3. Anime ribelli
E
allora scoprirai che questo tempo che passa
ricopre
tutto ciò che ti resta
e che
per avere la libertà
dovrai
per forza chinare la testa
Ma non
è questo che vuoi...
(La
libertà di volare - Nomadi)
Elfrid entrò
silenziosamente nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle; i due soldati
alle spalle di Eomer la guardarono, ma lei si fermò appoggiandosi alla porta.
Il terzo maresciallo era seduto al tavolo, di fronte ad un uomo che si stava
rifocillando; sentito il rumore della porta, si girò in quella direzione,
facendo cenno alla ragazza di avvicinarsi.
"Allora,
continua." Eomer incitò l'uomo a riprendere il suo racconto.
"Abbiamo incrociato
una carovana, gente che fuggiva dalla piana dell'Entalluvio..." Riprese
l'uomo, dopo aver bevuto un sorso di vino. "...pare che circa tre giorni
fa una numerosa squadra di orchi abbia attraversato la prateria in direzione
est..." Eomer ed Elfrid si scambiarono un'occhiata. "...erano grossi,
viaggiavano di giorno, correvano, e, stando alle loro parole, erano più crudeli
di quanto non siano normalmente gli orchi, hanno fatto strage di uomini e di
bestie..."
"Da dove
venivano?" Domandò preoccupato il maresciallo, mentre la ragazza si
fermava al suo fianco, appoggiando una mano sulla spalliera della sedia.
"Non n’erano certi, ma
forse scendevano da nord, lungo il corso del fiume, di sicuro diretti a est,
verso l'Anduin." Rispose il soldato.
"Portavano insegne,
qualche segno di riconoscimento?" Azzardò Elfrid; l'uomo alzò il capo
verso di lei.
"Su questo i contadini
sono stati fermi, portavano, sugli scudi, le cotte, addirittura sulla pelle,
l'emblema della mano bianca..." Stavolta, lo sguardo tra il maresciallo ed
il capitano, fu più che eloquente.
"Aveva ragione
Theodred, abbiamo il nemico anche ad est..." Mormorò la ragazza,
stringendo la spalliera della sedia di Eomer.
"Non vedo perché
avremmo dovuto dubitarne." Replicò piano l'uomo, posando il mento sulle
mani giunte. "A proposito..." Tornò a rivolgere lo sguardo al
soldato. "Notizie dal nord?"
"Nessuna certa."
Rispose quello scuotendo il capo. "Ci sono voci di un violento scontro ai
Guadi dell'Isen, un paio di notti fa, ma niente di più."
"Dunque..." Disse
Eomer alzandosi. "Tu riposati, Eothain, più tardi ti farò sapere il tuo
nuovo incarico." Il soldato annuì.
Il maresciallo si alzò dal
tavolo col volto cupo, prese per un braccio Elfrid e la guidò fuori della
stanza, lasciando i tre soldati da soli; quando furono fuori allentò la presa,
andando a posare la fronte contro il muro.
"Orchi a nord e a est,
Dunlandiani a ovest..." Mormorò Elfrid, stringendosi nelle braccia.
"Siamo assediati, stretti tra le due torri..."
"Sapevo che Gondor non
avrebbe potuto garantire a lungo per i confini orientali..." Mormorò
Eomer, interrompendola. "Presto arriveranno anche da sud."
"Ho sentito che
l'esercito di Minas Tirith ha grossi problemi a Osgiliath e in tutto
l'Ithilien." Affermò la ragazza, appoggiandosi al muro e voltandosi per
vedere il profilo di Eomer; l'uomo sospirò.
"Non so quanto
riusciremo a resistere così, spero solo che Theodred sia riuscito a sfondare a
Isengard." Dichiarò, ma non c'erano sicurezze nella sua voce.
"Che intendi
fare?" Gli domandò Elfrid, voltandosi e posandogli una mano sulla schiena;
lui si rialzò lentamente e la guardò negl'occhi.
"Quello che vorrei
fare è radunare i miei uomini, partire, raggiungere e sterminare quei maledetti
mostri." Proclamò con rabbia, poi prese un lungo respiro. "Ma il mio
dovere, come Maresciallo del Mark, m’impone di riferire prima al mio sovrano,
ed ascoltare i suoi ordini."
Elfrid comprendeva la sua
frustrazione. Ora avrebbe dovuto sopportare di riferire quelle informazioni, e
poi ricevere ordini non dal suo re, ma bensì da un individuo che, non solo era
un pessimo consigliere, forse un ladro, ma probabilmente anche una spia, tutte
attività che un uomo come Eomer non poteva nemmeno pensare di accettare; e, in
più, Grima era viscidamente interessato alla sua adorata sorella.
"Eomer..." Gli
disse stringendo il suo braccio e fissandolo negl'occhi. "Qualunque cosa
tu decida di fare, io sono con te." Lui le sorrise stentatamente.
"Grazie Elfrid."
Ribatté l'uomo con sincerità.
"Adesso vai." Lo
incitò poi la ragazza; Eomer le fece un ultimo sorriso triste, lasciandola nel
corridoio.
La guerriera sapeva che la
situazione era terribile, che forse il regno del Riddermark stava per finire,
tramontando schiacciato tra i due oscuri poteri, ma quando era con lui... Le
bastava guardarlo per un attimo negl'occhi e si trovava pronta a qualsiasi
battaglia, pur di stargli al fianco. Non innamorati, Elfrid... si disse.
Ho paura che sia troppo tardi, per queste raccomandazioni...
Il cielo grigio prometteva
pioggia, non c'era uno spiraglio nella massa di cupe nuvole che copriva la
prateria fino all'orizzonte. Elfrid, davanti al quel triste panorama, non
poteva fare a meno di pensare a quanto è ridicolo il cuore degl'uomini; quello
era il momento più sbagliato per innamorarsi, eppure non c'era altra
spiegazione a quei suoi batticuori, a quel suo desiderio nei confronti di
Eomer, a quel timore per lui... Sbuffò.
La porta si aprì lentamente
e qualcuno entrò; la guerriera continuò a guardare fuori, incerta se voltarsi e
mostrare il suo turbamento, o insistere nell'indifferenza.
"Elfrid..." Una
voce timida la chiamò, lei si voltò subito.
"Oh, Eowyn, sei
tu..." La ragazza si avvicinò all'amica annuendo, l'altra le sorrise.
"Scusa se ti disturbo,
ma..." Riprese, una volta raggiunta la finestra. "Ci sono notizie di
Theodred?" Domandò poi, rialzando il capo e guardandola negl'occhi.
"Purtroppo no." Rispose
Elfrid scuotendo il capo; Eowyn contrasse le labbra e si voltò verso l'esterno.
Per lunghi minuti rimasero
così, entrambe guardando la pioggia che cominciava a scendere annerendo i massi
che spuntavano tra l'erba, inzuppando le bandiere, lavando le pietre del
bastione di Meduseld.
"Lui mi manca."
Ammise Eowyn, mettendo fine al silenzio.
"Anche a me,
sai." Disse Elfrid; si guardarono negl'occhi, la guerriera fece un breve
sorriso.
"Ancora oggi, che
ormai sono adulta, ogni tanto mi prende sulle ginocchia e mi chiama 'mia
piccola stella'..." Raccontò la ragazza bionda, guardando fuori e cercando
di non far tremare la voce.
"E' una persona
dall'animo gentile." Affermò il capitano dai capelli rossi.
"Sì..." Annuì
Eowyn senza guardarla. "Quando arrivammo qui, Eomer si mise subito in
testa di diventare il più forte dei Rohirrim, e mi lasciava spesso sola."
La fanciulla prese a narrare la sua storia. "Theoden mi metteva una certa
soggezione, allora, prima di imparare a conoscerlo, così io mi rivolsi a suo
figlio, l'unico che aveva dimostrato un po' di tenerezza verso di me..."
Continuò, ma faceva fatica a trattenere il pianto, la sua voce stentava.
"...e lui mi teneva con se, mi portava a cavallo, oppure mi cullava sulle
sue ginocchia, carezzandomi il capo, e poi mi guardava con i suoi dolcissimi
occhi blu, rassicurandomi e dicendomi che tutto sarebbe andato bene..." Le
sue parole furono spezzate da un singhiozzo, chinò la testa, ma Elfrid vide le
sue lacrime gocciolare a terra.
"Oh, Eowyn..."
Mormorò Elfrid, passandole un braccio sulle spalle; quel racconto aveva
commosso anche lei, sentiva gli occhi lucidi.
"Dimmi che
tornerà..." La ragazza sospirò, stringendo a se l'amica.
"Non sono in grado di
darti assicurazioni sul suo ritorno..." Le disse dolcemente. "Ma di
una cosa sono sicura, lui farà di tutto per tornare da te."
Si abbracciarono, perché il
dolore era profondo e, nonostante le parole fossero d'incoraggiamento, da
qualche parte, in fondo al cuore, sapevano che la speranza di rivederlo era
ormai morta.
Eomer, in quegli stessi
momenti, affrontava Vermilinguo al cospetto del re; il maresciallo aveva appena
finito di riferire le notizie giunte dall'est.
"...perciò io vi
chiedo, mio Sire, di concedermi l'organizzazione di una éored, così da poter
partire subito all'inseguimento degl'orchi in movimento sul confine
orientale." Richiese, inginocchiandosi davanti al sovrano.
"Non vedo che motivo
ci sia per fare tutto questo." Intervenne Grima, alzandosi dal fianco del
re. "Mi sembra che il vero pericolo risieda ancora a nord... E, a quanto
pare, i rinforzi apportati dal Secondo Maresciallo non hanno sortito gli
effetti voluti..." Aggiunse con una smorfia.
"Il motivo, invece, mi
sembra chiaro e palese." Replicò Eomer alzandosi e guardandolo in viso.
"Pattuglie di orchi con la mano bianca che si dirigono a est, possono
voler dire una sola cosa: un'alleanza tra Orthanc e la Torre Oscura!"
"Oh, che avventate
parole!" Ribatté Vermilinguo, posandosi una mano sul petto. "Non ci
sono prove di questi tuoi infamanti sospetti nei confronti di Saruman."
"Andiamo, ma che cosa
vuoi?! Che ti porti una delle loro teste, Grima?" Sbottò rabbioso Eomer;
il consigliere si preparò a rispondere, ma un rantolo del re li fece voltare
entrambi.
"Tu..." Mormorò
il sofferente sovrano, alzando l'indice sul nipote. "Tu resti... resterai
qui..." Poi la sua mano ricrollò sul bracciolo del trono ed il capo si
chinò di nuovo; Grima non perse tempo.
"Sentito le parole del
Re?" Chiese subito ad Eomer. "Egli desidera che tu rimanga in difesa
di Meduseld e del suo Sovrano, e non che parta per emulare le gesta di tuo
padre..." Continuò mellifluo. "O vuoi fare la sua stessa fine?"
Eomer strinse i pugni.
"Non hai il diritto di
parlare di lui..." Ringhiò a denti stretti.
"Ma ho il dovere di
proteggere il nostro amato Sire!" Proclamò Vermilinguo, voltandosi con una
velocità incredibile per lui, e raggiungendo il trono, per poi chinarsi e
baciare la mano del re. "Proteggerlo soprattutto dall'avventatezza dei
suoi figli, i quali non pensano al dolore che gli danno con la loro brama di
battaglia." Enunciò con tono puramente addolorato; il più grande attore
vivente, pensò con rabbia Eomer.
Grima, infine, lentamente
si alzò, posando una mano sulla spalla del sovrano; poi girò lo sguardo su
Eomer, che era in piedi alla base del piedistallo del trono e lo guardava
impassibile, respirando intensamente.
"Hai ascoltato i tuoi
ordini, Terzo Maresciallo, il tuo compito è proteggere Edoras, non sarà
intentata alcuna azione contro questi presunti attacchi a est..." Affermò
Vermilinguo. "Ora puoi andare." Aggiunse con un sorrisino maligno.
Eomer prese un respiro più
lungo, fissando con puro odio il consigliere, infine spostò gli occhi sul re e
li socchiuse, facendo un severo inchino; lasciò la sala con una nuova
determinazione, stavolta nessuno gli avrebbe impedito di difendere ciò che
amava.
Elfrid lo trovò nelle
stalle, stava strigliando Zoccofuoco, il suo cavallo dal manto brunito;
indossava una camicia con le maniche arrotolate ed aveva un'espressione triste.
"Vorresti strigliare
anche Neronube?" Gli chiese; lui si voltò appena, con un sorriso
malinconico.
"Lo sai che il tuo è
uno degl'ultimi cavalli neri di Rohan?" Replicò poi.
"Certo, è per questo
che ci tengo tanto." Rispose la ragazza, fermandosi al suo fianco e
carezzando il muso dell'animale, che le diede una piccola spinta.
"Quali sono gli
ordini?" Gli domandò, dopo qualche istante di silenzio, che avevano
passato a guardarsi negl'occhi.
"Raduno una éored e
partiamo stanotte in direzione est." Rispose lui, tornando a guardare il
cavallo.
"Questa non è la
volontà del Re..." Mormorò Elfrid.
"No." Disse Eomer
senza guardarla.
"Dunque stiamo per
disubbidire apertamente ad un ordine del Sovrano?" Continuò la guerriera.
"Sì." Annuì
l'uomo, voltandosi verso di lei. "Tu sei con me?" Le chiese
fissandola negl'occhi.
"Ho fatto una
promessa, Eomer, ed io sono solita mantenerle..." Dichiarò lei.
"...sarò al tuo fianco, fino alla fine." Aggiunse decisa.
Eomer fece un breve
sorriso; era felice che Elfrid lo seguisse, non solo perché di lei ci si poteva
fidare, ma solo per averla accanto con la sua energia, la sua determinazione,
la sua bellezza... Alzò una mano verso di lei, all'improvviso, carezzandole
dolcemente una guancia; la ragazza socchiuse gli occhi a quel contatto.
"Non sono necessarie
le carezze, per convincermi." Affermò poi.
"Non era per
quello..." Mormorò Eomer con un sorriso. "...mi piacciono le tue
lentiggini..." Si giustificò poi; Elfrid sorrise, chinando lo sguardo.
Avrebbe voluto
abbracciarla, avrebbe voluto dire tante cose, ma gli sembrava impossibile che
in un cuore solo potessero entrare tanti sentimenti; quello che provava per lei
era perso tra la preoccupazione per la sua terra, il dolore per Theodred,
l'amore per Eowyn e l'odio per gli orchi e chi li comandava. Era confuso, non
era il momento, così le strinse soltanto la mano.
Eomer stava indossando
l'armatura, quando sentì alcuni passi leggeri alle sue spalle; voltandosi vide
sua sorella che lo guardava con espressione seria.
"Stai partendo,
vero?" Gli chiese, fissandolo negl'occhi.
"Sì." Rispose
chinando di nuovo lo sguardo e indossando il coprispalle; Eowyn si spostò
davanti a lui, sistemandogli il bavero.
Eomer rilasciò le braccia
lungo i fianchi, osservando la sorella che, con abilità, sistemava i lacci
dell'armatura; Eowyn aveva gli occhi rossi ed il viso pallido. La ragazza alzò
lo sguardo, lui la fissava con apprensione.
"Non ti tradirò, stai
tranquillo." Mormorò la ragazza; il maresciallo sorrise brevemente,
carezzandole il capo, ma all'improvviso la vide piegarsi e poggiare la fronte
sul suo petto. "Portami con te..." Eomer spalancò gli occhi.
"Che cosa?!"
Esclamò poi, scostandola da se. "Sei impazzita?!" Le chiese.
"Voglio combattere,
voglio essere utile, non lasciarmi qui!" Replicò la ragazza.
"Se c'è una cosa che
non rischierei mai è la tua vita, Eowyn, non puoi chiedermi una cosa del
genere!" Protestò il fratello.
"Ma non capisci che
io, qui, mi sento prigioniera, come una farfalla in una tela di ragno!"
Gridò lei stringendo i pugni.
"Beh, perdonami, se preferisco
vederti viva in una gabbia, che morta tra una selva di lance!" Ribatté
lui, allontanandosi con pochi passi nervosi; Eowyn piangeva.
"Non posso restare
qui, mentre le persone che amo combattono e muoiono lontano da me..."
Mormorò disperata la fanciulla.
"Eowyn..." Disse
il fratello, tornando davanti a lei e posandole le mani sulle spalle.
"...io non posso portarti con me..."
"Perché?" Chiese
con gli occhi pieni di lacrime.
"Non sopporterei di
perdere anche te..." Dichiarò guardandola negl'occhi; Eowyn capì quello
che voleva dire, condividevano il dolore per Theodred. Lo guardò a sua volta,
aveva la stessa paura anche lei, ma non sapeva arrendersi.
"Nemmeno io lo potrei
sopportare..." Ammise infine; si abbracciarono, mentre Eomer le baciava la
fronte.
"Portami con
te..." Tentò un'ultima volta la ragazza, sussurrando nascosta tra le
braccia del fratello.
"Non lo farò."
Proclamò lui deciso, ma a bassa voce.
Eowyn si allontanò
bruscamente da Eomer, lanciandogli un'occhiata offesa e addolorata, poi gli diede
le spalle allontanandosi velocemente; l'uomo sospirò, reclinando il capo e
socchiudendo gli occhi.
Partirono a notte
inoltrata, quando già la città ed il palazzo dormivano; si erano ritrovati
fuori dalla cerchia di Edoras, per non destare agitazione. Erano centoventi
rohirrim, fedeli ad Eomer, tra i migliori cavalieri di Rohan, e alla loro testa
svettava il terzo maresciallo, con la criniera bianca che spioveva dall'elmo.
Prima di dare l'ordine alla
partenza sia Eomer che Elfrid si voltarono verso il bastione di Meduseld; là,
in cima alla scalinata, c'era una figura vestita di bianco, troppo lontana per
distinguerne i lineamenti, ma entrambi i soldati sapevano chi era. Eowyn alzò
una mano in segno di saluto, un colpo di vento fece muovere il suo vestito ed i
capelli biondi; Elfrid ed Eomer si scambiarono un'occhiata triste, poi lui
diede l'ordine di partire.
CONTINUA…