4. Il prezzo della libertà
Oh,
oh, helpless and slow,
and
you don’t have anywhere to go...
Fairport Convention,
“Genesis Hall”
Non devo piangere, non devo piangere, non devo piangere, pensava Galien mentre veniva portato a cavallo verso Dol Guldur. Il braccio con cui il soldato lo cingeva a sè stringendolo alla vita gli faceva male, e il dolore, insieme alle terribili emozioni del momento, gli toglievano quasi il respiro.
Sua madre e suo padre dicevano sempre che i coraggiosi non devono mai piangere, e lui voleva dar loro quell’ultima dimostrazione, anche se non potevano vederlo. Ma Galien aveva solo sei anni, e i suoi genitori gli avevano insegnato a sopportare il dolore che si prova quando si cade da un albero o ci si sbuccia un ginocchio, e per lui non era facile distinguere tra il dolore fisico e quello mentale. E ora sua madre non c’era più, e suo padre era lontano, chissà dove, e non ci sarebbe stato più nessuno a proteggerlo.
Naneth, Adar...pensò, con un nodo alla gola.
Un incubo, doveva essere un incubo da cui Galien voleva solo svegliarsi per trovare suo padre e sua madre accanto a lui per consolarlo con le loro dolci parole.
- Mi fai male... - disse al soldato, cercando di cacciare indietro le lacrime.
L’elfo non gli rispose e aumentò ancora di più la presa, facendo gemere Galien per il dolore.
Un conato di vomito lo assalì. Non ce la faceva più, era stanco e voleva tornare a casa.
Casa...quale casa ?
- Dove mi stai portando ? -
Il soldato sbuffò. - Non deve interessarti. Ora sei anche tu un servitore del Signore di Bosco Atro. - disse, con una voce che non gli apparteneva.
- No ! - esclamò Galien - Solo mio Padre è il Signore del Bosco Atro, e quando tornerà vi imprigionerà tutti per quello che avete fatto e... -
- Vuoi tacere ? ! - lo interruppe bruscamente il soldato - Tuo padre non farà assolutamente nulla, anche ammesso che riesca a trovarti. Non vuoi capire che la dinastia dei Sovrani del Bosco Atro ha avuto fine, e una nuova epoca sta prendendo inizio ? Legolas non potrà mai più fare un passo nelle mura della città, perché se dovesse farlo non ne uscirebbe vivo. -
- Allora...lo lascerete andare ? -
- Dipende. Sarà il mio Signore a deciderlo. Ma qualunque sarà la sua scelta, tu non vedrai mai più tuo padre. Il tuo potere serve al mio Signore per trovare gli altri Due. -
Il nodo che Galien sentiva alla gola si fece più stretto.
- Voi...voi lo ucciderete, come avete fatto con mia madre...e poi ucciderete anche me, quando non vi servirò più... -
Il soldato non rispose.
- E’ davvero così forte ? - disse il bambino.
- Non capisco di cosa parli. - rispose freddamente l’elfo.
- Di quello che è dentro muinadar* Eredhil...e che ora è anche dentro di te...non lo senti ? Io sì, e mi fa paura... -
- Ora basta, mi hai stufato ! - esclamò il soldato con voce fredda e alterata - Fai silenzio fino a quando saremo arrivati a Dol Guldur, altrimenti sarò costretto ad imbavagliarti ! -
Galien tacque e guardò avanti. Dol Guldur...
Ricordò che aveva chiesto spesso a suo padre cosa si trovasse là, e perché fosse proibito andarci, e ogni volta che ne parlava, Legolas rabbrividiva.
- Là si trovava un Nemico terribile che io ho visto da vicino, Galien.
Per questo tuo nonno, mio padre, ha vietato di avvicinarvisi. E io lo vieto
anche a te, figlio mio, perché, anche se è scomparso, il Male lascia segni
indelebili su qualunque cosa tocchi... -
Quando, infine, furono in vista delle pendici del monte, Galien sentì l’aura che lo circondava, grigia, pesante e crudele come una cappa di piombo, mentre terribili immagini del passato si insinuarono nella sua mente. Cominciò a tremare.
Non è scomparso, Adar...il Male c’è ancora, anche se il Nemico non è
più lo stesso...e adesso mi ci stanno portando, Adar...
Il suo respiro si fece più frequente e affannoso. - Non voglio andarci... - sussurrò debolmente con voce impaurita.
- E invece ci andrai. Stai zitto, ora. -
Galien volse disperatamente lo sguardo in tutte le direzioni, come per cercare un’impossibile via d’uscita, fino a quando i suoi occhi si posarono sul pugnale che il soldato portava alla cintura. Cercando di non farsi notare, lanciò un’occhiata al volto dell’elfo, e, quando lo vide fisso in lontananza, decise. No, non mi ci porterai...
Veloce come un fulmine, sguainò il pugnale e con esso pungolò il collo del cavallo, il quale scartò di lato sgroppando e impennandosi, imbizzarrito. Galien si tenne forte alla criniera per non cadere.
- Cosa... ? ! - esclamò il soldato lasciando per un attimo la presa intorno alla vita di Galien per cercare di controllare l’animale.
Il bambino non aspettava altro. Più forte che potè, diede una gomitata nello stomaco del cavaliere, facendolo cadere a terra, mentre lui prendeva le redini e colpiva con le gambine il ventre del destriero.
- Noro lim ! NORO LIM ! - gridò Galien, galoppando lontano, senza sapere dove.
- Fermati, maledetto ! - esclamò il soldato, rialzandosi da terra e cercando di raggiungere il bambino. Ma ormai Galien era già lontano, ed egli non potè fare altro che rimanere a guardarlo scomparire oltre gli alberi, respirando affannosamente.
- Non andrai lontano ! - gridò - Ti troveremo, prima o poi, dannato moccioso ! Vuoi cercare tuo padre ? E allora vai a morire con lui ! -
Dopo essersi assicurato che il soldato non lo stesse più seguendo, Galien fermò il cavallo e scese. Il suo piccolo viso era paonazzo e gli occhi azzurri luccicanti e spalancati dal terrore.
Accarezzò il muso del destriero per calmarlo, poi si sedette per terra e cercò di riprendere fiato.
E adesso... ?
Con la mente e il cuore in subbuglio, si guardò intorno, per valutare quale fosse la strada migliore da seguire.
Era terribilmente difficile a dirsi, soprattutto per lui che non era mai andato così lontano. Non vedeva altro che alberi e sentieri sterrati, non avrebbe mai saputo dire quale fosse la strada giusta...
...per andare dove ?
Sconsolato, si cinse le ginocchia con le braccia e chinò la testa, mentre sentiva calde lacrime affiorargli agli occhi. Deglutì, cercando di ricacciarle indietro.
Già, dove sarebbe potuto andare ? Era libero, sì, ma ormai non aveva più nessuno ad aspettarlo a casa...aveva avuto la libertà, ma ad un prezzo troppo alto...
- Naneth è morta, cavallino... - disse al destriero che aveva chinato il muso a brucare l’erba accanto a lui - E Adar...non so dov’è... - Sospirò dolorosamente. - Cosa faccio adesso ? -
Non poteva certamente tornare a palazzo, dato che non aveva la minima intenzione di finire nelle mani di Eredhil. Ma non sapeva dove altro andare...da quando era nato non era mai uscito dai confini del Bosco Atro, e tutti i territori che si trovavano fuori da esso li aveva visti solo disegnati sulle mappe che Enchilion gli mostrava.
Cercò di ricordare quando suo padre gli raccontava dei meravigliosi luoghi che aveva visto durante la sua avventura con la Compagnia dell’Anello...Gran Burrone, Lothlorien con il suo bosco d’oro...se solo gli Elfi non se ne fossero andati per sempre nelle Terre al di là del mare, forse avrebbe potuto trovare rifugio là...
Gli Elfi del Bosco Atro erano rimasti soli.
Lui era rimasto solo.
Galien si alzò in piedi, stringendo i pugni per cacciare la rabbia e il dolore.
No, non era solo. Suo padre era lì fuori, da qualche parte, e lui doveva trovarlo ad ogni costo.
Si guardò intorno un’ultima volta, poi si avvicinò al cavallo che brucava placidamente nell’erba. - Mi dispiace, amico, ma dobbiamo dividerci. So che tu potresti portarmi lontano, ma questi sentieri sono più agevoli a piedi, e poi mi troverebbero facilmente se seguissero le tue tracce...torna a casa, là nessuno ti farà del male. -
Detto ciò, gli colpì il fianco con la mano e gli disse alcune frasi in elfico, per incitarlo ad andare, e rimase a guardarlo trottare via fino a quando non fu scomparso nella foresta.
Poi trasse un altro, profondo sospiro.
- Forza, Galien. - si disse - Non sai dove andare, ma ci andrai lo stesso... -
E così si incamminò senza sapere dove, facendosi strada tra rami e cespugli, sentieri scoscesi ed impervi, e, per farsi un po’ di coraggio, aveva solo la sua voce e una canzone che sua madre gli aveva insegnato tanto tempo fa...
“Come i pini che
fiancheggiano strade tortuose
Io ho un nome, io ho
un nome !
Come il passero
canterino e il ranocchio che gracida
Io ho un nome, io ho
un nome !
E lo porto con me come
fece mio padre
Ma io vivo il sogno
che lui teneva nascosto...
Dritto per la mia
strada, dritto per la mia strada,
Dritto finchè la vita
mi porterà...
Come il vento del nord
che soffia nel cielo
Io ho una canzone, io
ho una canzone !
Come il canto del
canarino e il pianto del bambino
Io ho una canzone, io
ho una canzone !
E la porto con me e la
canto forte
E dovunque mi porti,
ci andrò a testa alta
Dritto per la mia
strada, dritto per la mia strada,
Dritto finchè la vita
mi porterà...
E ci andrò libero...
Come il matto che sono
e sempre sarò,
Io ho un sogno, io ho
un sogno !
Potete cambiare le
vostre idee ma non cambierete me
Perché io ho un sogno,
io ho un sogno !
E possiamo
condividerlo se tu lo vuoi,
Se fai la mia strada,
verrò con te...
Dritto per la mia
strada, dritto per la mia strada,
Dritto finchè la vita
mi porterà...”
- E così te lo sei lasciato scappare.... - disse Eredhil, assiso sul trono che non gli apparteneva.
- Sono desolato, mio Signore. Mi ha colto di sorpresa e... -
Eredhil ghignò, e per un attimo la corona di ferro che aveva sul capo brillò di una fredda luce.
- Certo, ti ha colto di sorpresa... - disse, alzandosi e dirigendosi verso il soldato - Dimmi, come può un ragazzino di sei anni farla in barba ad una guardia più che esperta ? -
- Io...io non so che dire, mio Signore... -
- Non sai che dire perché non c’è niente da dire. Sei un idiota, e questo è sufficiente. -
Eredhil stese una mano verso l’elfo, e da essa si sprigionò una spirale di fumo rosso che avvolse la gola del soldato.
- Non ho bisogno di gente come te...di validi soldati ne ho a bizzeffe. - disse mentre l’elfo soffocava e crollava a terra morto, il respiro bloccato dal demone che, nutrendosi dell’anima delle sue vittime, stava diventando sempre più forte.
- Portalo via, Caerlind - ordinò, seccato, tornando a sedersi. - Dannazione, questo complica tutto...senza il potere di Galien mi sarà decisamente più difficile trovare gli altri due Silmaril... -
- Non rattristarti, mio Signore - disse Caerlind con voce fredda e vuota - Tu puoi tutto, se lo vuoi... -
Senza guardare in faccia l’elfo, Eredhil aprì le labbra in un inquietante sorriso.
- Hai ragione...potrò benissimo fare a meno di lui. L’unica cosa che mi dispiace è di non averlo potuto ammazzare con le mie mani, come ho fatto con sua madre...ma anche a questo si potrà rimediare. Il Bosco Atro non avrà certo pietà di lui. A quest’ora, con ogni probabilità, sarà già morto. -
E se non lo fosse ? disse la voce di Armagh nella mente del principe.
- Non importa - rispose Eredhil, stringendo gli occhi verdi che brillarono per la nuova, crudele idea che aveva appena avuto - Ciò che conta è che sia Legolas a crederlo... -
*”Zio”,
letteralmente “fratello del padre” (padre = Adar ; madre = Naneth)
La canzone che
canta Galien è “I got a name” di Jim Croce.
Ultima
cosa : forse le parole di Galien non sono proprio adatte ad un bambino di
sei anni...ma considerate che è un elfo, quindi avrà avuto un’educazione un po’
diversa... (seee...trovatene un’altra di scusa ! NdTutti)