Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Vals Fanwriter    03/01/2013    3 recensioni
Dal capitolo 4:
"Sebastian non si era mai sentito così strano, nel leggere una singola frase; provava un sacco di sentimenti contrastanti, in quel momento: dalla delusione all’esaltazione, dall’incredulità allo scetticismo. Tuttavia, non c’era altra spiegazione a quel fenomeno; era qualcosa di paranormale, una specie di varco, di macchina del tempo; era un intervallo che conteneva due anni, due anni che separavano Sebastian da Thad, due anni che separavano il passato dal futuro."
Thadastian, e un po' di Niff qua e là | Long-fic | Fluff, Romantico, Sentimentale, Triste, e molto altro… | AU | deliberatamente ispirata a "la casa sul lago del tempo"
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Rating: Verde.

Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale, Triste, e molto altro…

Capitolo: 2/15 + epilogo.

Pairings: Thadastian e un pochettino di Niff qua e là.

Avvertimenti: AU; deliberatamente ispirata a “la casa sul lago del tempo”.

Premessa: Vi avverto da adesso. In questo capitolo ho inserito un original character, di cui parlerò meglio nelle note finali – ci ficcherò una descrizione accurata, sì. È un personaggio nato dal cervellino mio e di Robs – di Robs soprattutto, maledetto quel giorno – e nulla, spero che non vi deluda la comparsa del “migliore amico di Sebastian”. Vi auguro buona lettura.

 


 

LH

 

[…] non potevano esservi stati altri due cuori così aperti,
altri gusti così simili, altri sentimenti così all'unisono.

~ JANE AUSTEN ~

 

Capitolo 2

 

 

 

Guardare con soddisfazione un’opera d’arte fatta interamente dalle proprie mani è la sensazione più bella che possa esistere. Alla vista, riesci proprio ad avvertire l’aria che vortica nei tuoi polmoni, tanto è forte l’appagamento, e ti tremano le mani nel reggere quel piccolo capolavoro. Finalmente, senti che tutti i tuoi sforzi sono stati ricompensati e che nulla potrà rovinare la tua giornata, perché ti basterà ripensare al tuo operato e qualsiasi carognata del destino passerà inosservata.

È così che si sentì Sebastian, quella sera, dopo ore passate a meditare su cosa fosse all’altezza, per quella situazione, e cosa no. Aveva trascorso l’intero pomeriggio a riflettere e poi, colto dall’illuminazione, aveva realizzato la perfezione. Così la denominò, mentre vi appuntava sopra una firma, con la sua grafia leggiadra e sottile. Quella lettera era la cosa migliore che avesse mai scritto e ne andava dannatamente fiero.

Tenne il mento sollevato, reggendo con le mani, davanti ai suoi occhi, la lettera e rileggendola per la tredicesima volta, un sorriso compiaciuto sul viso.

‹‹È perfetta.›› gongolò, prima che un batuffolo color caramello attirasse la sua attenzione: zampettava a destra e sinistra distraendolo dalla sua occupazione. Sebastian aggrottò la fronte e sospirò, posando lo sguardo sul paio di occhietti scuri e allegri, che lo stavano scrutando curiosi da una decina di minuti, o forse anche di più.

‹‹Che vuoi tu?›› borbottò, mentre il cane dal pelo caramellato continuava ad agitare la coda, felice. Sebastian abbozzò un sorriso, intenerito dalla bestiola: ‹‹Tanto lo hai capito anche tu che al canile non ti ci mando, uh?››

Il cane abbaiò, in risposta, col solito luccichio di contentezza negli occhi, e gli trotterellò accanto, alzandosi sulle zampe posteriori e poggiando le altre due sul suo jeans.

‹‹Okay, però questo non è igienico.›› il ragazzo ridacchiò e gli passò appena una mano sui peli arruffati dietro la testa lisciandoglieli, poi mormorò, ‹‹Dopo ci facciamo un bagno, okay?››

Un altro guaito brioso gli fece capire che la bestiola era d’accordo.

‹‹Bravo, cucciolo.›› Detto ciò, si avviò all’ingresso della casa sul lago, col cane che lo seguiva a ruota, ballonzolante. Era pronto a spedire la busta al fantomatico Signor Harwood.

 

 

°*°*°*°

 

 

Egregio ed anziano Signor Harwood,
Sì, anziano. E rimbambito aggiungerei anche, date le idiozie che mi ha scritto. La casa a cui si riferisce appartiene alla mia famiglia da prima che io nascessi e le assicuro - glielo assicuro vivamente - che il mio amato paparino non affitterebbe, né ha mai venduto casa nostra ad ottantenne alcuno. Per cui, questo fa di me un proprietario a tutti gli effetti.
Avrei concluso semplicemente così, se non avessi capito che lei non è altro che un ragazzino con un pessimo senso dell'umorismo. Quel dannato cane mi ha riempito il ponte di impronte e non accenna a volersene andare. Pertanto, la pregherei di venire a riprenderselo e di mostrarmi la sua faccia da imbecille, altrimenti sarò costretto a spedirlo al canile. Lo scherzo è bello, Signor Harwood, ma è bene che lei sappia che so giocare anch'io. Con queste premesse la saluto.

Sebastian Smythe

P. S. Le farebbe bene una bella scopata ogni tanto. Sembra che abbia molto tempo libero e, occasionalmente, anche io. ;)

13/04/12

 

Thad alzò lo sguardo, indubbiamente sconcertato, da quella grafia così perfetta ma, allo stesso tempo, così inadeguata, rispetto al contenuto di quel foglio ingiallito. L’individuo che aveva scritto quella lettera doveva di sicuro essere una persona bigotta e maleducata. O forse era lui che se la stava prendendo eccessivamente, solo perché il nuovo inquilino della casa sul lago – della sua casa sul lago – si era rivolto a lui in un tono troppo confidenziale?

Del resto, i suoi genitori lo avevano sempre educato in maniera impeccabile. Già da piccolissimo, gli era stato spiegato come era giusto comportarsi in presenza di altre persone, come accogliere gli ospiti in casa ed intrattenerli, ma soprattutto, aveva imparato da suo padre una lezione importante: fare del bene anche quando si riceve del male. Era questo il suo motto e non faceva che ripeterlo a Thad ogni volta che lui tornava a casa imbronciato. Capitava spesso, a scuola, che i suoi coetanei lo prendessero in giro e che gli rubassero i giocattoli più belli. Ad esempio, c’era sempre una gran quantità di bambini che, non appena scattava l’ora della ricreazione, si fiondavano alla “cassa dei tesori”. Così la chiamava Thad, e tra i giochi che preferiva di più, rientravano una piccola statuetta snodabile di Charmander, il suo Pokémon preferito, e la scatola delle costruzioni dai pezzi fluorescenti. Riuscivano sempre a soffiarglieli sotto il naso, quei furbastri, e il più delle volte non lo facevano per giocarci, ma per fare un dispetto a lui, il preferito della maestra. E così, Thad si ritrovava coi lacrimoni agli occhi, ma non lasciava mai che gli cadessero sulle guance, né tantomeno s’infuriava con i compagni. Stava lì, a respirare a fondo, a calmarsi e a pensare a cosa era giusto fare, alle parole di suo padre. Chiudeva gli occhi per un attimo e…

‹‹Fare del bene anche quando si riceve del male.›› Se lo ripeté anche in quel momento, col pezzo di carta stretto tra le mani, gli occhi chiusi e il profumo dell’erba che gli entrava nelle narici ad ogni profondo respiro. Era una stupidaggine, certo, non doveva innervosirsi per una cosa così sciocca, eppure contò ugualmente fino a dieci, prima di esplodere con fare stizzito e sbottare: ‹‹Ma come si permette?!››

Jack smise di scodinzolare all’improvviso e sobbalzò nel sentire la voce del suo padrone farsi tonante e piena di furore. Si voltò a guardarlo, gli occhietti vispi e attenti.

Il ragazzo aveva il viso rosso d’imbarazzo adesso, come se stesse reagendo per gradi alla lettera di quel bizzarro personaggio. Stava andando a ritroso ed ora aveva la mente occupata da quell’indecente post scriptum. Puntò lo sguardo su Jack ed espirò tutta l’aria che aveva in corpo.

‹‹Ma ti pare normale?›› disse, rivolto alla cagnetta che, dal canto suo, tirò fuori la lingua per guardarlo con un’espressione entusiasta, ‹‹Tu ti stai divertendo, vero?›› Riprese a scorrere la lettera all’indietro, scuotendo la testa ad ogni frase, a suo parere, priva di senso, finché non si ritrovò a storcere la bocca e ad aggrottare la fronte, al punto di farsi venire il mal di testa.

‹‹Adesso mi sente.›› borbottò, deciso più che mai a rispondere per le rime a quel Sebastian Smythe.

Andò alla macchina, prese dalla sua tracolla il piccolo block-notes, ricolmo di una miriade di appunti riguardanti la fotografia, oltre che degli scarabocchi di Jeff – nell’angolo di un foglio c’era scritto “nerd una volta, nerd per sempre” – e ne staccò una pagina. Agguantò la penna, in bella vista sul cruscotto, e si sedette al posto di guida, il viso nascosto per metà dalla sua sciarpa, i piedi poggiati sul battitacco dell’auto, le gambe di fuori, rannicchiate, e il quadernetto col foglio poggiato su di esse.

Ci pensò su un attimo, premendosi la testa della penna sul mento, come soleva fare ogni volta, e osservando Jack girare in tondo, nel tentativo di mordicchiarsi la coda; poi iniziò ad inchiostrare la carta con un sorrisino dall’aspetto ironico.

‹‹Cordialissimo Smythe…››

 

 

°*°*°*°

 

 

Sarcasmo: capacità di insultare un idiota, senza che costui se ne accorga.

Non ricordava dove l’aveva letto – magari era una di quelle frasi stupide che trovava di solito bazzicando su internet – sapeva soltanto che un uomo misterioso, da qualche giorno a quella parte, si divertiva ad usarla contro di lui, quella massima. Doveva essere un tipo molto furbo ed intelligente, a giudicare dal modo in cui gli scriveva: sempre composto, mai una parola fuori dai ranghi, costantemente educato, ma allo stesso tempo, snervante e discretamente petulante. A volerlo incolpare di qualcosa, insomma, non saresti riuscito a cavare un ragno da un buco, data l’abilità con la quale riusciva a smontarti con le parole.

Sebastian neanche ci aveva provato a riassumere il contenuto della lettera che aveva ricevuto da Harwood. Gli era semplicemente piombata addosso come un meteorite e, colto dal nervosismo, l’aveva ripiegata e ficcata in borsa, prima di uscire di casa per dare un senso alla sua giornata.

Inutile dire che aveva passato la sua mattinata universitaria ad arrovellarsi il cervello. Se questa persona gli stava scrivendo quelle lettere assurde, di sicuro doveva conoscerlo bene, o meglio, doveva avergli fatto qualcosa di particolarmente oltraggioso e, di conseguenza, stava cercando di farlo impazzire. Stava in pratica dando vita ad un sadico gioco psicologico finalizzato a fargliela pagare.

Ma d’altronde, lui ne aveva di persone che se la sarebbero volentieri presa con lui: tutti quelli che aveva scaricato dopo una sana e libertina notte di follie; buona parte dei suoi compagni d’università, in realtà; la maggioranza, in realtà.

Era un ragazzo vivace, tutto qui, e come tale, qualcosa doveva pur fare per sfogare. Nessuno si era mai lamentato dei suoi metodi. Certo, a volte gli avevano gettato qualche occhiataccia malevola, ma nulla più di questo. Evidentemente, faceva un così bel lavoro con i suoi compagni di letto, che alla fine non avevano più neanche il coraggio di odiarlo. Tuttavia, quel tipo doveva essere diverso dagli altri…

 

Rispondo al tuo P. S.: mi dispiace deluderti, ma la mia agenda è affollatissima, signor Smythe. Sono pieno di impegni e ho una vita sociale, al contrario di quanto pensi. Oltretutto, dubito che sprecherei il mio tempo con una persona così poco delicata e matura, tranne forse per chiederti, per la seconda volta, di spedirmi la posta, inviata a te per sbaglio, all’indirizzo che ti ho riscritto dietro questo foglio. Spero non sia una gran fatica per te.

 

Se ne sarebbe ricordato di un ragazzo così, però, un ragazzo con una tale faccia tosta da definirlo immaturo, un ragazzo con una tale faccia tosta da chiamarlo ignorante. Sì, ignorante. Lo aveva scritto alla fine della lettera, dicendogli che era il caso che imparasse a contare, visto che persisteva nel datarsi al 2012, invece che al ’14.

Lo aveva talmente riempito di fini parole e stordito con quella lettera che, quel pomeriggio, uscendo dal complesso universitario e rispondendo al cellulare, dopo aver letto velocemente il nome che lampeggiava sul display, si ritrovò a chiedere: ‹‹Non siamo nel 2014, vero?››

Dall’altro capo del telefono arrivò una risata sommessa, ma divertita: ‹‹No, a meno che tu non sia stato appena svegliato da un sonno criogenico della durata di due anni.››

Sebastian sbuffò e roteò gli occhi, mentre scendeva le scale esterne dell’edificio. Quella voce era inconfondibile e quasi ringraziò il cielo per avergli fatto dire una cosa tanto strampalata ad una persona altrettanto strampalata.

‹‹Ma quanto sei cretino, Cameron*.›› esclamò con ironia, ‹‹Non dirmi che hai di nuovo passato la nottata a guardare quel film?››

‹‹Puoi dirmi quello che vuoi – che ti ha disgustato, che se ti fossi alzato dalla poltrona, saresti svenuto – ma a me è piaciuto un casino!››

Cameron. Ormai aveva perso il conto di quanti anni fossero passati dal loro primo incontro ma, da che ne aveva memoria, loro due erano sempre stati amici per la pelle. Uscivano sempre insieme, si dicevano tutto, si chiamavano ad ogni ora del giorno e della notte e, almeno una volta al mese, Sebastian era costretto a fargli da spalla in una delle sue follie più dilaganti: vedere un film al cinema senza conoscerne la trama. E l’ultima volta non gli era andata molto bene.

‹‹Per piacere, dovevano per forza mostrare il braccio meccanico che tirava fuori l’alieno dalla pancia della tipa?›› proruppe esasperato Sebastian, portandosi una mano alla tempia, ‹‹Che poi non era un alieno, era una piovra!››

‹‹In effetti, quella scena ha fatto un po’ senso anche a me.›› concordò Cameron con tono pacato, ma subito dopo esplose in una frase eccitatissima, ‹‹Però è stato un film entusiasmante! Pensa che il sequel…››

‹‹So che stai per chiedermelo quindi, no, non ti accompagnerò a vedere il sequel.›› lo interruppe Sebastian all’improvviso, sistemandosi meglio la tracolla sulla spalla e sorridendo all’immagine del suo migliore amico imbronciato.

‹‹Ti prego, è solo tra due anni… Troverai il tempo per metabolizzarlo…›› lo implorò l’altro, la voce ridotta ad un dolce sussurro, e Sebastian sapeva che era tutta una tattica per farlo cedere, sapeva di non potergli negare nulla.

Era uno strano rapporto il loro. Sebastian, fin dai tempi del liceo, lo aveva sempre visto come una persona fragile da proteggere. I compagni di scuola tendevano sempre a trattarlo male, perché Cameron era il migliore della classe, e l’unica persona in grado di dissuaderli era Sebastian. Riusciva a mettere loro i piedi in testa e a farli tornare nel loro cantuccio con la coda fra le gambe. Dal canto suo, Cameron lo aveva sempre aiutato a prendere buoni voti a scuola e insieme ne avevano combinate di cotte e di crude. La loro amicizia era vacillata ben poche volte e si era protratta fino a quel momento.

‹‹A proposito di “tra due anni”,›› disse Cameron, dimenticandosi per un attimo del film, ‹‹perché mi hai chiesto se eravamo nel 2014, prima?››

‹‹Perché ho viaggiato nel tempo.›› rispose con semplicità Sebastian, facendo una smorfia divertita ed incamminandosi lentamente su per una lunga salita, che conduceva al parcheggio dell’università, ‹‹No, in pratica il tipo matto mi ha scritto di nuovo.››

Cameron ridacchiò, capendo all’istante il riferimento alla data: ‹‹Ancora Harwood? Cos’ha detto stavolta?››

‹‹Mi ha snobbato col suo fare da signorino superiore e mi ha chiesto, di nuovo, di spedirgli la sua posta.››

‹‹È insistente…›› Il tono di Cameron si era fatto incerto e Sebastian se n’era accorto.

‹‹Cosa c’è?›› domandò, inarcando un sopracciglio.

‹‹Nulla, pensavo solo che…›› Ancora incertezza. Sebastian poteva giurare che si stesse mordendo il labbro nervosamente.

Sospirò e disse categoricamente: ‹‹Parla, altrimenti piombo a casa tua e…››

Ma non finì la frase. Si ritrovò a gemere appena per un dolore leggero alla spalla. Qualcuno lo aveva colpito, investendolo quasi, in corsa.

‹‹Scusa…›› mormorò quello, tutto affannato, senza fermarsi.

Inseguì la figura con lo sguardo, voltandosi completamente indietro, il telefono ancora all’orecchio. Ciò che vide fu solo un ragazzo di spalle, di media statura, dai capelli scuri arruffati e con una sciarpa azzurra al collo che gli svolazzava dietro, per la velocità con cui si stava allontanando.

‹‹Che diamine…›› imprecò Sebastian, ‹‹Guarda dove vai, no!?››

‹‹Che è successo?›› Cameron era ancora in attesa.

‹‹Niente, non ti preoccupare.›› gli rispose lui, poi sussurrò tra sé e sé, ‹‹Oggi non è giornata.››

Sentì l’amico sgranocchiare qualcosa mentre era al telefono e pigiare qualche tasto al computer – il suono della tastiera era inconfondibile. ‹‹Sai che dovresti fare? Col tipo pazzo, intendo.›› gli disse.

‹‹Cosa?›› chiese Sebastian, senza troppo entusiasmo, riprendendo a camminare in direzione della sua auto.

‹‹Stare al gioco e dargli corda. Prima o poi, si stancherà.››

Cameron aveva ragione, pensò Sebastian. Stava avendo a che fare con un ragazzino che voleva solo stuzzicarlo e renderlo inerme, e lui non era il tipo da lasciarsi assoggettare da qualcuno. Dunque, doveva giocare con le sue stesse regole, senza lasciarsi impressionare da un paio di parole ben scritte, e magari ci avrebbe guadagnato anche qualcosa, qualcosa di ben preciso. Poteva farcela, poteva fingersi gentile e vincere quella partita. Non sarebbe stato difficile.

‹‹Penso che tu abbia ragione.›› asserì, col ghigno di nuovo stampato sul viso, la macchina a pochi passi da lui, ‹‹Il gioco comincia, amico mio.››


 




Un’altra settimana è passata ed io sono qui ad aggiornare con il cuore che “ballonzola” d’amore per voi! Preferiti, seguite e recensioni. È questo il primo punto di queste note perché, come al solito, non mi aspettavo una così bella accoglienza e soprattutto non mi aspettavo recensioni così belle (chi vuol capire capisca ).

E quindi, boh, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante il mio azzardo ad inserire Cameron nella storia e… A proposito di lui, dopo le note trovate la scheda del personaggio che ho voluto scrivere nel tentativo di trasmettervi meglio cosa quel personaggio rappresenta per me. Lui è nato da molto tempo e non propriamente per questa storia, ma semplicemente mi serviva qualcuno che sostituisse in un modo o nell’altro “il fratello di Alex”; Cameron ci stava a pennello e ho preso la palla al balzo.

Quindi ditemi, magari, cosa ne pensate di lui, del suo rapporto con Seb, della mia idea di inserirlo. Ho una paura matta di aver toppato alla grande con questa cosa.

Intanto vi ringrazio ancora e ringrazio la mia metà per le infinite rassicurazioni che hanno seguito la scrittura di questo capitolo (e di tutti gli altri).

Un buon anno a tutti e… alla prossima settimana!

 

Vals

 

 

 

* Scheda del personaggio

Nome: Cameron, per gli amici “Cam”, ma stranamente non per Seb.

Cognome: Mitchell.

Prestavolto: naturalmente Cameron Mitchell, direttamente dal Glee Project 1, per forza di cose.

Data di nascita: 15 Febbraio 1990. THIS.

Orientamento sessuale: Biadesivo.

Segni particolari: Nerd, ma nerdnerdnerd.

Migliore amico: Sebastian Smythe, per lui “Bas”.

Generalità: Ha la stessa età di Sebastian, nella mia mente bacata; lui e Seb hanno frequentato la stessa scuola – non solo il liceo, probabilmente – e hanno istaurato negli anni una profonda amicizia; hanno una bromance tenerissima e fluffosissima, che spesso mi fa pensare che insieme, questi due, stiano da dio. Cam ha un carattere profondamente insicuro; è solo grazie a Sebastian se è riuscito ad acquisire coraggio e a diventare un po’ più estroverso. A scuola era il classico secchione che veniva preso in giro da tutti, inizialmente anche da Seb – perché lui è quello che è – ma col tempo e con la forzata mano dei professori, i due si sono ritrovati compagni di banco perché “l’influenza del migliore della classe è un toccasana”. In seguito, Sebastian lo ha preso a cuore e, a modo suo, è riuscito a guadagnarsi la sua fiducia (solo io posso pensare male, voi non fatelo). Sebastian ha anche contribuito al suo cambiamento di look, rendendosi pioniere della figaggine, e lo ha reso quel bel biondo che è, dai capelli favolosi e i jeans stretti (sì, Vals, riprenditi); a proposito di questo, lo accompagna spesso e volentieri a fare compere, perché in un certo senso Cam è la sua bambolina. Dicevamo, con questo tacito accordo, Cam ha guadagnato una certa notorietà e un certo “rispetto” a scuola, e Sebastian una media che non lo facesse finire in fondo alla catena alimentare (?). I due sono come culo e camicia; passano le giornate a sparare stupidaggini, le nottate a fare maratone di film e videogames – a turno, a casa di Seb o a casa di Cam – e in genere si capiscono al volo, come solo due migliori amici sanno fare, insomma.

Gli piace: Viaggiare, il computer in generale, i videogames, i fumetti, i libri (le saghe epiche in particolare), i film dagli effetti speciali strabilianti, la chitarra, il canto, comporre, le materie difficili, la cioccolata calda alla nocciola, le felpe che gli regala Bas, i suoi occhiali (Seb non è mai riuscito nell’intento di fargli mettere le lenti a contatto).

Non gli piace: Quando Bas fa il cascamorto e quando fa di tutto per farlo diventare geloso, i film troppo sdolcinati, le camicie a quadrettoni “da boscaiolo” che gli regala Bas.

Fobia: Acrofobia, non ama i luoghi alti.

Ciò a cui tiene di più: Bas, il suo motorino e il suo hard disk di backup.

 

 

 

Link utili: Pagina | Facebook | Twitter

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Vals Fanwriter