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Autore: Eragon36    03/01/2013    1 recensioni
Murtagh torna dall'esilio che si era autoinflitto, pronto ad aiutare il fratello Eragon ad addestrare i nuovi Cavalieri destinati a vegliare su Alagaesia. Intanto lo stesso Eragon esplora le terre che ha scelto per addestrare i suoi allievi, e trova non poche sorprese. Intanto, vecchi e nuovi nemici tentano di minare la pace del neonato regno di Nasuada, mettendolo anche a serio rischio. Il titolo significa Destino e Amore.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Eragon/Arya, Roran/Katrina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passarono quattro mesi in fretta, e Eragon tornò al castello con Dana e Atma, che nel frattempo avevano completato entrambi l’addestramento. Dana fu la prima a beneficiare delle nuove spade prodotte da Runhon, e tornò con al fianco una lama blu zaffiro come Brisingr, ma più sottile e appuntita. La ragazza chiamò la lama Felkr, cielo. Durante il viaggio di ritorno fecero tappa ad Ilirea, dove una maga di nome Alara li aveva informati che per Nasuada era ormai prossimo il parto. Qui Dana si era stupita della sua abilità nella scherma, riuscendo agevolmente a battere il miglior spadaccino del regno in poche battute. Al ritorno di Eragon Murtagh gli fece rapporto sugli avvenimenti degli ultimi mesi, e chiese a Eragon se Korgan e Durok potevano considerare concluso l’addestramento. Eragon approvò, e i due si recarono da Runhon per ricevere le loro spade. Murtagh partì con loro, ma anziché andare nella Foresta si recò a Ilirea, per stare vicino alla madre di suo figlio al momento della nascita di quest’ultimo, e per aiutarla in caso di complicazioni post-parto. Il Cavaliere arrivò a Ilirea quattro giorni dopo essere partito. Appena arrivò fu accolto da Trianna, il capo dei maghi umani, e condotto negli alloggi della regina. Quando arrivò davanti alla porta, sentì un groppo in gola, poi bussò.<> rispose Nasuada da dentro. Quando lo vide, la regina trasalì. <>
"Certo che sono qui, te l’avevo promesso, no?
"disse Murtagh con un sorriso.
"Grazie…La regina gli si avvicinò e gli diede un bacio sulle labbra. Murtagh ricambiò il bacio con passione, e la abbracciò, attento a non stringere troppo per non nuocere al bambino. "Orik e Arya lo sanno?"
"Li ho informati un mese fa…"
"E Orik che ha detto? Sai che mi odia per aver ucciso suo padre vero?"
"Ha detto che le mie scelte sono mie e di nessun altro, e che ti ha perdonato da quando Eragon gli ha detto che avevi ucciso Rothgar sotto l’influenza di Galbatorix"
"Davvero?"
"Sì. Ha anche detto che sarai accolto fra i nani con gli stessi onori di Eragon"
"Ne sono lieto. E tu, come stai? Questo… dono ti sta dando problemi?"
"No. A parte qualche calcio ogni tanto, è il bambino più tranquillo che ci sia."
"Hai già pensato a un nome? Io ci ho pensato a lungo mentre addestravo Amdir, e sinceramente non mi sono venuti in mente nomi adatti. L’unico importante per me è Tornac, che è l’uomo che mi ha insegnato l’uso della spada, e ovviamente Castigo, ma lui non vuole che io dia il suo nome a mio figlio."
Sarebbe ridicolo, gli disse il drago.
Effettivamente… non è un nome molto comune fra gli umani.

"Io invece qualche idea ce l’ho… Vorrei chiamarlo come mio padre, Ajihad, ma non vorrei che tu lo considerassi troppo egoistico. Per cui ho pensato ad alcune alternative. Cosa ne dici di Edwin?"
"No… non so perché, non lo vedo come nome per mio figlio."
"Allora dimmi che ne pensi di Jarsha."
"Come per Edwin. Non lo vedo su mio figlio."
Potrei darvi una mano? Disse Castigo a entrambi. Durante i tuoi studi, Murtagh, hai incontrato una sfilza infinita di nomi. E, per me, ce ne sono di davvero interessanti. Come Edmund, di cui hai letto nei tuo studi sugli Urgali, che fu il primo umano a batterne uno in una gara di lotta, oppure Roman, che depose re Palancar e firmò il trattato che consentiva agli umani di diventare Cavalieri, o Elessar, che gli propose l’accordo.
Qual è l’ultimo che hai detto, Castigo? Gli chiese Nasuada.
L’elfo Elessar, perché?

"Elessar Murtaghson. Che ne dici?"
"Perfetto. Se anche tu sei d’accordo sarà il suo nome."
"Allora così sia."
"Molto bene.Poi nei pensieri di Murtagh giunse un dubbio. "E se fosse femmina?"
"Se fosse femmina la vorrei chiamare Joanna."
"A me va bene."
Dopo aver deciso il nome di loro figlio, i due si sedettero sul letto di Nasuada, e Murtagh prese a accarezzarle il grembo. Appena posò la mano sentì un colpo nel punto preciso in cui l’aveva posata. Contemporaneamente Nasuada si piegò in avanti per il dolore. "Sembra che sia contento di vederti. Non aveva mai scalciato così prima d’ora."
Murtagh avvicinò le labbra al grembo di Nasuada e disse:"Ciao, figlio mio. Sono il tuo papà, Murtagh. Ricordati questa voce, perché la sentirai poche volte, poiché io ci sarò poco nella tua vita. Comunque sono lieto di essere tuo padre." Sentì in debole colpetto in risposta.
Insieme, Murtagh e Nasuada si alzarono e uscirono dalla stanza, per raggiungere il cortile interno del castello, dove Castigo era accucciato. Il drago, quando vide il suo Cavaliere e la sua compagna avvicinarsi, inarcò il collo e avvicinò il muso al ventre della regina, e lo annusò. Poi fece salire Nasuada e Murtagh sul suo dorso, e così rimase, con i due abbracciati sulla schiena, fino a quando Nasuada chiese: 
"Castigo, ci porti a fare un voletto? Non ho mai volato su un drago, a parte quando mi avete rapito, e vorrei provare la sensazione di volare liberamente."
 Volentieri, Rispose il drago.
Insieme si librarono in volo, e si alzarono per contemplare un panorama che il drago rosso e il suo Cavaliere conoscevano fin troppo bene: la città di Ilirea. Era lì che era nato, che era cresciuto e in cui Galbatorix lo aveva reso schiavo, abusando del suo corpo facendolo crescere in maniera innaturale per poter affrontare Saphira, di cui aveva sempre invidiato la libertà, e che aveva spesso considerato una compagna ideale. Non aveva mai provato a corteggiarla, prima perché erano nemici, poi perché Fìrnen gli aveva riferito di essersi accoppiato con lei prima che partisse. Era invidioso del drago verde, ma in fondo non provava rimorso: non avrebbe mai potuto corteggiare la sua ex nemica giurata, né tantomeno sarebbe stato giusto. Sul suo dorso, sentì Murtagh e Nasuada giurarsi amore eterno, poi dispiegò le ali e mantenne una posizione orizzontale. Dopo aver rischiato di ribaltarsi a causa di una turbolenza piuttosto forte, Murtagh gli disse: Vai!
Sicuro, cucciolo? Non avete la sella, Nasuada e tuo figlio potrebbero cadere.
Ho lanciato un incantesimo per impedirlo.
Allora tenetevi forte!
Si lanciò in picchiata, le ali aderenti al corpo, e sentì il vento che gli sferzava la faccia. Chiuse le palpebre interne per proteggere gli occhi, e intanto vedeva il terreno avvicinarsi. Arrivò a circa ottanta piedi dal lastrone di roccia che sovrastava Ilirea, poi riaprì le ali, recuperò la posizione orizzontale e ruggì, eruttando una vampa di fuoco, rischiarando il cielo del tramonto. Dietro di lui, sentì Nasuada scoppiare a ridere, gridando tutto il suo gradimento per l’evoluzione del drago, poi la sentì dire: 
"Non pensavo che fosse così bello cavalcare un drago. Complimenti, Castigo, sei un eccezionale padrone dell’aria."
Grazie, rispose. Poi si rivolse a Murtagh. Volete volare ancora o vi riporto al castello?
No, riportaci al castello, gli disse il suo compagno di vita.
Castigo si diresse verso la fortezza, diversa da quella dove era nato e cresciuto, che era stata distrutta quando Eragon aveva ucciso Galbatorix il distruggi-uova. I bipedi umani l’avevano ricostruita più grande e più colorata di prima. Ai suoi occhi, la parete frontale appariva sgargiante, dato il suo colore rosso, mentre quella laterale, blu, era sbiadita. Atterrò nel prato del cortile interno, si accucciò e fece scendere Nasuada e Murtagh, poi si preparò a trascorrere la notte, appoggiando la testa sulle zampe anteriori.
Nasuada scese da Castigo, facendo attenzione a non urtare troppo forte la pelle coriacea del drago con il ventre in modo da non nuocere al nascituro, poi attese che Murtagh la raggiungesse. Insieme si incamminarono verso il castello, quando vide Farica correrle incontro. Sembrava preoccupata. 
"Mia signora" le disse. "Pensavamo te ne fossi andata, mia signora. Si è diffuso lo sgomento nel castello quando Jormundur non ti aveva trovato. Immaginavo che foste andati insieme, ma lui ha insistito per mandare i falchineri in città a cercarti…"
"Dai il segnale per richiamarli, e poi manda a chiamare Jormundur. Sto bene, Murtagh mi aveva solo fatto fare un giro su Castigo."
"Lo immaginavo, ma Jormundur non ha voluto sentire ragioni…"
"Ora sentirà le mie, di ragioni. Lo aspetto nella sala del trono fra mezz’ora."
"Vado, mia signora." La cameriera fece un inchino e si allontanò in fretta.
"Avresti dovuto avvertire qualcuno" Le disse Murtagh .
"Lo so, ma non volevo perdere tempo. Ne abbiamo poco insieme, noi, e non intendo sprecarne. Poi ultimamente quell’uomo è iperprotettivo, con la scusa del figlio mi ha raddoppiato la sicurezza. Volevo semplicemente passare una giornata con l’uomo che amo… in pace."
"In questo caso hai fatto più che bene."
"Ti ringrazio per la comprensione."
Lei e Murtagh entrarono nel castello, dove decise di farlo dormire con lei nello stesso letto, dato che ormai condividevano la cosa più importante della vita, cioè un figlio. Un figlio che sarebbe nato entro pochi giorni. Murtagh era stato puntuale: nell’ultimo colloquio che avevano avuto allo specchio, le aveva detto che sarebbe venuto da lei un paio di settimane prima del giorno in cui avrebbe dovuto partorire, e così era stato. Lui era lì. E per almeno un mese sarebbe stato completamente suo. Suo e di nessun altro. E per questo era felice. Rimproverò aspramente Jormundur per essere stato troppo apprensivo, e gli disse di iniziare a preoccuparsi solamente quando non l’avesse trovata per più di una notte. Contemporaneamente però lo ringraziò per l’interessamento, e per la preoccupazione mostrata nei suoi confronti. Dopo che l’ufficiale se ne fu andato, lei andò in una delle sale da pranzo del castello, dove cenò con Murtagh. Passò la sera, come al solito, esaminando i dati provenienti dal regno, con le entrate, le spese e i problemi maggiori da parte delle città. Murtagh dal canto suo stette nella loro stanza a leggere una pergamena che si era portato dietro dal castello, e di cui lei ignorava i contenuti. Quando mancava poco a mezzanotte, lo raggiunse nella camera, si spogliò, rimanendo in sottoveste, poi si mise la camicia da notte e si coricò sul letto. Murtagh si voltò, la vide, per cui chiuse la pergamena e la raggiunse e si coricò a fianco a lei. Le diede un bacio delicato. "Che stavi leggendo?"
"Un poema scritto da Eragon"
"Davvero? E quando l’ha scritto? Non ne sapevo nulla"
"Durante il suo addestramento a Ellesméra, per l’Agaetì Blodhren. Mi ha veramente stupito, E’ una storia magnifica. Mi dispiace che tu non potrai leggerla perché è scritta nell’ Antica Lingua, e non è una lingua facile da comprendere."
"Lo so. Chiederò a Vanir di tradurla per me nel nostro alfabeto, così potrò leggerla anche io."
"Buonanotte, amore mio. Sono contento di essere di nuovo qui. Mi sei mancata."
"Anche tu."
Si coricò, e con un soffio spense la candela sul comodino, unica fonte di luce rimasta nella stanza.
Si svegliò in piena notte, senza sapere il perché. Pochi istanti dopo essersi svegliata, sentì un dolore indescrivibile al basso ventre, e sentì di essere bagnata all’interno delle cosce. Gridò per il dolore, poi capì cosa stava succedendo: il momento era giunto. Accanto a lei, Murtagh si svegliò a sua volta, e lei gli disse: 
"Corri a chiamare Farica, nostro figlio ha deciso di nascere ora!" Senza nemmeno vestirsi, Murtagh si alzò e uscì in fretta dalla stanza, mentre lei urlava di nuovo, scossa da una nuova contrazione. Pochi interminabili minuti dopo, il suo uomo tornò con la cameriera, ancora in camicia da notte, ma con in mano una moltitudine di panni asciutti. "Mia signora, sdraiati, o farai del male al bambino!" Nasuada obbedì, poi sentì Farica che le sollevava e le divaricava le gambe, non prima di aver posato uno straccio pulito sotto di lei per impedire al letto di sporcarsi ulteriormente, anche se ormai il danno era stato fatto. Poi la sentì dire: "Mia signora, sta già uscendo, vedo già la testa. Spingi, aiutalo a uscire. Durerà poco, se ti impegni. Forza!"
Nasuada spinse con tutte le sue forze, e sentì il suo respiro mozzarsi, e contemporaneamente il suo cuore battere più forte, e riempirsi di gioia: stava creando una vita. Di nuovo sentì Farica dire: "Ancora uno sforzo, mia signora, ed è fatta!" La regina spinse di nuovo, poi, dopo un tempo che le parve infinito, sentì un vagito fortissimo e poi Farica dire: "Ce l’hai fatta, mia signora! E’ uno splendido maschietto!" Nasuada si abbandonò alla stanchezza, per poi alzare la testa e vedere Farica che le si avvicinava, dopo aver tagliato, con l’aiuto della magia di Murtagh, il cordone ombelicale del neonato, che aveva preso a piangere sonoramente. "Mia signora, mio signore, ecco vostro figlio. Come lo chiamerete? Come il nonno materno, Ajihad?"
"No, Farica," le rispose Murtagh,"si chiamerà Elessar. Abbiamo deciso di comune accordo questo pomeriggio."
"Davvero un bel nome. Elessar Murtaghson, ecco i tuoi genitori." E le porse il fagotto contente il bambino, che si tranquillizzò, una volta fra le braccia della madre. Elessar aveva la pelle color caffelatte, una media esatta tra il colore scuro di Nasuada e la pelle chiara del padre. Aveva gli occhi scuri, e un piccolo ciuffo nero sulla testa. Murtagh avvicinò un dito al viso del neonato e questo lo prese e lo tirò a sé con una forza innata. Era suo figlio.
   
 
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