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Autore: Wolt    23/07/2007    1 recensioni
Dot e May sono amiche per la pelle, amiche da sempre, amiche per sempre, la pensano così nei loro sedici anni. Non può neanche sfiorarle il pensiero che una di loro possa morire così presto. Purtroppo, è ciò che succede: una di loro muore, e solo l'altra può vederne lo spettro. Cosa significa tutto questo? Come è morta la ragazza, e perché quello strano tipo vuole che la ragazza-fantasma recuperi lo Scudo del Vento? Il dolore dell'una, la decisione dell'altra affinché venga risolto il mistero. Una storia d'amicizia. (La mia prima vera fanfiction.)
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oltre la tendina si trovava un corridoio piuttosto breve, anonimo, in fondo al quale si stagliava una porta in legno colorata

Oltre la tendina si trovava un corridoio piuttosto breve, anonimo, in fondo al quale si stagliava una porta in legno colorata di viola. Il ragazzetto la aprì. Una luce intensissima invase il corridoio, le due ragazze si portarono le braccia davanti agli occhi. Furono invitate a proseguire; lo fecero.          « Finalmente, Horatio! » chiamò una voce burbera, in tono tuttavia simpatico. Ci volle qualche istante prima che gli occhi di Dot si adeguassero, dopo quella luce. Horatio e May ci vedevano chiaramente, invece. Si trovavano in un campo circolare, un prato, di dimensioni piuttosto ridotte. Un albero di pino era affiancato da un paio di piccoli cespugli, per il resto solo erba e violette. Ai margini, pareva di vedere l’universo: le pareti erano solide, ma lasciavano vedere immagini in movimento di stelle e pianeti. Dot rimase estasiata dalla visione di Giove, così vicino, così come dal riconoscere la costellazione del Drago e l’Orsa Maggiore da angolazioni diverse da quelle a cui era abituata; l’amica, da parte sua, vi diede solo una rapida occhiata, disinteressata. La sua attenzione era fissa sull’origine della voce. Un uomo robusto vestito di nero, con una mantellina e scarpe lustre, il cui volto era per gran parte coperto da una folta barba del medesimo colore, se non per qualche sprazzo biancastro, segno dell’avanzare degli anni. Gli occhi apparivano di un vivace color azzurro; i capelli, per quanto folti, similarmente alla barba, non potevano certo dirsi lunghi. Quando Horatio affiancò l’uomo, fu palese la somiglianza tra i due, nel sorriso come nello sguardo. Horatio era poco più che un bambino, minuto e snello, agile. Ci volle qualche momento prima che Dot si accorgesse di quella presenza. « Buon pomeriggio » salutò l’uomo, ricambiato dalla timida risposta della ragazza e dall’educata replica del fantasma. « Scusatemi davvero tanto la sfacciataggine, ma » continuò Howard « devo permettermi di affidarvi un compito. Chiedo perdono, mia cara » si rivolse ora in particolare a May « per averti trattenuta in questo mondo. »     Trattenuta? La ragazza chiese ulteriori spiegazioni. « Ho lanciato un Sortilegio all’intera città, ecco come stanno le cose. Volevo che alla sua morte, la persona più meritevole rimanesse ancora qui sotto forma di spettro affinché recuperasse una Reliquia di cui ho bisogno. A mio guadagno, insomma. » May lo guardò fisso negli occhi.

 « Dopodiché, potrei tornare in vita? »

 « Mi spiace, ma temo che questo non sia possibile… Sei pur sempre morta, non a causa mia, dunque… Dopodiché, sarai libera di raggiungere l’Altro Mondo. »

May ci rifletté un momento.  « E potrei capire le ragioni della mia morte? »

 « Una volta recuperata la Reliquia, certamente. »

                « Accetto. Mi dica quello che devo fare. »

 

L’apertura del Portale aveva comportato qualche attimo di attesa, occupata da tante luci colorate, stavolta diverse dalle prime, non abbaglianti come quelle, ma sensazionali, un vero spettacolo per gli occhi. May avrebbe dovuto attraversare il Portale, accessibile solo alle persone che non erano più in vita, per recuperare un semplice scudo. Che in realtà forse semplice non era – Scudo del Vento, così era chiamato, - ma ciò per Dot non aveva importanza. Anche perché avrebbe dovuto aspettare l’amica in compagnia di quel vecchio e di quel bambino, che non gli piacevano per niente, in particolar modo il secondo. Osservò la ragazza entrare nella luce e il portone socchiudersi dietro di lei, quindi si buttò a sedere sull’erba, con qualche lacrima che nuovamente affiorava sul di lei volto. Abbassò lo sguardo, coprì il volto nascondendolo fra le gambe. Non riusciva a comprendere come diamine si fosse cacciata in una situazione simile. Ripensò ai suoi genitori, e a sua sorella: chissà se sarebbero stati in pensiero. Ma in fondo, poco gliene importava. May, la sua inseparabile amica, era morta, non sapeva come né perché, ed ora aveva accettato di aiutare uno stregone strampalato, o qualcosa del genere. Sarebbe stata una missione semplice, aveva detto, e poi avrebbe potuto trovare la pace eterna. Cioè, non si sarebbero mai più riviste. Non poteva andare davvero così, era semplicemente impossibile, innaturale. Inconcepibile. La sua migliore amica… La sua unica, vera amica… Non sarebbe sparita così facilmente. Non poteva aver perso la vita, non era da lei. Perché si era lasciata ammazzare? Non aveva pensato a come si sarebbe sentita lei? Perché era stata così insensibile? Era un’ingiustizia bella e buona. E lasciarsi abbindolare così da uno sconosciuto, poi! Non era da lei. Non… E invece lo era. Che sciocca, sciocca Dot, a rammaricarsi così e andare contro la propria cara amica in maniera tanto egoistica. Ma non poteva farci niente. La rabbia, il dolore, erano inimmaginabili. E non poteva capire cosa provasse la sua amica, perché era una situazione troppo assurda. Anche volendolo con tutta se stessa non ci sarebbe riuscita. Però non poteva sopportarla, quella situazione. Non avrebbe più rivisto May. Non poteva, non voleva, non era in grado di sopportarlo. Voleva avere May accanto per tutta la vita. Si erano promesse così tante cose! May non poteva andarsene, perché in futuro avrebbe dovuto diventare testimone di nozze per Dot, mentre lei avrebbe dovuto fare da madrina alla figlia che tanto voleva May. Dovevano concedersi una lunga vacanza dopo aver raggiunto il successo nel lavoro, loro due sole, in qualche magnifica località marina, o ancora fare il giro del mondo e visitare la Torre Eiffel, il Colosseo, la Grande Muraglia. Non potevano separarsi proprio ora… Così presto… Non poteva finire prematuramente la vita di una. Inconcepibile.

                Quando una mano le si posò sulla spalla destra, non poté che sussultare. Si voltò, il viso rigato dal pianto, per scoprire così l’espressione bonaria del proprietario del negozio. « Su, su, ragazza, non ti abbattere » le sussurrò l’uomo. Del ragazzino, pareva non esserci più nemmeno l’ombra. « Cosa ti preoccupa?  » domandò, quindi.            « Cosa mi preoccupa! » Sbottò in tutta risposta la sedicenne, la voce rotta solo appena dal pianto. « La mia più cara amica è morta e non la vedrò mai più! Ma è diventata uno spettro, così ora i miei mi credono pazza perché per qualche strano motivo solo io riesco a vederla, e poi ci troviamo in questo posto assurdo, con un prato e un albero dentro un negozio, e queste pareti dai disegni in movimento, e… » Aveva parlato, fino ad ora, senza neanche riprendere fiato; ansimò per un istante. « …Ed è morta! » Ripeté; per quanto potesse voler dare a vedere di essere sconvolta da tutto, in realtà la toccava in primis la morte di May. Con l’uomo che la carezzava dolcemente, riprese un pianto addolorato.

 

                Il tunnel di luce era durato ben poco; nuovamente, delle figure cominciavano a prendere forma. Si trovava, così pareva, in una grotta completamente deserta, dove grazie alla sua condizione certo l’aria non le mancava, per quanto il luogo apparisse opprimente, il terrore di ogni claustrofobico. Basso – non raggiungeva l’altezza di un uomo normale, ma per la sedicenne era sufficiente – e stretto, cominciava ad essere percorso ad andatura rapida dalla giovane. Se fosse stata una persona normale, certamente il rumore provocato dai passi sarebbe stato assordante. Quando si accorse di non provare fatica, cominciò a correre al meglio delle sue possibilità, e vi riuscì senza sentire segni di sorta, non una goccia di sudore, non un ansimo.                Per forza.               Il percorso davanti a lei non cambiava di una virgola nonostante avesse percorso ormai parecchie centinaia di metri, e cominciava a chiedersi quando avrebbe trovato il fantomatico scudo quando udì un rumore. Rallentò, pronta a cogliere ogni minima vibrazione nell’aria. Non sentì nulla. Azzardò qualche nuovo passo in avanti, quando ecco di nuovo un rumore. Era terrificante. Come un potente ruggito che fece tremare tutto. In un primo istante, ebbe la forte sensazione di tornare indietro, ebbe paura.              Cosa stai facendo, May? Sciocca! In queste condizioni neanche il macellaio pazzo con la sua ascia migliore potrebbe farti un graffio! Avanti!      La grotta lasciò gradualmente posto a una foresta, in una maniera tale che sulla Terra non avrebbe mai potuto vedere, in nessun luogo, neanche il più sperduto. Talvolta, il ruggito tornava a farsi sentire. E la ragazza percorreva un percorso prestabilito, perlopiù diritto. La foresta aveva cominciato a sfumare per lasciare il posto a chissà che cosa, quando si udì il boato a una potenza incredibile.                Mi sto avvicinando. Qualsiasi cosa sia, mi ci sto avvicinando.           Ormai non si fermava più, e continuava ad elevata velocità sulla sua strada. Gli alberi lasciarono il posto a una tetra pianura, piatta, e lei proseguì, sempre avanti, sempre avanti, senza fermarsi mai. A un tratto, vide in lontananza qualcosa. Era enorme e mostruoso. Alto almeno tre metri e adeguatamente largo, si trattava di un bipede ricoperto da folta peluria nera come la pece, con un muso appena allungato e canini sporgenti, vagamente rassomigliante a un lupo. Man mano che vi si avvicinava – ora più cautamente – ne notava i dettagli: due possenti e muscolose gambe; quattro zampe dotate di altrettante dita, con artigli affilati; due occhi dalle pupille biancastre e inquietanti. Davanti alla Bestia, e ai lati, sbarre che gli impedivano di uscire da una ‘gabbia’ ma che apparentemente avrebbe potuto distruggere in maniera facile e veloce. Davanti a tutto ciò, si ergeva una roccia, a mo’ di altare. Sulla roccia, era adagiato uno scudo.           Eccolo.    Finalmente si trovava davanti all’oggetto tanto agognato. L’odore, forte e fastidioso, della creatura, le colpiva le narici, e in tutto questo ciò che più la colpì fu il fatto di odorare qualcosa, mentre ormai lo pensava impossibile. Tuttavia, non se ne curò, e mise subito le mani sullo Scudo. Non molto grande, interamente composto di Smeraldo, aveva una forma che poteva ricordare un ventaglio. May diede le spalle alla roccia e riprese a correre.

                Aveva finalmente messo piede nella foresta quando un terremoto percorse tutto quel mondo da sogno e delle crepe cominciarono a formarsi nel terreno, concludendosi all’incirca nel luogo dove si trovava lei. Fu sufficiente un attimo perché capisse cosa fosse accaduto. Correndo come una forsennata, continuava a voltarsi, e in breve tempo la vide. La Bestia, guardiano dello Scudo, la stava inseguendo.

  
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