Grazie, Amantha, per i tuoi incoraggiamenti. Sì, Carol tiene
molto a quel negozio. E' un personaggio complesso, che a prima vista potrebbe
essere giudicato male.
Grazie Melisanna, sono felice che continui a seguirmi ed a consigliarmi. Ho fatto le modifiche che mi hai suggerito al disegno di Pao Chai. Se hai suggerimenti anche per il testo, sono sempre in tempo a modificarlo e ricaricarlo. Attendo con impazienza il tuo prossimo capitolo. Grazie, Fruittella. La tua recensione è benvenuta. I miei disegni... beh, se i disegnatori della Disney fossero lenti come me, uscirebbe un numero al secolo, non uno al mese. Grazie anche a kb_ master per i suoi suggerimenti. Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3 Questo capitolo è stato un po' sofferto. Racconta un po' dell'organizzazione del lavoro delle gocce, ed ho faticato un po' per non renderlo solo descrittivo. Spero di esserci riuscito. Se così non fosse, il prossimo capitolo racconterà dell'iniziazione delle gocce ai poteri magici, e credo che risulterà più emozionante. |
PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima . Poco dopo, Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni. Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata. La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda. Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian. Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui, in una zona residenziale vicino all'università. |
cap.18
Modi di immaginare
Midgale, cucina delle gocce
Qualcuno crede che i sogni raccontati prima di colazione siano destinati
ad avverarsi.
Altri credono che ogni ricordo dei sogni svanisca dopo il primo sguardo
fuori dalla finestra.
Questa mattina Therese osserva il suo riflesso nella tazza del caffelatte,
cercando di decidere cosa fare prima.
“Terry, hai per caso visto un insetto che nuota?”, chiede Irene sospettosa.
“Eh? No, scusa, la tua colazione è buonissima, come al solito”.
Abbozza un sorriso assonnato. “Stavo solo pensando”.
Irene sembra delusa. “Allora, se non è neppure lì, vuol
proprio dire che mi è sfuggito!”, bofonchia a denti stretti.
Therese torna a guardare il caffelatte con occhi diversi. Lo appoggia
sul tavolo.
“Niente più fame?”, chiede Irene delusa.
“Non tanta”, risponde con un sorrisino di scusa. Meglio cambiare
discorso. “Questa notte ho fatto un sogno. Elyon era luminosa come
uno spettro, e ci preannunciava un cambiamento. Un salto di qualità”.
“Salto… spero che non sia un nuovo esercizio ginnico. Mi distruggono.”
Wanda entra in cucina, ancora con i capelli bagnati. “Cosa c’è
di buono stamattina?”.
Therese le allunga la sua tazza. “Toh, prendi pure la mia. Non l’ho
toccata”.
Entra anche Vera. “Ciao ragazze. Come va stamattina?”.
Irene propone, con il miglior sorriso che le riesce alle otto e trenta:
“Ragazze, andiamo a ballare al Black Cat stasera?”.
Carol entra in cucina con passo da indossatrice. “Ragazze, purtroppo
io ho già un impegno privato. Magari domani…”.
Irene sembra affranta. “Peccato, saremo solo in cinque”. Una piega
della bocca tradisce il suo vero pensiero: quando lei è in gruppo
con Carol, i maschietti la considerano solo come un ripiego.
Vera alza gli occhi dalla tazza. “In quattro, temo. Questa sera mi
vedrò con Elyon ad Heatherfield”.
“Elyon?”. Che ricordi… Carol non ha mai perso la nostalgia per
la sua amica di una volta. “Vera, perché non la inviti a uscire
con noi qualche serata?”. Poi si risponde da sola, con amarezza: vicino
a loro, Elyon sembrerebbe la sorellina portata dietro per non lasciarla
sola a casa di sera.
Midgale, soggiorno delle Gocce
Pochi minuti dopo, hanno preso tutte posto attorno al tavolone circolare
del soggiorno.
Irene si guarda attorno, e sussurra a Wanda, seduta tra lei e Vera:
“Non ti ricorda re Artù ed i cavalieri della tavola Rotonda?”.
Con la coda dell’occhio, vede uno sguardo condiscendente calarle giù
dalla sua sinistra.
“Brava Irene”, le sorride Carol dall’alto. “Tu sì che sai fare
delle battute imprevedibili”.
La ricerca di una risposta arguta è interrotta da Vera:
“Ragazze, ora dobbiamo cominciare a parlare di cose serie”.
Osserva le facce delle compagne farsi più attente.
“Vi ho presentate come studentesse universitarie. Quella sarà
la copertura ideale per fare ricerche, ed avere libertà di movimento.
Inoltre avremo accesso a molte persone e molte biblioteche che ci interessano”.
Irene inarca il sopracciglio. A lei interessano molto le persone in
generale, e gli studenti maschi in particolare, ma le biblioteche…
“Chi sono queste persone?”, chiede Wanda.
“Saranno esperti in vari campi. Sarete voi stesse ad indicarmi i loro
nomi”.
Tutte le gocce si guardano dubbiose. Therese parla per tutte: “Dovremo
dare esami?”.
“Non è indispensabile. Ripeto: è una copertura”. Vera
vede le compagne farsi più distese. “Non preoccupatevi per i documenti
scolastici: ci penserò io”.
Qualcosa nello sguardo di Therese fa sospettare che prenderebbe volentieri
molto sul serio quella copertura. “Hai già pensato a quale facoltà
ci iscriveremo?”.
“Ho una mezza idea”, risponde Vera sfogliando un notes che nessuna
aveva notato prima. “E’ meglio spaziare in diversi campi”. Alza gli occhi
verso la ragazza seduta dall’altra parte del tavolone. “Carol, che ne diresti
di impersonare una studentessa di medicina?”.
“Medicina?”. Carol pensa un attimo. Dottoressa Carol Hair… mi suona.
“Va bene. Un tema vale l’altro”.
Vera sposta lo sguardo sulla grande cuoca.
“Irene, pensavo di iscriverti alla facoltà di agraria”.
“Bene”, sbuffa Irene. “Così, ora che so qual è il mio
campo, potrò anche coltivarlo”.
“Dai, Polpetta, pensa a tutti i bei contadini che troverai lì!”,
la inchioda Carol con una pacchetta.
Guardando la ragazza cinese, si accorge di uno strano sguardo di attesa.
“Pao Chai, io ti vedrei bene a fare ingegneria civile”.
“Non ingegneria, ARCHITETTURA! Ti prego, l’architettura è la
mia grande passione!”. Congiunge le mani e sfodera un larghissimo sorriso
di supplica.
“Davvero? Non lo avrei mai sospettato…”
“Aspetta”, dice Pao alzandosi in piedi. “Voglio mostrarti qualcosa”.
Si dirige a passo lungo verso l’appartamento di fronte.
Vera guarda interrogativa le compagne. “Cosa…”
“Forse vuole mostrarti i suoi disegni”, spiega Terry.
“E’ la sua passione quasi segreta”, aggiunge Irene. “Pao disegna scorci
di un luogo fantastico”.
“E’ una città di sua fantasia, che ha chiamato Shangri-La”.
Il sorriso di Terry fa intuire l’orgoglio di saperne, del sogno di
Pao, un po’ più delle altre.
“Passa così il suo tempo libero”. Negli occhi di Carol passa
un lampo di tristezza e rimpianto.
“Qualche volta la abbiamo presa in giro”, confessa Irene, “ma dobbiamo
ammettere che disegna in modo stupendo”.
Pao Chai rientra nella stanza a passo veloce, con le mani ingombrate
da due cartelline ed un grande sorriso di speranza.
Wanda le lascia il posto accanto a Vera.
L’artista apre la prima cartellina, e ne sfila il primo foglio.
Disegnato a matita, su un comune foglio da fotocopie, c’è un
maestoso palazzo, costruito su una rupe con la quale si fonde perfettamente.
“E poi questo”. Gli occhi le brillano d’orgoglio quando porge il secondo
disegno, una vista di una fila di edifici su una rupe; in quello più
a sinistra si riconosce lo stesso palazzo del foglio precedente. Tra questi
si apre uno sbocco da cui sgorga una piccola ma altissima cascata, che
si perde verso il basso. Sopra i palazzi, altri edifici fanno capolino,
definendo una città intera costruita ai piedi di una vetta che sparisce
tra le nuvole.
I fogli successivi mostrano sempre nuove viste degli edifici e della
città, tutte ben coerenti tra di loro.
“Stai vedendo la città di Shangri-La. Una mia piccola fantasia”,
sorride Pao orgogliosa.
“Piccola fantasia…”, ripete Vera stupita. “Sono disegni splendidi,
e coerenti. E’ bellissimo!”.
“E’ un hobby, Vera. Il mio hobby”. Riguarda orgogliosa i suoi lavori.
Finita la prima cartella, comincia rapita a sfogliare la seconda. “Ecco,
questo è il palazzo del governatore …gli interni…”. Pao continua
orgogliosa a mostrare il suo lavoro, e comincia a spiegare nei dettagli
tutto ciò che nostra. Nessuno osa interromperla. Si capisce che
le altre avevano sbirciato quei disegni solo di sfuggita, ed ora contemplano
affascinate il piccolo mondo in cui Pao si rifugia quando può.
Dopo avere parlato a lungo quasi senza interruzioni, Pao ripone con
un’occhiata d’amore l’ultimo foglio. “Allora, non pensi che potrei diventare
un buon architetto?”. Scruta speranzosa lo sguardo di Vera.
“Ma… Pao, veramente per noi l’ingegneria è più importante.
Abbiamo bisogno di informazioni su tecniche di costruzione molto particolari…”
Pao inizia ad agitarsi. “Ma gli architetti sanno fare anche questo!
O almeno, io imparerò a farlo”.
“Per le nostre ricerche, la facoltà di ingegneria…”.
“TI PREGO!”. Poi, guardandola imbronciata: “Non vorrai che sia infelice
per tutta la vita?”. Guarda le sue amiche per cercarne l’appoggio. Vede
solo sguardi imbarazzati.
“Ma…”
“TI PREEEGOOO!”.
Ma sono vere quelle lacrime?
“Mi arrendo, Pao. Iscriviti pure ad architettura. Tanto, servirà
solo come copertura. Niente vi impedirà di muovervi tra una facoltà
e l’altra”.
“Grazie”. Fa un buffo inchino, tira su il naso, poi inizia, trionfante,
a reinserire con cura i suoi disegni nelle cartelline.
Vera studia le altre, a partire dalla sua sinistra. “Wanda, tu hai preferenze
particolari?”.
Speriamo di no.
La ragazza scrolla le spalle. “Io sono stata un’atleta e una lottatrice.
Hai qualcosa di attinente?”.
Vera scuote la testa. “No, mi dispiace”. Cerca di scrutare dentro di
lei dalle sue pupille. Purtroppo, non vede niente che si adatti agli argomenti
che ha da proporle. “Che ne dici di ingegneria elettrica?”.
Wanda assente. “Basta che non mi chiedi di far parlare gli elettrodomestici.
Will lo sapeva fare, io no”.
Si volta verso l’ultima, alla sua destra. “Terry, a questo punto la
nostra priorità successiva è l’informatica”.
“Se non c’ è scelta…”, acconsente questa. “Non riesco a piangere
così bene come Pao”.
Il lieve rossore sul viso della cinesina fa capire che la frecciata
è andata a segno.
“Bene, ragazze”, riprende Vera. “Queste sono le coperture. In realtà,
il vostro compito è raccogliere informazioni su alcuni progetti
prioritari. Carol…”.
“Sì…”
“Tu ti interessi di psicologia spicciola, vero? Programmazione neurolinguistica,
comunicazione non verbale e trucchetti vari per manipolare la gente?”.
“Ho letto qualche articolo su riviste di attualità, tutto qui”,
risponde Carol, sforzandosi di apparire disinvolta mentre la fronte le
si imperla. Ha sempre nascosto alle amiche questo suo interesse, per buone
ragioni.
“Bene, forse ti piacerà il tuo tema. La localizzazione cerebrale
delle funzioni mentali”.
“Ma… non vedo l’attinenza. E poi, forse mi hai preso per una scienziata?”.
“Credimi, scoprirai presto l’attinenza. E poi non serve molto: basta
che raccogli qualche articolo per farti un’idea, e poi che identifichi
i più grandi esperti. Cerca di entrare in contatto con loro con
qualche scusa”.
Carol sorride. “Facile”. Almeno l’ultima parte.
Guarda Irene. “Il tuo primo tema riguarderà la modernizzazione
delle pratiche agrarie nei paesi arretrati del terzo mondo”. Le porge un
appunto.
“Terzo mondo? Terra, Meridian … qual è il terzo?”
Sta scherzando, cerca di convincersi Vera. Continua con un sospiro:
“L’agricoltura nel metamondo segue ancora pratiche medievali. Cerchiamo
idee realistiche per migliorarla”.
“Affascinante”, risponde Irene con il tono di chi preferirebbe tornare
nella sua cucina a spadellare.
“Ah”, aggiunge Vera, “anche tu dovresti individuare degli esperti.
Gente pratica”.
Irene fa un sorrisino rassegnato. “Contadini, insomma. Campi, mucche…”.
Carol interviene graziosamente. “Sono certa che farai colpo su di loro”.
La ricambia con un’occhiata sorta. “Perché preferiscono le mucche
alle giraffe?”.
“Pao Chai, il tuo tema saranno le tecniche di prefabbricazione degli
edifici”. Questa volta deve accontentarsi. Deve!
Alcuni pensieri sono come urli. “Va bene”, risponde Pao un po’ spaventata,
smettendo per un attimo di scarabocchiare sul suo blocco.
“Wanda”, le porge un foglio già scritto. “Il tuo primo tema saranno
i sistemi di allarme di ogni genere”.
“Interessante”, commenta scorrendo l’appunto. “Volete installare allarmi
nel castello?”.
“Ci sono già”, sorride Vera. “Ci servirà per il nostro
lavoro qui a Midgale”.
Manca solo la ragazza alla sua destra. “Terry, il tuo compito è
trovare degli esperti sulla programmazione dei videogiochi”.
Sguardi increduli. “Videogiochi?”. “Abbiamo capito bene?”
“Va bene. Ma perché vi interessano tanto i videogiochi?”, chiede
la mulatta afferrando il foglio che le viene porto.
“Ragazze, qualche volta la realtà si conforma alla fantasia”,
risponde Vera ispirata. “Ho un’idea grandiosa su come si potranno usare
quegli aggeggi nel metamondo, ma non chiedetemi di spiegarla ora”.
Lo sguardo di Wanda si accende. “Andremo a Meridian?”.
Vera scuote la testa. “Per ora non è previsto. Le informazioni
che cerchiamo sono qui, sulla Terra”.
Carol tossicchia. “Vera, è meglio dirti una cosa. Io vorrei restare
a lavorare, almeno part time, nel negozio. No, non fraintendermi. Quello
che proponi mi … interessa, non voglio tirarmi indietro. Lavorerò
la sera, se necessario. Però ho molti contatti attraverso il negozio,
e non voglio lasciarli”.
“Contatti?”. Lo sguardo di Vera si aggrotta. “ Non è che metterai
in pericolo la segretezza di quanto facciamo? Una confidenza… magari potresti
cadere in contraddizione, e destare sospetti…”.
“Tradirmi come una sciocca?”. Carol le sorride sicura. “No, tranquilla!
Non io!”.
“Vera, si può presentare un problema”. Tutti gli sguardi si volgono
verso Terry. “Fino a sei mesi fa, noi eravamo allieve del terzo e quarto
anno di un istituto comprensivo. Alcune di noi frequentavano ragazzi del
settimo anno. E’ possibilissimo che li rincontriamo all’università
e ci riconoscano. Come potremo spiegare la nostra presenza lì?”.
“Eh, già…”, fa eco Irene. “Jerry, Robert…”
“Non serve che ci elenchi tutte le tue conquiste, polpetta”, sferza
Carol. “Ci saranno almeno trenta ex compagni in grado di riconoscerci,
e dopo l’estate saranno il doppio”.
Vera le guarda. Non c’è speranza che quelle ragazze passino
inosservate. “Bisognerà pensare ad una buona risposta. Magari un
‘ti ricordi male’, ma dovrà essere detto in un modo… molto convincente”.
Sorride sorniona. Quel ‘molto convincente ’ ha un significato
ben preciso per lei.
“Per curiosità, Vera…”, chiede Wanda, “… tu ti limiti a supervisionare,
o hai un tema di ricerca tutto tuo?”.
Vera esita a rispondere. “Il mio è un tema molto libero. Io
ragiono come Elyon, so quello che sa lei, e riconoscerò subito ciò
che le può dare delle idee nuove”.
“Idee nuove… su come modernizzare Meridian?”, azzarda Wanda.
“Anche. Ma, soprattutto, cerco … modi di immaginare”.
Sguardi perplessi. Terry parla per tutte: “Modi di immaginare che cosa,
se possiamo?”.
Vera esita, cercando le parole. “Voi tutte avete visto qualcosa
che avete riconosciuto come innaturale. La creazione del denaro, per esempio”.
Guarda loro, poi guarda il notes davanti a sé. La copertina
si solleva, si girano alcuni fogli scarabocchiati fino a trovarne uno bianco,
sul quale compare, davanti ai loro occhi, un buon ritratto a matita di
Elyon. “O questo”.
Guarda nuovamente le gocce sbalordite. “Ora, per fare queste cose servono
poteri, ma non solo. Cos’altro serve?”.
“….”.
Riprende: “Ve lo dico io. Serve una rappresentazione del risultato.
Una rappresentazione visiva, uditiva o cinestesica”.
Dopo un attimo di silenzio, Irene azzarda: “Cosa significa cinestesica?”.
E’ Carol a rispondere. “Significa intuizione dei propri movimenti o
delle sensazioni interne”.
“Brava, Carol”, conferma Vera. “Avendo potere sulla materia, uno può
realizzare ciò che può immaginare. Avvenimenti, oggetti,
ed anche persone”.
Le gocce assentono. Non hanno bisogno di esempi.
“Se vogliamo creare qualcosa, possiamo scegliere un modello a portata
di mano, anche senza immaginare la struttura interna. Vengono fuori copie
perfette”.
“Come eravamo noi”, commenta ancora Carol.
“Facciamo un passo in più. Quando si copia la persona, non ci
sono grosse difficoltà a immaginarla un po’ diversa”.
“Come te”.
“Giusto. Però queste modifiche sono superficiali. Non si estendono
all’interno delle cellule, non coinvolgono il DNA”.
Sguardi persi. Dove vuole arrivare?
“Per esempio, Carol, i tuoi figli non erediteranno la tua statura,
ma quella di Cornelia”.
“Si potranno accontentare”. Poi, con una punta di ripicca: “E i tuoi,
quella di Elyon”.
“Verissimo”, sorride amabilmente Vera. Se era una provocazione, non
la ha raccolta.
“E perché non si può modificare il DNA?” chiede Carol.
“Un po’ perché ne sappiamo troppo poco, ma soprattutto perché
non ne esiste una rappresentazione sensoriale”.
“Cioè perché non puoi vederlo e toccarlo?”
“Sì. I disegni dei libri non bastano. Mostrano file di pallini
colorati o letterine. Però i veri atomi, le vere molecole non sono
pallini e letterine”.
Carol è attentissima. “E quindi…”
“E quindi… boh! Spero in qualche colpo di genio”. Vera guarda verso
l’alto, come se cercasse un’illuminazione dal lampadario. “Potrebbe trovarsi
in un videogioco, in una rivista, in un quadro…”.
“O in un sogno”, aggiunge Terry, adocchiando lo schizzo di sei farfalle
disposte ad esagono che sta nascendo dalla matita di Pao Chai.
“Mal che vada”, conclude la cinesina, “troverai delle bellissime ispirazioni
per dei dipinti astratti”.
Heatherfield, pizzeria On the river
La vista dalla vetrata è incantevole. In direzione del mare,
i palazzi sono illuminati dalla luce aranciata del tramonto, mentre lunghe
ombre blu cominciano lentamente ad arrampicarsi sulle loro facciate. Dalla
parte opposta, le sagome degli edifici spiccano scure contro un orizzonte
orlato da nuvole viola e cremisi. Qualche edificio ha già le lampade
accese, ma bisognerà aspettare ancora più di un’ora perché
la città spicchi in tutta la sua gloria di luci contro un cielo
blu inchiostro.
Elyon, seduta ad un tavolino, è ben decisa a non perdere nessuna
fase del miracolo quotidiano della sera. Dentro di sé, prende appunti
sui colori ed i contrasti. Sa che un giorno dipingerà un quadro
della sua vista preferita che sarà il primo di un’intera serie,
e sa che quel giorno sarà un mercoledì, però non ha
idea se in questo secolo o nel prossimo.
La voce del cameriere la distoglie dalla contemplazione. “La signorina
vuole ordinare?”.
“Tra poco, aspetto una… Ah, eccola là”.
Dall’ingresso fa capolino un viso conosciuto.
“Vera, sono qua”, dice Elyon agitando la mano.
L’ha vista. Le viene incontro sorridente. “Ciao Ellie, è bello
vederti”.
“Carissima… mi sto godendo la vista. E’ il mio locale preferito fin
da bambina”.
“Mi ricordo. Le pizze qui…”.
“Ahem”, si schiarisce il cameriere. “Le signorine ordinano subito,
o devo ritornare?”
“Subito”, risponde Vera sicura. “Due pizze margherite e due aranciate.
Ho azzeccato, Ellie?”.
“Perfetto”, assente l’altra, scoccando brevi occhiate all’evoluzione
del tramonto. “Gira anche tu la sedia verso la vetrata. Non perdiamoci
un attimo di questa bellezza”.
Le due tacciono per un attimo. Poi Vera butta lì: “Come ti va
a Meridian?”.
“Direi bene, ma sempre sotto pressione. Sto cercando di non mancare
agli impegni”.
“Ti piace?”
“E’ il mio dovere. E poi, da quando non perdo più il filo, le
cose hanno acquisito un senso che prima non vedevo”. Si volta un attimo.
“ E poi, leggo i testi antichi”.
“Con quella biblioteca unica, Ellie, sarà una scoperta
continua”.
Assente pensierosa. “Ci sono alcune cose troppo grandi. Qualche volta
sento il rimpianto di Irma e Cornelia che bisticciano”.
“Ed allora vieni da noi. Carol e Irene non sono diverse”.
“Cornelia è una roccia. Le allusioni di Irma le scivolano via”.
Elyon si fa più triste. “A me, invece, fanno malissimo, e mi tocca
fare buon viso a cattivo gioco per non peggiorare le cose”.
“Irma dovrebbe imparare molto dalla vita”, risponde risentita Vera,
“A partire dal non spiare la gente dalle finestre”.
“Non prendertela”. Elyon scrolla le spalle. “In fondo aveva ragione
su tutta la linea”. Poi sorride nuovamente. “E poi, cos’è questa
ostilità improvvisa per le spie? Anche voi…”.
Vera la interrompe ammiccando. Non parliamone. Non qui.
Elyon fa un impercettibile cenno di assenso. “E tu?”.
“Io forse sono più fortunata di te. Ieri abbiamo traslocato,
oggi abbiamo cominciato ad organizzare il lavoro, e con i bisticci delle
due aspiranti prime donne non sentiamo il bisogno della televisione”.
Elyon non perde di vista il tramonto. Fa un cenno di fastidio quando
le luci di sala vengono accese, sovrapponendo una invasione di dischi volanti
luminosi al cielo che sta virando verso un blu bellissimo.
“Peccato” dice Vera. “Vuoi che andiamo ad attendere qui fuori, sul
balcone?”.
“Si, grazie”. Si alzano, Elyon solleva un dito ed immediatamente il
cameriere, che le dava la schiena, si volta verso di lei. “Cameriere, andiamo
lì fuori”.
Riprendono il discorso, appoggiate alla ringhiera.
“Vera, a loro piace?”
“Volevo parlartene. Non tutte sembrano entusiaste. Qualcuna pensa di
non essere all’altezza, o che possa essere troppo scolastico. Insomma,
vorrei dargli un’iniezione di entusiasmo”. Abbassa la voce. “Inoltre, Ellie,
c’è il rischio che incontrino chi le può riconoscere”.
“Così vuoi anticipare l’inizio del loro addestramento ai poteri
psichici?”.
“Esatto. Se sei d’accordo, potrei cominciare domani stesso”.
“Va bene domani”. Elyon si volta verso di lei. “Ma sarò
io stessa ad iniziarle”.
“Ma… posso farlo da sola”.
“Ci tengo. Mi libererò dagli impegni. Poi, potrai continuare
tu”.
“Come vuoi…”, risponde Vera più mogia.
Un alito di vento fresco ricorda che la sera sta lentamente sfumando
nella notte.