Fanfic su attori > Cast Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Chara    30/12/2012    8 recensioni
Phoebe è una semplice ragazza inglese, dal carattere un po' spigoloso e una modesta esperienza di uomini imbecilli. L'incontro con Joseph Morgan le aprirà gli occhi su quanto non sia il caso di fare di tutta l'erba un fascio, anche se ci vorrà un bel po' di tempo prima che il suo cervello accetti che quella che prova nei confronti dell'attore non è semplice attrazione fisica.
STORIA DA REVISIONARE!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joseph Morgan, Joseph Morgan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

XVII

 

 

 

Il cuore mi pulsava in gola e nelle orecchie, batteva così forte che credevo mi avrebbe bucato il petto. Quella mano era dannatamente grande, mi copriva il naso oltre alla bocca e faticavo a respirare. Continuare a dibattermi come un’anguilla non sarebbe servito a molto, soprattutto perché era chiaro come il sole che lui fosse più forte di me, ma impiegai comunque più del dovuto a realizzarlo. Volevo solo respirare, non avrei chiesto altro. Dopotutto, con un po’ di ossigeno nei polmoni, forse sarei riuscita a rifilargli almeno una gomitata fra le costole.

Così sbattei ripetutamente gli occhi, lottando con il lampione che mi accecava, per mettere a fuoco il mio aggressore in modo da potermi ricordare il suo volto nel poco probabile caso in cui fossi rimasta viva dopo lo stupro o la rapina che stava per mettere in atto.

E ciò che vidi non era esattamente ciò che mi aspettavo. Sbarrai gli occhi, non potendo credere a ciò che avevo davanti. La situazione stava davvero degenerando.

«Io ti lascio la bocca – mi disse serio – Ma tu promettimi che non urlerai, non darai di matto e non farai nulla che possa destare l’attenzione di qualcuno di poco raccomandabile.»

Annuii con calma, senza sapere dove in realtà volesse parare. Avrei voluto fargli notare che era proprio lui quel qualcuno di poco raccomandabile da cui avrei dovuto guardarmi, ma la sua espressione era così tesa che non me la sentii di contraddirlo. Avrei avuto tempo prima o poi per una piazzata in grande stile, così decisi di lasciargli il tempo di scoprire le sue carte.

Lentamente allentò la stretta e, vedendo che ero perfettamente padrona del mio corpo e delle mie reazioni, la allontanò del tutto. Feci tutte le smorfie possibili ed immaginabili per riacquistare la sensibilità del viso, sotto il suo sguardo un po’ perplesso. Con che diritto, poi? Dovevo essere io perplessa e magari anche spaventata da quel mezzo rapimento.

Ma l’avevo già detto che ero circondata da idioti.

Così gliela feci pagare e, aprendo il cancelletto di scatto, entrai e lo chiusi tra me e lui.

«Avrai tempo di spiegarmi il motivo di questa tua ultima stronzata, ma non ora. Sono le tre di mattina e vorrei andare a dormire» sussurrai con un sorriso velenoso, facendo per avviarmi soddisfatta verso la porta di ingresso.

Stranamente non disse nulla, ma sentii i suoi occhi perforarmi la schiena, sempre con quell’intensità inimmaginabile che caratterizzava il suo sguardo. Se credeva che avrei ceduto solo perché mi aveva ipoteticamente protetta da un ipotetico aggressore si sbagliava di grosso. Anzi, lo sopportavo ancor meno per quella scenata degna da premio Oscar.

Ovviamente armeggiai un bel po’ con la porta; non voleva rispondere di giorno, figurarsi con il buio che non mi permetteva di vedere bene la serratura. Finalmente riuscii nel mio intento e, appena messo un piede all’interno, qualcosa bloccò la porta: era la sua mano.

«Che diavolo…» sussurrai concitata, vedendolo spingermi leggermente all’interno per poi chiudere. Mi spinse contro il muro, aderendo con il corpo al mio.

Non potei trattenere un sospiro e una scarica di brividi quando, posando le labbra al mio orecchio, parlò. Doveva smettere di giocare con i miei nervi in quel modo, ma proprio non riuscivo a metterglielo in testa.

«Ho scavalcato» mormorò sarcastico con la sua voce bassa e roca; quella carezza rovente, che dal lobo del mio orecchio scendeva fino al collo e poi di nuovo su fino allo zigomo, fu violenza al mio autocontrollo e mi morsi il labbro per non chiedergli di più, per non chiedergli di baciarmi e prendermi sul pianerottolo.

«Joseph.»

Imprevedibilmente sbarrai gli occhi e lo spintonai il più lontano possibile da me con tutta la forza che avevo e che, purtroppo, non era molta a quell’ora.

«Cosa diavolo significava quella sottospecie di aggressione nel bel mezzo di Londra, eh? – sibilai, sempre cercando di non alzare la voce – Sei un idiota!»

«Stai calma – mugugnò, quel sorriso impertinente che però non se ne andava dalle sue labbra – Se mi lasciassi spiegare, forse…»

«Non mi interessa – decretai, cercando a tentoni il pomello della porta – Fuori di qui!»

«Veramente volevo chiederti ospitalità per la notte.»

Il candore con cui sganciava certe bombe era quasi sconvolgente. Con quale coraggio si presentava da me dopo tre settimane di buio, faceva l’idiota al pub, mi aggrediva sotto casa e mi chiedeva persino di dormire a casa mia? Non c’era più un minimo di decenza al mondo, per l’amor del cielo!

«No, aspetta – risi istericamente, passandomi una mano tra i capelli e perfettamente incurante della posizione compromettente in cui eravamo – Non hai forse una casa qui a Londra?»

«Certo che sì, ma è un po’ tardi e oggi pomeriggio sono arrivati i miei genitori da Stoccolma. La loro casa ha bisogno di ristrutturazioni e dormono da me.»

I suoi genitori.

Magari li avevo anche incontrati, con tutta la gente che si riversava sempre per le strade di una delle città più importanti d’Europa.

«Quindi – continuò imperterrito, ignorando il tumulto che la presenza dei suoi in città stava causando dentro di me – Non mi sembra decisamente il caso di farli spaventare, dato che dovrei essere in America e non avrei dovuto avere in programma di tornare.»

«E per quale diavolo di motivo avresti fatto quella piazzata là fuori, un momento fa? – chiesi infine, lasciando per un attimo da parte la questione del luogo in cui avrebbe dovuto passare la notte – Sono proprio curiosa di saperlo.»

Joseph sorrise, forse credendo che avessi desistito e che avesse quindi ottenuto il permesso di dormire lì, ma se ancora non mi ero schiodata dal pianerottolo doveva esserci un motivo, no?

«Dopo pochi minuti da che te ne sei andata via, è uscito insieme a noi quella simpatica scimmia del tuo ragazzo, o presunto tale.»

«Non è il mio ragazzo» tenni a precisare, cercando di ignorare il sorriso che mi era nato sulle labbra quando gli aveva affibbiato l’epiteto di “scimmia”. Forse avrei fatto meglio a tacere, però, visto e considerato come Joseph sembrava intenzionato ad appigliarsi a qualunque cosa per rivendicare diritti su di me. Infatti sorrise, ma per una volta grazie al cielo si limitò a quello.

«Comunque – continuò, aggrottando le sopracciglia per chissà quale motivo e senza smettere un momento di accarezzarmi la schiena – Non appena ha notato la tua assenza è corso dentro, anche su suggerimento di Amber perché, a detta sua, eri nel retro con Drew a confabulare chissà cosa. Quindi, non appena è sparito dietro la porta, sono letteralmente corso qui e ho fatto quella cosa contro il cancelletto perché sapevo che Dave ormai era vicino e, se ti avesse sentito urlare, sarebbe venuto qui con la ferma certezza di trovarti. E so quanto non vuoi che ti stia intorno.»

«Dalla padella alla brace, quindi» decretai sarcastica.

Il suo discorso tranquillo e lineare non faceva una grinza, non c’erano quelle tipiche imperfezioni di una bugia, anche se costruita a regola d’arte. Ma era pur sempre un attore, era una sua abilità quella di mentire bene o trasformare la verità a suo piacimento.

Tuttavia mi arresi, trascinando entrambi in salotto con le dita di Joseph intrecciate alle mie per qualche ragione sconosciuta ed indubbiamente inutile, ma pareva non volesse saperne di lasciare la presa.

Scostai un poco le tende della finestra che dava sulla strada e, con un brivido, mi accorsi di una figura ben piazzata che mi attendeva appoggiata alla cancellata. Era Dave.

«Grazie» sospirai infine, rilassando le spalle. Forse abbandonare il mio orgoglio per quel momento non fu una grande idea, ma nemmeno negare che mi avesse tolto una immane scocciatura lo era. Così optai per essere ragionevole, sperando inutilmente che non si appigliasse anche a quello per tartassarmi l’anima e la pazienza.

«Figurati – sorrise, avvicinandosi di nuovo – Ma potresti cogliere l’occasione per darmi un bacio.»

Come non detto, pensai. Mi ritrovai di nuovo schiacciata tra il suo corpo e un muro, come ormai accadeva fin troppo spesso, e scossi il capo con vigore.

«Non ti rendi conto che con questa sottospecie di corte spietata e di pessimo gusto non fai altro che incrementare il mio ego?» domandai, sgusciando via per l’ennesima volta dalle sue braccia.

E poi, insomma, aveva già una ragazza, per quanto poco interessante, e non capivo proprio perché perseverasse nel tormentare la mia infame esistenza, come se già non fossi tormentata a sufficienza dalla calamita per gli imbecilli che madre natura mi aveva generosamente concesso.

«E tu non ti rendi conto di come questa tua fatica nel resistermi incrementi il mio, di ego?»

Touché.

Non sapevo nemmeno quanto ancora sarei riuscita a resistergli, soprattutto con quelle dita che proprio non mi lasciavano e si muovevano senza sosta tra le mie. Sapeva così dannatamente bene stringermi la mano che avrei potuto rimanere così per sempre.

«Dovresti lasciarmi – dissi invece di rispondere – Vorrei andare a farmi una doccia.»

Obbedì senza fiatare, forse rassegnato dal non ricevere una risposta e lo lasciai lì mentre mi avviavo al bagno. Prima di chiudermi la porta alle spalle mi voltai, facendo per parlare, ma mi interruppe.

«Lo so, chiuderai a chiave e quindi è inutile che cerchi di entrare» mi disse con un sorriso, forse triste, forse no.

Tentennai un momento, ma sparii all’interno del bagno prima che il mio istinto mi giocasse un tiro mancino di quelli a cui non avrei potuto rimediare. Lasciai che il getto bollente della doccia lavasse via la stanchezza e la rigidità dei miei muscoli, causata dalla guardia sempre troppo alta che Joseph mi costringeva ad avere. Non fu una specie di rinascita come spesso si sentiva dire delle docce calde, ma forse la colpa era di tutti gli assalti che, lo sapevo, avrei dovuto affrontare a causa della presenza di quell’essere appiccicoso dall’altra parte della porta.

Chissà cosa stava facendo. Per un attimo me lo immaginai mentre frugava nei cassetti del mio armadio alla ricerca della biancheria intima, o a spulciare nella mia casella e-mail, ma poi scossi il capo: quelli erano comportamenti che avrei potuto attribuire a Dave, non a Joseph.

Infatti lo trovai placidamente disteso sul mio letto che sfogliava un blocco da disegno.

«Questi?» allibì quando si accorse della mia presenza. Inutile dire che mi squadrò da capo a piedi e mi diedi dell’imbecille per non essere andata alla ricerca di un pigiama anti sesso di quelli che mi aveva regalato mia madre quando le avevo parlato di Dave la prima volta.

Presi il blocco dalle sue mani con stizza e lo riposi al suo posto, sulla mensola della libreria.

«Ti hanno mai insegnato a farti gli affari tuoi?» sbuffai, sentendo le guance imporporarsi leggermente. Quell’album era personale, per me. Se mi avesse vista in mutande forse mi sarei sentita meno nuda di così.

«Sei molto più brava di me» sorrise, non accennando ad alzarsi dal materasso.

«Non divagare – sbuffai, lanciandogli un’occhiata indagatrice – E che cosa hai intenzione di fare?»

«Dormire, no?»

Quell’espressione angelica gliel’avrei strappata a forza, prima o poi.

«La camera di Amber è la porta dopo il bagno» lo informai, il tono secco e determinato.

Si alzò controvoglia e per un attimo mi illusi che fosse davvero così semplice, ma l’avevo detto che la mia migliore amica era una voltagabbana. Anche indirettamente.

Joseph si presentò dopo pochi attimi con un post-it in mano e un’espressione alquanto perplessa. Sul foglietto la scritta: “Phee, non sederti sul mio letto. Drew era su di giri e non ho fatto in tempo a cambiare le lenzuola!”.

Sentii di nuovo le guance imporporarsi: Amber era sempre così schietta e con me aboliva ogni tipo di pudore. Non si aspettava certo che quella volgarità la leggesse anche Joseph.

«D’accordo – gemetti, realizzando che su quel piccolo divano non sarei riuscita a stendermi nemmeno io – Nel primo cassetto c’è una tuta di Andrew, quella è pulita.»

«Che te ne fai di una tuta di Andrew?» allibì sempre più perplesso.

«È la sua preferita – gli spiegai con un’alzata di spalle – Amber l’ha fatta sparire quando ha scoperto i poster della tua ragazza dentro il suo armadio. Si sta ancora disperando.»

Non riuscii a trattenere un sogghigno al ricordo delle sadiche vendette della mia migliore amica. Ogni tanto avevo paura che prima o poi si sarebbe ritorta contro di me.

«Destra o sinistra?» chiese Joseph, la voce improvvisamente priva di qualsiasi sarcasmo. Era forse nervoso? Credeva che mi sarei lasciata andare? Non poteva essere più fuori strada di così.

«Destra» roteai gli occhi per la stupidità della domanda. Se avessi potuto mi sarei tenuta tutto il letto, non solo una misera metà. Ed era a una piazza e mezza, inevitabilmente avremmo dormito troppo vicini.

Se non altro ebbe la sana pensata di darmi le spalle, una volta auguratami la buona notte.

La sua schiena contro la mia era bollente e mi provocò un torpore che, unito alla stanchezza che avevo nelle ossa, non fece altro che conciliarmi il sonno.

Quando ormai fui quasi completamente addormentata, sentii le sue labbra sulla tempia e il suo braccio cingermi i fianchi.

Traditore.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Chara