Ripresosi dal quel
diabolico sermone Ron si rimise in cammino. Doveva controllare l’andamento del
suo piano. In ogni corridoio vi erano trappole scattate o no. Decine di persone
penzolavano dal soffitto come palline da albero di natale. Harry aveva fatto
proprio un bel lavoro. Gazza era impegnato nel cercare di tirare giù quei
poveri malcapitati. Ma, naturalmente, come si confà ad una scuola di pazzi, non
usava metodi cosiddetti comuni: lanciava in alto Mrs. Purr che con i suoi
artigli doveva cercare di tagliare le corde delle trappole. Al che, anche chi
veniva salvato, ne usciva distrutto e pieno di graffi. Hermione, nel frattempo,
non potendo non dimostrare la sua abilità anche in quel campo, si era messa in
competizione col bidello lanciando in aria il povero Grattastinchi, che cercava
disperatamente di sfuggire alla mostruosa padrona aggrappandosi al muro, ma
come unico risultato fu quello di lasciare profondi solchi nella parete che
sicuramente Harry avrebbe giudicato un eccellente opera di art noveux di stile
neo-barocco-gotico-imperiale, senza tralasciare qualche tratto di esotico stile
indo-venezuelano.
Il rosso intanto
passeggiava sotto quegli originali caliginosi lampadari e li osservava ad uno ad uno per rintracciare
qualcuno dei ricercati. Nella mente continuava a congratularsi con Harry, che
era sicuramente un folle, ma quando ci si metteva riusciva benissimo nelle
cose; e con se stesso, che abilmente aveva convinto il teppistello ad
assecondarlo nel suo piano.
Ma nessuno degli insaccati
pareva essere uno dei suoi uomini ( o delle sue donne, non vorrei essere
additato come maschilista J), poi improvvisamente voltò un angolo per
immergersi di nuovo in un altro corridoio e vi trovò loro. Naturalmente non
stavano lì a parlare o fare azioni da normali maghi. Godric bendato e armato
con un lungo bastone stava cercando di prendere a botte uno dei poveri ragazzi
che era caduto nella trappola. Gli altri lo incitavano, chi cercava di guidarlo
nella direzione giusta, chi nella direzione sbagliata. Poi un colpo sballato,
il malcapitato pendolante era ancora illeso, ma il bastone andò a impattare
contro la faccia di Salzar Serpeverde che si sdraiò a terra privo di sensi per
la seconda volta in un paio di ore.
“Fermi!!!” gridando Ron
gli corse incontro “Non è un albero della cuccagna quello!!!”
Godric sfoderò un sorriso
innocente e cercò di nascondere dietro la schiena il bastone, peccato che fosse
lungo più di due metri e spuntasse sopra la sua testa. Il rossino fece finta di
niente. Quelli erano dei pazzi patentati, era meglio lasciar perdere, non ci
sarebbe stato nulla da fare.
“Bene, adesso se volete
seguirmi…” Quella frase l’aveva già sentita, sperava soltanto che non accadesse
ciò che l’aveva seguita la prima volta.
La donna un po’ rotondetta
gli sorrise:
“Certamente”
Ron si incamminò un po’
più sicuro, magari quella volta non sarebbero sfuggiti. Pochi passi e si
ritrovò a testa all’ingiù. La caviglia gli doleva, stretta da una grossa corda.
Lanciò diversi improperi, insultando tutte le divinità del mondo conosciuto
fino a giungere al punto di inventarne alcune, altrimenti non gli sarebbero
bastati gli accidenti. Quando guardò in basso loro non c’erano più. No, erano
di nuovo fuggiti. Ne seguì un’altra sfilza di moccoli. Harry, che passava di lì
per caso dopo aver valutato accuratamente l’opera realizzata da Grattastinchi,
si fermò e registro accuratamente le parole dell’amico. Gli sarebbero servite
per il suo nuovo gruppo rap: Harry Potter e i viados mascherati. Degna di nota
è la seconda voce del gruppo, la sorella di Ron, Ginny, sempre vestita con
attillate tutine di pelle rossa e col microfono a forma di frusta.
Il nostro amico insaccato
restò diverse ore appeso al soffitto e ormai si era fatto buio. Sentì un rombo
di motore solcare l’aria. Sapeva già di chi si trattava. La moto di Harry si
fermò proprio sotto di lui. Si tolse con calma gli occhiali da sole ed estrasse
qualcosa dalla cintura: una pistola. La puntò verso l’alto.
“No! Fermo! Che vuoi
fare?!? Sei impazzito?!?” Iniziò a sbraitare Ron, dondolandosi per evitare di
venire colpito dalla pallottola. Harry non si bloccò alle sue parole e sparò.
La corda si spezzò e il rossino cadde sul posto del passeggero della moto.
L’altro soffiò sulla canna dell’arma, la rinfoderò e sgassò via, inforcandosi
gli occhiali sul naso.
Attraversarono corridoi,
stanza, bagni, salirono e scesero scale, finché non si ritrovarono davanti alla
quadro della grassa signora, che teneva in mano un cartello con su scritto: “E’
qui la festa”.
“Qual è la parola
d’ordine?” chiese Harry.
“Mmm… Non me la ricordo
mica…” rispose, spremendo a più non posso le meningi, Ron.
“Fa niente” commentò
l’altro con leggerezza. Girò la manopola del gas e attraversò il quadro, per
fortuna la signora grassa aveva avuto i riflessi necessari a sfuggire a quello
scempio.
Nella sala comune
risuonava la canzone “La danza delle streghe” di Gabry Ponte e le persone
ballava come dei tarantolati. Al soffitto era stata montata una palla da
discoteca e diverse luci psicadeliche, tanto che appena entravi era già molto
se non venivi preso da crisi epilettiche.
Per quell’occasione era
stato assunto un disc-jokey d’eccezione: Dj Hagrid . Indossava una bandana
colorata, una maglia di Just Cavalli e pantaloni di D&G, naturalmente
raccattati al mercato nero.
Da un angolino si alzava
un denso fumo dall’odore acre. Ron si avvicinò al gruppetto che stava seduto
proprio in quel punto e vi trovò i suoi due fratelli con una canna in mano,
quelli si che ci davano dentro con il fumo. Accanto a loro una persona bionda e
una mora che cantavano a squarciagola abbracciati fra loro, anche loro con del
fumo fra le dita. Ecco due di loro, ma preferì non avvicinarsi in quel momento
e continuò a guardarsi intorno. Su una delle poltroncine stava seduta l’aitante
fondatrice della casa dei Corvonero, impegnata col trucco insieme a diverse
ragazza che gli mostravano come fare. Poco più in là Tassorosso stava
rassettando la sporcizia accumulata per terra e inseguiva gli inquinatori
brandendo la scopa a mo’ di arma.
Harry si avvicinò a Ron e
gli sussurrò all’orecchio:
“So che ti interessa
Hermione” L’altro fu sul punto di contraddirlo, ma il maghetto più famoso del
mondo non gli diede il tempo per farlo “Beh… Se vuoi saperlo: mi hanno detto
che non regge molto l’alcol e quel tavolo è pieno di bevande alcoliche” indicò
il tavolo a pochi metri da loro “Se due più due fa quattro…”
Harry gli strizzò l’occhio
e fu ricambiato con un sorriso, poi se ne andò lontano immergendosi di nuovo
nella folla danzante. Ron decise che per quella sera si sarebbe divertito, non
gli importava più del suo compito, tanto dove sarebbero potuti andare? In
mezzora lui avrebbe concluso tutto e avrebbe avuto tutto il tempo di recuperare
gli altri e portarli da Silente.
Prese una bottiglia di
vodka e due bicchieri e si avvicinò a Hermione che stava seduta in disparte.
Chiacchierarono un po’ del più e del meno, anche se Ron non era interessato a
ciò che diceva, ma era già fiondato su altri argomenti più concreti. Iniziarono
a bere. Un bicchiere. Due bicchieri. Tre bicchieri… Sentì la testa pesante e
l’altra non pareva ancora cedere. Un altro bicchieri. Sentì anche le palpebre
pesanti e finì per addormentarsi sul divanetto senza porre rimedio ai suoi
istinti sessuali più reconditi.