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Autore: Moonage Daydreamer    05/01/2013    5 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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She Loves You.
 



Ero su un letto, legata da catene talmente strette che mi ferivano i polsi e le caviglie. Non riuscivo a respirare, avevo la bocca tappata da un bavaglio. Non potevo muovermi.
Una luce fredda si accese nell'oscurità. Mi trovavo nella camera di una bambina. Una fila di bambole mi guardava sinistramente dall'alto di una mensola, con gli occhi spiritati iniettati di sangue.
Sentii dei passi, che piano si avvicinavano. Il loro incedere lento era regolare, inesorabile, e il battito del mio cuore si adeguò ben presto ad esso.
Un passo...qualche secondo...un altro passo.
La porta si aprì cigolando. L'Uomo entrò, rivolgendomi una sorriso che mi fece venire i brividi. Ora riuscivo a vedere il suo volto, ma avrei preferito non conoscere i tratti del mio carceriere.
Lui e i suoi occhi di ghiaccio si avvicinarono; sentii la sua mano accarezzarmi la guancia e poi scendere lungo il collo fino a stringere il seno.
Non potevo urlare, quindi cominciai a piangere.
- No, amore mio, non piangere...- mormorò asciugandomi le lacrime con le dita, al cui passaggio sulla mia pelle comparivano innumerevoli piccoli tagli, dolorosi come lame di coltelli infitti nella carne.
- Non piangere... Ti ho portato un amichetto con cui giocare.-
Guardai la porta; comparve il volto del Ragazzo dagli Occhi Nocciola.
Gli rivolsi uno sguardo che implorava aiuto, ma il sorriso compassionevole che avrei voluto vedere apparire sul suo viso non apparve, sostituito da un ghigno malvagio.
Emisi un gemito soffocato quando capii che nessuno mi avrebbe salvata da quello che stava per accadere.
L'Uomo dagli Occhi di Ghiaccio fece riecheggiare la sua risata e io chiusi gli occhi, appena in tempo per non vedere l'Uomo e il Ragazzo che si gettavano su di me e mi strappavano con violenza i vestiti di dosso.


Qualcosa di ruvido, caldo e bagnato si strofinò ripetutamente sulle mie guancie, svegliandomi. Frency, seduto in modo traballante su un angolino di letto, mi stava leccando via le lacrime.
Era ancora buio, ma dalla finestra entrava la luce dei lampioni.
Mi misi a sedere, ma il mio movimento brusco sbilanciò il cane, che sarebbe caduto se non l'avessi abbracciato. Affondai il viso nel suo pelo morbido, scoppiando in singhiozzi. Lui appoggiò la testa sulla mia dandomi dei piccoli colpetti con il muso.
- Oh, Frency...- mormorai mentre il cucciolo, leccandomi la guancia, riusciva a calmarmi.
Gli incubi in cui compariva anche John erano terribili. Non riuscivo a reagire contro di essi, non possedevo alcuna difesa. Avevo l'insensato terrore che potessero diventare veri.
Erano iniziati quando John aveva cominciato a chiedermi di andare a letto con lui; ormai ci provava quasi tutte le volte che ci incontravamo e quell'insistenza, insieme agli incubi, rovinava quell'idillio che per i primi tempi mi era sembrato di vivere, una relazione fatta soltanto di occhiate furtive e carezze nascoste, sospiri soffocati e baci rubati al poco tempo di cui io e John disponevamo.
Ma era davvero possibile che non capisse che, oltre a non volerlo, non potevo esaudire la sua richiesta?!
Non erano nemmeno le quattro del mattino, ma, dopo aver ringraziato Frency con una più che abbondante dose di carezze, mi alzai e andai a farmi un bagno, per poi tornare e mettermi a fare un ritratto di Frency, uno dei tanti attraverso i quali stavo documentando ogni momento della sua crescita.

Nel pomeriggio mi recai da Paul circa un'ora prima rispetto all'inizio delle prove dei Quarrymen. Passavo molto tempo con il ragazzo, perché era l'unico, oltre a Stu, a sapere di me e di John, ed era l'unico con cui mi sentissi veramente libera di parlare.
Fu tuttavia Mike ad aprirmi e mi disse che suo fratello stava suonando con un suo amico, ma mi rassicurò del fatto che non disturbavo affatto e che potevo salire tranquillamente.
Man mano che mi avvicinavo alla stanza di Paul sentivo sempre più distintamente una chitarra che suonava. Mi fermai ad ascoltare, ma non ci misi molto a capire che quello non era il modo di suonare tipico di Paul. Il suono si spense, ma subito dopo una chitarra ricominciò a suonare, e quella volta sapevo per certo che si trattava del mio amico.Bussai, ma nessuno mi rispose perché la chitarra copriva ogni altro rumore, quindi entrai senza aspettare ulteriormente.
Paul era sul letto, con la sua chitarra imbracciata al contrario e, sorridendo, mi fece un cenno del capo senza interrompere la canzone. Di fronte a lui, che mi dava le spalle, c'era un ragazzino alto e magro, con i capelli scuri. Si voltò verso di me e mi porse un piatto colmo all'inverosimile di biscotti.
- Biscotto?- chiese con la bocca piena.
Rimasi interdetta a quella domanda, ma alla fine riuscii a rispondere con un cortese rifiuto, subito interrotto da Paul: - Ti conviene approfittarne, non ti capiterà mai più questa opportunità!-
- Confermo. - disse il ragazzo, cacciandosi in bocca un altro dolce.
- Grazie comunque, ma sono a posto. - risposi sedendomi per terra al suo fianco. Lui scrollò le spalle e continuò a mangiare tranquillamente.
- Anna, lui è George. - me lo presentò Paul.
- Piacere. - disse il ragazzino con un tono storpiato che fece ridere me e Paul, ma anche lui stesso.
George se ne andò poco prima dell'inizio delle prove, così io e Paul potemmo rimanere un po' da soli.
Mi buttai sul divano e sospirai, già stravolta, chiedendomi come avrei fatto ad arrivare a sera senza addormentarmi prima. Cominciavo a risentire di tutte quelle notti insonni.
- Ancora incubi?- chiese Paul accomodandosi accanto a me. 
- Sì. - rabbrividii improvvisamente e cambiai subito argomento. -Secondo te sto sbagliando? Con John, intendo. -
Non fece in tempo a rispondermi, perché Lennon arrivò e appena l'ebbe fatto entrare, Paul trovò una scusa per allontanarsi e lasciarci soli.
John fece una specie di sorriso e si avvicinò, cercando subito il contatto fisico.
- Ciao...- sussurrò suadente.
- Ciao. - risposi atona.
Mi baciò, ma feci fatica a trattenere il gemito che mi stava sfuggendo e mi scostai non appena ne ebbi l'occasione.
- Che c'è? -
- Non voglio che ci vedano. - risposi, anche se mi rendevo conto che non poteva reggere.
- Non c'è nessuno che possa vederci. - sibilò il ragazzo cercando il mio sguardo.
- Per favore, John, non litighiamo...-
- Ma se non fai niente per impedirlo! - esclamò alzando la voce.
- Non c'è bisogno di urlare. - dissi quasi sussurrando, per non farmi scappare qualche parola di troppo. - Non voglio litigare con te. -
- A me pare proprio di sì, invece. - rispose.
- Fa' come credi. - dissi. Il mio tono tradiva la mia crescente irritazione, ma riuscii a darmi un contegno. -Dì a Paul che me ne sono andata nell'attesa che ti passasse il giramento di coglioni. -
Ero già nel vialetto di casa McCartney, quando John mi raggiunse e mi afferrò per il polso, tirandomi verso di lui.
- Sei tu quella che ha il giramento di coglioni!- gridò - Quindi ora mi dici che cazzo ti è successo, chiaro?! -
Mi divincolai terrorizzata e gli diedi le spalle, cercando di scindere le immagini dell'incubo dalla realtà. Respirai qualche momento, poi mi voltai di nuovo.
- Non ce la faccio più continuare in questo modo. Non posso più andare avanti così. - mormorai, sperando che la mia voce bassa avrebbe contribuito a calmare John almeno un poco. Ma lo conoscevo, ormai, e sapevo che si sarebbe infuriato una volta ascoltato quello che avevo da dire. Era inutile girarci tanto intorno.
- Deve finire qui.- affermai.
- E da quando hai preso questa saggia  decisione? -
- Non puoi chiedermi di tradire così l'unica persona che mi sia mai stata vicina. - dissi. - Cyn è terrorizzata dall'idea che tu possa lasciarla per un'altra. Riesci a capirlo? Lei ti ama, John, ti ama. Non le posso fare questo. -
- Sempre con questo "non puoi qui, non devi lì"! - abbaiò Lennon perdendo le staffe. - Perché per una volta non parliamo di quello che voglio? -
- Allora decidi quale di noi due vuoi. -
- E se vi volessi entrambe?! -
- La vita è fatta di scelte. - replicai, ostentando una calma che non avevo - O me o lei. -
- Cristo, quando sei ipocrita! - osservò stringendo gli occhi. - In realtà non te ne frega assolutamente niente di quello che voglio io. Tu hai già deciso. -
- Sì. - ammisi.
- Ma fottiti, Anna! - ringhiò con un tono che trasudava disprezzo. - Oh, non ne sei capace, non è vero? Sei solo una cazzo di verginella frigida! -                                                                                                  Con un ultimo, feroce sguardo si girò e si allontanò a grandi passi, lasciandomi ancora una volta lì a guardarlo andare via.


_______________________________
Salve a tutti!
Ebbene sì, sono viva, anche se scommetto che cominciavate a dubitarne, e sono uscita dal mio sonno catatonico per postarvi un capitolo corto e - diciamocelo francamente- piuttosto insipido.
 In questo periodo sono entrata in crisi con la storia, e spero che ne uscirò presto, in modo da scrivere più velocemente di quanto non abbia fatto ora.
Alla prossima, quindi.


Quella che ama i Beatles: Mi sento davvero onorata, allora! Ti ringrazio per la bellissima recensione! La storia fra Anna e John, per quanto abbia potuto sembrare scontata, non lo è stata affatto: infatti ho deciso quasi all'ultimo momento come sarebbero andate a finire le cose. Che tuttavia non sono affatto finite...

Peace n Love. 

 
  
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