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Autore: SusanTheGentle    07/01/2013    10 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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11.Tutto quello che faccio, lo faccio per te

 

Non dirmi che non vale la pena tentare
Non puoi dirmi che non vale la pena morire
Tu sai che è vero
Che tutto quello che faccio, lo faccio per te



 
Dopo essersi lanciato in aiuto di Edmund e Caspian con un coraggio che non sapeva di avere, Eustace si era visto circondare da un’orda di soldati di Calormen armati di tutto punto.
E va bene, i soldati erano solo due, ma le scimitarre che impugnavano sembravano davvero molto affilate e il sudore freddo aveva cominciato a scorrere sulla fronte del ragazzino.
“Sono finito” aveva debolmente mormorato prima di coprirsi la testa con le braccia.
I due nemici si erano lanciati all’attacco, Eustace si era abbassato, e quelli si erano colpiti a vicenda.
Se quella non era fortuna…
E non avendo alcuna intenzione di sfidarla un’altra volta, si era messo a correre a perdifiato verso il porto.
Totalmente in preda al panico, aveva una sola cosa in mente: raggiungere il Veliero dell’Alba, chiedere rinforzi ai marinai rimasti a bordo e poi rifugiarsi nella sua cabina.
E chissenefrega del parere dei miei cugini!
Gli avrebbero detto che era un coniglio, ma non gliene importava nulla. Era già stato abbastanza coraggioso per quel giorno
Andava controcorrente rispetto alla folla di persone che si riversava in piazza dagli altri punti della città, per dar manforte a quelli di Narnia, venuti a liberarli.
Nessuno badava a lui. Non poteva chiedere di meglio. In quel modo non rischiava di essere seguito da nessuno.
Arrivò alla banchina e sospirò di sollievo nel vedere che le due scialuppe con le quali erano sbarcati erano ancora lì.
Si accostò a quella più vicina, armeggiò per alcuni minuti con la corda con cui era stata assicurata, poi saltò su, si sedette composto e aspettò.
“Su! Andiamo!” sbottò, dando un colpo sulla fiancata. “Sei una barca in una terra magica, non sai governarti da sola?”
Si rese perfettamente conto di essere ridicolo nel rivolgersi ad una scialuppa, ma se laggiù gli animali parlavano, perché non gli oggetti?
Sbuffando,  ridiscese sulla banchina.
 Non gli era mai piaciuto andare in barca (soffriva il mal di mare, in primis) erano i Pevensie quelli che amavano le scampagnate e le gite al lago, non lui.
Litigando con un remo evidentemente troppo pesante per lui, non si accorse dell’uomo che strisciava alle sue spalle. Zoppicava, lasciando una striscia di sangue a ogni passo. In mano brandiva un pugnale affilato, la punta lucente nel sole del mattino.
La fortuna fu ancora un volta dalla sua. Il remo e la sua goffaggine lo salvarono.
Eustace perse l’equilibrio, girò su se stesso per non cadere, il remo ancora tra le mani. Con una delle estremità colpì in pieno viso il suo aggressore, che cadde a terra esanime.
“Ops! Accidenti! Spero non sia il console britannico”
Eustace lasciò cadere il remo e fissò per qualche istante lo sconosciuto, che poi riconobbe come il mercante di schiavi Pug (o come diavolo si chiamava).
Il viso era coperto di tagli ancora freschi e qualche livido rosso e violaceo; gli abiti laceri in più punti, zuppi d’acqua, come se fosse caduto in mare.
“Oh, mamma! Mica sarà morto!”
Allungò un piede verso l’uomo, lo stuzzicò piano piano, ma quello non si mosse.
In un certo senso era una gran cosa aver steso proprio il mercante di schiavi, gli altri sarebbero stati contenti, no? Era meglio andare a chiamarli.
Si voltò, allontanandosi di qualche passo, indeciso, poi si accorse di una cosa: il pugnale con cui Pug aveva cercato di colpirlo, era lo stesso che Caspian gli aveva prestato il giorno prima per difendersi, e che lo stesso mercante gli aveva tolto quando li avevano rapiti.
Raccogliendo un bel po’ di coraggio, Eustace si chinò e sfilò la lama dalla mano insanguinata che ancora lo teneva, senza poter trattenere la repulsione alla vista del sangue.
Dopo ciò, il suo sguardo cadde su un altro oggetto conosciuto che pendeva dalla cintura di Pug. Lo aveva visto solo una volta, ma lo riconobbe come lo strano corno di sua cugina Susan.
Prese anche quello, e un attimo dopo una voce sconosciuta risuonò alle sue spalle, facendolo trasalire.
“Ehi!”
Eustace si voltò allarmato. “O cavolo!” pensò.
Era un soldato di Calormen, un giovane di bell’aspetto, alto e slanciato, senza quell’aria arcigna che contraddistingueva tutti gli altri, ma pur sempre un nemico.
“Che stai facendo?”
“Io…io…ehm” balbettò Eustace, seguendo la traiettoria dello sguardo del giovane soldato, che andava da lui, al pugnale, a Pug.
Eustace e il ragazzo si fissarono, l’uno con gli occhi sgranati, l’altro leggermente accigliato. Si voltarono verso Pug, si guardarono di nuovo, poi gli occhi ancora verso Pug.
“Non sono stato io!”
Eustace si alzò di scatto, teso, tremante, mentre l’altro si abbassava accanto a corpo, tastando subito il polso.
“E’ ancora vivo” constatò il giovane con voce calma, poi si rivolse nuovamente a Eustace. “Sei con quelli di Narnia, vero?”
Il ragazzino tentennò un momento, poi annuì.
“E’ meglio che sparisci, allora.”
Eustace rimase stupito. Sparire? Come, non lo attaccava?
“Se uno dei miei compagni ti trova qui, penserà subito male. Si potrebbe credere che hai aggredito tu Pug e chissà che ti faranno”
“Veramente è stato lui a cercare di colpire me!” esclamò Eustace scattando sulla difensiva.
“Ma sei tu ad avere il coltello dalla parte del manico, e in tutti i sensi” sorrise il ragazzo di Calormen, osservando Eustace con il mano il pugnale di Caspian.
Il ragazzino lo nascose in tasca assieme al corno, la sicuro.
“Sei stato fortunato ad incontrare me”
“Perché? Tu non andrai a denunciarmi al tuo comandante?”
“A che scopo? No, farò finta di nulla, sarà meglio per tutti, così chiuderemo questa insulsa faccenda una volta per tutte”
Il giovane si alzò e si caricò Pug sulle spalle. A dispetto della giovane età era molto forte.
“Vai, muoviti, che aspetti?” disse a Eustace, che non ci pensò un minuto di più.
All’ultimo momento, quando fu in fondo alla strada ormai, si girò per ringraziare, ma il soldato e Pug erano spariti.
Corse a più non posso lungo le vie quasi deserte, ansioso di arrivare dai cugini e da Caspian, felice e soddisfatto del ritrovamento di due oggetti che per loro erano molto importanti.
Quando fu nei pressi del palazzo del governatore si sentì chiamare e si voltò immediatamente. Quando riconobbe Caspian, brandì il pugnale del Re, sorridendo, urlandogli che l’aveva ritrovato.
Poi vide sua cugina e tutto il suo entusiasmo si spense, lasciando posto al terrore più completo.
 
 
Portostretto era in festa.
I soldati di Calormen erano stati legati e imbavagliati a dovere e la stessa sorte toccò a quelli del governatore.
“Non può passarla liscia” affermò Edmund, guardando Ripicì pungolare con la spada il fondoschiena di una delle guardie che sembrava avere una paura folle dei topi.
“Il governatore Gumpas non si sta interessando affatto della sua gente, di come vivono, nel modo in cui vengono trattati. Dobbiamo assolutamente incontrarlo”
“Sono perfettamente d’accordo” disse Peter. “Non appena Caspian ci raggiungerà, faremo in modo di…”.
“PETER!” chiamò forte una voce alle loro spalle.
Lucy gridò e si portò le mani alla bocca “Susan! Oh, no, no!”
Caspian camminava a paso svelto verso i tre Pevensie, portando loro sorella in braccio, svenuta, la testa riversa all’indietro. Accanto a lui, pallido e con la bocca aperta c’era Eustace.
Il braccio di Susan era ricoperto dal sangue che fuoriusciva dalla ferita alla spalla.
Lucy, Ed e Peter corsero immediatamente verso il Re.
“Che cosa è successo?” esclamò Peter preoccupatissimo. “Chi l’ha ridotta così?”
“Quando sono arrivato al palazzo, lei era con Pug e…c’è stata una lotta. Pug l’ha colpita. Lei ha cercato di aiutarmi”
Caspian aveva la voce rotta, sconvolto, non si accorse nemmeno che Peter lo fissava con occhi dardeggianti.
Lucy si portò automaticamente la mano alla cintura, per poi ricordare che il cordiale magico le era stato sottratto il giorno prima.
“Non ho la pozione!”
“Le nostre cose le ha prese quell’uomo” disse Edmund agitato “Come si chiamava…Pug!”
“Pug è finito in mare” disse Caspian, posando dolcemente Susan a terra, reggendole la testa.
“Morto?” chiese Edmund.
“Non lo so”
Eustace fece per dire qualcosa, ma Peter lo interruppe.
“I racconti a dopo. Dobbiamo portarla via di qui. Tavros!” chiamò. “Portala al sicuro”
“Eccomi, Sire”
“Signore, perdonate”, intervenne Lord Bern. “La mia casa è la vostra casa, miei sovrani. Ospiterò con onore tutti voi”
Peter esitò, ma dopo un attimo acconsentì “Va bene. Vi ringrazio. Ma curate anche la vostra ferita, signore. Non state bene”
“Non è grave. Grazie per l’interessamento”
I ragazzi osservarono Tavros prendere con estrema delicatezza Susan tra le sue possenti zampe, e portarla via dalla piazza seguendo Lord Bern verso la sua casa.
Caspian si alzò da terra e posò una mano sulla spalla del vecchio amico di suo padre.
“Vi prego…” mormorò con gli occhi scuri leggermente umidi.
Lord Bern posò una mano su quella del giovane e annuì.
Quando l’uomo, la ragazza e il Minotauro sparirono per le strade ancora in subbuglio a causa della rivolta del popolo, Peter non si trattenne più.
Afferrò Caspian per il colletto della camicia macchiata di sangue non suo, e lo strattonò con forza.
“Io ti chiedo di salvarla e tu me la riporti in quello stato!” gridò furente.
“Peter!” esclamò Lucy, attaccandosi al braccio del fratello. “Che cosa fai? Lascialo!”
“Che cosa le hanno fatto?!”
“Io…io non…” mormorò il Re di Narnia, confuso, frastornato.
“RISPONDIMI!”
“Mi dispiace!”
“Peter, ti prego…” fece Edmund, imitando il gesto della sorella e riuscendo ad allontanare i due ragazzi.
Eustace invece era lì, immobile come una statua, troppo sconvolto per parlare o agire.
Il Re Supremo era davvero fuori di sé per la preoccupazione. In un nuovo impeto di collera, diede un forte spintone a Caspian, colpendolo sul petto.
“Ti dispiace? Ti dispiace?! E’ l’unica cosa che sai dire?!”
“Ero disarmato, non ho potuto evitarlo!” scoppiò Caspian, ricambiando la spinta di poco prima. “Te l’ho detto, c’è stata una lotta, lei c’è andata di mezzo per colpa mia, ed è una cosa che non riesco a perdonarmi! Sono stato talmente idiota che non ho nemmeno pensato a procurarmi un’arma prima di affrontarlo, ma ero così preoccupato per lei che, davvero, non ho riflettuto! Volevo solo salvarla! Non ho pensato ad altro che a correre da tua sorella, come mi avevi detto tu! Ero disarmato e non ho potuto evitarlo" ripetè ancora. "Pug l’ha colpita! Ma se proprio lo vuoi sapere, Peter, quando sono arrivato, Pug stava cercando di farle del male, e intendo davvero, molto più che un semplice colpo di spada, se capisci ciò che intendo!”
Volse rapidamente gli occhi scuri verso Lucy. Non poteva aggiungere di più in sua presenza, l’avrebbe scossa troppo.
Peter smise di lottare con Edmund, che ancora lo tratteneva.
I due Re si fissarono. Per un lungo istante non parlò nessuno.
Caspian sostenne lo sguardo colmo d’odio che Peter gli rimandava.
Nonostante avessero voglia di gridare ancora l’uno contro l’altro, entrambi pensarono che fosse abbastanza. La cosa che più contava in quel momento era la salute di Susan.
Caspian pensò che, dopotutto, la reazione di Peter era stata più che normale. Lei era sua sorella e le voleva un gran bene, anche se era certo che egli non potesse affatto capire come si sentiva lui, nemmeno se avesse cercato di spiegarglielo.
L’aveva appena ritrovata e ora temeva di perderla di nuovo. E sarebbe stata colpa sua, che non aveva impedito a quel maledetto mercante di schiavi di portarla via dalla prigione. Se fossero rimasi insieme, Caspian l’avrebbe protetta a costo della vita, e Susan non sarebbe mai stata toccata da quell’orribile uomo.
“Mia signora!” esclamò la voce di un marinaio del Veliero dell’Alba, un Fauno di nome Nausus. Veniva verso di loro con un sorriso in viso e una sacco consunto tra le mani. Lucy si girò per prima, dato che si era rivolto proprio a lei.
“Le vostre armi, altezze”.
Nausus appoggiò il sacco a terra e lo aprì, mostrandone il contenuto.
C’era tutto: le spade Rhindon e Rhasador, la balestra di Caspian, il pugnale di Lucy e la boccetta di diamante con il cordiale miracoloso.
“A-anch’io ho trovato qualcosa” balbettò Eustace, mostrando il pugnale di Caspian e il corno d’avorio.
“Come li hai trovati?” chiese Edmund.
“E’ stato prima di…bè vi racconto più tardi. Tieni” disse poi porgendo lo stiletto al Re. “Avevi detto che ci tenevi perché era di tuo padre. Mi dispiace di essermelo fatto portar via” ammise in ultimo.
“Grazie, Eustace” disse Caspian,  assestandogli una pacca amichevole sulla schiena.
Lucy strinse tre le mani l’ampolla di diamante e si volse verso gli altri.
“Io vado da Susan”
“Vengo anch’io” disse il cugino.
Gli altri tre ragazzi annuirono senza parlare. La piccola ringraziò Nausus e poi corse via rapidissima, seguita da Eustace.
Caspian si abbassò e impugnò Rhasador, legandosela alla cintura assieme al pugnale del padre, poi fu la volta della balestra.
Peter e Edmund allungarono la mano nello stesso momento, entrambi in direzione di Rhindon.
I fratelli si scambiarono uno sguardo, l’uno perplesso, l’altro vagamente dispiaciuto.
“Peter, la tua spada…ecco, l’ho usata io per un po’. Spero che non ti dispiaccia”
“No, certo. Hai fatto bene” sorrise il maggiore dei Pevensie, prendendo tra le mani la lama lucente. “Ti troveremo una spada tutta tua, Ed”
“S-si…certo” balbettò il più giovane, rigirandosi il corno d’avorio tra le mani. Guardò i suoi compagni. “Raggiungiamo le ragazze?”
Peter annuì e guardò Caspian.
“Prima dovremmo risolvere questa faccenda. Dobbiamo vedere il governatore, ma penso si possa aspettare finché Susan non si sarà ripresa”
“E’ vero” ammise Edmund. “E poi dovremo pensare bene a come comportarci, non sappiamo che sorta di persona sia, dobbiamo essere prudenti. Penseremo sul da farsi mentre ci riposiamo, che ne dite?”
Caspian annuì.
S’impose di porre dinanzi a sé i doveri che gli derivavano dal suo titolo ancora per un poco, prima di correre dal suo amore. Non poteva permettersi il lusso di comportarsi come chiunque latro, lo sapeva, Aslan non sarebbe stato fiero di lui, e suo padre nemmeno.
“Manderò un proclama al governatore, avvertendolo di aspettarsi quanto prima una nostra visita per discutere la situazione delle Isole, della costruzione del Tempio di Tash e della tratta degli schiavi e…ragazzi, grazie.”
Edmund gli diede una pacca sulla spalla passandogli accanto, Peter si limitò a fargli un cenno con la testa.
“Vedi di sbrigarti con quel decreto” gli disse quest’ultimo senza guardarlo. “Perché se la lasci sola un’altra volta, giuro che non te la perdono”
Caspian sorrise appena.
Bisognava al più presto mettere fine a quell’assurda storia, che a ben vedere era stata la causa primaria delle loro disavventure e dello stato attuale di Susan.
S’incarico di chiamare un messo e dettargli il suo messaggio, e purtroppo l’operazione richiese più tempo del previsto.
Era già pomeriggio quando infine raggiunse la casa di Lord Bern con Peter e Edmund.
Vi giunsero con la barca, poiché il vecchio Lord abitava dall’altra parte dell’Isola, in una bella casa a un solo piano, sostenuta da un colonnato che dominava l’intera baia.
Era proprietario di alcune terre sulla costa meridionale dell’Isola di Doorn.
Nonostante le difficili condizioni in cui vergevano le Solitarie in quei tempi, il suo era un feudo prospero e pacifico, i cui sudditi lavoravano e vivevano di agricoltura e bestiame in grande libertà.
Aveva una moglie e tre belle figlie, che avevano già disposto tutto con dovizia, ansiose ed emozionate di avere l’onore di ospitare i Sovrani di Narnia nella loro casa.
Bern li invitò a rimanere per tutto il tempo che desideravano, e i ragazzi decisero di approfittare della squisita accoglienza almeno una notte.
Con i cinque Sovrani e Eustace rimase anche Ripicì, mentre Drinian risalì con il resto dell’equipaggio sul Veliero dell’Alba, non prima di essersi augurato che la Regina Susan guarisse al più presto.
Trovarono Bern completamente ristabilito grazie alla pozione di Lucy, la quale era rimasta assieme a Eustace per tutto il tempo, accanto a Susan, che riposava in una stanza calda e luminosa, più piccola delle altre, per farla stare tranquilla. Purtroppo era ancora priva di sensi.
Lucy spiegò che il suo cordiale curava le ferite all’istante, ma la ripresa vera e propria dipendeva dal singolo individuo e dalle reazioni del corpo, che erano diverse da soggetto a soggetto. Evidentemente, la guarigione di Susan sarebbe stata un po’ più lenta.
“E’ normale” disse la moglie di Bern. “Dev’essere stato soprattutto lo spavento a far crollare i suoi nervi. Lasciatela tranquilla fino a domattina e vedrete che per allora sarà a posto”.
La luce svaniva rapida a ovest e le Isole Solitarie divenivano pian piano scure e silenziose, dando ristoro al cuore agitato e alla mente ancora scossa a causa di tutti gli avvenimenti del giorno.
Bern si ritirò presto. Anche i ragazzi andarono a dormire quasi subito dopo cena.
 
 
Tutto taceva. La risacca del mare era appena percettibile. Doveva essere notte fonda.
Susan si era svegliata nel buio e aveva subito capito di essere distesa in un letto di un luogo che non conosceva. Poco dopo, però, aveva sentito le voci sommesse di Edmund e Eustace litigare nella stanza accanto.
Un sorriso si era steso sul suo volto e aveva richiuso gli occhi, tranquillizzata dalla presenza di voci a lei care.
Rimase per ore ad ascoltare i lievi suoni della notte, incapace di addormentarsi, ma non perché soffriva. Il dolore alla spalla e alla testa era cessato.
Lucy, pensò subito. Era merito suo, sicuramente.
Aveva tanta voglia di abbracciarla, e di vedere con i suoi occhi che tutti stavano bene.
L’ultima cosa che ricordava di quella giornata era Caspian che la prendeva in braccio e la portava via.
Aveva udito davvero la sua voce sussurrarle che la amava? O era stato un sogno?
A fatica, Susan si mise a sedere sul letto e cercò di alzarsi in piedi, ma perse l’equilibrio a causa di un improvviso giramento di testa.
Non aveva più dolore, ma si sentiva stanca come non mai.
Cercò di tornare verso il letto. Con il gomito colpì la lampada sul comodino facendola cadere, quando si afferrò alla spalliera di una sedia lì vicino, prima di finire a terra lei stessa.
Qualche istante dopo, la porta si spalancò con forza e Caspian apparve sulla soglia. Chiaramente era stato destato dal rumore.
“Cosa credi di fare?”
“Non credevo di essere così debole” disse la ragazza, passandosi una mano sul viso leggermente pallido.
Caspian andò da lei e senza sforzo alcuno la sollevò da terra. La tenne per la vita, guardandola negli occhi.
“Certo che lo sei, e non dovresti fare sforzi. Dove volevi andare?”
“Volevo sapere come state e…volevo vederti” ammise senza guardarlo.
Ecco ancora quella sensazione. La paura che Caspian non la volesse più.
Lui l’aiutò a rimettersi a letto. Susan si ridistese sui cuscini e il Re sedette un momento accanto a lei.
Il giovane la guardò, osservò il suo viso, dove un livido scuro si stava allargando sullo zigomo destro.
Fortunatamente, quello era l’unico segno rimastole della brutta avventura sulle Isole Solitarie, che sarebbe però presto svanito come il resto delle ferite.
Sarebbe potuta andare peggio, molto peggio.
Al ricordo di Pug che la colpiva, il respiro di Caspian si fece affannoso e la rabbia minacciò di esplodere nuovamente. Come aveva osato toccarla con quelle sudicie mani? Come aveva osato…
“Che cosa c’è?” chiese Susan vedendolo turbato.
“Niente”
“Non è che c’è qualcosa che non mi dici, vero? Stanno tutti bene?”
“Sì, non ti preoccupare” il ragazzo tirò un sospiro e cercò di sorridere.
“Che ci facevi alzato a quest’ora?” chiese la Regina dopo un po’.
“Veramente, io dormo qua fuori” ammise lui un po’ impacciato. “Volevo starti il più vicino possibile, nel caso avessi avuto bisogno di qualcosa”
Susan lo guardò con occhi lucidi. “Grazie”
“Dovere” Caspian fece per andarsene, “Ti lascio sola, adesso. Hai bisogno di riposare”
Il Re si alzò, ma lei lo richiamò indietro.
“Caspian”
Lui si volse e vide che Susan aveva allungato una mano verso di lui. Tornò da lei e gliela strinse, sedendole nuovamente accanto.
“Resta un po’ con me. Vuoi?”
“Certo. Ma dovresti dormire”
Susan chiuse gli occhi e rafforzò la presa sulla mano di lui.
“Non ci riesco” ammise, e una lacrima solitaria scese lungo la guancia ferita.
Gli si spezzava il cuore a vederla così. La sua Susan, il suo amore, la sua vita.
Caspian allungò l’altra mano verso il suo bel viso, contratto per lo sforzo di trattenere le lacrime, e passò delicatamente il dorso sul livido.
La fanciulla riaprì gli occhi e un’altra perla salata scese lungo la guancia. Solo quel piccolo contatto la fece sentire meglio, anche se le provocò un’ondata di emozioni alle quali non seppe dare una definizione concreta.
“Caspian…”
Ogni volta che lei pronunciava il suo nome, era come se il cuore del Re di Narnia impazzisse di gioia e dolore allo stesso tempo. Voleva stringerla in quell'istante, subito, ma aveva timore di farle male. Non seppe il perché di questo suo ultimo pensiero, ma in quel momento sembrava così fragile, così dolce…
Desiderò improvvisamente di proteggerla, a costo della vita. Quella vita che avrebbe donato per lei senza esitazione se fosse stato necessario.
“Susan, non piangere” la pregò con voce rotta.
“Ho paura” disse lei, vinta dalle lacrime. “Ho avuto tanta paura!”
Liberò la mano da quella del Re e si coprì il viso, soffocando il pianto.
Caspian allungò le braccia e la sollevò, e prima che Susan capisse ciò che aveva fatto, si sentì di nuovo avvinta tra le sue braccia.
Stavolta non aveva la mente annebbiata, stavolta era sveglia e poté abbracciarlo forte a sua volta, sentire la sua voce profonda sussurrarle, calmarla, le sue mani accarezzarle i capelli.
 “Sei qui con me adesso. Sei al sicuro. Non permetterò mai più a nessuno di farti del male” Caspian strinse i denti, affondando un bacio tra i capelli di lei. “Lo giuro!”
Susan rimase ad ascoltarlo, lasciandosi andare a un pianto liberatorio, cercando di scacciare dalla sua mente quell’immagine a lei odiosa di un uomo che la ripugnava.
Si aggrappò a lui, circondandogli la schiena e appoggiando la fronte alla sua spalla, il viso nascosto nel suo petto. Inspirò il suo profumo, così famigliare…
Il terrore provato si dileguò a poco a poco, lasciando infine solo una lieve traccia di disagio, quasi non fosse mai esistito.
“Grazie”
“Non devi dirlo neppure” disse il giovane scostandola da sé per poterla finalmente guardare. “Non devi dirlo neppure” ripeté, passandole una mano sul viso.
Susan posò una delle sue su quella del Re, tenendola premuta sulla guancia ferita. Poi chiuse gli occhi.
“Ti fa male?”
“Non più” sussurrò la ragazza riaprendo gli occhi e specchiandosi in quelli di Caspian. “Sei venuto per me”
“Morirei per te” affermò lui, guardandola come mai l’aveva guardata.
E dopo un attimo in cui il cuore della Regina sembrò esplodere di gioia e mille emozioni, Caspian si chinò verso di lei e posò un bacio delicato sulle sue labbra.
Occhi chiusi, fronte contro fronte, solo i loro respiri. Era come se tutto il resto del mondo fosse rimasto chiuso fuori e niente contasse più se non loro due.
“Dimmi che sei vera. Dimmi che non sei un sogno” disse Caspian tornando a contemplare il viso di Susan, come se la vedesse davvero solo ora.
“Sei tu che sei il mio sogno”
“Ti ho cercata a lungo. Ti ho cercata tanto”
“Perdonami. E’ tutta colpa mia”
Il giovane la osservò senza capire. Ora non piangeva più, ma le iridi celesti continuavano ad essere tristi.
“Che stai dicendo? Perché mi chiedi scusa?”
“Perché ti ho lasciato”
“Non voglio nemmeno starti a sentire”
“No, invece devi. Io voglio chiederti perdono, per essere stata così sciocca, per non essere rimasta, per non aver capito. Credevo di non avere altra scelta che quella di vivere nel mio mondo, ormai, l’aveva detto Aslan. Ci ho provato, ma stavo diventando una persona diversa e mi sono resa conto che quella persona non ero più io. Non sapevo cosa fare. Ho provato a dimenticarmi di Narnia, credere che fosse tutto una fantasia di giochi infantili, perché era più facile sopportare di non poter più tornare se avessi iniziato a convincermi che non fosse mai esistito. Sarebbe stato più semplice e meno doloroso rinunciare. Volevo dimenticarmi di tutto, perfino di te, ma non ci sono riuscita. Mi sono fatta solo del male e so di averne fatto anche a te. Per questo ti chiedo perdono. Se vuoi, odiami pure.”
Aveva detto tutto questo senza mai smettere di guardarlo, anche se più volte ne aveva avuto la tentazione. Ma voleva vedere le sue emozioni, capire se poteva ottenere il suo perdono. Non lo avrebbe biasimato se così non fosse stato. Lei stessa stentava a perdonarsi.
Caspian era serio e continuava a fissarla in silenzio. Poi fece un lungo sospiro scuotendo piano il capo.
“Io non ti odio Susan. Come potrei?”
“Mi dispiace tanto!”
“Lo so, ma avevamo scelta?”
“Probabilmente no. Però non posso fare a meno di pensare che se avessi chiesto ad Aslan di restare all’ora, non avremmo perso tutto questo tempo”
La ragazza abbassò il capo, malinconica.
“Tre anni” mormorò. “Cos’è stato un mese in confronto?”
Caspian l’attirò a sé e le posò un bacio sulla fronte.
“Susan, guardami”
Dolcemente, le posò una mano sotto il mento e le fece alzare il viso.
Susan vide che un lieve sorriso si era aperto sul volto di Caspian.
“Rammenti l’ultima cosa che ti dissi?”
“Come fosse ieri”
Sì, lo ricordava. Tutto era ancora impresso nei ricordi. Le bastava rivangare un istante qualsiasi per vederlo nitidamente davanti ai suoi occhi. Sapeva che per lui era lo stesso.
‘Ti ho amata dal primo momento che ti ho vista. Mi innamorerò di te tutte le volte che ti rivedrò’erano state le sue parole.
“Quando ti ho vista davanti a me, in quella prigione, mi sono innamorato di te ancora una volta. Io non ti ho mai dimenticata”
“Caspian” mormorò lei, sorridendo dolcemente mentre passava con un tocco delicato le dita sul suo viso pungente. Era una sensazione nuova e le piaceva. “Il mio Principe Caspian”
“Re” la corresse lui, sorridendo a sua volta.
“Mi sei mancato. Mi sei mancato da morire!”
Si strinse di nuovo a lui e il giovane la accolse circondandola completamente nel suo rassicurante abbraccio.
“Ascolta…” riprese Susan, ma lui la fermò.
“Non dire più niente”
“No, devo. C’è ancora una cosa che devo dirti, ed è importante”
“Che cosa?”
“Che ti amo”
Un’espressione di estrema felicità si dipinse sul volto di Caspian. Susan si protese in avanti e gli pose un casto bacio sulle labbra, che subito lui approfondì prendendole il viso tra le mani.
Fu un bacio dolce, intenso e lungo.
Un’ultima lacrima scese sul volto di Susan, che Caspian asciugò con un altro bacio sulla guancia candida.
“Non ti lascerò mai più” sussurrò appena, prima di baciarla di nuovo.
Caspian rimase con lei fino al mattino, vegliandola e dormendole accanto.
La paura e l’ansia erano scomparse dal cuore, cedendo il posto ad una nuova tranquillità.
Ti prego Aslan, fammi rimanere. Non ti chiederò nient’altro, solo questo. So di non meritarmelo, ma ti supplico…Voglio stare con lui.
La preghiera silenziosa di Susan si innalzò nella notte. Si fece strada verso il cielo, superò le nuvole, rincorse il vento, rimbalzò sulle onde placide dell’Oceano Orientale e arrivò là, alla Fine del Mondo.
Prima che il sonno prendesse definitivamente il sopravvento su di lei, le parve quasi di udire il ruggito di un leone.
Ma forse stava già sognando…
 
 
 
 
Preparate i defibrillatori, perché non so voi, ma io sto ancora qui con i battiti a 3000!!! Sì, mi emoziono da sola, sono un caso clinico…XD
Capitolo dolce dolce, spero non troppo sdolcinato, però. Ho lasciato tanto spazio all’amore dei protagonisti in questo capitolo, perché nel prossimo ci sarà altro da fare e non ci sarà tempo per le scene romantiche…che però torneranno, statene certi, sono i pezzi che più mi piace scrivere, uh uh uh…<3

Commentate e fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi lascio il link in fondo alla pagina del nuovo video che ho fatto con la bellissima canzone di Bryan Adams "(Everything I do) I do it for you"  che è anche il titolo di questo capitolo.
Un altro paio di cose:
In questo capitolo, all’inizio, si è visto un nuovo personaggio che avevo solo nominato nel 7°, ma che diventerà importante nel corso dell’avventura: tenetelo d’occhio!
Poi vi ricordo (per chi ha voglia)
il mio blog di livejournal, dove troverete tra le altre cose anche delle foto su Caspian e Susan fatte da me, e un pò di curiosità in più su questa ff. E’ ancora in fase di lavorazione, ma per chi volesse già darci un’occhiata, ecco l’indirizzo http://usagitsukino010.livejournal.com/
Ok, ora passiamo ai ringraziamenti:
 

Per le seguite: ArianneT, Babylady, FedeMalik97, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Red_Dragonfly, SerenaVdW, Smurff_LT e SweetSmile
Per le preferite: ArianneT, Charlotte Atherton, FrancyNike93, LittleWitch_, Lules, Mary_BubblyGirls, piumetta, e tinny
Per le ricordate: Angie_V
Per le recensioni dello scorso capitolo: ArianneT, Babylady, Charlotte Atherton, FrancyNike93, GossipGirl88_, LittleWitch_, Lules, piumetta, e tinny
 
Un bacio enorme a tutte voi, che mi fate sorridere, gioire e commuovere. E un sentitissimo grazie perché adesso so che ciò che scrivo vale qualcosa.
Un abbraccio, Susan<3

 
   
 
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