni di adolescente anche solo per un attimo, probabilmente io e Michael ci saremmo ritrovati svestiti nel giro di qualche secondo.  
Un piccolo sospiro mi sfuggì dalle labbra quando la bocca di Michael mi accarezzò il collo. Una scia calda, infuocata, che marchiava la mia pelle. sussultai quando la sua lingua assaporò la mia pelle e le sue dita si strinsero con forza tra i miei capelli, tirandoli quasi con violenza. Socchiusi gli occhi, per la prima volta rapita dalle sensazioni del mio corpo. Ecco che tutta la mia razionalità andava a farsi friggere! La lingua di Michael tracciava una lenta scia lungo la mia gola, facendomi sussultare stranamente agitata. Nessuno mi aveva mai toccata così, con forza, con decisione. La mano libera di Michael si strinse nell’incavo della mia schiena, premendo il mio corpo contro il suo. Le sue labbra scesero, sfiorandomi la spalla appena coperta dal lieve tessuto del maglioncino.
Le mie mani erano immobili sul suo petto, riposavano, quasi senza sapere cosa fare.
Quasi senza accorgermene mi ritrovai sdraiata sul mio letto, con Michael sopra di me. I suoi occhi erano più scuri del solito, ardenti di desiderio. Riuscii a fissarli solo per qualche secondo prima che  lui tornasse ad immergersi nel mio collo. Le sue dita si insinuarono tra i miei capelli, reclinandomi la testa all’indietro mentre l’altra sua mano mi accarezzava la schiena, in fondo, molto in fondo. La sua bocca calda mordicchiava la pelle del mio collo e un gemito involontario mi sfuggì dalle labbra quando la sua mano si spostò sulla mia pancia, accarezzando il mio addome piatto. Michael tornò a baciarmi, questa volta con più foga, succhiando le mie labbra e assaporando la mia bocca. Sentivo il suo corpo premere contro il mio ed ero acutamente consapevole di quanto fosse “felice” della situazione. Non che io ne fossi dispiaciuta. Ma quel contatto così intimo, così fisico, mi imbarazzava notevolmente. Non ero mai arrivata così in la con Jake, ne con nessun altro dei miei ragazzi. Nonostante giocassi a fare la famme fatale, in quel momento mi sentivo una verginella ingenua. E sicuramente lo ero. Sussultai quando improvvisamente mi ritrovai senza maglioncino. Mi strinsi le braccia al petto nel tentativo di coprirmi il seno.
“lasciati guardare” mi sussurrò Michael all’orecchio. La sua voce era roca, più tesa di quanto fossi abituata a sentirla. Accompagnò quelle parole con una carezza lieve sul mio ventre, leggera, che sfiorava appena l’orlo dei jeans. In quel momento riacquistai lucidità.
“ma non ci penso neanche!” scattai tirandomi a sedere e stringendomi al petto un cuscino.
Lo vidi accigliarsi e fissarmi con uno sguardo tale da trapassarmi. Sembrava intenzionato ad incenerirmi. Ricambiai il suo sguardo con un’espressione di sfida nella migliore tradizione “Elena Atwood” sollevando un sopracciglio e rifiutando di dargliela vinta.
“che cazzo di problema hai adesso?” sbottò dopo qualche minuto di confronto silenzioso. Il suo tono di voce mi fece risentire. Come si permetteva di parlarmi così?
“non ho assolutamente niente” sbottai altera, distogliendo lo sguardo dal suo viso troppo perfetto.
Mi sistemai distrattamente il maglioncino, sentendo il suo sguardo rovente che mi perforava il viso. Dire che l’interruzione non gli era andata a genio sarebbe stato un eufemismo.
“se non hai assolutamente niente perché stai facendo di nuovo la regina offesa?” sibilò a pochi centimetri da me. Mi voltai e lo trovai fin troppo vicino. Mi fissava con gli occhi socchiusi, osservando la mia espressione scocciata e colpevole al tempo stesso.
“non sto facendo l’offesa! Anzi, sono offesa, ma lo sono adesso…per come mi hai risposto.” Precisai evitando l’argomento. Il solo parlarne mi imbarazzava. Sentivo le guance andare a fuoco e ancora non aveva capito dove volevo andare a parare…figuriamoci quando avesse compreso…
“se non eri offesa perché mi hai fermato?” mi fissò ancora incazzato, con un sopracciglio inarcato. Risposi con una smorfia. Possibile che, nonostante tutte le sue arie da seduttore incallito, non riuscisse a capire un concetto così semplice? E pensare che avevo sempre considerato Jake scemo!
Rimanemmo a fissarci con espressione ebete e furente per qualche istante, poi finalmente lo vidi sgranare gli occhi. Riuscii addirittura a vedere la lampadina che si accendeva nel micro neurone che gli era rimasto! Alleluja, Michael recupera il cervello!
“stai forse dicendo che sei vergine?” mormorò con tono fin troppo ironico. Nonostante la mia spavalderia e i miei pensieri degni di un istrice incazzata, non potei fare a meno di arrossire.
“non ho detto niente io!” borbottai distogliendo lo sguardo. dio, perché mi sentivo andare a fuoco?
La sua risata fastidiosa mi penetrò nelle orecchie. Ok, la sua risata era meravigliosa, ma era fastidioso che lui ridesse in un momento come quello!
“perché non lo hai detto prima?” domandò divertito, mentre la rabbia cedeva il posto alla sua ironia. Ma certo, magari dovevo anche portare in giro per la città un cartellone con luci al neon e la scritta “Vergine”. dio, quanto odiavo i ragazzi in certe situazioni. Il tatto e la delicatezza decisamente non facevano parte della loro natura!
“vai a quel paese” sibilai imbronciata mentre stringevo le braccia intorno alle mie ginocchia. Lui rimase a ridere per qualche altro momento prima di accorgersi quanto poco incline fossi ad accettare il suo umorismo.
“dai Elena, che ci posso fare io! Nessuno si aspetterebbe una cosa simile da te…non mi starai mica prendendo per il culo vero?” sghignazzava ancora il cretino! E mi aveva velatamente dato della ragazza facile. Per Michael Ashton si stava velocemente avvicinando il giorno del giudizio.
Se avessi avuto anche una sola delle mie armi a portata di mano probabilmente avrei provveduto a riparare al gigantesco errore che madre natura aveva commesso dotandolo della capacità di procreare. Ma ci avrei pensato io, oh se ci avrei pensato io, a sistemare le cose!
“pensavo di essere stata fidanzata con un coglione fino a questo momento…ora mi accorgo che tendo ad essere ripetitiva nella scelta dei fidanzati. Anche tu sei un coglione” soffiai alzandomi dal letto e andando a raggiungere Kitty, che allegramente saltava da una poltrona all’altra. la strinsi tra le braccia e per un istante valutai l’ipotesi di lanciarla in faccia a Michael. No, probabilmente l’avrebbe lanciata fuori dalla finestra, e tanti cari saluti alla mia gatta.
Michael non sembrò prendere la mia offesa molto sul serio. Si stiracchiò meglio sul mio letto, incrociando le caviglie e sistemandosi comodamente le braccia sotto la testa.
“io direi che con me hai fatto il salto di qualità” ridacchiò alla fine osservando attentamente una delle proprie preziose mani, perfettamente curate.
“io direi che sono precipitata nel baratro della dipendenza da cretini” sibilai ancora scocciata.
“o in quello della dipendenza sessuale? Ammettilo che è stato il mio aspetto incredibilmente sensuale e affascinante a farti mollare il salame.” Mi spronò il presuntuoso individuo stravaccato sul mio letto. Mi girai di tre quarti, appioppandogli una manata poco sopra il ginocchio, desiderando, e non per la prima volta, fargli del male fisico.
“adesso tocchi anche?” provocò ancora, tranquillo come se io non fossi una persona da prendere sul serio. Assottigliai lo sguardo, accarezzando con la mente l’idea di esibirmi in un secondo round di lotta libera. Prima Angeline, adesso Michael…sarebbe stato il perfetto inizio per la mia carriera da pugile. Mi ci vedevo bene, con guantoni ai polsi e qualche faccia da pestare proprio fi fronte a me. E no, non sono assolutamente una persona violenta.
“ti piacerebbe” sbuffai mentre recuperavo la distanza di sicurezza e mi accoccolavo imbronciata sul bordo del mio letto, che Michael non si faceva alcuno scrupolo ad occupare per intero.
“eccome se mi piacerebbe” rispose in modo estremamente serio, sollevandosi a sedere e soffiandomi quelle parole a pochi centimetri dalla pelle del collo.
“smettila” lo rimproverai reprimendo brivido. Maledetto corpo adolescente imbottito di ormoni.
“non lo vuoi davvero, che io setta” continuò mentre la sua mano sinistra iniziava ad accarezzarmi i capelli.  Era una cosa che avevo sempre amato, aver toccati i capelli. E la sua mano era calda, incredibilmente leggera sulla mia duca, delicata e al tempio stesso pressante, tanto presente che era impossibile ignorarla. Reclinai appena il capo, seguendo il movimento della sua mano.
“invece voglio” mormori chiudendo gli occhi. Non rispose e si tirò impercettibilmente indietro. Il mio corpo, come attirato da una calamità, lo seguì in quel lieve spostamento. Ero un kamikaze, pronta a farmi esplodere pur di avere le sue carezze. Ero patetica.
Ancora una volta fu l’orgoglio a salvarmi, a farmi raddrizzare la spina dorsale e tornare a qualche centimetro di distanza. Quando mi voltai a guardarlo, Michael era estremamente bello, sardonico e arrogante, ma i suoi muscoli sembravano tesi, irrigiditi. Anche lui sembrava avvertire la tensione di quello sfiorarsi, quel conoscersi così strano tra noi due.
Forse non ero l’unica, ad essere inesperta nel contatto fisico. Forse lui non era mai stato vicino ad una ragazza in questo modo. Così diverso, così delicato ed impacciato.
“credo che per oggi possiamo smetterla con gli strusciamenti” esordii schiarendomi la voce.
“già, non mettiamo a dura prova la tua resistenza.” Concordò tornando arrogante e divertito.
“e della tua che mi dici? Nemmeno un po’ turbato” soffia un tantino indispettita.
Ah, quindi lui non era per niente tentato di continuare? Gli facevo così poco effetto? Bene, poteva scordarsi un replay allora!
“la mia resistenza è abbastanza allenata, non preoccuparti per me” rispose serafico, tamburellando con le dita sulla stoffa del piumone.
“ti sorprenderesti di sapere quanto è allenata la mia allora” lo apostrofai piccata, incrociando le braccia al petto. Ecco, lo sapevo, stavamo per sfiorare l’ennesimo battibecco. Non saremmo durati neanche una settimana.
In quel momento Kitty scelse di saltare sulle mie ginocchia. Le sue zampine morbide, con quei cuscinetti rosa e adorabili, iniziarono a sprimacciare delicatamente le mie gambe. Le accarezzai il pelo, incantata dai giochi di luce su quel manto estremamente folto e lucido.
“sta facendo la pasta” osservò divertito Michael tornato di nuovo alle mie spalle.
“le piaci molto. Ti piace eh Kitty?” domandò portando il viso vicino a quello della mia adorabile gatta. Lei si voltò a guardarlo con una certa aria di sufficienza, guadagnando improvvisamente il mio amore. Ecco un’esponente del genere femminile a cui Michael sembrava non piacere nemmeno un pochino. Brava ragazza!
“non fartela piacere troppo. Lo dico per il tuo bene. Questa qui è una vera stronza” continuò poggiandomi una mano sui capelli. Mi divincolai piano, cercando di non disturbare la gattina accoccolata sulle mie gambe.
“io non sono una stronza” precisai ancora con la mano sul dorso di Kitty.
“non sempre” mi concesse lui
“mai” lo corressi impuntandomi. Questa volta l’avrei spuntata io, anche a costo di continuare per ore. non poteva darmi della stronza impunemente.
“il 90% delle volte”
“soltanto raramente”
“ogni tanto” sussurrò ala fine con un sorriso, sfiorando con un bacio le mie labbra.
“ogni tanto” concordai improvvisamente molto meno lucida. Lui sorrise ancora, posando la sua mano sulla mia mentre accarezzavo Kitty.
“è un compromesso” domandai sollevando gli occhi su di lui. Mi persi nel blu del suo sguardo. Amavo quel colore così intenso e profondo, talmente scuro da apparire a volte nero. Era qualcosa di unico, un colore che mai avevo visto negli occhi di qualcun altro. Se fossi stata poetica avrei detto che era il colore della sua anima. Scura profonda e bellissima. Ma io non ero una poetessa ero una guerriera, una custode. Un’assassina e una bugiarda.
“mi piacciono i compromessi.” Le sue labbra erano ad un centimetro dalle mie. Mi lascia baciare. In fondo i compromessi funzionavano. Quindi perché non cercarne insieme un altro?



Note:

Come sempre sono talmente in ritardo che mi vergogno persino a farmi nuovamente sentire. Alle persone che leggono questa storia faccio le mie più sentite scuse. Potrei elencare i mille motivi che hanno rimandato la stesura del capitolo, ma lo trovo inutile. Sono in clamoroso ritardo. Spero che non vi siate dimenticati di Elena e Michael e che vorrete ancora ascoltare quello che hanno da dire.
Sul capitolo ho poco da dire. È abbastanza privo di eventi, ma prezioso per me e non sono proprio riuscita ad ometterlo perché questi primi impacciati momenti tra Elena e Michael sono così speciali per me…
So che la storia sta andando un po’ per le lunghe, ma presto arriverà l’azione vera e proprio e molte cose cambieranno. Spero vogliate continuare a leggere di loro.
Mi scuso per le mostruosità sicuramente presenti in questo testo, non ho avuto assolutamente tempo per rileggere. se qualcuno avesse qualche domanda sulla storia o sui personaggi può trovarmi qui: http://www.facebook.com/home.php?ref=wizard#!/profile.php?id=100004925861192  A presto!
 








 
  
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