Parte
23
È difficile trovare l'alba nel
crepuscolo
Buffy e Angel continuarono con la loro solita vita. Facevano le cose che facevano tutte le coppie normali. Spesso si concedevano delle lunghe passeggiate. Camminavano insieme, mano nella mano, anche se questo accadeva nel buio della notte. Parlavano di cose di ogni giorno, di progetti futuri, di Connor, di Londra. Tentavano di aggrapparsi disperatamente, al loro bisogno di stare insieme. Fingevano insomma, di essere una coppia normale. Fingevano che fra loro, andasse tutto bene. Andavano nei luoghi dove le coppie vanno, come al cinema, sulla spiaggia, o in un piano bar, a bere qualcosa e ad ascoltare buona musica. Una sera andarono persino in discoteca, nonostante Angel odiasse quel genere di ritrovi. Buffy si divertì molto. Parlavano del Camerun, della Spagna e di tutti i luoghi in cui era stato Angel. Parlarono della possibilità che Connor partisse per l’Inghilterra, ed Angel era felice che accadesse.
Quello
di cui ancora non parlavano, era della terza persona presente nella loro
relazione. Angelus.
O
della paura.
Quello
che inoltre non riuscivano a fare, fu di trovare l’appagamento totale nel fare
l'amore.
A causa della
paura.
Ogni volta che arrivava vicino all’estasi, Angel
poteva sentire il demone ruggire la sua approvazione, poteva sentire la
crescente ondata di gioia pura, che minacciava di scuoterlo e di sciogliere gli
ormeggi della sua anima. Lui sapeva di essere felice accanto a Buffy, tutto il
giorno e ogni giorno, ma quando faceva l'amore con lei, riusciva a sconvolgerlo,
portandolo oltre ogni controllo. E questo avrebbe potuto ucciderli
entrambi.
Non era mai stato sul sesso. Era ancora sempre tutto
su lei. Fare l’amore però, allentava il controllo razionale che Angel metteva in
atto costantemente. Avrebbe potuto fare sesso con ogni essere vivente, in
qualsiasi parte di questa e di altre dimensioni, ma non avrebbe mai perso la
strada della ragione, come invece accadeva con lei. Si chiese cosa avrebbe fatto
Buffy, se fosse accaduto il peggio. Avrebbe potuto ucciderlo di nuovo? Avrebbe
avuto ancora questa forza? Angel sapeva bene cosa avrebbe fatto Angelus, se mai il peggio fosse avvenuto. Questa volta l’avrebbe uccisa,
facendola sua per sempre, trasformandola nella sua compagna immortale. Anche per
Angelus, Darla non era che un minuscolo granello di polvere, che impallidiva di
fronte a Buffy. Angelus la voleva ad ogni costo e
scalpitava.
Angel pregò che accadesse un miracolo. Non voleva
perderla. Non di nuovo.
E così, fingendo che tutto andasse bene, cercava di
mascherare ansie e paure. Sapeva che potevano essere felici, o sperava che
almeno lo fosse lei. Talvolta la vedeva ridere e talvolta accadeva anche a lui.
Si, ora che loro si stavano riabituando a stare insieme, ridevano di più. Con
più facilità. Con più comfort. Si sentivano più a loro agio nei loro abbracci,
nei loro risvegli, e in tutte le cose che facevano insieme. Oramai, erano
passati molti mesi dalla loro riunione. Il timore però, rimaneva, e così
mantenevano in piedi quel loro triangolo
eterno.
Buffy
però vedeva le ombre che oscuravano gli occhi di Angel. Si chiedeva che cosa lui
vedesse nei suoi.
Due
settimane dopo aver visto Connor per l’ultima volta..
In una grigia giornata di novembre, Angel si alzò
presto. Lei era già andata via dal loro letto, e dagli aromi che sentiva
arrivare su per le scale, lui poté dire che Buffy stava facendo colazione.
Guardò fuori dalla finestra, e si rese conto che probabilmente era mezzogiorno.
Nel tardo pomeriggio, avevano un appuntamento con un loro contatto, per
informazioni sulla W&H. Inoltre, era arrivato un avviso di sfratto, a causa
di una, non ben precisata, violazione delle norme edilizie. Sospettavano che
fosse opera della W&H, come avevano già fatto in passato. Buffy e Angel,
avevano quindi bisogno di decidere cosa fare, dove andare, se informare o no
Connor, anche se questo weekend era dai Reilly. Forse dovevano cercare una nuova
casa. Come Angel pensò questo, sentì un brivido di
paura.
Mentre camminava giù per le scale, vide che lei
spingeva delle cose in un borsone. Stava infilando qualcosa dentro una valigia.
Vide che a forza, tentava di infilarvi dentro il suo vecchio diario, e non
riuscendovi, presa da un impeto di rabbia, la vide lanciarlo nella grande stufa
lì accanto. Quel diario, che lei tanto amava, dove ogni pagina parlava di lui,
ora ardeva avvolto dalle fiamme. Quasi senti il fuoco sulla sua pelle e per
Angel, il fuoco era un nemico antico. Un incendio di piccole dimensioni, ora
tremolava oltre la grata e lui si sentì pervadere da un ondata di panico. Tentò
di non vedere, tentò di non sentire l’odore della carta che bruciava. Sorrise
debolmente e ancora sulle scale, fece sentire la sua
presenza.
"Pronta per l’appuntamento con
l’informatore?"
Sapeva quello che lei stava per dire, ancor prima che
le parole uscissero della sua bocca e sapeva, che non avrebbe ancora avuto
alcuna risposta per lei. Buffy stava lì, con la testa china e le spalle curve.
Rimase così per un momento. Immobile. Quando si voltò, Angel vide che aveva
pianto.
Fece per muoversi verso di lei, quasi corse giù per le
scale, finendo di scendere gli ultimi gradini, pronto a stringerla fra le sue
braccia, ma lei alzò la mano per fermarlo.
..e lo sommerse con un oceano di parole concitate
..mentre gli occhi erano quasi asciutti.
"Non c'è soluzione, Angel? Non ..sei riuscito a.. non
siamo riusciti a trovare nessuna soluzione per la maledizione, ne mai ci
riusciremo, non è così?”
Lui tentò ancora di abbracciarla, ma lei lo respinse
con più forza di prima.
“Stanotte..
stanotte è stato terribile. Io ti ho sentito piangere, e chissà quante altre
volte è successo, senza che mi accorgessi di questo. Fai l'amore con me, e
lui è sempre lì. Non hai
mai concesso a te stesso, una sola goccia di appagamento, anche se cerchi di
assicurarti che io non mi accorga. Tu parli con me, ridi con me, fai.. fai tutto
con me.. e noi siamo felici, poi ti ricordi di lui, e tu semplicemente ti
spegni. Lo vedo, vedo i tuoi occhi che si spengono ..e questo è insopportabile.
Usciamo, ci svegliamo, passeggiamo mano nella mano, viviamo ..e tu stai ridendo
e scherzando, ma l’attimo dopo, come se avessi visto lui, in un angolo
della strada, il tuo volto si trasforma in una maschera di dolore. Non posso
farti questo, Angel. Non posso più farlo. Non posso più fingere di non vedere.
Sarei egoista e..”
“Buffy..”
"Non
ci possono essere tre persone in un rapporto, Angel. Non mi importa niente di
quello che sei. Non mi preoccupano i raggi del sole o di poter avere figli, che
nessuno di noi avrà mai. Non mi importa di diventare vecchia, mentre tu rimarrai
giovane in eterno, ho sempre saputo che era cosi, e non mi è mai importato. Mi
importa però che tu stia bene, che tu sia sereno..o felice. Mi importa che tu
sia felice perché ti amo, ma io non potrò mai renderti felice. Io non sarò mai
autorizzata, da nessun maledetto potere divino, a renderti l'uomo più felice del
mondo, che sia mentre facciamo l’amore o semplicemente mentre passeggiamo al
chiaro di luna. Stanotte ho sentito il tuo pianto soffocato sul cuscino.. non
dormivo.. e non posso sopportare che tu non riesca a trovare pace con me. Io ti
sto uccidendo Angel, tu non potrai mai essere felice con me. Perché se tu lo
fossi.. lo sai cosa accadrebbe.. lo sai bene. Ho sentito la tua disperazione
stanotte, e non voglio essere responsabile della tua infelicità..”
“Ti sbagli invece. Buffy, questi ultimi mesi con te,
sono stati.. non trovo parole che possano esprimere quello che provo quando sono
con te..”
“Lo
so Angel. È
proprio questo il problema. Questa felicità che proviamo, finirà con l’uccidere
uno dei due, se non entrambi. Io non avrei la forza di ucciderti
ancora..”
“Buffy..” La guardò con sgomento, sapeva che lei aveva
ragione, ma non poteva accettare di perderla. Era spaventato, ferito, si sentiva
perso e braccato, come non gli capitava da tempo.. Sentì un dolore sordo proprio
all’altezza del cuore. Vacillò. Ancora una volta, tutto il suo mondo, diventava
cenere. Si aggrappò al tavolo per non crollare, mentre ancora la
guardava.
"No.
Per favore. Non.. non guardarmi così. Non rendere questo più difficile. Ti amo,
Angel, e so che non smetterò mai, ma noi non possiamo vivere la nostra vita
insieme.."
"No! Non andrà a finire così. Non questa
volta"
"Sì
invece. Angel, ti prego.. non posso farlo di nuovo. Io ti ho cercato per anni,
perché dovevo sapere. Dovevo trovarti, dovevo sapere che eri ancora vivo. E
dovevo venire qui, per.. per vedere se c’era ancora una qualche possibilità per
noi. Ma non c'è. E tu lo sai che è vero. Io ti sento Angel, ti sento dentro.
Sento che ti allontani da me, ogni volta che pensi che.. che la felicità possa
sorprenderti alle spalle. Non possiamo vivere con la paura.."
"Buffy.
Siamo in grado di.."
"No.
Non siamo in grado di fare niente. Non possiamo stare insieme. Se lo facessimo,
finiremmo con l’odiarci o con l’ucciderci a vicenda, e davvero non so che cosa
sarebbe peggio. Dimmi? Quanto è appagante per te, fare l’amore con me?
Rispondimi se hai il coraggio. No, non è appagante neanche un po’. E stanotte è
stata la conferma a tutti i miei dubbi. Io vado, Angel. Io devo andare. C'è un
aereo che mi aspetta, ho già chiamato il taxi.."
"Saresti andata via senza dirmi una parola? Senza
salutarmi?"
La
voce di Angel era solo un sussurro. La consapevolezza che lei sarebbe fuggita
senza dirgli addio, lo ferì più della lama con cui gli trapassò il cuore. Orami,
davvero tante vite fa.
"Non
è esattamente quello che hai fatto tu?"
Buffy poi scosse la testa, negando ciò che aveva
appena detto. Non voleva ferirlo, ma non voleva che lui tentasse di fermarla. Se
solo l’avesse abbracciata o se lei gli avesse sorriso, non sarebbe riuscita ad
andar via. Lasciò che le lacrime scendessero libere, non riusciva più a
trattenerle. Sebbene, fra i due, al momento, era proprio lei ad aver maggior
controllo delle emozioni. Doveva essere dura e spietata. Angel invece, subiva
impotente il suo addio. Era ferito dalle sue parole. Ferito e incredulo.
“Non puoi farmi questo. Non puoi uscire dalla mia
vita, senza neanche una parola. Io non l’ho fatto. Lo sai bene che non l’ho
fatto.. ti dissi addio un milione di
volte..”
"No, non volevo dire quello che ho detto. Io.. io non
sarei andata via senza dirti addio. Ti avrei svegliato, Angel. Stavo solo
sistemando le mie cose e sarei salita a salutarti. Ma volevo fare in fretta. Non
volevo renderlo più doloroso. Abbiamo provato, Angel e non ha funzionato.
Fintanto che ci amiamo così come ci amiamo, fra noi non potrà mai funzionare..
dobbiamo farcene una ragione.. puoi essere felice con altre donne.. lo so che
puoi, è già capitato in passato.. Nina, Cordelia.. troverai qualcun’altra,
un'altra donna che possa amarti senza la paura di Angelus, ma quella donna non
posso essere io.."
"No. Buffy, per favore! Diamoci ancora del tempo.
Insieme possiamo cercare la risposta.."
“Io la conosco già la risposta e la conosci anche tu.
Devi solo dirmi che non mi ami. Devi però dirlo, guardandomi negli occhi.. devi
convincermi che dici il vero..”
Angel
abbassò gli occhi, incapace di mentire a lei e a sé stesso. No, non poteva
neanche tentare di formulare quel pensiero. Lui l’avrebbe amata anche oltre la
morte.
Buffy afferrò il borsone e tirò fuori un fascio di
lettere. Non aveva bisogno di vederle per sapere che erano tutte indirizzate a
lui. “Sono quelle che scrissi sul diario. Le ho staccate da lì, perché volevo
lasciarle a te, ma non so più se è una buona idea. Non voglio prolungare questa
agonia. Promettimi che non ti lascerai trascinare verso il basso.. io non potrei
sopportare di sapere che..”
Angel non disse nulla. Non rispose e non promise
niente. Tese la mano verso di lei, e anche lui era incerto sul cosa aspettarsi da lei. Non sapeva se avrebbe
preso la sua mano, o se semplicemente, le avrebbe
consegnato le lettere. Lei non fece
nessuna delle due cose. Gettò le pagine del diario
sul fuoco. Lui sentì ancora un dolore sordo al petto.
Cercò di salvare le lettere dalle fiamme, non poteva bruciare i ricordi di una
vita intera. Lei però lo fermò.
"Angel.."
Si voltò verso di lei. Tutti e due avevano le
lacrime agli occhi.
"Lasciale
bruciare"
Cercò
di pensare a qualcosa da dire. Qualunque cosa potesse fermarla. Qualcosa che
potesse salvare entrambi da queste sabbie mobili, in cui stavano affondando. Ma
poi sentì il peso della colpa. La Shanshu era andata per sempre, e non c’era
nulla che potesse fare. Nulla. In ogni caso, la colpa era sua. Solo sua e delle
sue scelte. Aveva bruciato la loro unica speranza di poter condividere un intera
vita, come lei ora bruciava le pagine in cui aveva riversato la speranza di una
vita intera. Non avrebbe dovuto rinunciare alla Shanshu, ma mentre lo pensava,
sapeva anche che lo avrebbe rifatto mille volte.
"Non
andartene Buffy.." La implorò di restare, l’avrebbe supplicata anche in
ginocchio, se fosse servito a fermarla. Ma lei pareva irremovibile, lo capì
dalla durezza del suo volto.
Sentirono
uno scampanellio al cancello esterno e Buffy abbassò gli occhi.
"Questo è il taxi” Mormorò.
Gli consegnò un piccolo foglio ripiegato in più parti,
e Angel lesse Per Connor. “Assicurati
che lo legga” disse Buffy. Le loro dita si sfiorarono per un attimo e lei si
allontanò subito. Se solo lo avesse abbracciato, se solo si fosse avvicinata
anche solo di poco, non avrebbe più avuto il coraggio di andar via. Tentò un
sorriso “Angel? Io ti amo, e questo non cambierà mai. Ho tanta paura Angel. Ho
paura che non riuscirò mai a vivere senza di te, ma non posso neanche vivere con
te. Devo andare. Tu sei stato abbastanza forte da farlo prima, e avevi ragione.
Ora devo farlo io. Non tentare di.. di rinchiuderti di nuovo in.. in.. lo sai
cosa voglio dire.. Angel? hai ancora Connor. Tu non sarai mai completamente solo
..e forse neanche io.. credo che.. che potrebbe venire a trovarmi qualche
volta.. diglielo.. ma preferirei che tu non mi cercassi più. È meglio se non ci
vediamo Angel. Sarebbe troppo doloroso per
entrambi.”
Prese il borsone e un altro zainetto, che caricò sulla
spalla, e andò verso la porta. Raggiunse il giardino e percorse il vialetto che
portava direttamente alla strada. Mentre apriva il cancello, vide che la persona
che aveva bussato, non era l’autista del taxi, ma il postino. Teneva un pacco in
mano, e un block notes. Buffy ricordò che Connor aveva chiamato un sacco di
volte, per chiedere se era arrivata posta. Forse il pacco era per
Connor.
"Ricevuta
di ritorno per
Signor.." disse il
postino.
Guardò
il pacchetto.
"..Signor
Angel della Angel Investigation"
"È lui" disse Buffy.
Con un gesto, indicò oltre le sue spalle. Era certa
che Angel fosse lì, proprio dietro a lei.
"Firmi qui, per
favore"
Buffy si voltò a guardare Angel, e non appena vide il
suo volto, avrebbe voluto correre da lui, e urlargli che lo amava più della sua
stessa vita, ma non si mosse. Ebbe pietà per lui, stava soffrendo ancora, e
ancora lei ne era la causa. Ebbe pietà per loro due. Con rabbia, prese la penna
e scarabocchiò la sua firma nello spazio che il postino indicava col dito. Poi
prese il pacco e lo poggiò su una panca in pietra del giardino. Angel non poteva
uscire dal porticato. Sebbene non fosse una giornata calda, il sole,
parzialmente coperto dalle nuvole, era ancora alto. Il postino fece un cenno a
entrambi, poi risalì nel suo furgone e si allontanò.
L’istante dopo arrivò il taxi. La scritta
pubblicitaria sulla portiera, proclamava un servizio a cinque stelle.
Angel
avrebbe potuto descriverlo in modo diverso.
Quando il conducente aprì la portiera, Buffy uscì sul
marciapiede. Sentì le gambe tremare e le ginocchia che si piegavano, e
soprattutto sentì le suppliche silenziose di Angel. Sentì il calore del suo
sguardo, nonostante non si fosse voltata, sapeva che era lì. Lui era ancora li e
le diceva che l’amava. Per un attimo lei chiuse gli occhi, stava impazzendo e
per una frazione di secondo, contemplò l’idea di tornare indietro. Poi sentì
silenzio e un vago senso di pace. Un debole senso di speranza inattesa, si fece
strada in lei. Sentì che stava facendo la cosa giusta, ma il cuore non voleva
saperne. Il cuore urlava tutta la sua rabbia e il suo dolore.
Lui, impotente, la guardò andar via. Stava uscendo
dalla sua vita, e non c’era nulla che potesse fare per fermarla. Nonostante
fosse a pochi metri da lui, già sentiva il dolore della sua lontananza, sentiva
la sua mancanza, come se non la vedesse da secoli. Sentiva già il vuoto
incolmabile della sua assenza. Angel vide Buffy, ancora una volta, avvolta nella
nebbia, proprio come dieci anni prima, e non riusciva a credere che la stesse
perdendo ancora.
Il taxista prese i bagagli dalle mani di Buffy.
Scambiarono qualche parola, parlarono piano, ma Angel poté sentire.
"Taxi per l'aeroporto, per la Signora
Summers?"
"Sono
io. Solo un minuto" Si voltò verso il giardino.
"Addio,
Angel. Prenditi cura di te."
Si morse il labbro, poi velocemente gli voltò le
spalle, e mentre il conducente teneva la portiera aperta per lei, Buffy entrò
nell’auto. Sentì vibrare il cellulare. Era Connor, ma non rispose. Non avrebbe
potuto, non ora. Lo spense del tutto, e ancora una volta guardò verso Angel. Lui
non si era spostato di un solo millimetro. Non aveva mosso neanche un muscolo.
Come lei, anche lui era impietrito dall’incredulità e dal senso di fallimento.
Angel avrebbe voluto urlare la sua rabbia, avrebbe
voluto supplicarla.
Avrebbe voluto correre là fuori e trascinarla fuori dalla macchina, per tenerla
con sé, e mai, mai, lasciarla andare via di nuovo. Mai più, per il resto
dell'eternità. Avrebbe voluto semplicemente mettersi in ginocchio. Soprattutto
voleva dire qualcosa che l'avrebbe fermata, che l’avrebbe riportata indietro.
Avrebbe voluto che tutto questo dolore soffocante, non fosse che un brutto
sogno. Ma, lei era fuori alla luce del giorno, dove lui non poteva andare. Ci
andò lo stesso ..si mosse in avanti ..prima lentamente .. un passo ..un altro
passo ancora ..e un altro ..e un altro, e
poi..
..e poi lei non c'era
più.
Rimase in piedi, immobile come una statua, per quella
che a lui sembrò un eternità, ma probabilmente fu solo qualche minuto. Poi
rientrò e salì di nuovo nella loro
stanza. Si distese sul letto, dove poteva ancora sentire il suo odore. Era
ovunque. Non riusciva a formulare pensieri di senso compiuto. Sentì il cellulare
squillare. Non rispose, né controllo chi fosse. Lui non pianse, non sfogò la sua
rabbia, né sbatté il pugno sul muro. Si distese semplicemente sul letto, come un
morto. Dopo tutto, questo era ciò che lui era. Un maledetto e dannato cadavere.
Non aveva nemmeno bisogno di occultare ogni pensiero. Era come se la sua mente
fosse semplicemente spenta. Rimase fermo immobile, su quel letto che odorava
ancora di lei.
Vi rimase per più di 24
ore.
Quando finalmente si alzò, si stava già facendo buio.
Contrariamente all’immobilità precedente, ora le sue azioni erano freneticamente
maniacali. Cercò una valigia, o uno zaino o qualunque cosa somigliasse ad un
contenitore, dove sbattere dentro i suoi stracci. Non trovò nulla. Corse in
camera di Connor, lui sicuramente aveva ciò che gli serviva.
“Connor. Oddio no. Non oggi. Accidenti. Non ora,
figliolo” disse a sè stesso.
Corse giù per le scale e si precipitò a chiudere il
cancello esterno, inserendo la catena che bloccò poi col lucchetto. Sapeva che a
volte, Connor passava a salutarlo durante i giorni feriali, ma ora non voleva
vedere nessuno, neppure suo figlio. Sulla panca del giardino, vi era ancora il
pacchetto che aveva consegnato il postino. Lo prese. Lo guardò distrattamente,
rigirandolo fra le mani, sembrava un normalissimo e anonimo pacco. Risalì
velocemente in camera sua, lanciando il pacchetto nel cestino della cartaccia.
Sicuramente era la pubblicità di qualche prodotto. Tornò in camera di Connor e
trovò uno zaino. Era proprio ciò che gli
serviva.
Aprì il suo armadio, e di nuovo si sentì morire
dentro. Molti degli abiti di Buffy erano ancora lì, il suo profumo lo avvolse
come una calda coperta, ma non poteva pensare a lei. Doveva scacciarla dalla sua
mente, dal suo cuore e dalla sua anima. Lui doveva sopravvivere a tutto questo.
Se non per lui, doveva farlo almeno per Connor. Ora aveva bisogno di
allontanarsi da Los Angeles, almeno per un po’. Pensò che aveva già fatto questo
una volta. Era scappato da Los Angeles per andare a rifugiarsi in un monastero
in Sri Lanka. Anche allora fu per Buffy.
Portò fuori le sue cose da armadi e cassetti,
infilandoli velocemente nel capiente zaino. Doveva essere fuori da qui, non
appena fosse stato completamente buio. Non aveva alcuna idea di dove andare.
Pensò che l’Africa fosse un buon posto. Sarebbe tornato in Camerun. Certo, non
aveva più il cristallo di Illyria, che li avrebbe permesso di spostarsi
velocemente, il suo potere si era ormai esaurito. Poteva però viaggiare
normalmente. Imbarcarsi in un mercantile era un ottima soluzione. Avrebbe
chiamato Connor dal porto. Non poteva non
salutarlo.
Cominciò a riordinare. Connor non doveva trovare
disordine. Si era dato tanto da fare per sistemare quella stanza. Spostando gli
abiti di Buffy, li sistemò tutti in una zona dell’armadio che poi chiuse a
chiave. Si rese conto che in realtà, faceva questo per lui e per nessun altro.
Le cose di Buffy erano sacre e nessuno doveva toccarle. O forse voleva
semplicemente cancellare le tracce di quei mesi trascorsi insieme. Non ci
sarebbe stata alcuna prova, che lei fosse mai stata là. Tranne, ovviamente, per
il suo odore onnipresente, che si faceva beffe di lui e dei suoi
fallimenti.
Era furibondo. Nel tentativo di reprimere ogni
pensiero di Buffy, si muoveva avanti e indietro come una tigre ferita. Era
selvaggiamente furibondo con sé stesso, ma alla fine era infruttuoso. Stava
girando a vuoto. Si sedette sul letto, come se avesse esaurito la carica
rabbiosa. Doveva fermarsi un attimo, non era possibile non pensare a lei. Si
chiese se avesse raggiunto casa sana e salva. Poi si rese conto, che non aveva
detto dove stesse andando. Era tornata a Londra? Di nuovo, fu come sentire un
coltello infilato nel cuore. Forse non aveva abbastanza fiducia in lui, da
dirgli dove andava? Aveva detto chiaramente che non voleva vederlo mai più.
Aveva paura che lui la seguisse? Poi riconobbe a sé stesso, che lui non l’aveva
chiesto. Infine si rese conto che erano pensieri deliranti. Certo che era
tornata a Londra, lì c’era la sua famiglia, la sua missione e lì, forse Connor
l’avrebbe raggiunta.
Ricordò che doveva dare a Connor il messaggio di
Buffy, fu tentato di leggerlo, ma non lo fece. Lo poggiò semplicemente sulla
scrivania di suo figlio e scese in cucina.
Aprì il frigo. Doveva nutrirsi prima di partire, e
doveva anche portarsi dietro una scorta di sangue. Portò alla bocca il liquido
rosso e si rese conto che era gelato. Sorrise amaramente ricordando il microonde
di Connor. Lo sguardo andò alla teiera là accanto. Se solo non fosse tornato dagli Oracoli quel
giorno, ora sarebbe umano. Sentì qualcosa di umido sulla mano. Quando guardò
in basso, notò che stringeva un boccale ed ora era ridotto in cocci. L’aveva
stretto così saldamente, che si era frantumato senza che lui se ne accorgesse.
Il resto era sparso sul pavimento, mentre il sangue colava dal palmo della sua
mano. Si appoggiò al bancone della cucina, a capo chino. La colpa era sua. Tutta
colpa sua. Ma, passo dopo passo, ciò che aveva fatto nel corso degli anni, era
sembrato tutto così giusto e necessario al momento, come se lui non avesse avuto
altra scelta. Gli era stata data una cosa preziosa, la sua umanità, e ora avrebbe avuto
accanto l’unica donna che
avesse mai veramente amato. Era lei il dono prezioso, lei valeva più di
qualsiasi altra cosa al mondo. Ora l'aveva persa di nuovo. La sua anima era
ferita e sanguinava come la sua mano. Raccolse i cocci e lavò il sangue.
La cucina era di nuovo pulita. Se l’ingiunzione di
sfratto era reale, cosa di cui dubitava, avrebbero trovato tutto in ordine. Lui
aveva finito con i suoi bagagli, ed era pronto a partire.
Solo
una cosa da fare, ancora.
Un Ultima cosa.
Tornò verso la stufa. Tornò alla brace fredda del fuoco, ai fragili fogli di carta carbonizzata.
Era tutto ciò che rimaneva delle lettere, che lei aveva scritto per lui. Nessuno
doveva leggere le parole di Buffy, quelle erano solo per lui. Sapeva che si
poteva recuperare la scrittura dalla carta bruciata, l’aveva visto fare da
qualche parte. Fu tentato. Voleva sapere che cosa aveva scritto per lui, quando
lei era al sicuro, nella consapevolezza che non avrebbe mai letto i suoi
pensieri. Poi invece, afferrò l’attizzatoio e lo conficcò nei resti del recente
incendio, ancora e ancora e ancora. Con furore rabbioso. Nessuno avrebbe letto
quelle lettere. Quando non ne poté più, si fermò. Il suo volto era sporco di
nero, macchiato dalla carta fuligginosa e imbrattato dalle sue lacrime. Pensò
amaramente, che la loro riunione, era cominciata proprio con le lettere, e così
ora finiva. Esausto, risalì le scale e andò al piano di sopra a
ripulirsi.
Era completamente buio ormai, fuori e dentro sé. Era tempo di
andare.
Riaprì ancora l’armadio, cercando una camicia pulita.
Imprecò, quando sbatté contro il cestino della cartaccia, che lui stesso aveva
lasciato in mezzo alla stanza. Il pacchetto saltò fuori, e per un attimo, un solo
attimo, pensò di vederlo quasi luminoso. Sta di fatto, che lo incuriosì e si
chinò a raccoglierlo. Non aveva idea di quello che potesse contenere, o chi
l’avesse inviato. Poggiò la camicia sul letto e si sedette con il pacchetto in
mano. Lo guardò bene, era più o meno un cubo, circa otto centimetri per lato,
pesante per le sue dimensioni. Era ben avvolto in carta marrone e legato con
dello spesso spago. Lesse il cartellino e notò un vago senso di familiarità in
quella calligrafia, ma oltre a questo non riuscì ad andare, non riuscì a capire
chi fosse il mittente. Il timbro recava luoghi e date. Era partito da New York
due settimane prima, ed era arrivato a Los Angeles già da alcuni giorni. Chi lo
mandava? E soprattutto cosa conteneva? C’era solo un modo per scoprirlo.
Staccò il cartellino e sciolse con facilità lo spago.
Chiunque l’avesse confezionato, non aveva stretto bene i nodi. Erano annodati
frettolosamente, forse da mani nervose. Per un attimo, inspiegabilmente, pensò
alle mani di Connor e lui era sta a New York di recente, ma altrettanto
inspiegabilmente, scacciò quel pensiero. Scartando il pacco, notò subito, che
sotto era avvolto con altra carta, che aveva un aspetto decisamente malconcio.
Pensò che questo pacco avesse viaggiato molto e per lungo tempo. Sentì un
leggero senso di panico e fu tentato di gettate di nuovo tutto nel cestino. La
sua mente vagò di nuovo verso lei. Era stata Buffy a firmare per quel pacchetto,
forse era per lei? L’attimo dopo, si rese conto, che era un pensiero delirante.
Tirati
su,
pensò. Tirati su, o sarai morto in meno di una
settimana.
La carta da pacchi sottostante, era ricoperta da
numerosi cartellini recanti vari indirizzi. Inoltre vi erano numerosi timbri
postali. Quando cominciò a capire, si sentì raggelare dentro. Questo pacchetto
lo aveva seguito in tutto il mondo, ogni timbro veniva dall'ufficio postale dei
vari paesi, in cui era stato in tutti questi anni. Controllò meglio cartellini e
timbri e comprese che, inequivocabilmente, il mittente, chiunque egli fosse, era
sicuramente un tipo tenace e per di più, conosceva tutti i suoi spostamenti. Un
timbro veniva dalla Spagna, proprio dove lui era stato. Prima di allora, era
stato a Malta ed ecco lì il timbro. E prima ancora, una dozzina o più di posti,
sparsi in tutto il mondo e ogni posto recava il proprio timbro. Compreso il
Camerun, altre città africane e asiatiche. Angel non aveva più alcun dubbio,
quel pacco lo aveva seguito in tutto il mondo. Sempre.
Notò però, che non era mai riuscito a raggiungerlo.
Tutte le volte era arrivato in ritardo, raggiungendolo sempre alcuni giorni
dopo, che lui aveva lasciato qui luoghi.
Cercò di rompere lo spago con le mani, ma non vi
riuscì. Questo era stato annodato molto più strettamente, rispetto al
precedente. Prese un taglierino e con frenesia, aprì l'involucro. In quel
momento, pareva che la sua vita intera dipendesse da quel gesto. Improvvisamente
voleva saperne di più. L’attimo dopo realizzò, che il pacco aveva viaggiato più
di quanto avesse pensato. Sotto l'involucro, vi era un altro involucro, recante
i timbri rivelatori della sua odissea. Vienna, Ginevra, Praga, Budapest, Sofia.
Oltre ad una mezza dozzina e più di altri luoghi. Il primo ufficio postale da
cui era partito, recava il timbro di un remoto villaggio in
Cina.
Strappò ancora l’involucro e non si sorprese di
trovarne un altro, ancora più vecchio e più logoro del precedente. Mosca,
Dublino, Roma, Londra, Galway. Si, era stato anche nella sua città natale. Si
ricordò di tutti questi luoghi. Quello che non riusciva a ricordare però, era di
aver detto a qualcuno che lui fosse lì. Non aveva mai parlato con nessuno di
questo, neppure con Connor e suo figlio era l’unica persona vivente, con cui
avesse parlato in quegli anni. Non avrebbe potuto dire a nessuno dove andava,
perché neppure lui sapeva con precisione, quale sarebbe stata la prossima tappa.
A quanto pareva, lo sconosciuto mittente, invece sapeva tutto. Ancora una volta
aprì l'involucro. Ce n’era un altro sotto, e un altro ancora. Angel quasi rise,
questo pacco un po’ gli ricordava quelle bambole russe, dove la più grande ne
conteneva una più piccola, poi un'altra, fino a raggiungere l’ultima, che era
poi piccolissima. Questo pacco aveva su di sé, quattro anni di involucri. Lo
rivoltò più volte per trovare il punto di partenza. India. Il suo viaggio,
grazie al cristallo di Illyria, era iniziato proprio in
India.
Finalmente riuscì a vedere l’involucro originale e dai
suoi vecchi francobolli, si rese conto che era partito da Los Angeles.
L’indirizzo recava la via del suo primo appartamento, quello da cui, insieme a
Doyle e a Cordelia, tutto era cominciato. Quindi il pacchetto lo aveva seguito
da ben più di quattro anni. La data parlava chiaro. Il pacco cercava di
raggiungere Angel da quasi dieci anni. Precisamente dal 30 Dicembre del 1999.
C’erano anche gli indirizzi della casa di Cordelia, dell’Hotel Hyperion e della
Wolf Ram and Hart. Tutte le volte che il pacco era arrivato, era stato rispedito
indietro al mittente, perché non erano riusciti a trovare
Angel.
Angel controllò date e timbri e si sentì raggelare
ancora una volta.
Quando il pacco arrivò al suo primo appartamento, lui
si era trasferito a casa di Cordelia ..quando arrivò da Cordelia, lui si era
trasferito all’Hyperion ..quando arrivò all’Hyperion, lui era a Pylea per
salvare Fred ..quando il pacco tornò per la seconda volta all’Hyperion, lui era
nello Sri Lanka, in un monastero buddista, nel tentativo di venire a patti con
la morte di Buffy ..quando tornò per la terza volta all’Hyperion, lui si era
trasferito alla W&H ..quando arrivò alla W&H, lui era a Roma con Spike,
per salvare Buffy. Il pacco tornò
ancora una volta alla W&H, ma non trovò che macerie. Angel aveva dichiarato
guerra ai Soci Anziani e loro avevano dato il via all’Armageddon.
Ovunque lui fosse andato, quel pacco lo aveva seguito,
senza riuscire mai a raggiungerlo. Era sempre rimasto un passo dietro a
lui.
L’ansia
di Angel era alle stelle. Cosa c’era di così importante là dentro? Il suo
contenuto, ora avrebbe avuto ancora
valore per lui? Troppe cose erano cambiate da quel lontano Dicembre del 1999.
Verificando meglio, vide che il primo francobollo, indicava che era stato
spedito parecchi giorni dopo in cui era lui stato umano. Fu allora, che per
Angel, tutto cominciò ad avere un altro sapore. Ricordò che subito dopo morì
Doyle e questo aggiunse altro dolore. Aver vissuto un giorno intero con Buffy,
senza poterne condividere neppure il ricordo, fu straziante per lui, e fu in
quel momento che cominciò il suo lento cammino, che lo portò dritto all’inferno,
da cui, dieci anni dopo, solo Buffy e Connor riuscirono a salvarlo.
Si, l’ansia
di Angel era alle stelle, ma non era il solo.
Nello stesso momento.. Connor era in preda ad un ansia
sempre più crescente. Da più di ventiquattro ore, cercava di sentire sia Angel
che Buffy, ma i cellulari risultavano spenti. Aveva provato anche a chiamare il
numero dell’Hyperion, ma pure lì, silenzio assoluto. Squillava, ma non
rispondeva nessuno. Pensò anche di chiamare Giles a Londra, ma poi decise di non
farlo. Cosa stava accadendo?
Angel guardò ancora mille volte il pacco. Non era più
sicuro di volerlo aprire. Arrivava dal suo passato e niente di buono era mai
giunto da esso. Il suo passato, non gli aveva portato altro che guai. Notò però,
che il pacchetto originale, spogliato da tutta la carta con cui era stato
avvolto, era piuttosto piccolo rispetto a come era sembrato inizialmente.
Improvvisamente, seppe che doveva assolutamente
aprirlo. Con cautela, rimosse l'ultimo involucro e con mani tremanti, sollevò il
coperchio della scatola. Dentro c'era una altra scatola abbastanza ordinaria, ma
notò che era di robusto cartone bianco, come quelle che si usavano per contenere
oggetti fragili. C'era solo il suo nome scritto su, e nient’altro. Nessun
indizio circa il suo contenuto. Tagliò il nastro adesivo, e lo aprì. Un'altra
scatolina più piccola, giaceva sotto tre buste bianche, ognuna indirizzata
semplicemente ad 'Angel' e ognuna di esse era numerata. La numero uno era
proprio in cima, e Angel la aprì per prima.
Gli si fermò il cuore. Anche se non batteva più, in
senso figurato, ad Angel gli si fermò il cuore. La carta intestata era quella
della Angel Investigation e ora conosceva anche il mittente. Ora sapeva chi era
stato, dieci anni prima, ad inviargli
quel pacchetto. Avrebbe riconosciuto la sua scrittura, anche dopo mille anni di
inferno.
Spostò lo zaino dal letto. Improvvisamente, l’idea di
partire non gli pareva più un opzione possibile. Sdraiandosi sul letto, cominciò
a leggere la prima lettera
..e i suoi occhi non vollero saperne di rimanere
asciutti. Pianse!
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Note:
Forse non lo noterete neanche, o forse si, ma volevo comunque dirvelo
:)
Quando Connor vede il pacchetto in sogno, pensa che sia leggero, mentre Angel lo percepisce pesante. Potrebbe sembrare un errore, ma non lo è. Siccome so di non essere brava nella tempistica, questo particolare potrebbe passare inosservato e un po’ mi dispiace. La mia voleva essere una metafora, di come possiamo percepire la stessa realtà in modo diverso, basandoci solo sulla nostra personale percezione degli eventi. I nostri stati d'animo, condizionano la realtà che vediamo.
Per Connor è leggero, perché per lui è una
liberazione, quel pacco rappresenta la fine di un incubo. Per Angel è pesante,
perché si rende conto di come la sua vita sarebbe stata diversa, se avesse
ricevuto prima il pacco. Sente il peso del fallimento. Ho messo tanta carta,
tanti timbri, cartellini, date, luoghi, e tante scatoline, per
(simbolicamente) rendergli difficile il percorso per arrivare all’essenza delle
cose. A volte facciamo dei giri immensi per ritrovarci poi,
esattamente al punto di partenza. Talvolta, guardando ATS, ho avuto l’impressione che
Angel girasse in tondo incessantemente, senza mai trovare pace. Se state
seguendo i fumetti, sapete di che
parlo.
Con questi pensieri un po’ strani, e forse non proprio
allegri, (I'm sorry) ..vi dico però che finché c’è vita c’è speranza e vi
dico..
Felice
2013