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Autore: _Eterea_    29/12/2012    3 recensioni
What if? della prima stagione. Niente spoiler della seconda.
#TERZA CLASSIFICATA al contest:"C'era una volta un personaggio di cui ci siamo scordati" di Trick.
Il contest chiedeva di scegliere un personaggio tratto da una fiaba a nostra scelta e crearne non soltanto una controparte da inserire a Storybrooke, ma anche un background abbastanza particolare da potersi amalgamare con quelli Canon di Once Upon A Time.
#PREMIO: OSCAR MIGLIOR LONGFIC al contest "La notte degli Oscar" indetto su Writers Arena Rewind.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archibald Hopper/Grillo Parlante, August W. Booth/ Pinocchio, Henry Mills, Jefferson/Cappellaio Matto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note Autrice: Salve a tutti, come ho già scritto nell'introduzione, questa storia è arrivata Terza al contest di Trick "C'era una volta un personaggio di cui ci siamo scordati". Si tratta si una mini-long di tre capitoli, che posterò uno ogni due giorni, i risultati si trovano nell'ultimo capitolo. Ah, per non avere malintesi, questa ff è una What if? della prima stagione, e non ha NESSUN spoiler della seconda. Bene, non dico altro se non: Buona Lettura!

 





Titolo: Errando la Tana del Coniglio
Autore: Eterea_ (forum) _Eterea_ ( EFp)
 
personaggi: Alice Liddell ( di Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie); Pinocchio/August;                                                                                                                                                               Grillo Parlante/Archie; Cappellaio Matto/Jefferson; Henry.
 
Genere: Drammatico
Rating: Verde
Avvertimenti: What if?
 
 

Errando la Tana del Coniglio

 
 
 
 
 
Capitolo 1:  Il triste Cappellaio  
 
Febbraio 1863, Paese delle Meraviglie
 
Alice non poteva credere di trovarsi di nuovo lì. Quella volta, a differenza della precedente, era successo tutto in un attimo: nessuna tana di coniglio, nessuna caduta nel vuoto e nessuna piccola porta da attraversare. Niente di tutto ciò. Semplicemente si era coricata nel morbido letto di camera sua, aveva chiuso gli occhi e un attimo dopo, riaprendoli, si era trovata distesa su uno degli strambi prati del Paese delle Meraviglie.
La bambina si alzò in piedi e, dopo essersi lisciata la gonna, si guardò intorno incuriosita. Per qualche secondo si chiese come aveva fatto ad arrivare in quel posto, vestita di tutto punto, per giunta, ma dopo pochi attimi decise che, in fondo, non era una cosa di così vitale importanza. Dopotutto l'undicenne aveva imparato che tutto ciò che accadeva o riguardava il Paese delle Meraviglie, non sempre aveva una motivazione logica e sensata.
Succedeva e basta; non ci si poteva far niente.
Alice iniziò a camminare e, una volta arrivata al sentiero, seguì il percorso fino ad una casetta diroccata seminascosta dagli alberi. Il paesaggio le era molto familiare, riconosceva perfettamente la strada che stava seguendo e, perciò, sapeva anche dove la stava portando.
Arrivata di fronte alla casa bussò alla porta. Una cosa diversa c'era, però: l'ultima volta che era stata dal Cappellaio Matto, quest'ultimo si trovava in giardino, seduto ad un lunghissimo tavolo da pranzo, che sorseggiava del the insieme al Leprotto Bisestile. Quella volta, invece, il giardino era deserto e un silenzio tombale regnava nella radura.
Dopo qualche attimo la porta si aprì e Alice si affrettò ad entrare. Non aveva mai visto quella casa dall'interno, quindi si ritrovò ad osservare curiosa intorno a sé. Davanti a lei c'era un lungo corridoio dal soffitto alto, non sembrava possibile che uno spazio così grande e imponente si trovasse nella piccola casetta che appariva dall'esterno. Mentre si apprestava a percorrere il corridoio, iniziò a sentire dei forti rumori, provenienti  dall'unica porta che si trovava infondo ad esso. Una volta arrivata di fronte al grandissimo portone di legno scuro lo spinse con una mano, ed esso si aprì svelando uno scenario sconvolgente agli occhi di Alice.
Si trovava in una stanza gigantesca, con il soffitto così alto che lo si scorgeva a fatica; ma il particolare che saltava prima agli occhi erano le pile di cappelli che riempivano completamente l'ambiente. C'erano cappelli e cilindri di ogni tipo, colore e forma, inoltre sembravano così poco stabili nella loro posizione che Alice si accucciò d'istinto contro il pavimento, per paura che una di quelle torri le cadesse addosso.
Dopo il primo attimo di terrore capì di non essere in pericolo, così si alzò di nuovo in piedi e ricominciò a seguire il curioso rumore; quando lo raggiunse fece un'esclamazione di sorpresa. Di fronte a lei si trovava il Cappellaio, intento a fabbricare uno dei più strani cilindri che Alice avesse mai visto.
Mentre tagliava e cuciva, il Cappellaio bisbigliava delle parole in modo frenetico e tutto ciò che Alice riuscì a capire fu: «Fallo funzionare!» e «Tornare a casa!».
La bambina non sapeva come fare per attirare la sua attenzione, ma muovendo il gomito fece cadere una delle piccole pile lì vicino, a quel punto il Cappellaio fermò il suo lavoro e alzò gli occhi verso di lei.
La guardava con un'espressione sorpresa.
«Alice?»
La bambina, contenta che l'avesse riconosciuta, gli sorrise e si sedette accanto a lui.
« Buongiorno, caro Cappellaio. Non pensavo ci saremmo rivisti! È passato un anno da quando sono-»
Alice non riuscì a finire la frase; l'uomo l'aveva afferrata per la spalle e scossa leggermente, come per assicurarsi che fosse davvero lì.
«Sei tornata! Alice, sei davvero tornata! Come hai fatto, stavolta? Di nuovo una tana di Coniglio?!»
Mentre diceva questo, il Cappellaio si era alzato in piedi e aveva iniziato a muoversi per la stanza in modo nervoso, facendo volare via ad ogni passo qualche cappello. Sembrava, agli occhi di Alice, stranamente esaltato.
«Veramente no. Non so bene come ho fatto ad arrivare qui, questa volta. Mi ero addormentata nel mio letto e improvvisamente mi sono trovata comodamente coricata su un prato qui vicino.»
Il Cappellaio sembrava non l'avesse nemmeno sentita, continuava a vagare per la stanza parlottando tra sé.
«E pensare che le avevo controllate tutte, quelle stupide tane! Me ne deve essere sfuggita qualcuna...»
Alice non sapeva più cosa fare, così rimase lì seduta, aspettando che l'uomo si ricordasse di lei.
«Aspetta. Cosa hai detto?» Il Cappellaio si fermò improvvisamente, e si voltò a guardare la bambina.
Alice si sistemò ben dritta e, con pazienza, ripeté  quel che aveva già detto al Cappellaio. Appena ebbe finito l'uomo assunse in volto l'espressione più afflitta che Alice avesse mai visto, tanto che le fece pena. Allora, la bambina si avvicinò a lui; mentre cercava le parole adatte per sollevargli il morale, lui ruppe il pesante silenzio che era calato nella stanza.
«Quindi non sai niente. Vuol dire che rimarrò qui.»
E, detto ciò, tornò triste nel suo angolo continuando il lavoro precedentemente interrotto.
«Scusami, Cappellaio, dove vorresti andare?»
L'uomo guardò tristemente Alice e le fece segno di avvicinarsi.
«Piccola Alice, vuoi che ti racconti la mia storia? Non è molto allegra, ti avverto.»
La bambina di sedette di nuovo accanto a lui e si sistemò comodamente, in attesa: Alice aveva sempre amato le storie, e ascoltarne di nuove la rendeva sempre felice.
Il Cappellaio raccontò di chiamarsi in realtà Jefferson, e di essere stato brutalmente separato da sua figlia, che in quel momento si trovava in un altro mondo.
Alice ascoltava rapita la storia, che andando avanti si faceva sempre più triste. Quando Jefferson ebbe finito, Alice tirò un forte sospiro malinconico.
«Questa storia è davvero triste, povero Cappellaio... Quindi l'unica cosa che vuoi è tornare a casa tua, da Grace. Se potessi aiutarti in qualche modo, io-»
«Ma non puoi, nessuno può. Ora vai, ti prego.»
La bambina, rattristata, si avviò lentamente verso l'uscita e, dopo aver dato un'ultima occhiata al suo amico, uscì dalla casa.
Una volta fuori, non sapendo dove andare, guardò le varie insegne e rimase qualche attimo a ragionare. Aveva deciso di aiutare comunque il Cappellaio, e sapeva già a chi chiedere. Aveva imparato che, nel Paese delle Meraviglie, quando si aveva un dubbio di qualsiasi tipo bisognava rivolgersi all'essere più saggio esistente in quel mondo.
«Probabilmente è l'unico a sapere come si può uscire di qui; forse a parte il Bianconiglio... ma lui è quasi impossibile da acchiappare.»
Alice soleva parlare molte volte da sola, facendo anche delle vere discussioni con se stessa, cosa che non tutti riuscivano a capire e, soprattutto, ad apprezzare.
Trovata la direzione giusta cominciò a camminare di buona lena, felice di poter essere utile a qualcuno. Quando poi giunse nei pressi della sua destinazione, lo intuì subito. Attorno a quell'area c'era una spessa coltre di nebbia azzurrina, che poco dopo Alice scoprì trattarsi di fumo. Tossendo girò attorno ad un enorme fungo e, sopra di esso, scorse come la volta precedente il bizzarro bruco blu chiamato Brucaliffo.
Quando la bambina si trovò esattamente di fronte allo strano animale, lui si degnò di rivolgerle un cenno.
«Chi sei, tu?»
Alice sbuffò.
«Me lo hai già chiesto, sono Alice.»
Il Brucaliffo esibì una perfetta espressione sorpresa, aspirò un altra boccata di fumo e rispose.
«Non credo sia vero.»
«Sì, invece! Ci siamo incontrati un anno fa, ti avevo chiesto di aiutarmi a diventare più grande»
Il Bruco l'osservò per qualche istante, come se stesse cercando di ricordare.
«Cosa vuoi da me?»
Alice, soddisfatta, si apprestò a raccontare l'accaduto.
«Quindi, in poche parole, vorrei sapere come potrebbe fare il Cappellaio a tornare a casa.»
Il Brucaliffo soffiò il fumo in faccia ad Alice poi, sistemandosi meglio sul fungo, rispose con aria annoiata.
«Perché?»
«Ecco...» iniziò lei, incerta «Perché è l'unico modo che ha per essere felice.»
«No! Perché interessa a te
La bambina non capiva l'utilità di quella domanda ma, con gran pazienza, rispose pure allora.
«Perché è un mio amico, quindi voglio aiutarlo.»
«In ogni caso... è impossibile.»
«Cosa?!»  Alice aveva perso ormai ogni traccia di pazienza: le aveva fatto perdere un sacco di tempo per  nulla. «Non è vero! Questa è la seconda volta che io vengo in questo mondo, quindi un modo ci deve essere.»
«Non sono io a decidere chi va o chi viene. Sono solo un bruco, io.»
«Allora chi decide? Il Bianconiglio? O la Regina di Cuori?»
«La Regina di Cuori non decide nulla.»
«Bene!» Esclamò Alice. «Allora cercherò il Bianconiglio e chiederò a lui... dove lo posso trovare?»
Il Brucaliffo soffiò del fumo dalle labbra, questo assunse la forma di una freccia che indicava una tana di coniglio poco distante.
«Grazie... Brucaliffo.»
Alice si affacciò nella tana e chiamò un paio di volte. Non ricevendo nessuna risposta si avvicinò ancora di più finché non cadde nel vuoto, lanciando un urlo.
 
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Settembre 2011, Phucket - Thailandia
 
«Ehi, bella! Portami un'altra birra, su!»
Alice dovette trattenersi più del solito, per non rispondere a tono all'idiota che aveva di fronte. Infine l'ignorò e si diresse  velocemente al bancone del bar, dove si trovava il proprietario dell'albergo, concentrato a calcolare le spese dell'ultimo mese.
«Ian! Accidenti!» iniziò lei, irritata «Sbaglio o mi avevi descritto questo posto in tutt'altro modo? Mi sembrava che le tue parole fossero state: "Vedrai, ho un posto perfetto per te!". E' così che riscatti i debiti con le persone? Volevo allontanarmi da luoghi del genere!»
Ian, con un'espressione esasperata, smise di scrivere gli ultimi conti sul suo taccuino e guardò la ragazza.
«No, Alice. Io ti avevo promesso semplicemente un lavoro e questo era l'unico posto libero che avevo a disposizione. Ovviamente se avessi aspettato un po' avrei potuto aiutarti a cercare di meglio, ma hai tutta quest'assurda fretta-»
 «Ho bisogno di soldi, di certo non campo d'aria. Poi, sto cercando di mettere qualcosa da parte per... lasciamo perdere.»
«Lo so. Ho sentito che ne parlavi con Edna: vuoi iscriverti all'università.» La ragazza assunse un'espressione rassegnata.
«Ti capisco.» Riprese lui più dolcemente «Devi resistere almeno per un mesetto... poi la mia contabile andrà in pensione e quel posto sarà tuo. Va bene?»
Alice sospirò e annuì poco convinta. Conosceva Ian Denver da parecchi anni, ormai, e sapeva che poteva perfettamente contare su di lui. Avevano la stessa età e si erano conosciuti all'ultimo anno di liceo. Alice, dopo di ciò, aveva finalmente potuto lasciare l'orfanotrofio nel quale aveva vissuto sei anni e andare a vivere da sola. Da allora si era mantenuta con vari lavori part-time, rifiutando di iscriversi all'università. Tutto ciò perché, per anni, aveva avuto solo un obbiettivo in mente, che occupava maggior parte delle sue giornate.
 Cercare un modo per poter tornare a casa.
Alice aveva fatto tutte le ricerche possibili, ma nessuna di esse l'aveva mai portata vicina al soluzione del problema. Quindi, all'inizio di quell'anno, all'età di ventisette anni, aveva mollato; in più, aveva deciso di iscriversi a Lettere, per poter finalmente coronare il suo sogno di diventare una scrittrice. Alice aveva perso ormai ogni speranza, perciò non le rimaneva altro da fare che pensare ad un futuro lì.
«Senti, avrei bisogno di un favore... Dovresti andare nella camera 107 e spiegare al cliente come funziona il condizionatore; sai quel problema della levetta, no?» Disse Ian, riscuotendola dai suoi pensieri.
«Sicuramente meglio che stare qui... A più tardi.»
Detto ciò, diede un bacio sulla guancia all'amico ed uscì dal locale.
L'albergo, strutturalmente, era composto da un edificio di base, dove si trovavano la reception e il bar, mentre le stanze erano suddivise in altri due edifici, tutti al piano terra e raggiungibili attraverso varie pedane. Il tutto si trovava sull'isola diPhuket, che era costantemente frequentata da turisti provenienti da tutto il mondo.
 Il sole picchiava forte, e Alice, per poter raggiungere la stanza, dovette percorrere un po' di strada sotto il sole cocente. Una volta arrivata bussò forte alla porta, sperando di non trovarsi davanti un vecchio rimbambito, incapace di capire le semplici istruzioni per il condizionatore. Dopotutto, lei stessa aveva dovuto imparare le" nuove tecnologie" all'età di quindici anni; e tutte in un colpo solo.
Alice rimase piacevolmente sorpresa, quando ad aprire alla porta fu un uomo sulla trentina dotato di un notevole fascino.
Il fatto che la fece rimanere basita, però, fu il modo in cui l'uomo la stava guardando. Come se la conoscesse e fosse sorpreso di vedersela davanti. 
«Salve, sono un membro dello staff dell'albergo e sono qui per il condizionatore.»
Lui si riscosse all'improvviso.
«Certo... entra pure.»
Dopo che furono entrati e lui chiuse la porta, calò un silenzio improvviso ed imbarazzante.
Lui sembrava ancora indeciso sul da farsi, ma infine prese parola.
«Scusa, io non sono sicuro se...» fece un altra pausa «Alice?»
La ragazza spalancò gli occhi, sconcertata.
«Ci conosciamo?»
Lui acquisì un espressione di  felicità improvvisa.
«Non ci posso credere... Avevo fatto delle ricerche, non è possibile che tu sia qui e-»
«Mi stai spaventando; di cosa diavolo stai parlando?»
«Alice.» lui si avvicinò «Sono Pinocchio.»
«Cosa?» Non era uscito più di un sussurro, Alice lo guardava paralizzata.
«Beh, qui mi faccio chiamare August, è meno strano dell'originale. Comunque, non ci posso ancora credere, sei tu.»
«Oh mio Dio!» La ragazza, una volta superato lo shock, corse ad abbracciare il suo vecchio amico.
Dopo qualche minuto, si sedettero e raccontarono ognuno le proprie storie. Quando ebbero finito, August delucidò Alice sulle dinamiche del sortilegio che aveva distrutto il suo mondo.
«Quindi» disse lei quando August concluse «tutti gli abitanti delle favole si trovano bloccati a Storybrooke nel Maine? Se non avessi già fatto parte di quel mondo stenterei a crederlo.»
«Già... e mi dispiace che il "farne parte" ti sia costato così tanto.»
«Effettivamente avevo fatto una promessa a me stessa. Ma la tua presenza complica un tantino le cose.»
Alice guardò fuori dalla finestra. Il sole stava già tramontando, non si era resa conto di aver parlato con August per delle ore. Dopo qualche attimo di tentennamento, causato dal fatto che Ian ormai l'avesse data per dispersa, decise che quello era decisamente più importante. Sapeva di non essere mai stata molto brava a decidere le priorità.
Passarono tutta la sera a parlare di quel mondo che Alice aveva volutamente odiato per tanto tempo; infine, dopo qualche birra, iniziarono a raccontare le esperienze vissute nel mondo reale, sconosciuto per entrambi, al loro arrivo.
«Lasciamo perdere la mia prima esperienza con un telefono, poi; finiresti di prendermi in giro tra una settimana.» Esclamò lui, quando smise finalmente di ridere per un racconto dell'altra.
Alice si sentiva felice, forse un po' brilla, ma era da moltissimo tempo che non si lasciava andare in quel modo con qualcuno.
«Sai...» ricominciò lei «Era da tanto che non ridevo così, probabilmente da... quando sono arrivata qui.»
Alice non sapeva come, dalle sedie, erano arrivati a sedersi per terra con la schiena appoggiata al letto.
August si avvicinò prendendole gentilmente dalla mano la bottiglia vuota, sostituendola con una piena.
«Vale lo stesso per me. Sarà che con gli altri non ho mai potuto parlare liberamente, dovendo inventare pezzi del mio passato ogni volta che servivano; non ho mai potuto essere sincero al cento per cento.»
«Diciamo cheio, sono stata abituata a, come dire, "nascondere la verità" fin da piccola... dal mio primo viaggio nel Paese delle Meraviglie. Allora avevo avuto la brillante idea di raccontare tutto ai miei genitori ed amici, credo tu posso immaginare com'è finita. Non ho più nemmeno il mio vero cognome; Alice Liddell  è diventata Alice Growt e-» La ragazza si interruppe e, dopo qualche secondo, decise di cambiare discorso, per allontanare l'alone di tristezza che iniziava ad aleggiare nella la stanza.
«Sentiamo un po'; com'è stato leggere per la prima volta la tua storia su un libro di favole?» Domandò ridendo e bevendo l'ennesimo sorso di birra.
«Beh» iniziò lui. «Ero già grande, avevo intorno ai diciannove - vent'anni, prima mi ero sempre rifiutato. È
 stato difficile, molto difficile, ma sono riuscito ad evitare quella storia fin quando non mi sono sentito pronto.»
«Perché non volevi leggerla?»
August rifletté  un attimo, facendo roteare pensieroso il contenuto della bottiglia che aveva in mano.
«Perché parlava di mio padre. A vent'anni credevo di poter affrontare tranquillamente la questione, essendo ormai adulto. Davvero un illuso; piansi come un bambino, la prima volta che aprii quel libro.»
Diede un'occhiata ad Alice, poi sorrise tristemente.
«Tu, invece?»
«Ecco, la storia di "Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie" l'avevo già letta appena dopo la sua pubblicazione. Dodgson, credo tu lo conosca come "Lewis Carroll", disse di essersi inventato quella storia per divertire me e le mie sorelle una volta in barca, in realtà gliel'avevo raccontata io appena tornata dal viaggio. Dopo qualche anno in questo mondo, ho scoperto che aveva scritto un altro libro sulle mie avventure; sono rimasta così sorpresa quando, leggendo, ho visto scritto nero su bianco il mio terzo viaggio nel Paese delle Meraviglie. Anche se l'unica parte corretta è quella dell'arrivo attraverso lo specchio; per il resto deve aver inventato lui, considerando quello che mi è realmente successo.»
«In fondo è così che funziona per tutti quegli scrittori; noi, dai nostri mondi, mandiamo loro l'ispirazione necessaria per scrivere quelle fantastiche storie.»
Alice annuì, poi diede uno sguardo veloce all'orologio.
«Accidenti! Credo di dover proprio andare, Ian mi starà cercando disperatamente in tutto l'albergo, considerando che non ho nemmeno a portata di mano il cellulare» Si alzarono entrambi velocemente da terra , dirigendosi verso la porta.
«Non dovevo trattenerti in chiacchiere, mi dispiace.»
«Figurati, sono felice di averti ritrovato.» La ragazza aprì la porta ed uscì.
«Posso farti una domanda?» Chiese August, bloccando la porta con una mano e con un'espressione tra il divertito e l'irritato. «Ian
Alice spalancò gli occhi.
 «Oh, ti prego! Da quando Pinocchio si ingelosisce di Alice? Non ti pare di confondere un po' le cose?»
 Detto ciò sorrise e si chiuse la porta alle spalle.
 
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Febbraio 1863, Mondo delle Favole
 
Alice si svegliò per l'ennesima volta sull'erba soffice. Impiegò qualche secondo per ricordare l'accaduto, ma una volta vista la tana di coniglio che aveva di fianco sospirò rattristata. Pensò subito di essere tornata a casa, perciò si preparò ad affrontare la rabbia della madre nel vederle tutto il vestito sporco e scucito in vari punti. Una volta seduta, però, si guardò intorno confusa. Nulla di ciò che vedeva le ricordava il giardino di casa sua, né tantomeno il Paese delle Meraviglie; era tutto troppo normale per poter far parte del mondo che aveva lasciato, eppure non abbastanza per il suo mondo reale. All'improvviso sentì delle voci in lontananza.
«Aspettami! Pinocchio, non correre!»
Alice rimase immobile, aspettando di vedere la persona che stava urlando. Dopo qualche secondo, sbucò da dietro una quercia un bambino che indossava degli abiti, secondo la bambina, davvero buffi e colorati. Quando il ragazzino la vide interruppe la sua folle corsa e le si avvicinò.
«Salve, ragazzina, come ti chiami?»
Alice sobbalzò dallo spavento; la voce che le aveva appena parlato non veniva dal bambino che aveva di fronte, bensì da una foglia alla sua destra. La bambina era ormai abituata a vedere cose "fuori dal normale", aveva già parlato con un bruco blu e un gatto che evaporava, ma guardò comunque con grande interesse il Grillo che aveva davanti; indossava un cappello a cilindro e portava un ombrello, dopotutto.
«Io sono Alice.» balbettò lei, guardando il piccolo grillo che le aveva appena rivolto la parola.
«È un piacere, Alice.» disse lui, poi rivolse lo sguardo al bambino, che era rimasto fermo senza proferir parola.
«Avanti ragazzo, non fare il maleducato e presentati!» Il bambino rivolse ad Alice uno sguardo indifferente.
«Perché sei tutta sporca di fango?»
«Pinocchio! Ti sembra il modo di-»
«Beh, perché sono appena uscita da una tana di coniglio, Pinocchio. Che strano nome, poi.» Alice guardò irritata il bambino, nessuno gli aveva insegnato le buone maniere?
Pinocchio sorrise e prese con una mano il Grillo Parlante portandoselo sulla spalla, infine si sedette per terra davanti ad Alice.
«Ti sei persa, piccola? Hai bisogno di aiuto?» chiese gentilmente il Grillo.
«Io non so, non credo.»
«Davvero sei uscita da lì?» disse Pinocchio, indicando il buco nel terreno ai piedi dell'albero al quale era appoggiata la bambina.
«Già... strano, no?»
Il bambino alzò le spalle, facendo quasi cadere il grillo, e incrociò le gambe sull'erba.
«Ho visto e sentito cose più strane.»
Alice era scettica a riguardo ma, dopo aver guardato il grillo, decise di cambiare discorso.
«Dove siamo?»
«Nella foresta incantata, ovviamente.»
Sentendo quelle parole, Alice ricordò all'istante il racconto del Cappellaio e capì di trovarsi nel suo mondo perduto; di scatto si alzò in piedi e si guardò ancora una volta intorno, eccitata.
«Conoscete una bambina di nome Grace?»
«Non mi sembra, mi dispiace.»
«No, perché?»
«Ecco, è la figlia di un mio caro amico e vorrei trovarla. In realtà non dovrei essere qui, sarebbe dovuto venire lui stesso.»
«Potremmo sempre aiutarti, perché non vieni con noi? Non è sicuro che tu vada in giro da sola, specialmente di questi tempi.»
«Va bene, non saprei che fare altrimenti.»
Entrambi i bambini si alzarono e Pinocchio fece strada. Il ragazzino spiegò ad Alice che nel loro mondo un grillo parlante non era una cosa che si vedeva tutti i giorni, ma che comunque avevano la magia, quindi cose strane e assurde accadevano sempre. Alice raccontò velocemente i suoi viaggi nel Paese delle Meraviglie e descrisse il suo mondo d'origine senza magia.
«Nel tuo mondo non c'è la magia?! Deve essere davvero noioso, allora.»
«Beh, non sempre. Ci sono molte cose divertenti da fare anche lì.»
«Ma io non potrei viverci.»
«E perché mai?»
Pinocchio non rispose subito, sembrava riflettesse sulle parole da usare.
«Ho detto che qui c'è la magia, però alcune cose sono considerate davvero strane pure dagli abitanti di questo mondo... Per esempio io.» Il ragazzino disse di non essere sempre stato un bambino vero, che in realtà era un burattino ed era stato fabbricato da suo padre utilizzando il legno di un albero magico.
«Non a tutti piace molto questa storia... per questo quando posso evito di raccontarla.»
«Pinocchio... non c'è niente di male nel-»
«Io la trovo una storia affascinante, invece» si affrettò a dire Alice, dopo aver visto l'espressione afflitta del bambino. «Di certo non puoi risultare una compagnia noiosa, no?» Alice riusciva a capirlo perfettamente, era una situazione che la bambina aveva già vissuto sulla propria pelle.
Pinocchio sembrò riprendersi e scherzò per qualche minuto con la sua nuova amica. Una volta arrivati di fronte alla casa del bambino, quest'ultimo si fermò e bussò forte alla porta. Non ricevette alcuna risposta.
«Magari non è in casa... Passiamo dal retro.»
Girarono intorno alla casa, passando per il giardino ed arrivarono nel cortile posteriore. Alice, guardando le varie piante e cespugli circostanti, sobbalzò quando vide correre un coniglio accanto ad essi.
«Ci sono i conigli, qui!»
Pinocchio la guardò sorpreso. «No, io non ne ho mai visto uno vicino a casa... Ormai siamo distanti dal bosco.» poi riprese «Perché non stai con noi stanotte? Potrebbe essere divertente.»
«Certo, non credo che Geppetto lascerebbe una bambina da sola; si sta facendo buio.»
«Sì, mi fa più che piacere!»
Alice era felice come non mai per aver appena trovato un amico, quindi dimenticò il coniglio alla svelta e si avvicinò con Pinocchio alla porta di servizio.
Il ragazzino girò il pomello ed entrò velocemente, Alice lo seguì subito dopo ma fu accecata da una forte luce.
Strinse gli occhi per il fastidio, ma quando li riaprì si lasciò sfuggire un gridolino di sorpresa. Quella che aveva davanti agli occhi era la sua camera. SI girò di scatto e vide al di là della porta il suo solito corridoio con la carta da parati panna e il parquet di legno scuro. Fece un passo avanti. Non riusciva proprio a capacitarsi di quello che era successo; ricordava perfettamente quello che era successo pochi attimi prima. Un rumore di passi la vece voltare di nuovo.
«Alice! Si può sapere cosa ci fai a quest'ora della notte ancora in piedi?!»
Alice guardò sconvolta sua madre, in vestaglia da notte, prenderla per la spalla e spintonarla leggermente in direzione del letto.
«Ma madre, in realtà non ne ho idea... Stavo per entrare nella casa del mio nuovo amico, con il suo grillo parlante, nel mondo delle favole e-»
«Che sciocchezze sono queste? Prima era il "Paese delle Meraviglie" ora il Mondo delle favole! Ora basta, fila a letto e dormi.»
Alice, più affranta che mai, obbedì agli ordini della madre e, una volta coricata a letto, lasciò scivolare una lacrima, delusa per non aver passato abbastanza tempo con Pinocchio e per aver perso la sua unica possibilità di aiutare il suo caro amico Cappellaio.
   
 
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