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Autore: Drusilla_Black    18/07/2007    3 recensioni
Francesco e Beatrice. Una storia d'amore descritta dai due diretti interessati...
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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27.04 2007 Francesco


Ok. Ora basta!

O cambio scuola o mi do una mossa!

Non ce la faccio più; è diventata peggio di una mania, un’ossessione. Penso sempre a lei, qualunque cosa io stia facendo. Me la ritrovo sempre davanti nonostante faccia di tutto ormai per nascondermi e, quando succede, non la saluto, ne’ le sorrido, anzi, abbasso lo sguardo!

Mi sembra d’essere impazzito. La rivedo in Giada quando la bacio, o nei miei sogni, ma anche quando studio.

Mi ha sconvolto la vita.

Cerco di ascoltare la prof. di inglese, ma proprio non ci riesco.

Giada mi sfiora la mano lanciandomi un sorrisetto malizioso e io, d’istinto, mi ritraggo. A quel gesto vedo il suo volto mutare. Capisco, intuisco che la sto facendo soffrire, ultimamente. Non avrei mai voluto… Non è mia intenzione, solo che lei non è Beatrice, lei non è la mia ossessione.

Si è cacciata da sola in questo baratro, ma ripensandoci, probabilmente, io l’ho accompagnata mano nella mano.

- Francesco- alzo di scatto gli occhi al richiamo dalla professoressa, ma non sta guardando me.

- Do you have seen the film about Beatrix Potter?-

Ecco! Visto?! Mi segue, mi perseguita…

Basta; lei, i suoi occhi, le sue forme sensuali, il suo nome. Tutto mi rincorre e io lo ricerco come fosse una droga. Che sia malato?

- Cos’hai?- sussurra la mia ragazza sfiorandomi con le labbra l’orecchio.

Ah, se lo sapessi non me ne starei qui a disperarmi peggio di un masochista!

Alzo la mano fulmineamente facendo sobbalzare Giada.

-Si?-

- Posso andare in bagno?- chiedo strascicando le parole, alzandomi in piedi.

La prof. fa un cenno d’assenso, probabilmente delusa per la mancata “domanda intelligente” che in ogni caso io non faccio quasi mai, e esco sotto lo sguardo accusatore di Sara. Ha capito che c’è un’altra; per lo meno vorrei che ci fosse un’altra.

Vado verso le macchinette, ma sono senza soldi. Ho lasciato in classe anche le sigarette. Merda!

Maledetta fretta!

Esco comunque aspirando l’aria tiepida di inizio primavera.

Mi siedo su un gradino della scala antincendio appoggiando la schiena al corrimano.

Il sole è pallido e il tepore veramente minimo, ma si sta bene anche solo con la felpa. Chiudo gli occhi soprapensiero.

Devo mollarla… Questa supposizione mi attraversa la mente come un fulmine a ciel sereno. Non ho alternative e, anche se la cosa era chiara fin dall’inizio, solo ora mi rendo conto che devo farlo sul serio.

Ci starà male… Accidenti, ma ora sono io a star male!

Scuoto malinconicamente il capo: devo imparare ad essere egoista, non avrei mai nemmeno dovuto mettermi con lei.

Guardo l’ora. Fra una decina di minuti suona.

Mi avvio verso la porta e, con una punta di frustrazione, scopro che è chiusa.

Cazzo! Scuoto per un po’ la maniglia, con furia, finchè la mia energia inizia a scemare.

Mi tocca fare il giro.

Sono arrivato alla scala quando sento la porta aprirsi con un timido tonfo.

Mi volto di scatto e resto a bocca aperta.

E’ stata Beatrice ad aprire.

Rimango immobile come una statua, troppo stupito dalla coincidenza per riuscire a muovermi o anche solo a pensare a qualcosa di presentabile da dire, quando mi accorgo con sconcerto che se ne sta andando.

Cammino veloce verso la porta rimasta socchiusa per poi sbatterla con una certa violenza alle mie spalle.

Dov’è andata?

Guardo con nervosismo al bar, alle macchinette, alla fotocopiatrice…

Niente, si è volatilizzata?!

Scoraggiato, sto per tornare indietro, allorché la vedo; sta aspettando che la bidella faccia alcune fotocopie, le mani in tasca, le converse e una maglia rossa: inconfondibile.

Guarda distrattamente la luce che si sposta da una parte all’altra della macchina fingendo, suppongo, di ascoltare quello che sta dicendo con foga la donna.

E io rimango incantato a guardare lei che ogni tanto annuisce, che si sistema i capelli sulle spalle, che scuote la testa.

No, non ce la faccio. Cosa le dico? Inoltre adesso suona e quando usciranno Giada e Sara vorranno molte e dettagliate descrizioni circa il mio atteggiamento.

La fotocopiatrice ha finito. Beatrice ringrazia annoiata e si avvia verso il bar; non mia ha visto.

Ho un tremito inaspettato alla vista delle sue movenze, ma cerco senza molti risultati di reprimerlo.

Mi attira come una calamita, sonnambulo verso la fine di un magnifico sogno.

Non ho nemmeno i soldi per fingere di voler comprare qualcosa…

Sono dietro di lei; sta aspettando che le diano qualcosa… O di prenotare il pranzo… Sento il suo profumo e istintivamente le sfioro i capelli rossi. Non deve essere il suo colore naturale, ma le sta perfettamente, come tutto il resto.

- Grazie- dice allegramente pagando.

Si volta e vedendomi sussulta.

Ci guardiamo negli occhi per quello che sembra un secolo, poi, lentamente, abbassa il capo e, con un sorriso, si avvia verso il corridoio.

Non l’ho salutata, non ho avuto il coraggio di parlarle, ci siamo solo guardati.

Un solo dannato sguardo. Non posso permettere che continui così!

Inizio a seguirla camminando velocemente.

- Aspetta!- esclamo infine non riuscendo a starle dietro.

Siamo davanti alla biblioteca, ci separa solo qualche metro.

- Aspetta- ripeto a voce più bassa facendo qualche passo verso la figura immobile che mi da’ le spalle. Lentamente si volta e ci guardiamo, come prima al bar solo più lontani.

- Ciao- sussurra lei imbarazzata. Io le sorrido dolcemente.

E’ da così tanto che voglio baciarla che non ho la minima idea di dove trovo il coraggio e l’intraprendenza che mi danno la forza di farlo.

In ogni caso la bacio: prendo il suo volto tra le mani e appoggio le mia labbra sulle sue.

Dopo un attimo di stupore e contro le mie più lugubri aspettative lei mi allontana con garbo.

- Cosa fai?- chiede allibita.

Mi fisso per un attimo i piedi e poi borbotto:- Non è ovvio?-

A questa risposta lei ride. Una risata limpida e cristallina che mi fa venire voglia di baciarla di nuovo. Ma fa un passo indietro.

- E la tua ragazza?- chiede tornando seria con speranza nel tono di voce.

- La mia ragazza?- per un attimo sono confuso… Giada! Me ne ero veramente dimenticato? – L’ho mollata- dico prima di riuscire a trattenermi, invogliato alla menzogna da una promessa di baci.

Lei, infatti, sorride entusiasta e mi bacia con foga, buttandomi le braccia al collo.

In quel momento suona la campanella, ma noi rimaniamo abbracciati. Le porte sbattute, le urla e le voci concitate, i passi veloci o strascicati, tutto mi arriva ovattato; invece il mio corpo aderente al suo lo sento amplificato al massimo.

Le nostre labbra incollate, lotta di lingue, le mie mani che le esplorano la schiena, le sue che mi fanno rabbrividire mentre mi sfiora il collo e i capelli.

Una mano forte e furibonda mi afferra all’improvviso e mi strattona all’indietro staccandomi dalla mia perdizione.

- Cosa stai facendo?-

Giada mi guarda con occhi di fuoco stringendomi il braccio al limite dello sconforto, Sara è di qualche passo dietro di lei con le braccia incrociate e un’espressione drammaticamente severa.

Accidenti, ora se la prenderanno anche con Beatrice; a questo non avevo pensato…

La osservo di sfuggita con la coda dell’occhio: ha ancora la bocca socchiusa dove J.M. Barrie avrebbe sicuramente visto il bacio nascosto che mi aspetta ed è leggermente sconvolta, gli occhi sbarrati che esternano tutto lo stupore e l’innocenza possibili. Se solo le mie “amiche” potessero leggere quell’espressione senza malizia capirebbero che è tutta colpa mia.

- Giada io…- ma non riesco a dirle che la voglio mollare perchè una forte sberla mi colpisce in pieno volto e mi mozza il fiato.

Alcune ragazzine ci passano accanto ridendo. Probabilmente la scena vista da fuori dev’essere esilarante, per quanto possono esserlo le scenate di gelosia…

Io non riderei, comunque.

Beatrice fa un passo avanti, ma si vede che non riesce a trovare le parole giuste perchè rimane zitta.

- Puttana- sibila Sara, guardandola in cagnesco.

- Come scusa?!- esclama la rossa sconcertata.

- Sei una puttana!- ripete furiosa Giada con i pugni alzati. – E pure sorda! Mi hai sentito ora?-

Merda! In che guaio l’ho cacciata?! E’ tutta colpa mia…

- Lei non c’entra- esclamo ritrovando la forza e mettendomi tra loro, per quanto falsa possa sembrare la mia affermazione.

- Mi avevi detto che l’avevi mollata- mi sussurra alle spalle. Sento il soffio caldo del suo fiato sul collo, assieme al suo desiderio. Che poi è anche il mio…

Perso nei miei pensieri, non so cosa risponderle, ma ha ragione. Sono stato uno stupido.

- Bea?!- il richiamo di una ragazza giunge dalle scale. – Dove ti sei…?-

Ci voltiamo tutti in quella direzione. Due ragazze si sono bloccate all’inizio del corridoio meravigliate dalla situazione che probabilmente avevano sentito raccontare da Beatrice solo come un sogno inafferrabile.

- E’ arrivata la cavalleria- sbotta sarcastica Sara roteando gli occhi.

- Cosa?- chiede confusa la ragazza bionda.

- Senti, lascia stare le mie amiche. E’ stato un errore… Scusa- mi lancia uno sguardo di pieno rammarico e va verso le due all’inizio del corridoio.

Il primo impulso è quello di seguirla e spiegarle che non è stato un errore, che la voglio veramente, che Giada non è parte di me. Ma le mie intenzioni vengono stroncate sul nascere proprio dall’ormai mia ex.

- Un errore? Come puoi definire errore l’aver baciato il mio ragazzo?!- sbraita.

- Cosa?- strilla la bionda portandosi una mano davanti alla bocca sempre più stupita.

- Hai baciato Sciarpino?!- esclama l’altra scossa da risa a stento trattenute, facendo qualche passo incerto verso Beatrice.

- Chi?- chiede per un attimo spaesata Sara.

Io scuoto la testa, divertito e preoccupato allo stesso tempo. E’ demenziale.

Mi sembra di esser stato catapultato in una di quello odiose commedie americane che passano con molta tranquillità dal drammatico al ridicolo.

- Giada…- dico alla fine guardando a terra. – Volevo proprio parlartene oggi…- lei si volta a guardarmi agitata.

- Tu per me sei solo un’amica…-

- Mi stai prendendo in giro- mormora con gli occhi lucidi.

Io scuoto la testa risoluto e più deciso facendo un passo verso Beatrice.

- Lei? Ti piace lei?- chiede titubante Giada.

Io sussurro un flebile sì guardando adorante la ragazza di fianco a me; è stupita anche più delle sue compagne e guarda a scatti prima Giada poi me, e viceversa.

Driin!!!

La campanella di fine ricreazione scuote l’aria e mi rimbomba nelle orecchie.

- Bea, andiamo- sussurra la ragazza castana, prendendole la mano.

- Giada…- questa è Sara.

Ci separiamo e io e Beatrice ci guardiamo per una frazione di secondo; sorride. Spero sia una promessa.




Le ore passano lente e inesorabili, soprattutto perchè accanto a me è seduta Sara. Mi ignora, ma la tensione è forte e il suo sguardo a volte duro e contrito a volte mi fissa. Mi sento molto a disagio.

Finalmente finisce anche l’ultima ora; voglio rimanere fino a l’una e mezza quando dovrebbe uscire lei.

Esco dalla classe per primo e vado al bar a prendermi il pranzo.

- Non vieni?- chiede secca Sara.

- No- dico semplicemente.

- Aspetti quella puttana?-

Rimorso; rabbia; gelosia. Una tempesta che si sta per abbattere, è quella la sua forza e la sua disperazione. La stessa, se non maggiore, di quella di Giada. L’amicizia è forte e dura da scalfire, ma la nostra si è appena rotta…

In ogni caso la ignoro anche se la frustrazione sale sentendo Beatrice venir chiamata così.

Mangio il panino soprapensiero, stravaccato su una panchina.

Mi dispiace un po’ per la mia ex… Sul serio! La consideravo comunque una sorella, non smetterò mai di dirlo. Ma oltre questo, non ho mai provato nulla per lei. Nemmeno quando ci baciavamo, mai.

Invece con Beatrice basta che mi sfiori, che mi guardi. E’ bastato un bacio per farmi scatenare gli ormoni. La penso, la sogno.

Spero che lei ricambi veramente, che non mi prenda per il culo.

Voglio chiederle di uscire. Oggi, subito.

Ho bisogno di sentirla vicina. Siamo stati così lontani e per così tanto tempo…

Non la conosco quasi per niente, eppure mi sembra d’amarla.

Finisco il panino e butto via la salvietta.

E’ appena suonata, ora dovrebbe uscire.

Esco a fumare una sigaretta e poco dopo la vedo passare. Lei non guarda fuori come faceva sempre, va avanti dritta con un espressione un po’ imbronciata.

Mi affretto verso l’altra uscita; devo fermarla, deve venire con me.

La becco appena in tempo.

- Beatrice!-

Lei e altre sue quattro compagne si voltano di scatto contemporaneamente, stupite; io mi blocco come un ebete, imbarazzato.

Fa un gesto alle sue amiche e quelle vanno avanti nascondendo risolini pettegoli e lanciandomi occhiatine riprovevoli ma divertite.

- Ciao-

Abbasso lo sguardo conscio che è di nuovo davanti a me, vicino a me e più a disagio di me. Gli occhi sono leggermente arrossati…

- Hai pianto?- domando d’istinto con uno strano bisogno di proteggerla che preme in me; faccio un passo verso di lei.

- Come?- chiede disorientata sfiorandosi infantilmente gli occhi. Sembra affranta, e triste.

- Vieni con me- dico non riuscendo a trattenermi prendendole la mano; lei non si ritrae e questo mi incoraggia.

- Con te? Cosa dice la tua ragazza?-

-Mi hai sentito prima… L’ho mollata, sul serio. Vieni, esci con me-

Mi guarda negli occhi con speranza e fiducia. Occhi profondi, verdi, splendidi così contornati dalla matita nera, ma ora vacui.

- Dove?- chiede con un pizzico di scetticismo.

- A Mirano-

Dalla sua espressione intuisco che lo sapeva già. Non so quanto sappia di me e un po’ mi intimorisce questo mistero, ma lei mi attrae troppo.

Prende il cellulare dalla tasca dei jeans un po’ sollevata, lasciandomi con l’incognita dell’uscita.

- Papà… Non vengo a casa oggi- un attimo di silenzio durante il quale il mio cuore accelera ed esulta. – Dalla kiki… Si per una ricerca… A dopo, ciao-

La guardo sorridente e finalmente ricambia con affetto. Sfioro le sue labbra con le mie e ci avviamo mano nella mano alla fermata dell’autobus, in silenzio.




Dopo aver mangiato un trancio di pizza margherita, che mi ha fatto assaggiare, abbiamo passeggiato per la piazza guardando i negozi chiusi e fermandoci alla fontana per riposarci.

Non è come pensavo, è meglio.

E’ intelligente, simpatica e dolce. Abbiamo parlato per tutto il tempo, o quasi. Anzi, per lo più ci siamo baciati… Avevo bisogno di recuperare il tempo perduto.

Mi ha mostrato dove lavora la sua dentista, che ho scoperto esser stata anche la mia fino a qualche anno fa.

Già che ci siamo andiamo al parco.

Il laghetto, la villa e la torre diroccata mi fanno rabbrividire assieme alla stretta di Beatrice; energia pura che si espande e mi rassicura.

Stiamo camminando sul sentiero che porta al ponticello sopra il fiume, quando sento una voce aspra dietro di noi.

- Come ti permetti di portare qui la troietta?-

Ci voltiamo in sincrono e c’è Giada davanti a noi con un’espressione tra l’offeso e l’irato, Sara è dietro di lei con le mani sui fianchi e sono scortate da tre ragazze che non ho mai visto.

- Bea- sussurro preoccupato fingendo di non aver sentito. – Andiamo…- stringo più forte la presa sulla sua mano e cerco di portarla lontano per evitare che si frantumi come una bambolina di porcellana nelle mani di una bambina troppo vivace. Ma qualcosa la trattiene.

- Ferma tu!-

Una sberla furiosa risuona nell’aria e sul volto di Beatrice rimangono impresse le cinque dita della mano pesante di Giada.

- Giada! Sei completamente matta?!- esclamo allibito attirando a me la rossa e accarezzandole la guancia offesa.

- Tutto bene?- le chiedo preoccupato.

- Stanne fuori Francesco!- sbraita Giada.

Osservo Beatrice e noto che ha gli occhi vitrei fermi sul suo aggressore. I muscoli sono tesi, all’erta, sembra un felino che sta per balzare sulla preda.

- Non ti preoccupare- mi sussurra e io lentamente la lascio andare.

Si volta e, a pugni alzati, affronta la sua rivale.

Io non oso muovermi per non rompere quel delicato equilibrio, osservatore distante.

Con uno scatto la ragazza riesce a schivare una seconda sberla che le avrebbe impresso a fuoco un altro segno delebile a stento sulla guancia. Dopo essersi rimessa in posizione eretta le tira un pugno che stupisce tutti, me per primo. Del sangue scuro inizia a sgorgare dal naso di Giada che, infuriata, si scaraventa su di lei, prendendola per i capelli, trascinandola nel dolore delle urla. La rossa le tira una ginocchiata e un calcio che costringono l’altra a mollare la presa e a buttarsi a terra con il fiato corto.

- Ne vuoi ancora?- urla alla fine, ansimando per lo sforzo.

Si volta, finalmente, e sorride soddisfatta: ha un taglio su una guancia e una debole smorfia di dolore, ma per il resto sta bene. Se possibile è ancora più bella con quest’aria disordinata.

Il mio angelo ha vinto. Un angelo vendicatore!

- Come hai fatto?- le chiedo subito abbracciandola, stupito.

- Ho fatto quasi due anni di kik-boxing…- mi spiega appoggiando il capo sul mio torace.

Giada alle nostre spalle ulula per il dolore, ma non ci bado.

Ha avuto ciò che si merita per non aver capito, per essere così cocciuta anche in questioni dove la logica regge poco ed è l’istinto a regnare.

Deve capire che non è colpa di Beatrice, che non è colpa di nessuno se le nostre strade si sono incrociate, anzi, scontrate con così tanta prepotenza.

Le metto un braccio attorno alla vita e la stringo a me, anche se non sono più molto sicuro che abbia bisogno di protezione.

Ci sorridiamo, insieme, uniti.

- Vieni. Ti mostro dove abito-

Annuisce teneramente e ci avviamo.

Il mio angelo ed io.





E siamo arrivati alla fine… Spero vi sia piaciuto anche questo ultimo capitolo, anche se, senza commenti anche negativi e recensioni, questo non lo posso capire… Quindi recensite, recensite, recensite… Please…
Alla prossima!
Un bacione Drusilla..
   
 
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