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Autore: girlwolf    12/02/2013    2 recensioni
Prefazione : Questa storia non ha scopo di lucro. I personaggi sono frutto di fantasia e quindi qualsiasi fatto, nome e contesto sono inventati.
Natalie vive a Los Angeles ma a causa della morte inaspettata dei suoi genitori con cui ha un rapporto travagliato e difficile, è costretta essendo minorenne, a trasferirsi da sua zia Kate nel Wisconsin unica parente stretta e sorella della madre defunta, la zia non le piace affatto perchè non la conosce per niente e perchè fa l'altropologa, cosa che lei trova noiosa finchè scopre quello che sua zia sta analizzando in alcuni paesi vicini a Milwakee: il fenomeno della licantropia...
Genere: Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi svegliai che ero a letto. Confusa e frastornata, cercavo di alzarmi ma vedevo tutto annebbiato e avvertivo un forte dolore alla nuca. Cercai di mettere a fuoco. Jennie era accanto a me, non aveva una bella cera, era vestita di nero e mi guardava preoccupata. Cercavo di sollevarmi  dal letto, ma non riuscivo a farlo sentivo braccia e gambe indolenzite. Un pizzico sul braccio mi fece capire che mi era stato iniettata qualcosa.
-         Stia giù Natalie… la prego…- si rivolse a me con aria disperata, piangeva e aveva gli occhi arrossati, anche se cercava di non mostrarsi troppo disperata sapevo che lo faceva per me.
-         Ma cosa mi è successo?!- sostenni a fil di voce. In effetti mi ricordavo solo qualcosa del trambusto scoppiato improvvisamente, tra tv telefono e fax e della telefonata e lo scoppio improvviso sentito  al telefono.
-         È svenuta … forse la notizia… l’ha sconvolta così totalmente che non ha saputo reggere… ma non si preoccupi noi le siamo e le staremo vicino… io e Godon… cercheremo di non farle mancare nulla…-
-          Spiegami cosa è successo?! Io non ci capisco nulla… ti prego….-
-         I suoi…. Natalie… i suoi genitori hanno avuto un incidente aereo…. un guasto al motore li ha fatti precipitare nell’oceano… non si trovano i corpi di più di 50 persone è un disastro… un vero disastro la persona che l’ha contattata probabilmente era qualcuno dei primi soccorsi che ha trovato il cellulare nella giacca di suo padre…- la povera Jennie non era riuscita neppure a terminare la frase che scoppiò in lacrime.
Non ebbi alcuna reazione, prima volevo ripetermi in mente le parole di Jennie “ I suoi genitori sono morti”.  Jennie continuava ad abbracciarmi e, se pensava che ero in stato di shock aveva indovinato. Sentivo il mio corpo tremare,  la voce rotta dalle lacrime, gli occhi sbarrati nel vuoto. Avete presente quando non ve ne importava più di nulla tanto alla fine quella cosa vi appartiene, beh mi sentivo come se nulla più mi fosse rimasto, come se da quel momento non potevo dare più nulla per scontato.  Riuscì a sfuggire dalle braccia di Jennie e corsi in camera dei miei, volevo vedere le loro foto, le nostre foto, quelle che per anni avevo ignorato, per anni avevo sempre dato per scontate, siamo noi, sono sempre loro mamma e papà e io Natalie. Presi quella che mi piaceva di più, mia madre se l’era messa sul comò perché le avevo detto di tenerla là. Eravamo tutti insieme sulla spiaggia a Santa Monica qualche anno prima, un giorno in cui mio padre e mia madre decisero di farmi una sorpresa e passare un intera giornata al mare insieme. Sorrisi ripensandoci, avevo forse sette o otto anni, e tutto mi sembrava bello perché infondo c’erano i miei a coccolarmi e a proteggermi. Mi strinsi al petto la foto, mi accovacciai sul pavimento, le lacrime irruppero nel silenzio, non sapevo che dire, non c’erano parole per descrivere le sensazioni che provavo  volevo solo piangere, piangere e piangere e non vedere nessuno. Jennie uscì dalla camera da letto, mi chiese qualcosa ma io non l’avevo sentita, era come se un tappo ricoprisse le mie orecchie.
-           Non voglio nulla per favore lasciami sola!-le intimai chiudendo la porta. Mi sentivo straziata, debole, come se improvvisamente il mio corpo non aveva nulla a cui reggersi.  Per fortuna Jennie era sempre stata una persona comprensiva e mi lasciò da sola la sentivo ancora piangere immaginando quanto fosse affezionata alla mia famiglia, o quello che ne era rimasto.
E adesso ?!- mi chiedevo mentre ero in quella stanza seduta sul pavimento – Cosa… come farò? - la disperazione mi stava pervadendo. Ad un certo punto dovetti chiudere gli occhi per non pensarci, volevo svegliarmi e far finta che non fosse tutto vero.
Mi addormentai ancora. E mentre io dormivo quasi come uno zombie, senza espressioni  sul volto e qualcosa almeno da pensare, sentivo, telefoni e persone che andavano e venivano.  Sentivo rimbombi continui ma nulla aveva a che fare con quella esplosione.
Un improvviso bussare sulla porta mi fece rinvenire.  Jennie mi stava cercando ma non avevo voglia di vedere nessuno. Mi sentivo a pezzi. Le aprì la porta comunque volevo abbracciarla per dirle che non ce l’avevo con lei ma stavo troppo male.
-         Natalie… la prego io ho spiegato che sta davvero male ma qui sotto c’è la segretaria di suo padre che vorrebbe parlarle…- sentivo la povera Jennie disperata, forse nonostante l’insistenza Sophia non se ne faceva convinta.
-         Okay.. dammi qualche minuto…- espressi tirandomi su dal pavimento. Mi guardai un secondo allo specchio, avevo una faccia orribile. Avevo dormito sul pavimento per ben 36 ore. Mi svegliai infatti il giorno dopo.
Jennie mi aspettava tra le mani la mia vestaglia. Cercò di sorridermi, le risposi cercando di abbozzarglielo.
-         Mi scusi ma… non faceva che insistere così sono venuta personalmente a chiamarla….-
-         Non  ti preoccupare…- l’abbracciai  poi mi diressi verso il bagno per sciacquarmi almeno il viso. Jennie scese. Mi allacciai la vestaglia azzurra con le stelle bianche e mi avvicinai al corrimano, mi guardavo attorno pensando che ogni parte di quella casa era parte dei miei genitori. Sophia mi aspettava in salotto, mentre sorseggiava un the caldo, sentivo il profumo della cannella.
-         Natalie non sai quanto mi sento male… James sarà insostituibile nella vita dell’ H & B Inc. … ovviamente anche Susan era una persona unica…eccezionale.. - mi venne incontro quasi rovesciando la tazza sul divano, sul divano dove i miei spesso ricevevano ospiti o clienti . Mi abbracciò così forte che sentivo quasi il cuore schizzare dal petto.
-         Si… immagino…- espressi ricomponendomi e guardandola di sottecchi. La guardavo e più sapevo di non conoscere affatto quella donna a parte il nome. In quanto spesso chiamava a casa per sapere cosa stavo facendo al posto dei miei. Alta, magra, con i capelli neri lisci e gli occhi cosi neri da poterti specchiare. Sembrava una miss perfettina, proprio il genere dei miei.  Era stata un mucchio di volte a casa mia, per portare carte e altro che i miei dimenticavano costantemente in ufficio, ma non so perché non mi piaceva affatto. Il tubino e la giacca nera le strizzavano le forme, ma facevo finta di nulla anche se aveva  tutto ben in mostra.
-         Dobbiamo pensare al funerale… ora lo so che non te la senti perché  stai a pezzi ma cara Nattie…io pensavo…-  mi prese le mani poi prese da una borsa portadocumenti una lista. La fissai sbigottita. I miei erano dispersi ma probabilmente morti sul colpo  e non sapevo nemmeno su quale corpo piangere e lei pensava al funerale.
-         Mia madre , mio padre e Jennie mi chiamano Nattie quindi per favore niente nomignoli da parte sua… noi non siamo così in confidenza…- la interruppi mi sentivo in dovere di farlo. Come si permetteva, come poteva chiamarmi come facevano i miei?
-         Scusa Natalie… comunque io ho fatto una lista delle persone da invitare…-
-         Ma cos’è uno scherzo? I miei sono morti  da un giorno e non credo  che ci sia alcun evento per cui invitare gente… non c’è nulla da celebrare…-
-         Natalie la prego si calmi … io volevo solo… faccio il mio lavoro… suo padre e sua madre erano molto conosciuti qui a Los Angeles …perciò io… sto solo facendo in modo che la gente li possa ricodare…-
-         No! si calmi lei… io non capisco… viene qui in casa mia a dirmi di invitare gente che non conosco…- Jennie quanto Gordon si affacciarono alla porta, lanciai loro uno sguardo e avevo capito che stavo esagerando.
-         Okay… - espressi inspirando  e guardandola  sedendomi accanto, presi la lista che aveva lasciato sul tavolino - mi scusi ma… non sono molto concentrata oggi  e direi…- sostenni guardando nomi di persone sconosciute - … che preferisco per i miei genitori una cosa intima… quindi dimezziamo perfavore la lista… ora la leggo con calma e le mando un fax più tardi in ufficio…-
-         Certo…- affermò attenta mentre con la sua penna sulla sua agenda si scriveva quello che avevo appena detto.
-         Comunque sarei anche grata se del … tutto…- non riuscivo a parlare sentivo una morsa allo stomaco, perché dire o pensare quella farse mi riconduceva alla realtà, ovvero che i miei erano morti.-… quando sarà il momento… si occupi del funerale…-
-         Certamente..- mi fissò rattristata per  un secondo e continuò a scrivere  quello che avevo detto.
-         E ora se non le dispiace… vorrei stare da sola… -
-         Capisco… però volevo darle anche questa… ho già avvisato la scuola  dopodomani l’aspettiamo per una riunione insieme ai soci… sa queste decisioni vanno prese in fretta… c’è in mano una società…-
 Annuì indifferente e asettica, presi  la busta tra le mani senza dire una parola, poi chiesi a Gordon di accompagnarla alla porta. Andai in cucina per bere qualcosa, prima che lo stomaco potesse chiudersi sul serio.
-         Come stai piccola – Jennie mi posò la mano sulla spalla. Mi abbracciai a lei e piansi tantissimo, come non mai.
-         Mi dispiace solo… di non averli potuti ringraziare, sono stata pessima con loro e mi sento davvero in colpa per la loro morte se solo non avessi insistito la loro presenza alla mia festa…-
-         Non è colpa tua Nattie… loro ti volevano bene ed è che questo che devi pensare che eri la loro unica e meravigliosa figlia.
Mi abbracciai ancora a Jennie, poi sentì il campanello suonare. La voce agitata della mia amica Karen irruppe nel silenzio della casa.
-         Vedo se può riceverla…- le affermò Gordon facendole segno di aspettare.
-         Natalie c’è la signorina Hunt  che aspetta se non le va le va…-
-         No.. grazie Gordon ci penso io…- espressi andando verso di lei. Karen  la solita esagerata però mi faceva piacere averla li avevo bisogno di qualcuno che piangesse quanto o forse più di me.
-         Mi spiace tanto Nat… quando me l’hanno detto i miei sembravo sprofondare… ieri ho provato a chiamare e poi Jennie mi ha detto che riposavi.. così oggi ho provato a venirti a cercare di nuovo…-
L’abbracciai, avevo tanto bisogno di un’amica pura e dolce come Karen in quel momento.
-         Hai fatto bene… -
-         Senti anche le ragazze hanno detto che se hai bisogno di qualsiasi cosa…chiedi… !-
-         Una cosa ci sarebbe…- espressi guardando la lista degli “ invitati” al pseudo funerale dei miei genitori.
Andai in cucina con karen e Jennie ci preparò qualcosa da mettere sotto i denti. Alla fine in tutta la lista non conoscevo nessuno, c’erano i  Baker i migliori amici dei miei, qualche altro nome celebre nella città.
-         Jennie ma .. mi spieghi una cosa… so che non me n’è mai importato visto che i miei non me ne hanno dato mai occasione, ma chi è questa Katelyn Travis, non mi sembra una che conoscevano i miei, forse è qualcuno dell’ufficio… e poi è possibile che non ci sono zii, i nonni non li ho mai visti e quello europeo beh credo sia morti qualche anno fa…-
-         Kate…  è sua zia la sorella di sua madre, ma tra loro non correvano buoni rapporti e poi lei vive lontano ed è una mezza squilibrata… ha cambiato il cognome …beh insomma vecchie storie…-
Io e Karen guardammo sbigottite Jennie, una zia? E chi ne sapeva nulla? Il vero peccato era che fosse l’unica parente  dato che il fratello di mio padre era morto qualche anno fa a  causa di una malattia. con amarezza e tristezza avevo appurato che a parte i miei genitori e questa zia stramba, loro erano circondati da amici e clienti. 
Presi la lista  e cercai nel cassetto dove mio padre teneva sempre la rubrica il fax  e il numero dell’ufficio e inviai il tutto a Sophia, alla fine  pensai che amici e qualche cliente andassero bene infondo.
Mi arrivarono molte chiamate nei giorni seguenti per via del funerale, anche se continuavo a ripetermi che non potevo piangere due corpi che avevo nemmeno visto, che insieme ad altri non erano stati ritrovati, ma che l?oceano Atlantico si era inghiottito.
-         Jennie…- espressi mentre cercavo invano di mangiucchiare qualcosa che la mia cara tata e governante aveva preprato per me. – perché .. la mamma non mi ha mai parlato di questa zia… questa Katelyn…  -
-         Ti ripeto che io non ne so nulla… però potresti provare a vedere tra le foto di famiglia io la ricordo vagamente qualche anno fa … potrei aiutarti…-
Non le diedi nemmeno il tempo di rispondere. Corsi in salotto e cercai immediatamente quegli album.  Io e Jennie passammo tutta la serata a guardarle, ce n’erano un milione dei miei, di me e dei miei nonni ma di questa donna non c’era nulla. Possibile che dell’unica sorella che  mia madre avesse mai avuto, non non avesse mai dato importanza?Conoscendo mia madre, mi sembrava strano e anche mio padre, possibile che non mi avesse mai accennato di lei. Ricordando la nonna Hanna, la madre di mia madre, austera com’era forse questa sorella era stata tenuta nascosta fatto stava che non ero riuscita nemmeno a rintracciarla. Confusa e pensierosa cercai di chiudere occhi, anche se ormai non lo facevo da settimane. Tutto questo mi aveva sconvolta, la morte improvvisa dei miei genitori, la vita che sarebbe cambiata da quel momento senza la loro presenza. Io ed una casa enorme e vuota che fino a qualche settimana prima pullulava spesso nei week-end con gli amici di famiglia.
Qualche giorno  più avanti ci fu la celebrazione  di quella specie di funerale. Jennie mi aveva consigliato il tubino nero e le perle bianche della mamma da indossare. Lei e Gordon mi accompagnarono al cimitero. I miei amici erano la presenti, insieme a gente che continuava a farmi le condoglianze e a ricordarmi quanto i miei genitori fossero speciali e importanti per la società, per Los Angeles.  C’erano anche i migliori amici dei miei genitori i Backer e i Williams , sua moglie Amber mi abbracciò forte. Una donna alta e molto aggraziata, rossa con gli occhi azzurro-verde.
-         Tesoro, non sai quanto siamo in pena per questa tragedia…- espresse con voce
-         sconvolta, le lacrime le solcavano il volto-… io e Jack abbiamo pensato che puoi restare qualche giorno con noi ma vorremmo magari che rimanessi con noi… credo che a Susan e James avrebbe fatto piacere e poi ci sono anche Caroline e Micheal che non vedono l’ora di averti a casa…- accennai con la testa.
 In effetti forse pur di non stare sola mi sarei trasferita da loro, erano brave persone e  mi volevano bene ma non so non riuscivo a farmene una ragione del fatto che avrei  dovuto avere altre persone che si prendessero cura di me almeno fino alla maggiore età. Guardai in giro per evitare di avere altri amici dei miei che mi facevano queste proposte e andai verso Sophia, cercando di  capire se alla fine almeno lei avesse rintracciato quella che si diceva la sorella di mia madre, avrei infatti avuto molto piacere di conoscerla nonostante l’occasione poco allegra e magari avrebbe potuto rimanere con me ad accudirmi. Ma lei non c’era affatto. Si sapeva che esisteva, ma nulla di più nemmeno un’indirizzo.
 Per fortuna questa  celebrazione assurda, fatta davanti ad una lastra di marmo senza aver avuto nessun corpo da piangere sul serio, finì verso sera quando la migliore amica di mia madre, Barbara, mi abbracciò e asciugandosi le lacrime mi fece un cenno con la mano per salutarmi.- Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno cara Nattie fammelo sapere … ti voglio bene e tua madre era per me una persona cara…- mi disse abbracciandomi cercando di non piangere, anche se capivo il suo stato d’animo lei e la mamma erano inseparabili. Vidi che era arrivata già verso il vialetto che portava all’uscita  e stava per entrare nella sua Corvette nera, le corsi in contro, forse lei poteva aiutarmi, ma alla fine era troppo tardi se n’era già andata. Esasuta per la giornata mi avvicinai a Jennie e Gordon. Quest’ultimo mi strinse tra le sue braccia.
-         Torniamo a casa Nattie  hai bisogno di riposare…- mi apriì la poriera della macchina, Jennie la richiuse e si sedette sul davanti insieme a Gordon, se non fosse per la loro presenza, sarei rimasta sola.
 Quando mi ritrovai a casa, pensai a come voltare pagina, a come poter andare avanti. Cenai insieme a Jennie e Gordon, ma non avevo molto appetito, chiesi scusa e andai nella mia camera, sul comodino la lettera della società che mio padre gestiva insieme a Mitch Backer, il suo grande amico. La rilessi, mi chiedevano di presentarmi il giorno dopo in un consiglio d’amministrazione. Stufa la riposai sul comodino, che ci dovevo andare era palese, era il cosa avrei dovuto fare che mi preoccupava, non ero in grado di decidere anche se sapevo quanto mio padre teneva al lavoro, ma non capivo perché si parlava di vendere le sue azioni e quindi mi dovevo portare un avvocato, pensai proprio a Barbara Mongmery l’amica della mamma, sapevo che di lei potevo fidarmi perciò dopo aver composto il suo numero e averle chiesto se poteva accompagnarmi mi sentì decisamente sollevata quando mi rispose che non c’erano problemi.
   
 
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