Oltre la tendina si trovava un corridoio piuttosto
breve, anonimo, in fondo al quale si stagliava una porta in
legno colorata di viola. Il ragazzetto la aprì. Una luce intensissima invase il corridoio, le due ragazze si portarono le braccia
davanti agli occhi. Furono invitate a proseguire; lo
fecero. « Finalmente,
Horatio! » chiamò una voce burbera, in tono tuttavia simpatico. Ci volle qualche istante prima che gli occhi di Dot si adeguassero,
dopo quella luce. Horatio e May ci vedevano chiaramente, invece. Si trovavano
in un campo circolare, un prato, di dimensioni piuttosto ridotte. Un albero di
pino era affiancato da un paio di piccoli cespugli, per il resto solo erba e
violette. Ai margini, pareva di vedere l’universo: le pareti erano solide, ma
lasciavano vedere immagini in movimento di stelle e pianeti. Dot rimase
estasiata dalla visione di Giove, così vicino, così come dal riconoscere la
costellazione del Drago e l’Orsa Maggiore da angolazioni
diverse da quelle a cui era abituata; l’amica, da parte sua, vi diede solo una
rapida occhiata, disinteressata. La sua attenzione era fissa sull’origine della
voce. Un uomo robusto vestito di nero, con una mantellina e
scarpe lustre, il cui volto era per gran parte coperto da una folta barba del
medesimo colore, se non per qualche sprazzo biancastro, segno dell’avanzare
degli anni. Gli occhi apparivano di un vivace color azzurro; i capelli,
per quanto folti, similarmente alla barba, non potevano certo dirsi lunghi. Quando Horatio affiancò l’uomo, fu palese la somiglianza tra
i due, nel sorriso come nello sguardo. Horatio era poco più che un bambino,
minuto e snello, agile. Ci volle qualche momento prima
che Dot si accorgesse di quella presenza. « Buon pomeriggio » salutò l’uomo,
ricambiato dalla timida risposta della ragazza e dall’educata replica del
fantasma. « Scusatemi davvero tanto la sfacciataggine, ma » continuò Howard «
devo permettermi di affidarvi un compito. Chiedo perdono, mia cara » si rivolse
ora in particolare a May « per averti trattenuta in questo mondo. » Trattenuta? La ragazza chiese ulteriori spiegazioni. « Ho lanciato un Sortilegio
all’intera città, ecco come stanno le cose. Volevo che alla sua morte, la
persona più meritevole rimanesse ancora qui sotto forma di spettro affinché
recuperasse una Reliquia di cui ho bisogno. A mio guadagno, insomma. » May lo
guardò fisso negli occhi.
« Dopodiché, potrei tornare in vita? »
« Mi spiace, ma temo che questo non sia
possibile… Sei pur sempre morta, non a causa mia, dunque… Dopodiché, sarai
libera di raggiungere l’Altro Mondo. »
May
ci rifletté un momento. « E potrei capire
le ragioni della mia morte? »
« Una volta recuperata la Reliquia,
certamente. »
«
Accetto. Mi dica quello che devo fare. »
L’apertura del Portale aveva comportato qualche attimo di attesa, occupata da tante luci colorate, stavolta diverse
dalle prime, non abbaglianti come quelle, ma sensazionali, un vero spettacolo
per gli occhi. May avrebbe dovuto attraversare il Portale, accessibile solo
alle persone che non erano più in vita, per recuperare un semplice scudo. Che in realtà forse semplice non era – Scudo del Vento, così era chiamato, - ma ciò per Dot non aveva
importanza. Anche perché avrebbe dovuto aspettare l’amica in compagnia di quel
vecchio e di quel bambino, che non gli piacevano per
niente, in particolar modo il secondo. Osservò la ragazza entrare nella luce e
il portone socchiudersi dietro di lei, quindi si buttò a sedere sull’erba, con
qualche lacrima che nuovamente affiorava sul di lei volto. Abbassò
lo sguardo, coprì il volto nascondendolo fra le gambe. Non riusciva a comprendere come diamine si fosse cacciata in una
situazione simile. Ripensò ai suoi genitori, e a sua sorella: chissà se
sarebbero stati in pensiero. Ma in fondo, poco gliene
importava. May, la sua inseparabile amica, era morta, non sapeva come né
perché, ed ora aveva accettato di aiutare uno stregone strampalato, o qualcosa
del genere. Sarebbe stata una missione semplice, aveva detto, e poi avrebbe
potuto trovare la pace eterna. Cioè, non si sarebbero
mai più riviste. Non poteva andare davvero così, era
semplicemente impossibile, innaturale. Inconcepibile. La sua migliore amica… La
sua unica, vera amica… Non sarebbe sparita così facilmente. Non poteva aver perso la vita, non era da lei. Perché si era lasciata ammazzare? Non aveva pensato a come
si sarebbe sentita lei? Perché era stata così insensibile? Era un’ingiustizia bella
e buona. E lasciarsi abbindolare così da uno
sconosciuto, poi! Non era da lei. Non… E invece lo era. Che sciocca,
sciocca Dot, a rammaricarsi così e andare contro la propria cara amica in
maniera tanto egoistica. Ma non poteva farci niente.
La rabbia, il dolore, erano inimmaginabili. E non
poteva capire cosa provasse la sua amica, perché era una situazione troppo
assurda. Anche volendolo con tutta se stessa non ci sarebbe
riuscita. Però non poteva sopportarla, quella
situazione. Non avrebbe più rivisto May. Non poteva, non voleva, non era in
grado di sopportarlo. Voleva avere May accanto per tutta la vita. Si erano
promesse così tante cose! May non poteva andarsene, perché in futuro avrebbe dovuto diventare testimone di nozze per Dot, mentre
lei avrebbe dovuto fare da madrina alla figlia che tanto voleva May. Dovevano
concedersi una lunga vacanza dopo aver raggiunto il successo nel lavoro, loro
due sole, in qualche magnifica località marina, o ancora fare il giro del mondo
e visitare la Torre Eiffel, il Colosseo, la Grande Muraglia. Non potevano
separarsi proprio ora… Così presto… Non poteva finire prematuramente la vita di una. Inconcepibile.
Quando una mano le si posò sulla spalla destra, non poté che sussultare. Si
voltò, il viso rigato dal pianto, per scoprire così l’espressione bonaria del
proprietario del negozio. « Su, su, ragazza, non ti abbattere » le sussurrò
l’uomo. Del ragazzino, pareva non esserci più nemmeno l’ombra. « Cosa ti preoccupa? »
domandò, quindi. « Cosa mi
preoccupa! » Sbottò in tutta risposta la sedicenne, la voce rotta solo appena
dal pianto. « La mia più cara amica è morta e non la vedrò mai più! Ma è diventata uno spettro, così ora i miei mi credono pazza
perché per qualche strano motivo solo io riesco a vederla, e poi ci troviamo in
questo posto assurdo, con un prato e un albero dentro un negozio, e queste
pareti dai disegni in movimento, e… » Aveva parlato, fino ad ora, senza neanche
riprendere fiato; ansimò per un istante. « …Ed è
morta! » Ripeté; per quanto potesse voler dare a vedere di essere sconvolta da
tutto, in realtà la toccava in primis la morte di May. Con l’uomo che la
carezzava dolcemente, riprese un pianto addolorato.
Il tunnel di luce era durato ben
poco; nuovamente, delle figure cominciavano a prendere forma. Si trovava, così
pareva, in una grotta completamente deserta, dove grazie alla sua condizione
certo l’aria non le mancava, per quanto il luogo apparisse
opprimente, il terrore di ogni claustrofobico. Basso – non raggiungeva
l’altezza di un uomo normale, ma per la sedicenne era sufficiente – e stretto,
cominciava ad essere percorso ad andatura rapida dalla giovane. Se fosse stata una persona normale, certamente il rumore
provocato dai passi sarebbe stato assordante. Quando
si accorse di non provare fatica, cominciò a correre al meglio delle sue
possibilità, e vi riuscì senza sentire segni di sorta, non una goccia di
sudore, non un ansimo. Per forza. Il percorso davanti a lei non cambiava di una virgola
nonostante avesse percorso ormai parecchie centinaia di metri, e cominciava a
chiedersi quando avrebbe trovato il fantomatico scudo quando udì un rumore.
Rallentò, pronta a cogliere ogni minima vibrazione nell’aria. Non sentì nulla.
Azzardò qualche nuovo passo in avanti, quando ecco di nuovo un rumore. Era
terrificante. Come un potente ruggito che fece tremare tutto.
In un primo istante, ebbe la forte sensazione di tornare indietro, ebbe paura. Cosa stai facendo, May? Sciocca! In queste condizioni neanche il macellaio
pazzo con la sua ascia migliore potrebbe farti un graffio! Avanti! La grotta lasciò gradualmente posto a una foresta, in una maniera tale che sulla Terra non
avrebbe mai potuto vedere, in nessun luogo, neanche il più sperduto. Talvolta,
il ruggito tornava a farsi sentire. E la ragazza
percorreva un percorso prestabilito, perlopiù diritto. La foresta aveva
cominciato a sfumare per lasciare il posto a chissà che cosa, quando si udì il boato a una potenza incredibile. Mi sto avvicinando. Qualsiasi cosa sia, mi ci
sto avvicinando. Ormai non
si fermava più, e continuava ad elevata velocità sulla sua strada. Gli alberi
lasciarono il posto a una tetra pianura, piatta, e lei
proseguì, sempre avanti, sempre avanti, senza fermarsi mai. A
un tratto, vide in lontananza qualcosa. Era enorme e mostruoso. Alto almeno tre metri e adeguatamente largo, si trattava di
un bipede ricoperto da folta peluria nera come la pece, con un muso appena
allungato e canini sporgenti, vagamente rassomigliante a un lupo. Man mano che
vi si avvicinava – ora più cautamente – ne notava i dettagli: due possenti e
muscolose gambe; quattro zampe dotate di altrettante
dita, con artigli affilati; due occhi dalle pupille biancastre e inquietanti. Davanti alla Bestia, e ai lati, sbarre che gli impedivano di uscire
da una ‘gabbia’ ma che apparentemente avrebbe potuto distruggere in maniera
facile e veloce. Davanti a tutto ciò, si ergeva una roccia, a mo’ di altare. Sulla roccia, era adagiato uno
scudo. Eccolo. Finalmente si
trovava davanti all’oggetto tanto agognato. L’odore, forte e fastidioso,
della creatura, le colpiva le narici, e in tutto questo ciò che più la colpì fu
il fatto di odorare qualcosa, mentre ormai lo pensava impossibile. Tuttavia, non se ne curò, e mise subito le mani sullo Scudo.
Non molto grande, interamente composto di Smeraldo, aveva una forma che poteva
ricordare un ventaglio. May diede le spalle alla roccia e riprese a correre.
Aveva finalmente messo piede nella
foresta quando un terremoto percorse tutto quel mondo
da sogno e delle crepe cominciarono a formarsi nel terreno, concludendosi
all’incirca nel luogo dove si trovava lei. Fu sufficiente un attimo perché
capisse cosa fosse accaduto. Correndo come una forsennata, continuava a
voltarsi, e in breve tempo la vide. La Bestia, guardiano dello Scudo, la stava
inseguendo.