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Autore: girlwolf    02/01/2013    2 recensioni
Prefazione : Questa storia non ha scopo di lucro. I personaggi sono frutto di fantasia e quindi qualsiasi fatto, nome e contesto sono inventati.
Natalie vive a Los Angeles ma a causa della morte inaspettata dei suoi genitori con cui ha un rapporto travagliato e difficile, è costretta essendo minorenne, a trasferirsi da sua zia Kate nel Wisconsin unica parente stretta e sorella della madre defunta, la zia non le piace affatto perchè non la conosce per niente e perchè fa l'altropologa, cosa che lei trova noiosa finchè scopre quello che sua zia sta analizzando in alcuni paesi vicini a Milwakee: il fenomeno della licantropia...
Genere: Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi stavo preparando per andare a dormire, Jannie mi aveva preparato la cena, insalata mista con crostini al formaggio,  pur avendole detto molte volte che me la sapevo cavare da sola, non avevo più tre anni, ma quindici, anzi sedici perché tra una un paio di giorni li avrei  compiuti. I miei sedici anni, i miei genitori mi avevano dato persino il permesso per organizzare una mega festa, ma non mi importava molto perchè avevo appena ricevuto una telefonata che mi aveva deluso e questo non faceva altro che aumentare il mio senso di solitudine e abbandono che vivevo ormai da anni. Mia madre mi aveva chiamato, sembrava ansiosa, perché diceva che il viaggio in Europa a causa  della fine delle trattative con la nostra filiale a Londra, sarebbe stato più lungo del previsto.  Tesoro come stai?- mi  aveva chiesto sempre premurosa ogni volta che era fuori a lungo - Com’è andata la scuola? Hai organizzato la tua festa se  ti…servono altri soldi chiedi pure a Gordon ho dato… anzi papà ha dato disposizioni a lui per qualsiasi cosa riguardi le finanze cerca però di non fare troppi danni con i tuoi amici e niente droga e alcool in casa  perché sai come la penso… tesoro ci sei? Pronto?- mi parlava con la sua voce vellutata ma già immaginavo come sarebbe andata a finire, l’ennesimo viaggio, l’ennesimo compleanno o altro avvenimento che non avremmo trascorso insieme, le mie amiche mi ritenevano fortunata perché non avendo i genitori a casa per più di un paio di giorni potevo spassarmela ma non era affatto così.
-  Si…- risposi con una voce flebile, non volevo ne metterla in ansia ancor di più tantomeno farla sentire in colpa -… a scuola è andata bene.. abbiamo fatto un test di matematica ho preso una B, cercherò di rimediare e per la festa mi sta aiutando Karen anche se avrei preferito ci fossi tu… spero che domani quando torni possiamo finire di sistemare alcuni dettagli…. Per sempio potremmo andare in quella pasticceria dove fanno dei dolci buonissimi credo sia….-
- Tesoro, Nattie lo sai che ti voglio un gran bene e papà e io ti adoriamo sei tutta la nostra vita ma… ti avevo chiamata anche per dirti che non so se ce la faremo a venire per domani… e quindi…- mia madre mi parlava sembrava triste ma non potevo più starla ad ascoltare. Non volevo sentire nessuno. Volevo starmene da sola.
Non so perché lo feci se per rabbia, per rancore, per tristezza, la liquidai con un “va bene non fa niente ” e mi misi a piangere come non avevo mai fatto, forse ne avevo subite troppe, ero stata sempre sola io con Jannie la mia tata ormai governante che faceva le veci di mia madre e Gordon, il maggiordomo e mio ufficiale autista che mi faceva da padre.
- Nattie… Nattie…- la voce di Jannie irruppe mentre stavo pensando a come far finta di nulla e non sembrare una disperata. Cercai di raccogliere le lacrime su un fazzoletto e corsi ad aprirle la porta.
- Dimmi pure Jen…- espressi confusa mentre finivo di allacciarmi la vestaglia.
- Tua madre ha richiamato più volte chiedendomi di te… ma vedevo che non accettavi le chiamate in camera… e così mi sono preoccupata…-
- Grazie mille… beh prima deve essere caduta la linea… ora la richiamo sta tranquilla… va pure….- espressi distaccata richiudendo la porta, non volevo che Jen mi vedesse così mi avrebbe fatto mille domande a cui non mi andava assolutamente di rispondere. In realtà non avevo voglia di sentirla affatto mia madre. Non mi importavano le sue scuse, non so se l’avrei perdonata per l’ennesima volta. Prima di spegnere la luce per mettermi a dormire, anche se sapevo che non avrei chiuso occhio, le mandai un sms con “ Scusami mamma sono stanca ti richiamo domani” e poi lessi le dieci o forse quindi mail che alcune delle mie più care amiche mi avevano mandato: Karen mi chiedeva se alla festa potevo invitare anche Brett un ragazzo della squadra di football che a lei piaceva da morire, un‘altra  della compagnia Annie mi chiedeva se poteva indossare il costume e se quindi avremmo usato la piscina. Presa da mille sconforti risposi ad entrambesi e chiusi il portatile cercando di chiudere occhio.
Due giorni dopo la mia festa di compleanno stava per iniziare, la casa pullulava di gente la cui maggior parte era  per me sconosciuta.
- Dai su…- Karen venne ad avvolgermi con il suo abbraccio - … Lo sai come sono fatti i genitori lavorano… lavorano e lavorano … ma  sta ranquilla sono sicura che sapranno farsi perdonare… per esempio perché non chiedi loro se ti danno un contributo per fare un viaggio in Europa pensavo non so Parigi  ma solo  per puro divertimento… -. Keren mia amica dalla prima elementare, rossa con gli occhi verdi, sempre pronta a tutto, soprattutto pronta a spendere i soldi degli altri, anche perché i suoi genitori commercialisti, conoscendola, non le davano un centesimo  se non per pura necessità, percui si affidava a me. Dicevano che tutti i soldi che avrebbe in cianfrusaglie le sarebbero serviti per l’università.  
- Si hai ragione…- espressi noncurante della proposta di Karen mentre finivo di guardarmi il vestito turchese che avevo deciso di indossare per la festa.  Mi incamminai mentre la mia maica continuava a farmi proposte che ovviamente sarebbero state a spese dei miei. Facevo finta di ascoltarla ma non potevo non pensare che nonostante mi avessero ferito molto i miei mi mancavano. Un ragazzo alto e con i capelli increspati dal gel mi si avvicinava spiritato.
- Sono felice che mi abbia invitato alla tua festa per i sedici anni Natalie… è dalla prima liceo che aspettavo questo momento… - il tipo mi aveva iniziato ad abbracciare e ad annusare, non so che intenzioni avesse, lo trovavo forte per la mia festa e non provavo imbarazzo tanto pur essendo la mia festa e la mia casa, non me ne fregava di nulla, la gente poteva anche distruggerla me ne sarei esattamente fregata di tutto..
- Va via sfigato!- espresse Karen tirandolo via da me. Il tipo barcollò su se stesso.
- Lascialo stare non vedi che è ubriaco… accidenti ma quanto hai bevuto…- espressi difendendolo mentre lui continuava a farneticare. Lui mi sorrise poi vomitò sul pavimento. Mi sentivo resposabile perché avevo promesso niente casini, ma tanto ormai era fatta. Improvvisamente arrivò Ray, colui che tutte le mie amiche speravano facesse breccia nel mio cuore ma che io trovavo insopportabile, che lo scaraventò via da me.
- Tutto bene Natalie?- mi domandò prendendomi tra le sue braccia. Ray, un ragazzo non proprio modello, ma bello da far paura, moro occhi azurri, fisico atletico, tutti pensavano che saremmo stati i futuri Re e Reginetta del ballo per la prossima primavera ma non aveva spranze forse al ballo non ci sarei nemmeno andata stavo meditando una fuga in un posto dove nessuno mi avrebbe trovato.
- Ma sei matto?! Vuoi che gli venga un trauma cerebrale…!- sostenni  irritata dal suo comportamento e soccorrendo immediatamente il povero sfigato caduto per terra. - Per fortuna non ha sbattuto la testa!-
 Ray mi guardava come volesse spogliarmi con gli occhi. - Sei sempre splendida… allora quando accetterai di uscire con me? Tipo stasera dopo la festa pensavo… che potremmo rilassarci a Malibù i miei hanno una casa stupenda sulla spiaggia…- parlottava mentre mi aveva messo a sedere accanto a lui, -  oddio quanto adoro i tuoi boccoli così belli ma sono castani o biondi e l’azzurro dei tuoi occhi…perché non adiamo a farci un giretto… dai vieni qui c’è troppa gente…-
- Perché è la mia festa e preferisco stare qua… e tu non mi piaci per niente lasciami in pace……- espressi seccata discostandomi da lui. lanciai un’occhiata allo sfigato, era disteso a pancia in giù per fortuna Gwen, una mia amica lo stava aiutando a mettersi seduto. Le sorrisi ringraziandola poi  notai che Gordon insieme a Karen mi  richiamavano all’attenzione. Lasciai perdere ancora una volta Ray che mi stava sempre appiccicato e corsi da Gordon.  Karen esmebrava agitata ed emozionata, era un brutto segno quando faceva così.
Vedendolo così misterioso corsi immediatamente da lui. - Cos’è successo?Hai un’aria strana!-
- Stia tranquilla - espresse prendomi sotto braccio e portandomi verso il garage. La folla ci seguì incuriosita. Karen e gli altri sembravano in fibrillazione, l’unica a non esserlo ero io.  Gondon con l’aiuto di Jennie e Karen, sfilarono il telo da ciò che lo ricopriva.
- Ma è bellissima….!- espresse Karen mentre la venerava. Io invece mi avvicinai sconvolta, tipico dei miei farsi perdonare le loro mancanze, con un cospicuo regalo.
- I suoi genitori le hanno allegato anche questa…- espresse Gordon abbracciandomi - auguri di buon compleanno Nattie… e si felice di avere dei genitori come i tuoi… qualsiasi giovane avrebbe voluto in regalo una macchina come questa! Ovviamente prima di tutto la patente…- sostenne entusiasta mentre osservavo Karen che si era messa al volante su quella che doveva essere la mia Aston Martin, blu scuro.
- Dai Natalie …- sostenne scendendo dall’auto e prendendomi per un braccio - andiamo a farci un giro… io la patente ce l’ho posso?!-
La guardai indecisa, il regalo mi aveva fatto rimanere a bocca aperta, e così pur  sentendo troppo la mancanza dei miei decisi di farci un giro subito, chissà magari l’alta velocità e la musica a tutto volume dell’impianto stereo da sogno che era stato installato, mi avrebbe fatto dimenticare per l’ennesima volta una delusione che mi avevano dato i miei genitori.
Karen non mi diede nemmeno il tempo di sedermi sul sedile, che partì immediatamente.
- Quest’auto è una bomba!Wooooooooooooo!- io la fissai sconvolta quando era così su di giri mi preoccupava.
- Vai piano per favore … ti prego….!- espressi cercando di trattenere la voglia di tirarle il freno a mano e combinare un disastro.
- I tuoi genitori sono mitici… io non so perché sei sempre così critica con loro… ma ti rendi conto che cosa ti anno regalato…? Mia madre quando ho fatto sedici anni sei mesi fa mi ha regalato un buono sconto per una boutique…!-
-Mi spiace Karen ma… devo darti  una delusione… a me possono anche regalare il mondo ma non mi daranno mai quello che realmente voglio….-
Per la prima volta, in tutta la mia vita, vidi Karen fermarsi ed ascoltarmi sul serio.  Eravamo quasi vicino Hollywood, il panorama era stupendo per fortuna la città dove vivevo poteva darmi queste belle emozioni.
- Mi spiace tanto che i tuoi non ci fossero oggi alla festa ma se posso fare qualsiasi cosa per tirarti su il morale e vederti sorridere felice dimmelo e lo faccio, certo non ti aspettare che i miei mi diano soldi perché lo sai come la pensano ma…-
L’abbracciai forte, lei mi ricambio. - Grazie Karen… mi è bastato quello che hai detto! Sei una persona sensibile infondo infondo e sono felice di esserti amica! Dunque… sai cosa mi piacerebbe fare?-
- Dimmi… però ti avverto ho solo venti dollari con me…-
-  Io ho lasciato il portafogli a casa… però dai…andiamo a Beverly Hills conosco una pasticceria che fa dei dolci meravigliosi… ti giuro che non ne vorrai più fare a meno..-
- Vuoi che ci abbuffiamo!?-
- Si…!!! cioccolata, panna, crema pasticcera…. meringa….!- esultai urlando dalla collina isolata dal resto della città.
Detto fatto. Karen mise in moto la  Aston Martin e con molta più calma mi portò in quella pasticceria. Ci sedemmo ad un tavolo e ordinammo tutto quello che si poteva avere con venti dollari e dato che Karen disse alla cameriera che era anche il mio compleanno, mi portarono un dolce che a me piaceva  con tanto cioccolato e molta panna montata. Stavo per ingurgitare l’ultima cucchiata di panna quando ebbi un groppo allo stomaco.
- Ehy stai male ehhh?- Karen e io scoppiammo a ridere.
- Forse si credo di aver esagerato con dolce multistrato panna, banana, fragole e cioccolato…-
- Dai dopo andiamo a fare jojjing e così…-
- Così vomitiamo tutto!- sostenni massaggiandomi l’addome. Non sapevo che sensazione avevo, mi sentivo piena e allo stesso tempo vuota.  Una strana sensazione davvero, mi sentivo strana e non potevo liberarmi da quella sensazione di vuoto e di svolazzamento di farfalle nello stomaco.
Karen mi riaccompagnò a casa, c’era il disastro, tutti o quasi erano andati via. Era rimasto lo sfigato sdraiato per terra a dormire, mentre una coppia era a fare acrobazie nudiste dentro la piscina. Li feci uscire e rivestire subito. Feci andare Karen a casa e mi misi a riordinare, lasciai il povero  sfigato, che avevo scoperto si chiamava Zach, a dormire su una sdraio. Dovevo fare qualcosa, anche se Gordon me lo impedì insieme a Jennie. Un po’ aiutandoli a mettere a posto quella strana sensazione se ne andava.
- Ora vado a letto!- espressi a Jennie stiracchiandomi e portando sul vialetto l’ennesima busta colma di rifiuti.
- Se lo merita mia cara…- sostenne abbracciandomi. Mi serviva il suo abbraccio, per me non era solo una governante era come una parente, una zia forse. - Ora vada ha anche fatto più di quello che doveva…-
- Si… forse  ma l’ho fatto perché mi sento non so… strana…!-
- E’ stanca, ha mangiato cioccolata in quantità industriali e poi era furiosa per i suoi genitori… vada a riposarsi…-.
Andai in camera, mi feci una doccia, diedi un’occhiata alla mail che mia madre e mio padre mi avevano mandato insieme ad una loro foto che brindavano per me. “ Buon sedicesimo tesoro! Ti vogliamo bene! baci mamma e papà!”. Grazie, pensai e spensi la luce, mi ricordai solo dopo che non avevo letto la loro lettera allegata alla macchina.  Ah saranno le solite raccomandazioni non correre troppo, non bere, non farci cose oscene… mi rigirai nel letto e chiusi gli occhi, domani avrei chiamato i miei per ringraziarli e dimenticare quello che avevo passato negli ultimi tre giorni.
Il mattino mi svegliai ancora con quella sensazione, quel senso di vuoto che era diverso, intenso senso di ansia indescrivibile. Erano le otto e trenta e dopo essermi sciacquata il viso corsi a fare colazione. Acesi il cellulare per vedere se mia madre o mio padre potessero rispondermi ma la linea risultava disturbata quasi come ci fosse un lieve fischio lontanissimo. Chiusi pensando magari fosse a causa del brutto tempo che si era scatenato in Europa. Jennie era uscita lasciandomi un biglietto sulla lavagna magnetica “ Vado a fare un po’ di spesa i suoi mi hanno chiamato poco fa mentre lei dormiva mi hanno detto che saranno qui nel pomeriggio”.
- Okay… almeno  tornano un po’ da me…- espressi versandomi del latte e una manciata di cereali nella tazza. Accesi la televisione. Primo canale parlava di un disastro aereo nel tragitto nell’oceano Atlantico, per istinto e per forse noia cambiai canale era la stessa notizia su quasi tutti i canali.
- Ma che diavolo è successa una catastrofe… mi spiace per l’aereo precipitato ma.. dai su venti canali la stessa cosa…- spensi la tv e accessi la radio anche la era la stessa solfa. Sbuffai irritata, ma forse f u meglio che spensi tutti gli apparecchi. Il telefono iniziò a squillare all’impazzata, sembrava di essere in un giornale.
- Tesoro ci spiace tanto…. Siamo sconvolti quanto te ma come stai?!- una voce forse della segretaria di mio padre piangeva.
- Sconvolta?! Ma cosa succede hey?- non feci nemmeno in tempo a sentire la risposta che la linea sembrava intasata. Arrabbiata e confusa staccai la corrente, fuori casa c’erano anche dei giornalisti. - Ma che cavolo è successo?!- pensai poi mi precipitai al mio cellulare, la batteria scarica corsi in camera a prendere il carica batterie e lo riaccessi appena possibile. Chiusi gli occhi il senso di vuoto era di nuovo dentro di me. Scorsi sulla rubrica il numero di mia madre, il cellulare non dava segni di vita, provai su quello di mio padre era altrettanto senza speranze. Chiamai la filiale di Londra. Mi avevano messa in lista d’attesa. Buttai il telefono sul letto. guardavo dalla finestra il povero Gordon che non riusciva a passare a causa dei giornalisti.
Un trillio mi fece precipitare al telefono. Il numero era sconosciuto ma forse poteva essere una soluzione. Per un momento pensai alla tragedia aerea avvenuta  nel volo che da Londra portava a New York , era quello dei miei? Sperai di no? Un senso d’ansia mi pervase. Il telefono finì di trillare, provai a rifare il numero ma quello mi precedette.
- E’ lei Natalie una parente o amica Henry e Susan Howard…?- una voce molto disturbata e con un sottofondo incasinato cercava di parlarmi -Conosce o può mettersi in contatto con i parenti più stretti!? Purtroppo le linea è disturbata quindi non so se e fin quanto potremmo rimanere in contatto… -
- Si sono io… Natalie Howard sono la figlia ma i miei cosa è successo? Pronto mi sente pronto!?- urlai a squarcia gola ma la linea era andata. Sentì un tonfo come fosse un’esplosione.  Un brivido gelido percorse la mia schiena, caddi per terra priva di sensi.

   
 
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