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Autore: Thewarblers    06/01/2013    0 recensioni
Una storia d'amore ambientata nel 1940 raccontata attraverso un diario. Un diario che viene trovato 72 anni dopo da Hannah, la quale rivivrà i segreti e i baci di Kurt e Blaine.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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NdA: prima di iniziare a leggere, volevo scusarmi. Scusarmi se sono stata quasi tre mesi senza scrivere, senza farmi sentire o dare segni di vita. Ma sono successe molte cose. Mi sono innamorata, sono stata ricambiata (almeno credevo) e come prassi il mio cuore è stato spezzato.
Esattamente la viglia di Natale. 
Ho smesso di scrivere perchè non aveva senso "sfogarmi", diciamo, dato tutto era perfetto.. Avevo trovato il mio "Blaine". L'altra parte di me.
Ora che non c'è più, mi è presa voglia di raccontare di nuovo della Klaine.
Di riprendere questa storia piena d'amore e di dolcezza. Se la perdo io, non vuol dire che non posso farla vivere a voi, no?
Buona Lettura :)




Lima, Ohio. 1 Novembre 1940

 
“La notte delle streghe” la chiamano. La notte in cui tutti i tuoi incubi peggiori possono affiorare e venire  a cercarti, per torturarti, prenderti e trascinarti con loro nel buio più pesto. Ma come posso chiamare “buio” ciò che per me è la luce più accecante, come posso pretendere di essere portato nell’inferno quando cammino nel Paradiso?

Ieri mattina sono stato svegliato da delle voci che cantavano a capella nella mia camera. Dopo aver collegato il cervello, ed essermi reso conto che non stavo sognando, una volta aperto gli occhi mi ritrovai davanti i miei vecchi amici della Dalton, la scuola che frequentavo prima. Praticamente tutti i miei antenati di sesso maschile sono andati alla Dalton, fu un lutto allontanarsene ma era ritenuta da mio padre “troppo tentatrice”.
In ogni caso, rivedere dopo quasi due anni Wes, Nick, Jeff, Flint, Sebastian e Thad, i miei migliori amici, mi riempì di gioia come mai. Avevano addosso le solite divise Blu e rosse e solo dopo mi accorsi che Thad ne teneva una in mano; l’armadio era aperto: la mia divisa. Non mi ci volle nessun convincimento per indossarla, sono nato per quell’uniforme.
 
Iniziarono a raccontarmi, quasi facendo a gara, gli avvenimenti degli ultimi anni.
Furono all’incirca tre ore di notizie assurde, tre ore nelle quali non smisi un attimo di ridere e ricordare con quanta felicità percorrevo i loro stessi corridoi, scenari di mille avventure con i Warblers.
Mi resi conto, quasi sorprendendomi, di quanto mi mancavano. Non solo loro, ma tutto l’ambiente. Mi sentivo vivo, protetto, al sicuro. Mi sentivo a casa.
La mattina scorse così in fretta, che quasi mi venne voglia di piangere quando mi dissero che dovevano rientrare ai dormitori per pranzo. A quanto pare le misure di sicurezza si erano ristrette per colpa di David, un altro membro del coro, scoperto a infilare caramelle nelle tubature per far “piovere canditi”.
 
Il pomeriggio passò anonimo, lessi qualche libro nella speranza che arrivasse la sera, per scendere in piazza e assistere ai festeggiamenti.
 
La piazza brulicava di persone. Aspettavano tutti il grande falò annuale per questa ricorrenza. Ognuno di noi doveva prendere un rametto benedetto dal parroco e gettarlo nel fuoco, come se il male potesse estirparsi solo con una semplice fiamma.
La mezzanotte scoccò, e il primo ramoscello di sempreverde fu scagliato con rabbia da qualcuno, ingenuamente convinto che adesso la sua vita sarebbe stata purificata dai brutti dispiaceri.
Al primo scoppiettio la folla si aprì un boato e iniziò ad applaudire, agitandosi tutti per poter passare avanti. Nel tumulto, qualcuno mi spintonò e caddi avanti e mi aggrappai alla prima persona che mi ritrovai di fronte.
 
Una mano, bianca quasi quanto il vestito che il proprietario indossava, mi afferrò, salvandomi dall’impatto con il terreno.
Alzai lo sguardo, pronto a ringraziare.
Le parole mi morirono in bocca.
Il cuore si fermò. Il respiro si bloccò. Il mio cervello iniziò ad elaborare.
“Stai bene, Blaine?” dolci parole soffiate sul mio viso.
Kurt.
Non so in quel momento cosa mi passasse per la testa, perché restai per ben dieci secondi perso nel suo sguardo. Contrasto con il cielo nero. Erano trasparenti. Limpidi e puri. Se gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima, quel ragazzo era fatto di aria. Una boccata di sana aria.
 
Ripresi a respirare.
 
Lo ringraziai e mi scusai. “Davvero, non volevo”, ma se cadere significava impattarsi con un angelo, sarei caduto ancora mille volte.
Avrei voluto dire di più, qualcosa come “Ti cerco ogni giorno nella speranza di incontrarti” oppure che aveva stravolto la mia vita senza che nemmeno sapessi il suo colore preferito. Silenziai.
Mi accorsi che mi stava salutando. Qualcuno, forse suo padre lo stava chiamando: era il suo turno.
Poi parlò, un’ultima frase prima di congedarsi del tutto.
 
Poco prima che toccasse a me, mi resi conto che non aveva senso. Non aveva senso gettare un ramo personificazione del male, quando quest’ultimonon esisteva. Non per me, non quel giorno, non in quel momento. Un angelo mi aveva appena salvato, della cenere non avrebbe potuto farlo.
Diedi il mio ramoscello ad un bambino che piangeva perché aveva perso il suo.
Tornai a casa con le parole di Kurt nelle orecchie.
“Ci vediamo presto”
Sorrisi.
Sperai.
Credetti.
  
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