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Autore: warmmyheart    06/01/2013    0 recensioni
"Isole di bellezza in un mare di squallore"
La storia di due ragazzi; le loro vite si intrecciano, impareranno a volersi bene, e insieme affronteranno questo mondo, che spesso è pieno di pericoli che da soli non si vedono e allora il sostegno di un amico vale più di tutto l'oro della terra.
-Precisazione: ogni capitolo è fatto da due parti, la prima è raccontata da lei, la seconda da lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 - Elettra
E mi sembra di vederlo arrossire.
 

Suona di nuovo la sveglia, e di nuovo mi chiedo perché stia suonando. Dopo qualche istante mi rendo conto che devo andare a scuola. A fatica mi tiro a sedere. Mi guardo allo specchio. I miei capelli sono orribili. Ogni riccio va per conto suo. Li lego malamente con un elastico malmesso, spero che non si rompa. Faccio per alzare la tracolla dalla sedia e uscire di casa, ma la cinghia si spezza.
Dio santo, proprio oggi che la prima ora ho una verifica e non posso arrivare in ritardo?!
Catapulto tutti i libri dentro il primo zaino che trovo, uno zaino veramente da sfigati, e mi precipito a scuola.
Salgo di corsa quei gradini che oramai, dopo tre settimane di scuola, conosco bene, e faccio per entrare. Ma una voce alle mie spalle mi ferma.
- Ehi tu, con la felpa rossa!
Mi guardo in giro, ma l’unica nelle vicinanze con la felpa rossa sono io. Mi volto e vedo un ragazzo che non conosco. Ha un tono di voce molto duro ma impacciato. E mi sembra di vederlo arrossire.
- È.. è un po’ che ti avevo notata. Io sono Oscar, piacere.
Lo guardo sorpresa e scendo i pochi gradini che avevo salito. È un ragazzo gigantesco. È molto alto e notevolmente muscoloso. Ma mi catturano i suoi occhi neri.
- Piacere, io sono Elettra. Ma chiamami Ele, Elettra è troppo lungo.
- E tu chiamami Scar.
- Cicatrice?
- Magari una volta ti spiegherò il motivo. Senti tra poco devo andare a scuola ma, volevo chiederti..
- Sì, ora entro, ci vediamo dopo!
- Qui all’uscita? All’una?
- Contaci!
Sorridendo salgo le scale. Sorrido al bidello Armando, sorrido alla segretaria. Sorrido ai due primini che stanno in attesa del professore fuori dalla classe, sorrido a quel vecchio merlo che sta sempre posato sul davanzale di quella finestra che dà sul cortile interno.
Solo quando sono in classe mi rendo conto di non essere propriamente nelle condizioni migliori. Insomma, capelli che non stanno né in cielo né in terra, uno zaino da sfigati, nessuna traccia di trucco in viso, una vecchia felpa leggermente sgualcita all’altezza del gomito sinistro. No, il mio aspetto mi piace per niente, oggi.
 
Non ho idea di come io abbia fatto a capire che quell’Oscar, anzi no, Scar, voleva uscire con me, ma l’ho capito. Da come mi ha chiamata, dalla sfumatura di timidezza nella sua voce da duro. Dalla fretta che aveva di “chiedermi una cosa”.. E mi è piaciuta moltissimo la faccia felice che aveva quando gli ho detto di sì.
Spero solo che non nasca niente di serio. Già dovrò abbandonare Gaia per andare in Inghilterra, non voglio che si aggiunga qualcun altro.. Gaia! Dovevo vederla oggi pomeriggio.
Mi mordo le dita intanto che il professore di matematica consegna le verifiche. Esercizi difficilissimi. E in più gli occhi neri di quell’Oscar mi rimangono in testa. Nero come l’idea che ho su come risolvere quegli esercizi di matematica. Così consegno in bianco. Che bellezza.
Nero. È così un bel colore. Molti non lo considerano un colore. Mia sorella una volta mi ha chiesto qual’era il mio colore preferito, quando eravamo più piccole. E io le avevo risposto il nero. Ma lei aveva detto, “no, il nero non è un colore!”. E io le avevo chiesto perché secondo lei non era un colore, il nero. E lei aveva detto, “perché una cosa colorata è verde, gialla, rossa, blu. Non nera! Quindi il nero non è un colore!”.
Forse è perché il nero significa vuoto, e a nessuno piace il vuoto. Ma secondo me nero non significa vuoto. Una stanza, quand’è al buio, è nera, ma quando accendi la luce scopri moltissimi oggetti. Gli occhi di Oscar sono neri, e non sono vuoti, c’è la sua anima riflessa dentro. L’ho vista nel momento in cui mi hanno guardata. E poi, il nero è la somma di tutti i colori. Quindi è un colore. A me piace il nero.
Bianco, l’assenza di tutti i colori. Ecco, io attribuirei il “vuoto” al bianco, non al nero. Bianco è il nulla. Bianco è l’assenza di tutto. Il bianco mi fa paura. Io credo che quando una persona muore, vede tutto bianco. Anche in Ghost Whisperer, quel telefilm che mi capita ogni tanto di guardare in tv, quando i fantasmi passano oltre, vedono la luce. E la luce è bianca. Il bianco mi fa pensare alla morte. Mi fa paura. Quando mi chiedono di chiudere gli occhi e di svuotare la mente - veramente me lo chiede solo la Wii, se faccio yoga con la WiiFit - mi viene in mente un posto bianco. Il bianco non mi fa capire se sono in una stanza, se appoggio i piedi per terra o se sono sospeso nel nulla. Il bianco è il nulla. E mi fa paura.

 

 
 

- Oscar.
"Immagino sempre cose grandiose..

 

Stamattina la sveglia suona puntualmente alle sei e quarantacinque. Ma a differenza degli altri giorni mi alzo senza fare storie. Per la prima volta sono io a sollecitare i miei fratelli a svegliarsi. Grido i loro nomi intanto che mi preparo una tazza di caffè. Quello che mi ha lasciato papà è troppo poco.
- Allora, sei pronto per il tuo “gran giorno”? - chiede allegramente mia sorella sedendosi di fronte a me.
- No. - rispondo sinceramente.
Ho passato le ultime tre settimane a rimandare il momento in cui avrei chiesto a quella ragazza di uscire con me. Ieri sera ho capito di non poter più aspettare.
Non ho preparato nessun discorso. Farò come fanno nei film, la fermerò con una scusa e poi le dirò se “posso chiederle una cosa”. Lei risponderà “sì, certo”, e allora le chiederò di uscire con me, magari andrò a prenderla fuori da scuola, e la porterò in un parco.
Ok, sto fantasticando troppo, devo smetterla. Succede sempre così, immagino cose grandiose e poi la realtà mi delude. Dovrei fare il contrario, dovrei pensare sempre che tutto vada al peggio. Così se succede qualcosa di bello, l’apprezzerò molto di più. Mio fratello è così. È pessimista. Molto pessimista, sempre incerto e confuso. Gio invece è ottimista, ottimista e solare. Sicura di sé. Io sono un misto di loro due. Ottimista, ma anche incerto.
- Toglimi una curiosità, Scar.
- Dimmi, Gio.
- Mica eri tu che dicevi sempre che le liceali son tutte oche?
- Sì, lo dicevo, e lo penso ancora. Ma lei, lei è diversa.
- Ma se neanche sai come si chiama!
- Se solo l’avessi vista.. La penseresti anche tu come me.
- Perché?
- Perché lo vedi. Lo capisci che non è come tutte le altre. Nei suoi movimenti, nel suo atteggiamento..
- Beh, quando le avrai parlato ti crederò.
Con un bellissimo sorriso Gio si alza e come al solito litiga con Mich per il bagno, ma stavolta non ci faccio caso.
Ho ancora la testa tra le nuvole quando Gio mi urla di fermarmi. Torno sulla Terra, sono sulla mia moto e non mi fermo al semaforo rosso. Accelero per superare al più presto l’incrocio, qualche automobilista puntualmente suona il clacson. Mia sorella tremante si appoggia a me. Ogni volta che passiamo un incrocio o faccio una curva pericolosa mi stringe forte facendomi ricordare di stare attento alla strada.
Arriviamo davanti alla sua scuola sani e salvi e la lascio scendere.
- Oi, avvisami se riesci a parlare con quella ragazza Scar!
- Certo sorellina.
La guardo entrare nella scuola e mi rinfilo il casco. Sono molto in anticipo, spero proprio di vedere la bella ragazza che da settimane vive nella mia testa.
 
Mi siedo su una panchina poco lontana dall’entrata del liceo. Aspetto. Accendo una sigaretta. Molte ragazze mi passano davanti, ma non c’è lei.
Dopo un quarto d’ora d’attesa non la vedo ancora. Sento la campanella della mia scuola suonare. Sto per perdere le speranze quando una ragazza con la felpa rossa, un vecchio zaino e dei lunghi capelli ricci e neri raccolti malamente mi passa davanti correndo.
La chiamo. Sento le mie mani sudare. Cerco di non lasciare che la paura di un rifiuto mi blocchi e penso al meglio. Tiro fuori il mio lato ottimista e, dopo esserci presentati le dico, con voce sicura:
- Senti tra poco devo andare a scuola ma, volevo chiederti..
Le parole mi si bloccano in gola. Sento le mie guancie scaldarsi, spero che lei non si accorga che sto arrossendo. Non so cosa fare, non mi viene nessun suono. I suoi occhioni azzurri sono puntati su di me e non sono più capace di pensare.
- Sì, ora entro, ci vediamo dopo!
Ha detto di sì? Non credo alle mie orecchie. Lei si gira e fa per entrare a scuola. Voglio essere sicuro di aver capito bene. Insomma, non avevo neanche finito la frase, come fa a sapere che le volevo chiedere di vederci dopo scuola?
- Qui all’uscita? All’una?
Lei si volta di nuovo verso di me e i capelli le finiscono davanti alla faccia. Con un gesto veloce sistema una ciocca dietro l’orecchio e il suo viso si apre in un bellissimo sorriso.
- Contaci!
Sparisce in mezzo ad altri ragazzi nell’atrio della scuola. Rimango imbambolato a fissare il vuoto per alcuni istanti e poi aspetto il verde per attraversare la strada.
 
La sua immagine mi rimane in testa per tutta la mattina. Quelle lunghe gambe sottili che spuntano sotto una felpa troppo grande per lei, i suoi occhioni azzurri fissi nei miei, i suoi indomabili capelli neri che contrastano con la carnagione bianchissima. La fossetta che le si forma sulla guancia destra quando sorride, e proprio il suo meraviglioso sorriso, spontaneo, naturale, perfetto.
Com’è bella, Elettra. Forse sua madre già quand’era appena nata sapeva che avrebbe fatto elettrizzare gli spiriti di molti ragazzi, per questo l’ha chiamata così.
  
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