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Autore: mairileni    28/12/2012    5 recensioni
Una volta ho letto che l'amore è come una dipendenza. Dopamina, Noradrenalina e Feniletilamina non agiscono in modo diverso su un innamorato o su un cocainomane.
Forse il punto è proprio riuscire a smettere.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera a tutti! *improvvisa un balletto natalizio (?)*
 
Sono tornata, il mostro è tra voi!
Vi prego, scusate il ritardo, ma è davvero un capitolo lunghissimo!^^
 
Quindi: gran finale, c'è anche una frase liberamente inspirata a Muscle Museum (che spiega un po' il senso della mia scelta per il titolo, nel caso non l'aveste già capito).
 
Ho anche scoperto che devo dirlo, se prendo il nome del capitolo da delle lyrics! *pwo_ non è una ragazza troppo sveglia*
Ehm, il titolo di questa è tratto dall'omonima canzone dei Last Shadow Puppets (Alex Turner e Miles Kane).
È davvero molto bella, ascoltatela, magari, mentre leggete! ^^
 
Grazie davvero a chi ha continuato a recensire puntualmente dedicandomi due minuti, siete super-carine! Grazie anche a  e n d l e s s l y  e ad A li e Linnea, che hanno recensito dall'inizio alla fine!
 
Un grazie anche alle silenziose!
 
Enjoy!
 
pwo_
 
*** *** ***
 
My mistakes were made for you
 
 
Quando ero piccolo capitava spesso che mio fratello Paul mi rompesse i giocattoli, e che io, di tutta risposta, senza protestare o arrabbiarmi, cercassi di aggiustarli a modo mio, conciandoli forse peggio di quanto facesse lui.
 
Da questa piccola, innocente abitudine è nata una grande, invadente mania, quella di cercare di risolvere le cose da solo.
È non è tanto per il tentativo, che andrebbe sempre fatto: è la riuscita, che non è mai delle migliori, o, più spesso, manca proprio del tutto.
 
Devo andare a prendere la Halls alle nove di questa sera.
 
Ho due ore. 
Due ore sono tante, calma, Matt. 
Devi solo aspettare pazientemente che tutto finisca, assecondando il ritmo degli eventi.
 
Entro nel vano doccia lentamente, assaporo ogni momento. Ogni momento che mi avvicina alla conclusione di una parte della mia vita che non sono ancora sicuro di voler lasciare.
 
Apro l'acqua a una temperatura tale da farmi perdere la sensibilità della pelle, bollente.
 
Sorrido alla sensazione di avere il controllo almeno sulla cazzo di acqua della doccia di casa mia.
 
E le gocce sul viso, sulle spalle, su tutto il corpo, e ho la tentazione di leccarle via, e mi mordo il labbro inferiore per sentire il sapore dell'acqua. 
Il profumo familiare del sapone, il ticchettio perpetuo che copre ogni altro rumore.
Le piastrelle inesorabilmente fredde contro la fronte, quando vi appoggio la testa per lasciare che il calore dell'acqua mi morda la nuca.
 
Il mio viaggio sensoriale nella doccia.
Una tradizione.
 
Mi lavo i denti e benedico l'essermi fatto la barba stamattina. 
Pulito, profumato e pronto.
 
Cerco nel cassetto un paio di mutande da mettermi, sorprendendomi a cercarne un paio decente.
Sospiro.
Queste andranno bene.
 
Una maglia momentanea e scendo un sala.
 
"Bentornato, ballerino!"
Ah, ecco cosa mancava alla mia bella giornata.
"Vaffanculo anche tu, Paul."
Il mio strafottente fratello è un tutt'uno con il divano.
"Allora, come ci si sente ad avere finalmente una vita?"
Cerco di non raccogliere la provocazione e abbandono l'idea di guardare la tivù per spostarmi in cucina, sperando di trovare in frigo qualche cosa scaduta per intossicarmi e saltare la serata.
Niente.
 
Mia madre mi saluta con un più cordiale:"Rieccoti, Matthew!"
"Ciaaao..." mugugno in risposta.
"Hai finito di lavarti?"
"Sì."
"Ah, il fiore! Te lo sei ricordato?"
"Mh... eh? Ah, er... sì, sì."
"Sei sicuro di star bene?"
Ma cos'è? La giornata delle domande a raffica?
"Sì, sì, sono solo un po' soprappensiero."
"Mh. Nervoso?"
Oh, Cristo, no, basta!
"No." soffio, e decido che forse è meglio se me ne torno in camera.
 
Ignoro l'irritante risatina soffocata di mio fratello e mi chiudo la porta della stanza alle spalle.
 
Comincio già a vestirmi, svogliatamente, confidando nella possibilità di avere una rarissima allergia agli abiti eleganti che mi causi uno shock anafilattico.
Niente.
 
Accarezzo con le mani ogni centimetro di stoffa, odiandolo, finché non manca solo la cravatta.
E adesso?
 
Non ci posso credere: e ora come faccio?
 
Mi tuffo ancora sul materasso, senza idee e senza voglia di pensare.
 
***
 
Intorno a me, il fumo di tutte le sigarette che ho finito in queste tre ore ha formato una specie di immensa nube.
 
Ho un violento mal di testa già da un po', così mi decido a cambiare posizione sistemandomi prono e con la faccia affondata nella mortale trappola morbida del cuscino, che mi sembra un ottima cura alla depressione.
E pensare che da piccolo volevo pure fare il dottore.
 
Magari se mi addormento con la testa premuta contro il cuscino soffoco. Così non dovrò più incontrare Matt dopo che si sarà fatto quella. Dato che eviterei volentieri.
 
Voglio immaginarmi che cosa stai facendo ora, posso quasi vederti, nei preparativi per una grande serata: la tua.
 
Chissà come ti metterai la cravatta.
 
***
 
"Matthew, il telefono per te!"
Oh, che palle, mia madre che mi chiama dalla sala.
"Chi è?" grido.
"È Dominic!"
Mi precipito giù per le scale, lanciandomi letteralmente sulla cornetta, per la ridicola paura che tu metta giù prima di parlarmi.
 
Mi odio, perché riesci a volermi bene anche dopo che ti ho trattato come un idiota.
 
"P-pronto?"
"Ciao, Matt."
"Ciao, Dom." silenzio:"Er... volevi dirmi qualcosa?"
"Io... Sì, io volevo dirti... tra poco penso di riportarti la felpa che mi avevi dato."
 
La felpa.
Ma chi cazzo se ne frega della felpa!
 
"Ah. Vabé, quella puoi riportarmela anche domani. O in un altro momento." rispondo, gelido.
"Pensavo di portarla stasera. Mentre non ci sei."
 
Mentre non ci sono.
 
Una coltellata.
 
"Come vuoi."
"A che ora esci?"
"Alle nove." anche se spero di morire prima.
"Sarò lì per le nove e mezzo."
"Devi proprio venire stasera?"
 
Ora mi eviti, Dom? Studi i miei orari per non incontrarmi?
 
"Sì."
"Avviso mia madre."
"L'ho già fatto io."
"E allora perché avevi tanta premura di parlarmi?"
"Perché... volevo dirti buona fortuna."
 
Non so se lo fai apposta, Dom, ma sembra quasi che tu abbia trovato il modo di uccidermi lentamente, a distanza.
Il crimine perfetto.
 
"Grazie. Cosa farai stasera?"
"Ti riporterò la felpa."
Molto acuto, Dom.
Cerco solo un pretesto per parlarti ancora.
"Dom?"
"Mh?"
"Come si mette la cravatta?"
Un attimo di silenzio.
"Non metterla. Stai meglio."
 
È proprio tutto finito.
 
"Ci vediamo domani, Dom."
"Domani starò a casa."
"Perché?"
"Ho la febbre."
 
E attacchi.
E mi lasci solo.
 
***
 
Sono in boxer, con solo la tua felpa addosso.
Che squallore, vero, Matt?
 
E mi dà solo l'illusione del tuo profumo addosso, del tuo profumo di pulito e di buono.
 
L'illusione, appunto.
 
Forse dovrei staccarmene e basta, senza pensarci.
 
Alzo la cornetta, il numero lo so a memoria.
 
"Pronto?"
"Er... Sì, pronto, buonasera signora Bellamy, sono Dominic, chiamavo per chiederle se stasera posso riportarle una felpa che mi aveva prestato Matt tempo fa."
Ecco, gliel'ho detto, non ho scampo, ora.
"Beh, certo, Dominic, fai pure. Perché non ti fermi anche a cena?"
"Oh, no, la ringrazio molto ma preferirei tornare a casa, non mi sento molto bene."
"Oh, povero caro! Che malanno ti sei preso?"
Crepacuore.
"Sono solo due o tre linee di febbre, non si preoccupi. Però ci tengo a riportare a Matt la felpa stasera."
"Mh. Certo!"
Adoro il modo in cui la signora Bellamy capisce fin dove può chiedere.
"Vuoi parlare con Matt?"
No, Dom, non ti serve ora: evita, quando puoi.
"Sì, magari, grazie."
Ecco, appunto.
 
"P-pronto?" 
Che bella voce.
"Ciao, Matt."
"Ciao, Dom. Er... volevi dirmi qualcosa?"
"Io... Sì, io volevo dirti..." che ti amo:"Tra poco penso di riportarti la felpa che mi avevi dato."
 
Com'è che era?
Disintossicazione. Forza Dom, un piccolo passo.
 
"Ah. Vabé, quella puoi riportarmela anche domani. O in un altro momento."
 
Come al solito. 
Un attimo mi adori, un attimo mi ignori, secondo i tuoi comodi.
Adesso non vuoi vedermi. Ma di che cosa hai paura? Che ti salti addosso?
 
In questo caso...
"Pensavo di portarla stasera. Mentre non ci sei."
Beccati questa, stronzo.
 
"Come vuoi." 
L'indifferenza nella tua voce mi distrugge ancora una volta.
"A che ora esci?"
No, no, no, Dom, cosa c'entra?
"Alle nove."
"Sarò lì per le nove e mezzo."
"Devi proprio venire stasera?"
 
Cos'è, ora che sai che sono gay hai paura che arrivando ti addobbi la casa con piume e brillantini?
 
"Sì."
"Avviso mia madre."
"L'ho già fatto io."
"E allora perché avevi tanta premura di parlarmi?"
"Perché..." speravo, sadicamente, che tu soffrissi per aver litigato con me:"Volevo dirti buona fortuna."
 
E io mi auguro davvero che questa serata ti vada bene: se io ormai sono alla deriva, sarà meglio che almeno uno dei due si salvi, no?
 
"Grazie. Cosa farai stasera?"
Piangerò per te.
"Ti riporterò la felpa."
E poi piangerò ancora per te.
"Dom?"
"Mh?"
"Come si mette la cravatta?"
 
Così, come se niente fosse.
Ora che ti conviene, di nuovo amici.
 
"Non metterla. Stai meglio."
Oppure potresti legartela al collo, attaccare una pietra dall'altro lato e poi fare un bel tuffo in mare.
 
È proprio tutto finito.
 
"Ci vediamo domani, Dom."
"Domani starò a casa."
"Perché?"
Non voglio vederti.
"Ho la febbre."
 
***
 
Gli ultimi dieci minuti prima di uscire sono uno strazio, non so come impiegare il mio tempo e controllo l'orologio ogni secondo.
 
"Matthew! Non dovresti iniziare ad uscire?"
Eccoci.
"Arrivo."
 
***
 
Quel sole di mia sorella apre la porta della mia camera, risollevando già il mio umore almeno di un pochino.
"Dominic, siamo a tav..." 
Si piega in due e inizia a tossire, senza sosta:"Ma che... che accidenti hai fatto in questa stanza, Dom?" e ancora giù a tossire.
"Cosa?"
"Il fumo!"
"Ah, questo? No, questo non è fumo. È nebbia: ho comprato una macchina per la nebbia. Mi sembrava facesse atmosfera. Non ti piace?"
Riesco a strapparle una risatina divertita:"Dai, scemo, non dirmi che hai fumato a tal punto!"
"E va bene, hai vinto. Non volevo dirtelo, ma ho immolato una capra. Spero non ti dispiaccia."
Un'altra adorabile risata cristallina.
"Ho capito, ho capito! Io non ho visto niente! Scendi, che c'è la cena!"
"Arrivo."
 
***
 
La casa della Halls è la tipica casa di chi si atteggia da gran signore ma non lo è, con i mobili farlocchi, i quadri pacchiani dalle cornici d'oro e i tappeti finti persiani made in China.
 
"Buonasera. Tu devi essere Matthew."
 
Mi accoglie un signore oltre la cinquantina, sul metro e novanta di stazza, con i capelli brizzolati e l'espressione severa più per abitudine che per reale intenzione.
 
"Sì, esatto. Buonasera, signore. Spero..." che sua figlia sia malata e non possa venire al ballo:"Spero di non essere in anticipo."
"Assolutamente, no, ragazzo. Prego, siediti. Mia moglie dovrebbe arrivare a momenti, stava aiutando nostra figlia con i preparativi. Sai com'è, le donne..."
"Certamente, non si preoccupi."
"Oh, vedo che hai deciso di non indossare la cravatta! Bravo, significa che non cedi agli stereotipi dell'eleganza imposti dalla società! Mi piaci!"
Povero me.
 
Hai capito, la Halls? Non c'era bisogno che mi presentassi alle nove, era solo un subdolo trucco per farmi conoscere i suoi.
 
L'incontro forzato con i suoceri.
Ma davvero, ma chi gliel'ha data tutta questa confidenza?
 
La signora Halls, magrissima, vestita fin troppo elegantemente, sui cinquanta, saluta cortesemente:"Oh, ciao, Matthew, è un piacere conoscerti, Rebecca ci ha parlato molto di te."
 
Rebecca?
Aaah, Becky.
 
Sto per affrontare la mia prima volta con una ragazza di cui non so bene neanche il nome.
 
"Ah... davvero?"
"Oh, sì, non sai quant'è eccitata all'idea del ballo! Tu ti sei pienamente ripreso, caro?"
"Er... sì, certo, grazie dell'interessamento, per fortuna non era nulla di grave."
Riprende la parola il marito:"Non so se Rebecca ti ha già detto che stasera partiremo alla volta della Tanzania!"
"Oh, James, ti prego..."
"No, Victoria, non mi interrompere. Cosa sai sulla Tanzania, Matthew?"
"Erm... io..."
 
Con mio enorme sollievo, un rumore di passi proveniente dalla scala ci fa voltare, troncando sul nascere la chiacchierata con il signor Halls.
 
E compare lei.
 
Il vestito di Becky le abbraccia la vita, stringendosi a forma di cuore sul seno e allargandosi leggero verso il basso, fino a coprire metà delle cosce.
Le gambe sono nude, il cinturino dei sandali neri le avvolge le caviglie.
 
Un vestito come altri.
Ma sopra è uno schianto: una collana sottile con un piccolo ciondolo nero, in pendant con il bracciale e gli orecchini, un trucco leggero e una pettinatura semi-raccolta, con i capelli appoggiati sulla spalla destra per rivelare il profondissimo scollo sulla schiena, che arriva quasi fino al sedere.
 
Fa una giravolta su se stessa, per farsi ammirare.
"Er... Wow." è tutto quello che so dire.
Lei abbassa la testa e arrossisce, sorridendo, bellissima.
 
Becky è bellissima, e vederla mozza il fiato.
 
Ma è bellissima come può esserlo uno strumento musicale, un quadro.
Bellissimo, ma non puoi innamorartene.
 
"Er... sei molto elegante, Rebecca."  dice suo padre, cercando di darsi un tono, mentre la moglie, accanto a lui, sorride orgogliosa.
"Grazie, papà."
 
"Bene!" riprende il signor Halls:"Direi che ci siamo! Forza, allora! Andate!"
Porge un cappotto nero alla figlia, aiutandola a indossarlo, per poi rivolgersi a me:"Mi raccomando, ragazzo, trattamela bene."
"Papà!" ride lei.
"Er... Non si preoccupi, signore."
"Bene. Allora buona serata."
 
Ringraziamo e usciamo.
 
Per strada cala l'imbarazzante silenzio che mi aspettavo, ma mentre io me ne preoccupo poco, lei sembra sforzarsi di trovare qualcosa di cui parlare.
 
"Mattie."
"Mh?"
"Allora... a te andrebbe, di... restare da me, stasera?" 
No. Preferirei impiccarmi.
"Certo. Voglio dire, se va bene anche a te..."
"Certo."
 
Silenzio.
Ora tocca a me dire qualcosa, immagino.
 
"Sei molto bella."
Che cosa melensa.
"Ah, er... grazie, anche tu." 
 
"Mattie, ma tu sei inglese?"
No, messicano.
"Er... sì, perché?"
"Hai... non so, come un'accento particolare, il modo in cui pronunci la 'R', fors..."
"Sono di Cambridge, ma non credo che cambi molto." rispondo, seccato.
"Ah, di Cambridge? Davvero? Ma lo sai che a Cambridge c'è l'università che vorrei frequentare? Potremmo frequentarla insieme!"
 
Rabbrividisco al pensiero di trasferirmi in una città dove non ci sei tu e rimango zitto per tutto il resto della passeggiata.
 
***
 
La felpina di Matt peserà pochi etti, ma in questo momento sembra pesare cinquanta chili.
 
Mentre suono alla porta spero che nessuno apra, ma la faccia antipatica di Paul mi accoglie con un freddo:"Ah, Dominic. Ciao. Entra."
"Grazie, ma volevo solo ridarvi..." tendo le braccia con il sacchetto in mano, ma la signora Bellamy fa capolino dalla cucina:"Oh, ciao, Dominic, vieni, ti ho preparato il tè."
Che carina:"Er... grazie, signora."
 
La cucina di Matt è tutta sul giallo scuro, il frigo color metallo e la foto di quando era bambino sullo sportello del freezer.
Mentre la signora Bellamy mi versa il tè inizia a chiacchierare.
 
"Ah, Dominic, volevo ringraziarti per aver aiutato Matthew a scegliere il vestito, probabilmente lui non te l'avrà detto, ma ti è molto grato per questo."
"Oh... non c'è nessun problema, io l'ho fatto volentieri."
"No, sul serio, grazie, stasera era... bellissimo."
 
Stasera?
 
"Sì, gli stava... bene, quell'abito."
 
Lei sorseggia un po' di tè, per poi poggiare lentamente la tazza sul tavolo e incrociare le mani sopra di essa, appoggiandosi sui gomiti.
Oh-oh.
"Ascolta Dominic, io... non vorrei chiedertelo, ma... per caso tu e Matthew avete litigato?"
"Er... noi... sì, abbiamo discusso più volte, ultimamente."
"Mh." annuisce, ed è come suo figlio: una domanda ad argomento, cercando di capirci qualcosa senza approfondire o essere invadente.
"lo l'ho visto strano, in questo periodo, è come se fosse sempre... assente, ecco, non so se mi spiego."
"Io... penso che magari questo possa essere dovuto anche... voglio dire, fortunatamente ha assunto una sola dose, ma..."
"Certo." sorride:"Questo lo penso anch'io, probabilmente si starà solo riprendendo."
"Sì, e poi questa serata, io credo sia molto importante per lui, era molto nervoso anche per questo."
"Questo è poco ma sicuro!" ora sfoggia un sorriso decisamente più sincero:"Non mi ha mai presentato una sua ragazza, prima d'ora, e fatto sta che questa mi piace."
 
Presentato? L'ha portata... qui?
 
"Sì, lei mi piace. Molto. Credo che per Matthew, in un certo qual modo, possa essere... un successo, ecco. E se lo merita." aggiunge, con aria malinconica.
"Già. Mi sembra molto preso." rincaro.
"Sono molto felice per lui."
Io no, e mi odio, per questo.
"Anch'io."
 
***
 
La palestra della scuola è irriconoscibile: addobbi natalizi ovunque, tavoli dalle tovaglie rosse fino a terra, cibo, bevande, casino, luci, musica.
 
Mi sembra di stare in uno di quei film tutti uguali: c'è la ragazzina sfigata brutta come la morte, che però riesce, chissà come, a fidanzarsi con il bello della scuola. Questo la porta alla festa e lei diventa la reginetta del ballo.
 
Io sono la ragazzina sfigata brutta come la morte.
 
Mi avvento sul punch perché vedo in esso l'unica via di scampo al ballare.
 
Per mia fortuna gran parte della serata è dedicata ad altro: le premiazioni per le gare sportive, la presentazione dei vincitori della borsa di studio e la lotteria di natale, in cui vinco un pupazzetto che ho regalato a Becky, con sua enorme gioia.
 
Incontro anche Chris, con cui faccio volentieri due chiacchiere. 
Si congeda con un ambiguo:"Cerca di uscirne, ok, Matt?"
Questo ragazzo sa come mettermi in crisi.
 
Penso ormai di averla scampata, con il ballo, finché non parte Your song di Elton John.
 
Oh, povero me. Ci siamo.
Se non altro i lenti sono facili, basta dondolare un po', no?
 
Becky mi porta le mani sulle spalle, intrecciandole poi dietro alla nuca, sorridendo e guardandomi negli occhi. Io cerco di ricambiare, mentre improvviso un ballo seguendo il ritmo delle note della canzone.
 
"Matt?"
"Mh?"
"Dopo questa mi riaccompagni a casa?"
Qualcuno mi uccida.
"Certo."
 
***
 
A quest'ora tutta la casa dorme. 
Io no.
 
Ho detto a mia madre di non sentirmi bene e che domani non andrò a scuola.
 
E mentre studio il gioco di luci e ombre sul soffitto penso a che cosa stai facendo in questo momento, mi chiedo se hai ancora addosso i vestiti o no, se sei nervoso, e se sei felice.
 
Apro il cassetto, prendo le sigarette e inizio a fumare, fumare, fumare.
 
***
 
Mentre riaccompagno a casa Becky non dico nulla, sono rigido e di malumore e vorrei trovare in fretta una scusa per evitare ciò che mi aspetta.
 
Lei apre la porta, io mi guardo intorno, pensando a quanto sarebbe divertente scappare e lasciarla di stucco.
 
Mi offre da bere e tenta di parlare del più e del meno qualche minuto giusto per non sembrare una disperata, immagino.
 
Ma poi mi prende la mano. E mi porta su per le scale.
 
***
 
Non ho decisamente sonno, ho solo molta nausea, così scendo in cucina cercando di non far rumore, per prendere qualcosa da mangiare.
 
Il dottor Howard consiglia: se hai la nausea, mangia!
No, davvero, meno male che ho abbandonato l'idea di diventare medico.
 
Varcando la soglia perdo trent'anni di vita.
 
"E-Emma, c-che...? Cosa ci fai sveglia a quest'ora?"
Lei si gira di scatto.
"D-Dommie! Er... avevo fame." risatina.
"Anch'io. Gelato?"
Le si allarga un sorriso a trentadue denti.
"Ci sto."
 
***
 
La stanza della Halls è piccola e quadrata, il letto con le coperte rosa, una piccola tv, tutti i mobili dello stesso legno chiaro e decine di oggetti inutili sulle mensole. 
 
Mi chiede di aspettarla un attimo mentre si chiude in bagno a cambiarsi.
Tutto questo pudore improvviso, poi.
"Puoi... puoi toglierti qualche strato, sai?"
Effettivamente.
In casa ci saranno venti gradi e io sono in giacca, rigido come non so cosa.
"Ok." 
 
Si fa aspettare dieci brevissimi minuti, durante i quali alterno il prendermi la testa tra le mani e il cercare possibili metodi efficaci per scappare.
Magari, se creassi una fune con le lenzuola e le coperte, riuscirei a...
 
"Eccomi!"
Cazzo, eccola.
 
Ora indossa un improbabile completino sul rosa, con i calzoncini corti e la canottiera fiorata.
Si è pure sciolta i capelli.
 
Abbozzo un sorriso che non convincerebbe neanche il peggiore degli imbecilli.
"Ma... Mattie, ti senti bene? Sei così pallido..." sussurra, accarezzandomi il viso.
 
"È solo la dipendenza."
Non controllo più quello che dico.
"Oh, Mattie, è stato solo un passo falso, vedrai che ne uscirai, tesoro."
"No. Non accadrà."
"Stai tranquillo." 
 
È l'ultima cosa che dice, è l'ultima cosa che sento, prima che mi baci profondamente e mi spinga all'indietro, stendendosi su di me.
 
***
 
Emma rompe il silenzio dopo qualche secondo passato a giocherellare con il cucchiaino nella coppetta di gelato:"Dom?" 
"Mh?"
"È un brutto periodo?"
"Mh, non è un granché, no."
"È perché Matt non passa più tanto tempo con te?"
"No, quella credo sia una conseguenza."
 
Stai parlando troppo, Dom.
 
"Una conseguenza di cosa?"
Dell'essere gay.
"Dell'essere amici di Matt."
Lei ride:"Cioè?"
"Cioè bisogna accettare le sue stranezze." 
Lo dico cercando di assumere l'espressione più serena che riesco, e la butto sul ridere.
 
Ma da ridere non c'è proprio niente.
 
***
 
Stare in camicia sul balcone ha un non so che di eroico.
Ho chiesto a Becky se potessi fumare in casa, del tipo:'Ma sì, lo chiedo giusto per fare il gentile', ma mi ha detto che se voglio fumare devo uscire.
 
Se non altro credo che possa servirmi.
Il freddo aiuta a pensare in modo lineare e semplice. È anche per questo che mi piace.
 
Ed ecco il mio pensiero lineare e semplice: sono un coglione.
 
Sono un coglione, perché ho fatto sesso per la prima volta con una ragazza di cui ora non saprei dire neanche il colore degli occhi.
 
Sono un coglione, perché mi sono fatto prendere dalla paura di rimanere indietro rispetto a te, e dalla fretta di non essere più l'unico.
 
Sono un coglione, perché farti perdere le staffe sarebbe un'impresa anche per il diavolo, ma io ce l'ho fatta.
 
Sono un coglione, perché dopo tutto quello che ti ho fatto spero ancora che tu soffra per me.
 
E piuttosto che rientrare in quella stanza che sa ancora del mio odore mescolato con il suo preferirei tagliarmi le braccia, ma non ho troppa scelta e torno dentro.
 
Dominic, Dominic, Dominic, Dominic, Dominic.
 
E sono arrivato al punto in cui vedendo che c'è lei, nel letto, e non tu, resto quasi deluso.
 
Mi sveglio alle quattro, dopo aver dormito sì e no un'ora, con la fronte imperlata di sudore e un'ansia paragonabile solo a quella che ho provato l'altro ieri risvegliandomi in ospedale.
 
Prima ancora di poterci pensare sono già in piedi a rivestirmi.
 
Spero di essere in condizioni abbastanza decenti da riuscire ad andare a scuola, domani.
L'ultima cosa di cui ho bisogno è trascorrere un'altra giornata vuota pensando a te, rotolandomi nel letto ed escogitando metodi per suicidarmi.
 
Quando sono pronto cerco carta e penna muovendomi goffamente nel buio.
 
Trovati.
Bene.
 
 
Ciao Halls, 
 
 
Ah, cazzo, è vero che si arrabbia.
 
 
Ciao Becky,
sono tornato a casa.
Ci vediamo domani a scuola.
 
Matt.
 
 
Sembra un telegramma.
Aggiungo riluttante un 'ti amo', così, come toppa, e appoggio il foglietto sul cuscino accanto a lei.
 
La guardo ancora un attimo dormire, ed è carina, magari se tu non ci fossi stato sarebbe stata un mio grande amore.
 
Ma non regge il confronto, sai, Dom?
 
Rientrando in casa la luce è accesa, e trovo mia madre a leggere sulla poltrona della sala.
Quando mi vede sorride.
 
"Oh, ciao, Matthew."
"Mamma... mi stavi aspettando sveglia?" chiedo, turbato.
"Magari! No, non sono stata molto bene, sto aspettando che il tè sia pronto."
"Ah... mi spiace."
"Non importa. Tu, invece? Com'è andata la serata?" 
"Er... Bene, ho visto un po' di gente."
Lei annuisce e sorride, con l'aria stanca di chi non ha dormito.
 
"Ah, dimenticavo, è passato Dominic!"
 
Sorrido al tuo nome.
 
"Sì, er... per la felpa."
"Esatto. Gli ho offerto un tè e abbiamo parlato un po', è stato moto gentile, come al solito. Oh, è pronto, ne vuoi un po'?"
"Eh? No, grazie... Di che cosa avete parlato?" chiedo, fingendo scarso interesse.
"Nulla di che, mi ha detto che è molto contento che tu abbia trovato Becky!" 
Contento tu.
"Nient'altro?"
"Beh, come ho detto è stato carino, mi ha un po' rassicurata riguardo... sai... la cosa dei funghi. Lui dice che hai assunto una sola dose, quindi ti riprenderai senza difficoltà." 
Sorride di nuovo.
 
Fermi tutti.
 
"Cosa? Aspetta... mamma, ti prego, concentrati. Sono le testuali parole? Ha detto una sola dose?"
"Eh? Sì, Matthew, ma..."
"No, ascolta, è importante: ha detto esattamente queste parole? Sei sicura?"
"Assolutamente, ma non capisco..."
 
"Quindi lo sapeva..." sussurro.
"Come, Matthew?"
 
Fisso mia madre, che risponde allo sguardo senza capire:"Matthew? Ti senti bene?"
"Sì. Scusa, devo uscire un attimo."
"Cosa? Ma sei impazzito, dove vai?"
"Se non ritorno sono da Dom!" grido, prima di uscire a passo di carica.
"Ma... Matthew, non puoi uscire a quest'ora! Matthew!"
 
Cerco di fare ordine con le idee.
 
Tu sapevi che io avevo assunto una sola dose, il giorno prima di andare all'ospedale.
 
Ma il foglio te l'ho dato molto prima.
 
Come avrei potuto darti un programma di disintossicazione da una droga prima ancora di prenderla?
 
E magari avevi semplicemente capito tutto, avevi colto la mia dichiarazione, ma poi, per non umiliarmi con un rifiuto, hai fatto finta di credere che fosse tutto per i funghi.
 
Non so quanto mi convenga, ma ormai corro verso casa tua, anche se so che sono le quattro e quarantacinque del mattino, e so che al novantanove per cento mi dirai di non voler avere più nulla a che fare con me, e so che sono pazzo a confidare ancora in quell'uno per cento.
 
Ma è solo colpa mia, dei miei discorsi fatti di sottintesi e della mia vigliaccheria che sfocia in continue azioni senza senso.
 
E mentre corro, con la milza in fiamme, inizio a ridere, aggrappandomi con le unghie a quell'uno per cento e ripensando a tutta questa assurda storia.
 
Arrivo a casa tua sudato fradicio, maledetta giacca elegante, e rimango un po' a fissare la porta senza sapere cosa fare, ma cazzo, sono arrivato fin qui e devo parlarti.
 
Suono, una volta, due, con insistenza, poco importa se sembrerò un bifolco e la famiglia Howard mi odierà per generazioni, devo farlo.
 
Sento avvicinarsi dei passi affrettati, nervosi, e so già che sei tu.
 
Sorrido, anche se so che come minimo mi mollerai un bel pugno.
 
***
 
Quando sento il campanello suonare scatto in piedi, chiedendomi per qualche secondo se davvero c'è qualcuno alla porta o devo farmi curare.
Ero ancora sveglio, nonostante il gelato, nonostante tutto.
 
Un altro suono, un altro, un altro.
 
Scendo le scale alla velocità della luce, perché so che a quest'ora della notte puoi essere solo tu, e perché vorrei evitare che tutta la casa si svegli.
 
E mi sorprendo ad essere molto più ansioso di vederti che arrabbiato.
 
***
 
Spalanchi la porta con un gesto brusco, io ho ancora il fiatone.
 
E sei bello come il mare.
Puoi innamorarti, del mare, ma non verrai mai ricambiato.
 
Parli a bassa voce, ma se potessi grideresti:"Brutto rincoglionito, che cazzo vuoi alle cinque di mattina?"
Come fai ad essere adorabile anche quando mi gridi contro?
"Er... ciao, Dom. Posso entrare?"
L'ho detto davvero?
"No!" rispondi, stridulo, alzando le braccia.
"Er... ok, sì, è giusto. Io volevo... dobbiamo parlare."
 
Ti appoggi allo stipite per qualche secondo, sospirando esasperato, per poi scuotere la testa sconfitto:"Entra."
 
***
 
Saliamo al piano di sopra per arrivare alla porta della mia stanza, ma veniamo bloccati prima da una vocina assonnata:"Dom?"
"Sì, Emma, sono io, c'è Matt."
"Ah, ciao Matt. Eri tu che suonavi alla porta?"
"Er... sì, scusate."
Lei si appoggia il palmo della mano sinistra sull'occhio e sbadiglia.
"Ora vai a dormire."
"Va bene. Chiarite, eh? 'Notte."
 
Io varco la soglia e tu ti chiudi la porta alle spalle.
 
Mi arrampico sul letto, ancora in boxer e maglietta, e mi appoggio con la schiena alla testiera, guardandoti mentre cambi continuamente posizione per il nervosismo, seduto davanti a me.
 
"Allora?"
"Er... io... io devo sapere una cosa."
 
Mi nascondi la tua espressione abbassando lo sguardo, ma ho visto che sei arrossito.
 
"E cosa dovresti sapere?"
"Il... il giorno in cui ti ho dato quel foglio... tu-tu cosa hai pensato?"
Guadagna tempo, Dom, guadagna tempo.
"Cos'ho pensato di cosa? Del foglio?"
"Sì. A cosa pensavi fossero riferite quelle fasi?" 
 
Ora mi guardi dritto negli occhi, e no, non riesco a sostenerlo.
 
"Ai funghi. Alla droga."
"Non è vero."
Mi spiazzi.
"C-come... come sarebbe a dire non è vero?"
"Mia madre mi ha detto che avete parlato, stasera. E che le hai detto di essere sicuro che mi riprenderò, perché ho assunto una sola dose. Una sola."
"E... allora?"
 
Sono le cinque del mattino e non riesco a starti dietro.
 
"E allora, non puoi pensare che il foglio sia riferito ai funghi, se sai che ho assunto una sola dose, e che l'ho assunta il giorno precedente al mio ricovero: perché te l'ho dato prima!"
"Eh?"
"Dom. A cosa pensi. Sia riferito. Quel fottutissimo. Foglio."
 
Non so cosa dire, e l'orario non mi aiuta nel trovare una soluzione.
 
"A me." sussurro veloce.
 
***
 
"A me."
 
Oh. Cazzo.
Ci siamo, ci siamo, ci siamo.
 
"In che... termini?"
 
Mi guardi per un periodo di tempo interminabile, sospiri, ti passi una mano tra i capelli e penso che non me lo svelerai mai.
 
"Dominic!"
"Io... tu volevi liberarti di me."
 
Ho il fiato corto e non so dove iniziare a fare domande.
 
"Sì, ok, ma... in che modo? Cioè perché pensi che mi volessi liberare di te?"
"Bells, ascolta..."
"No, tu ascolta: devo saperlo, ok?"
 
Togli le mie mani dalle tue spalle - quando le ho messe lì? - e ti alzi dal letto.
 
"Matt, tu sei completamente impazzito!" gridi, stridulo:"Pensi di poterti presentare a casa della gente all'ora che vuoi, così, come se niente fosse? E di poter anche dettare le regole? Ma ti rendi conto? Sono le cinque del mattino!"
 
Me ne resto lì, a seguire il tuo sfogo con un'aria colpita che immagino non appaia troppo intelligente.
 
"Er..."
"Cazzo, Matt! Abbi almeno la decenza di dire qualcosa!"
"Er... ok, sì, er... touché?"
 
Tu butti la testa all'indietro, imprecando in silenzio e coprendoti la faccia con le mani:"Ti prego, dammi la forza..."
 
Aspetto in silenzio che tu ti calmi e alla fine mi decido a parlare:"Allora... dettale tu, le regole, ok?"
 
Ti lecchi le labbra e appoggi le mani sui fianchi, e so di averti mandato fuori dalla grazia di Dio, ma devo sapere.
 
"Bene. Io chiedo, ma tu devi dirmi la verità. O impazzisco, capisci?"
"Io... chiedi. Qualsiasi cosa, ok?"
"Ok."
Sospiri.
"A cosa era riferito quel foglio?"
Prendo il coraggio a due mani:"A te."
"Era un piano diviso in fasi per liberarti di me?"
"... Sì."
"Ok. Perché?"
Oh, cazzo.
"Perché...io..."
E dentro di me combattono l'ansia del rifiuto e la disperata speranza di sentirmi dire quello che vorrei sentirmi dire.
"Matt, ti prego."
 
***
 
"Matt, ti prego."
 
Ho paura.
Non ho mai avuto così paura.
 
"Io... ok, te lo dico, però tu devi capire, ok?"
"Ok."
"Bene... er... hai presente, sai, quando... una persona cerca di essere amata, capisci?"
"Ch-che cosa?"
"Sì, allora..."
 
Inizi a fare grossi gesti circolari con le braccia, a guardare fisso davanti a te, come quando cerchi di illustrarmi le 'meraviglie della fisica'.
 
"Allora, hai presente, no, le persone? Loro... loro cercano l'amore, ed è un bisogno infinito, d'amore. E non lo possono trovare, capisci? Perché sono talmente impegnate a... cercarlo, da non riuscire a darne, ok? E quando ci riescono, a trovarlo, allora ci si attaccano con le unghie, con i denti, logorandolo, pur di non lasciarlo andare. E ciò di cui queste persone non si rendono conto è che più cercano di tenersi stretta una persona, più se la lasceranno sfuggire: l'innamoramento è l'ultima... fase, prima di cadere nel baratro, perché quando sopraggiunge l'amore, allora sì, inizia la distruzione dell'altro, e non importa quanto pensi di poter amare, sarà sempre più grande il desiderio di essere amato. È...è il paradosso dell'amore, capisci? È il bisogno più disperato della natura umana mescolato all'egoismo più abietto, quell'egoismo che ti impone di donare a chi ami tutto quello che hai da offrire, ma solo perché hai paura che ti abbandoni, e..." sembri spossato, ma continui:"E... e credi che vada tutto bene, ma poi vedi tutto ciò che... che hai bramato con tutto il tuo cuore distruggersi, sgretolarsi, e quando te ne rendi conto realizzi che è solo colpa tua, e cerchi di rimettere a posto quello che hai fatto, allora sai che è troppo tardi e che...è stato tutto inutile! È...stato tutto inutile."
 
Mi osservi, ora, per registrare qualsiasi mia reazione, ma ancora una volta non so cosa dire.
 
"E...e perché mi stai dicendo questo, ora?"
"Perché...io sono come una di quelle persone, Dom. E quando mi sono reso conto che una cosa del genere avrebbe potuto solo...allontanarti da me, io...all'idea che tu potessi lasciarmi per qualcun altro...credo di aver perso la testa, tutto qui."
 
Non posso aver capito male.
Possibile che...?
 
"Tu ti eri...?"
"... Io posso fingere che non sia successo nulla, Dom, e sarò solo...il tuo amico Bells, ma...capisci, ora?"
"A te...non fa schifo che io...?"
 
Ora mi guardi attonito:"Ch-che tu...?"
"Io...pensavo che tu volessi...allontanarti da me perché ti infastidiva il fatto che io..."
"Che tu...? Dom?"
"Dammi un attimo."
 
***
 
"Dammi un attimo."
 
Sparisci in bagno, mentre io ripercorro tutte le frasi che ho detto, terrorizzato all'idea di aver sbagliato a dire qualcosa.
 
Dopo cinque minuti interminabili non sei ancora tornato.
"Dom?"
 
Ricompari, con l'aria sconvolta di chi ha appena ricevuto una notizia terribile.
 
"Matt, sei gay?"
 
Che cos...?
 
"Ch-che...woah, woah, woah, frena, frena. Ora non esageriamo, non è che ora mi piaci tu e allora sono gay."
"Co-cosa hai detto?"
 
Oh, cazzo. Non l'aveva capito?
 
"No-non avevi capito?"
"S-sì, però, insomma, così..."
"E...cosa...cosa ne pensi?"
"Io...penso sia...ok."
"Ok? Come sarebbe a dire ok?"
"Er...io pensavo che tu avessi scoperto che insomma, io...sono..."
"G-gay?"
"Er...s-sì. Credo. Pensavo che ti fossi allontanato per questo."
"Ah. Er...ok. Quindi che...che si fa?"
"Non so, io...vuoi restare da me?"
"Er, sì, magari. Posso?"
"Sì, certo."
 
Silenzio imbarazzato.
 
***
 
"Io...dovrei farmi una doccia."
"Immagino."
 
Non mi guardi, ma sfoggi un'espressione sarcastica che non dimenticherò mai. 
 
"Ok. Allora vado."
"Sai dove sono i boxer e una maglia."
"Ah, sì, giusto, grazie."
 
***
 
Ti muovi verso la porta per andare in bagno, ma quando tocchi la maniglia ti blocchi.
 
Ancora di spalle, sussurri:"Se ti può consolare, non è stato niente di memorabile. Con la Halls, dico."
 
Dentro di me esulto, ma tu questo non lo dovrai mai sapere.
 
***
 
Al mio ritorno profumo del tuo doccia schiuma, del tuo shampoo, dei tuoi vestiti.
 
Credo di essermi perso qualcosa nel mio viaggio sensoriale della doccia, perché ti ritrovo addormentato a pancia in giù, con le gambe messe una sopra all'altra a formare una specie di quattro e le braccia a stringerti il cuscino contro la pancia.
 
Eccoti lì. 
 
Mi stendo accanto a te, come ho fatto tante volte, in passato, ma oggi è diverso.
 
Spengo la luce e lascio che il buio avvolga la nostra piccola, nuova realtà.
 
***
 
Mi sveglio a causa di qualcosa, o qualcuno, che mi scuote leggermente.
 
"Dom."
Un sussurro.
"Dom! Svegliati!"
 
Sì, arrivo.
Cinque minuti.
 
"Nghhhmm..."
"Dom, svegliati."
"Ghmmm..." occhiata veloce alla sveglia luminosa:"Matt, sono le sette del mattino, che cosa vuoi, ancora?"
"Er...volevo chiederti se sei comodo così o vuoi un altro cuscino."
 
Apro coraggiosamente gli occhi e metto a fuoco.
 
Sei chino su di me, con un cuscino tra le braccia e la tua miglior faccia da 'Ciao-sono-Matt-il-tuo-amico-di-due-anni'.
 
Quanta pazienza.
 
"Matt" spiego, lentamente:"Stavo dormendo benissimo, perché dovrei aver bisogno di un cuscino?"
"Er...non lo so."
 
Sospiro. Quanto ti conosco.
 
Mi sollevo seduto, in modalità amico-paziente.
 
"Ok. Qual è il problema, ora? Cos'è che non ti torna?"
Ridi, quella risata da elfo, diavolo, o non so cosa.
"Beccato! Er..."
"Cos'è? Sei turbato perché sei 'uscito dal programma' e non sai spiegarlo scientificamente?"
"Er...sì ma non importa è stupido dormi." rispondi veloce, senza pause e intonazione, lo fai quando ti senti scoperto.
 
Sorrido, perché vorrei arrabbiarmi, ma è impossibile, proprio non posso farlo.
 
"Matt."
"Mh?"
"È tutto dentro gli schemi: avevi solo tralasciato l'ultimo punto della lista."
"L'ultimo...punto?"
"La ricaduta, Matt. Avevi dimenticato ricaduta."
 
E non rispondi, ma giurerei di averti visto sorridere sollevato, prima di riaddormentarti.
 
*** *** ***
 
...
 
Uff, non sapete che sofferenza, non potervi rassicurare dicendo:"No, no, tranquille, finisce bene!" ^^
 
Eccomi qui. Che dire? ^^
Spero tanto che questa storiella vi sia piaciuta e che vi abbia distratto almeno un pochino nei giorni no.
 
Spero anche che il vostro sia stato un natale felice.
 
Un grande, grande bacio.
Spero di rivedervi con la prossima cosina che scriverò!
 
Ci vediamo l'anno prossimo! (Ahah. Battuta.)
 
Grazie ancora! ^^
 
pwo_
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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