Fanfic su artisti musicali > Super Junior
Segui la storia  |       
Autore: HPEdogawa    30/12/2012    3 recensioni
Quando si risvegliò, non ricordava niente di se stesso. Né il suo nome, né dove si trovasse, tantomeno chi fosse. Sapeva solo di essere sdraiato sulla schiena, a contatto con il legno umido di una chiatta sul fiume Han. Si mise a sedere, confuso e stordito, nonché con un potente mal di testa. Solo quando portò una mano a sfiorarsi la tempia, in cerca di sollievo da quel dolore assillante, si accorse di stringere tra le mani un cellulare. Non lo riconobbe, non avrebbe saputo dire se fosse suo o di qualcun altro. Mise a fuoco l'immagine dell'apparecchio elettronico e notò i suoi polsi rossastri, le sue dita sporche di qualche vivida goccia cremisi, rafferma. Sangue. Sempre più confuso, ignorò quelle macchie sulla sua pelle e schiacciò un tasto del cellulare. Lo schermò si illuminò e, quando lo sbloccò, si ritrovò a leggere un messaggio formato da poche righe:
"Hai inviato questo messaggio a te stesso. Quando ti sveglierai non ricorderai più niente.
Ti chiami Kim Yesung. Sei una spia. Cancella questo messaggio non appena l'hai letto e getta il cellulare."
WonYe.
Yaoi.
Tutti i Super Junior, più possibili apparizioni di altre celebrità.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Choi Siwon, Kyuhyun, Leeteuk, Un po' tutti, Yesung
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1.

Yesung.

 

Yesung se ne stava seduto sul divano, la pistola lontana dalla sua portata e una coperta sulle gambe. Teneva lo sguardo fisso sul camino, dove ardeva un piccolo fuoco che stava ancora tentando di nascere dai ceppi di legno che Siwon aveva messo al suo interno qualche minuto prima. Un bicchiere d'acqua giaceva, ancora pieno, sul comodino vicino a lui, mentre la sua figura veniva perlustrata da cima a fondo dagli occhi magnetici del venticinquenne. Yesung si sentiva a disagio, sotto quello sguardo: studiato, perlustrato. Non era mai un bene, per una spia, venire osservati troppo a lungo: si individuavano punti deboli, armi, espressioni mal celate. Con un solo sguardo, un'occhiata di troppo, una copertura saltava in aria, una missione veniva conclusa in modo drastico. Per questo il ventiduenne non gradiva tutta quell'attenzione su di sé. Lui era un camaleonte, il ragazzo-parete della situazione, quello che si fonde nell'ambiente che lo circonda, fino a farne talmente parte da non essere visto. Le sue capacità da artista di strada erano la ragione per cui veniva spesso inviato a svolgere compiti come agente sotto copertura. Quel pensiero lo fece tornare alla realtà, alla sua ultima missione di cui non ricordava assolutamente nulla. Abbassando lo sguardo, colse ugualmente un movimento di Siwon, ma lo ignorò: il ragazzo si era alzato e lo aveva raggiunto, ma il più piccolo era ancora restio dal fidarsi di lui. A conti fatti, di Siwon conosceva solo nome, cognome e indirizzo. Anche la professione, ma, se c'era una cosa di cui Yesung si fidava, era ciò che gli avevano insegnato negli anni passati, ovvero che tutti mentono, in qualche modo.

-Yesung-ah...- gracchiò Siwon, porgendogli il bicchiere d'acqua:

-Devi bere qualcosa, visto che non vuoi mangiare nulla- tentò di convincerlo, prendendogli una mano. L'altro, cocciutamente, la rimosse, rifiutando nuovamente il bicchiere. Sentì Siwon sospirare, mentre si allontanava per tornare alla sua poltrona.

-Ti prometto, Yesung, che riuscirai a ricordare tutto. Ti aiuterò io, di me ti puoi fidare. Lo sai, vero?

Yesung alzò lo sguardò, incrociando quegli occhi lucidi, senza cambiare atteggiamento, perché la risposta era che no, non si poteva fidare. Affatto. Gli unici suoi ricordi – oltre a quelli delle ultime ore – erano gli insegnamenti assiepati nel suo cervello, e quello che citava “Mai fidarsi di nessuno, se non di se stessi” lampeggiava in primo piano, a caratteri cubitali. Non poteva ignorare ciò che l'istinto gli diceva, quando rappresentava la sua unica risorsa.

-Non posso fidarmi di te- disse, e il suo tono era freddo e distaccato, proprio come voleva che uscisse.

-Ma, Yesung...

-Io non ti conosco.

-Sì, invece!

-Questo è ciò che tu mi assicuri, ma come faccio a sapere se si tratta della verità o no?

-Segui il tuo istinto!

-Il mio istinto mi dice di non fidarmi.

-Allora non è così infallibile come ti divertivi a dire in giro.

-Come sarebbe a--

-Senti, lo so che credi di non conoscermi perché hai questa specie di amnesia che – lasciamelo dire – ti sta rendendo estremamente scorbutico. Ma noi, di fatto, ci conosciamo da sette anni. Sette, capito? E so che tu finirai per ricordare tutto, quanto è vero che in questi anni non ho mai creduto per un solo istante al fatto che tu fossi morto. Io mi fido di te, Yesung, nonostante la persona a cui mi sto rivolgendo mi sia del tutto nuova, perché – sì, Yesung – proprio come tu non sai niente di me, io non so nulla di questo nuovo te. Non ho idea di cosa sia successo negli ultimi due anni, dove tu sia stato, cosa tu abbia fatto. So solo che sei sbucato dal nulla, puntandomi una pistola addosso e trattandomi come un completo sconosciuto pronto ad ucciderti non appena volti le spalle. Ma io non sono così: sono solo un chirurgo che tanto tempo fa ha perso un amico e, adesso che lo ha ritrovato, vorrebbe aiutarlo. Non sono uno sconosciuto, non sono un assassino, un criminale, un traditore o altro: sono semplicemente Siwon, il ragazzo che sette anni fa si è seduto accanto a te su un bus qualunque in una giornata qualunque, così come tu sei il ragazzino che ha spostato uno zaino dalle dimensioni spropositate per liberare il posto accanto. Siamo ancora le stesse persone di sette anni fa, persone di cui ci possiamo fidare. Devi solo accettarlo, Yesung, e lasciare da parte l'istinto per qualche minuto. Fidati. Fidati di me.

Tra di loro corse, per qualche attimo, un silenzio carico di tensione: Siwon, durante il suo discorso, si era sporto in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e stringendosi le mani, l'una con l'altra. Yesung aveva, involontariamente, stretto tra le dita la coperta, alla vista di quello sguardo deciso e determinato che, non si sa bene né come né quando, aveva acceso al suo interno un meccanismo che lo aveva portato quasi a credere a quelle parole. Fecero durare il loro gioco di sguardi ancora qualche secondo, prima che Yesung sospirasse:

-Io vorrei potermi fidare.

-Fidati, te lo chiedo per favore, Yesung.

-Te l'ho già detto, in questo momento posso contare solo su me stesso! Non ho la minima idea di dove io sia stato nelle scorse ventiquattro ore, figuriamoci negli ultimi due anni. Non ho idea di dove sia la mia famiglia – supponendo che ne abbia effettivamente una. Non mi ricordo il giorno del mio compleanno, se sono mai stato fidanzato, licenziato o promosso ad una carica più importante. Ora so solo che in questa stanza ci sono diciassette foto, del pelo di gatto sul maglione appoggiato al davanzale, un orecchino sopra il camino e i quadratini segnati sul termometro digitale stanno lampeggiando, quindi presumibilmente hai i caloriferi accesi, o programmati. Il terzo bottone della maglia del tuo pigiama si sta sfilacciando, ti conviene riattaccarlo se non vuoi che il tuo gatto – o quello della tua ragazza, dato l'orecchino – lo ingoi e poi muoia. E, infine, so che tra esattamente quarantaquattro secondi saranno le tre, segno che, finalmente, sto riprendendo ad avere la cognizione del tempo. Tutto questo, Siwon, non sei stato tu a dirmelo, ma il mio cervello e l'addestramento che è rimasto dentro di me nonostante la perdita di memoria. Per cui, mi dispiace, ma non mi sento pronto a fidarmi di te, e a ragione.

-Sei nato il ventiquattro agosto- fu tutto quello che Siwon disse, alzandosi.

-Cosa?

-Sei nato il ventiquattro agosto. I tuoi genitori vivono a Cheongju fuori città e hai un fratello minore che è al penultimo anno alla Cheongshim International Academy. Non hai mai avuto né una ragazza né un ragazzo e no, non ti hanno mai licenziato, ma nemmeno promosso ad un livello superiore. Tre anni fa sei stato spostato dal dipartimento di Antiterrorismo al Controspionaggio. Eri arrabbiato, perché dall'attentato dell'undici settembre il controspionaggio è l'appendice dei Servizi Segreti. E tutte queste cose che hai elencato sono frutto dell'addestramento di sette anni che hai eseguito alla Heereul Academy, la scuola segreta di spionaggio che si trova a quaranta chilometri da Busan. Ti conosco Yesung. Ti conosco davvero. E ora anche tu conosci un po' più di te stesso. Adesso devi solo capire se il tuo amato cervello ti fa accettare il mio aiuto. Rinfrescati le idee. Dormi, bevi, mangia qualcosa: hai casa mia a disposizione. Io vado a dormire, puoi uccidermi quando vuoi.

Siwon gli gettò un'ultima occhiata, per poi allontanarsi. Arrivato sulle scale, la voce di Yesung lo fermò:

-Siwon?

Il venticinquenne si voltò, poggiandosi al corrimano.

-Sì?

Yesung, per la prima volta, si era voltato a guardarlo con un'espressione sincera e confusa.

-Io e te... cosa eravamo esattamente?

Siwon sospirò, abbassando la testa per qualche secondo, prima di guardarlo di nuovo e dire:

-Eravamo... amici. Sì, buoni amici.

Yesung annuì e, prima di voltarsi verso il fuoco ormai zampillante e pieno di vita del camino, disse:

-Buonanotte.

 

 

 

Kyuhyun

 

Le giornate di un criminale possono essere classificate come monotone o interessanti. Tutto è soggettivo, ovviamente. Cho Kyuhyun aveva sempre trovato che la sua vita fosse estremamente interessante. Insomma, non capita a tutti di dover sfuggire ogni giorno agli agenti in borghese della NIS* che ti pedinano ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. A Kyuhyun, invece accadeva spesso. Anche fin troppo, a parer suo, ma l'importante era non farsi beccare. Per questo, quella mattina, uscendo di casa quando ancora il sole faticava a superare la linea all'orizzonte, si premurò di indossare una parrucca bionda ed eccentrica, degli occhiali da vista e un paio di baffi con tanto di pizzetto all'apparenza del tutto veri, dipingendosi anche un neo appena sotto l'occhio destro. Evitò la sciarpa, chiudendosi, invece, in un piumino caldo e rassicurante, mettendosi in spalla una tracolla contenente accessori extra e la busta gialla che doveva spedire. Chiudendo la porta del condominio alle sue spalle, saltellò sugli scalini, simulando una scivolata – scampata grazie al corrimano. Tirandosi nuovamente in posizione eretta, Kyuhyun si guardò intorno e le sue guance s'imporporarono di un imbarazzo vero quando i suoi baffi. Un uomo imbacuccato in sciarpa e impermeabile, seduto sulla panchina del parcheggio condominiale, si alzò e lo raggiunse:

-Stai bene, ragazzino?

Kyuhyun sorrise, mostrando una sfilza di denti storti:

-Certo, sto bene. Sono solo un po' distratto – me lo dicono sempre tutti- ridacchiò stupidamente.

L'uomo annuì, allontanandosi con un:

-Fai attenzione a non cadere!

L'altro annuì, salutandolo con un inchino e allontanandosi, molleggiando sulle gambe. Una volta svoltato l'angolo, percorse ancora cento metri con quell'atteggiamento frivolo e superficiale. Quando raggiunse una bancarella della frutta particolarmente affollata, fece sparire il sorriso spensierato dal suo volto e iniziò a liberarsi della sua copertura – dentiera in primis. Ripose parrucca, baffi, denti e occhiali nella tracolla, estraendone poi un berretto e una sciarpa. Rimase ad osservare la bancarella per qualche secondo, inciampando poi nei propri piedi e scivolando tra un uomo – chiaramente un avvocato dato ciò di cui stava concitatamente discutendo con la segretaria al telefono – e la cassa delle mele. Aggrappandosi al giaccone di pelle del più grande, riprese l'equilibrio e si scusò velocemente, mentre l'altro lo ignorava quasi del tutto. Kyuhyun si allontanò, con del nuovo finto imbarazzo dipinto sul volto. Attraversato l'incrocio, iniziò a mangiare la mela sottratta dalla bancarella, mentre frugava all'interno di un portafoglio.

-Proprio un avvocato- disse, con un ghigno sul volto, mentre pensava che per un po' avrebbe evitato furtarelli inutili.

 

Con gli inizi di dicembre, il ghiaccio, la neve e il vento erano tutto ciò che attraversava le strade di Seoul. Kyuhyun amava questo periodo dell'anno: la gente era confusa e maldestra, troppo presa dal freddo pungente per notare che – ops – una mano si era appena infilata velocemente nella tasca del cappotto. Il ventenne era il primo ad odiare furti stupidi commessi su gente onesta, per questo – quelle poche volte in cui era costretto a rubacchiar soldi – puntava ai ricconi muniti di Porche, giacche in pura pelle, borse di Chanel e pellicce di feto. Solo in quel modo non aveva sensi di colpa che lo tormentavano per le settimane a seguire – nonostante di natura fosse un totale menefreghista.

Camminando per le strade, faceva lo slalom tra le lastre di ghiaccio e infossava il volto nella sciarpa, mentre stava attento ad evitare polizia, telecamere di sicurezza e – inutile dirlo – ogni due per tre si assicurava di non essere pedinato. Era una scocciatura, forse la scocciatura più scocciante del suo lavoro. Ma doveva ammetterlo a se stesso: era anche estremamente divertente. Forse erano gli anni che aveva passato a rubare, o semplicemente aveva il crimine nel sangue – come gli piaceva pensare. Il fatto di dover avere sempre una superficie riflettente a disposizione e tutti i sensi all'erta. Era pura adrenalina e quella sensazione di tensione era puro piacere per lui – anche perché nella maggior parte dei casi la situazione era completamente sotto controllo. Stranamente, sorrise – e fu un sorriso sincero – mentre raggiungeva la buca delle lettere lontana otto isolati dal suo appartamento. Gli capitava raramente di sfoggiare sorrisi che non fossero sarcastici, cinici o ghigni malefici. Non smise, però, di tenersi quell'espressione stampata in volto, nemmeno quando si libero della busta che – ovviamente – aveva aperto e richiuso (solo dopo averne memorizzato il contenuto). Mormorò poche parole, prima di tornare sui propri passi, schivando il vassoio volante di un cameriere scivolato sul marciapiede di un locale. Prendendo al volo l'oggetto, involontariamente nella sua mente sfilarono quattordici modi per usare un vassoio come arma. Sorrise, ma questa volta era un accenno di divertimento.

Il crimine era sicuramente parte del suo DNA.

 

 

Siwon.

 

La sveglia suonò alle sette meno un quarto, svegliando Siwon dal suo sonno profondo quanto tormentato da incubi. Yesung che lo accoltellava, Yesung che gli sparava, Yesung che moriva o spariva nuovamente nel nulla. Fu sinceramente sorpreso di svegliarsi ancora vivo ed intatto nel suo letto. Con un sospiro, si alzò e, dopo una doccia veloce, si vestì per andare al lavoro: quel giorno aveva in programma una colecistectomia e un trapianto di fegato – per certo. Dato il turno di dodici ore, di sicuro avrebbe avuto un caso urgente dopo l'altro e nemmeno il tempo di respirare.

Afferrando la tracolla, scese le scale e trovò Yesung coricato teneramente sul divano, appallottolato nella coperta di lana. Sorrise, carezzandogli dolcemente una guancia: il primo contatto con lui dopo due anni. Picchiettando un dito sullo schienale del divano, si fece forza e si allontanò, preparandosi psicologicamente per il turno estenuante che lo attendeva. Aprì la porta, ritrovandosi faccia a faccia con il postino: stava per suonare il campanello, ma si fermò non appena vide il ragazzo.

-Choi Siwon?- domandò e l'altro annuì, infilando la chiave nella toppa e girandola tre volte.

-Ho un pacco per lei.

-Un pacco?

-Sì.

-Da parte di chi?

Il postino si affrettò a scavare nella borsa, estraendo poi una busta sgualcita e giallognola. Aguzzò lo sguardo, cercando di decifrare il nome scritto sull'etichetta bianca posta nell'angolo in alto a sinistra:

-Kim Yesung.



Angolino dell'autrice.--

Ciao a tutti, eccomi con l'aggiornamento!
Visto che c'è ancora una settimana prima che la scuola riprenda, gli aggiornamenti saranno ancora frequenti, quindi entro mercoledì/giovedì dovrei tornare.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio chi ha recensito e messo tra le seguite/preferite, o semplicemente chi ha letto.
Vi chiedo per favore di farmi sapere con una recensione cosa pensate di questo capitolo: positive o negative che siano - tanto si ha sempre da migliorare.
Fate passare alcuni possibili errori di battitura, in questi giorni sono particolarmente dislessica.
Alla prossima,
Lara.--


*NIS: National Intelligence Service - una delle agenzie d'intelligence sudcoreane.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Super Junior / Vai alla pagina dell'autore: HPEdogawa